Come tutti sanno, nella veste di docenti, studenti, genitori, nonni, operatori o semplici osservatori, anche sul mondo scolastico e accademico si è abbattuta l’emergenza sanitaria coronavirus. Il tutto è iniziato con un venticello che sembrava appartenere alla Cina, o comunque all’Estremo Oriente, e che si è trasformato in raffiche sempre più forti per poi diventare un vero e proprio uragano. In pochissimo tempo questa sorta di gigante invisibile ha devastato ogni settore possibile e immaginabile, gettando il tutto nel caos generale.

La didattica a distanza

Per quanto riguarda la mia avventura accademica, avevo appena iniziato a frequentare il corso di Storia e Web da 6 crediti (il corso “di primavera” che scelgo con estrema cura, visti i miei impegni) in aule sovraffollate, quand’ecco che le lezioni sono state interrotte per un primo allarme sanitario. Nell’attesa sono state caricate alcune lezioni sulla piattaforma universitaria, rimandando di volta in volta il momento della riapertura delle lezioni in presenza, che non è mai avvenuto.

La didattica a distanza, che sono riuscita a seguire con una certa assiduità, si è conclusa per me all’inizio di aprile. L’insegnamento a distanza comporta indubbi vantaggi per gli studenti, che possono seguire meglio le spiegazioni, fermare il video nei punti cruciali, annotare con cura i passaggi salienti o più ostici delle lezioni. Il mio problema è peraltro che prendo troppe annotazioni! tutte rigorosamente a mano, anche se la mia abitudine mi ha fatto comodo in fase di ripasso.

Si possono scaricare e seguire le lezioni all’ora che si desidera, anche se ho sempre cercato di ascoltare le lezioni, se non il giorno stesso del loro caricamento sulla piattaforma universitaria, almeno nei giorni successivi. Sin dall’inizio sono stata consapevole che dire “lo faccio dopo” rischia di trasformarsi in un accumulo di lezioni non svolte, e di concetti mal digeriti, cioè un vero e proprio boomerang. Ho anche svolto le esercitazioni proposte dal professore, inviandole per mail; e, sempre per email, ho chiesto spiegazioni su alcuni punti.

Nonostante la soddisfazione generale degli studenti dell’Università agli Studi di Milano, valutata con un 85% di gradimento tramite il questionario, alla didattica a distanza com’è ovvio manca la componente relazionale. Quella che, stando alle testimonianze, è stata avvertita come una grave perdita. L’interazione con i docenti, il dibattito in aula, i legami con i compagni, lo scambio di appunti e registrazioni delle lezioni, anche soltanto andare a chiacchierare al bar davanti a un caffè, tutto è stato sostituito da uno schermo, una connessione e tanta tecnologia.

Lo sforzo dei miei professori per riorganizzarsi è stato encomiabile, e hanno prodotto materiale chiaro e visivamente efficace. Nei primi tempi la piattaforma universitaria ha rischiato più volte di collassare per l’alto numero di accessi, e alcune lezioni sono state caricate su youtube. Però le lezioni in aula sono un’altra cosa, proprio come la differenza che intercorre tra uno spettacolo teatrale dal vivo e una commedia vista in televisione oppure sul pc. Certo, l’alternativa in passato sarebbe stata rimanere completamente fermi… e quindi, al di là del “digital divide” che separa chi ha strumenti tecnologici e  connessione, capacità di usarli, persone che ti seguono nel caso tu sia un discente molto giovane, si è cercato comunque di trasformare questo terremoto in un’opportunità.

La vera questione è che, in tempi non emergenziali, non si può fare della didattica a distanza lo strumento principale di insegnamento e apprendimento.

Gli esami online

Ora è tempo di esami online, che richiedono una certa dimestichezza con l’uso delle tecnologie. Per mia fortuna ero già in grado di utilizzare per lavoro alcune piattaforme per le conference call a distanza, anche se avevo più paura di fare pasticci con la tecnologia che delle domande vere e proprie. Mio figlio dice che sono un’incompetente con la tecnologia, e non ha tutti i torti.

Inoltre collegarsi e sostenere un esame a distanza è, al tempo stesso, esilarante e terrificante. Durante gli esami online succedono le cose più strane, dai rumori che sembrano provenire dallo spazio profondo, gracidii sinistri, comparsa e ricomparsa delle immagini causa connessione instabile, persone che si mettono a passare la scopa sul pavimento in attesa di essere chiamate, dichiarazioni audaci nella convinzione di non essere ascoltati…

Per me è terrificante dover stare in campana ascoltando gli esami degli altri e partecipando alle loro sofferenze o ammirando la loro bravura (con il retropensiero: “se mi avesse fatto questa domanda, magari non avrei saputo rispondere…”). Di solito dopo l’appello in presenza fuggo verso il fondo dell’aula, o comunque nel punto più lontano possibile, sia per dare una sfogliata alle pagine più ostiche sia per non dover ascoltare gli esami altrui. A patto che l’aula non sia troppo piccola, però, ricordo come fosse ieri l’esame di Storia del Cristianesimo Antico, dove stavo male attendendo il mio turno perché gli studenti sembravano eretici interrogati dalla Santa Inquisizione. Mancavano solo i tratti di corda e le tenaglie arroventate.

Inoltre mi piace portare all’esame i testi su cui ho studiato, cosa che è molto gradita dai docenti, che rimangono sempre stupefatti dalla quantità delle glosse ai margini. Ora, durante l’esame online com’è ovvio non si può tenere nulla sulla scrivania (slide, appunti, quaderni ecc.), impegnandosi a rimanere soli soletti nella stanza e a svolgere l’esame in maniera eticamente corretta. Insomma, è tutto molto strano proprio a causa della sensazione di incorporeità generale.

L’esame parziale orale del 17 aprile è andato benissimo, con un 30, e poco tempo fa, il fatidico 9 giugno, sono riuscita a fare il completamento dello stesso, basato sulla discussione di una relazione accademica su un argomento storico in rapporto al web. La relazione era da redigere sulla base di alcuni parametri e su un modello fornito dal professore, che avevo consegnato per tempo a metà maggio dopo aver trascorso ore sul web e aver limato l’elaborato fino all’inverosimile. Si tratta di un articolo molto tecnico, dal titolo: “Maximilien Robespierre: emergenza di un ritratto sul web tra NPOV e residue polarizzazioni“, che si componeva di un’analisi di Robespierre in rete e anche dello studio iconografico di un paio di ritratti dell’Incorruttibile. Tutta la relazione e questa parte relativa all’iconografia sono stati molti apprezzati dai docenti. Il voto finale è stato 30 e lode. Inutile dirvi che, al di là dei momenti terrificanti degli esami online, la soddisfazione è stata immensa.

Il prossimo esame è programmato per il 29 giugno, ed è imperniato su Storia della Chiesa, corso che avevo frequentato in autunno. Riemergerò all’inizio di luglio con (spero) buone notizie anche su questo esame! 🙂

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Avete avuto esperienze simili a quelle degli esami online di questo ultimo periodo? Come vi sentite quando dovete essere “giudicati” da qualcuno?