Sto trascorrendo un periodo denso e turbolento, nel senso che di recente sono stata afferrata in una sorta di grande gorgo fatto da:

– lavoro frenetico con scadenze
– appuntamenti medici sospesi durante l’epidemia che si sono accavallati
– ripasso in vista dell’ultimo esame universitario, ora concluso
– un progetto editoriale che mi terrà impegnata per i prossimi due mesi.

Di conseguenza ho avuto poca attenzione al mio blog (anche se sto preparando una sorpresa…), alla blogosfera in generale e ai social in particolare. Quindi mi sarò persa senz’altro novità importanti, che spero di recuperare prossimamente. Del resto blog e social non devono trasformarsi nell’ennesimo impegno, e si scrive quando si ha qualcosa da dire, e soprattutto quando se ne ha il tempo.

Qui vorrei raccontarvi qualcosa del mio esame di Storia della Chiesa cui mi ero iscritta il 29 giugno, anche per tenerlo a futura memoria. Ero abbastanza tranquilla, avendo frequentato il corso in autunno e sapendo che il docente è molto affabile e comprensivo.

I libri e le lezioni non erano molto corposi, anche se nella Storia della Chiesa ci sono degli snodi piuttosto complicati per via delle riforme, dei tentativi di riforma, degli ordini religioni di nuova concezione o meno, dei dogmi, delle encicliche, delle bolle papali, delle chiese protestanti e calviniste, delle eresie, del diritto canonico, del giansenismo, del gallicanesimo, degli studiosi di questa disciplina storica… e chi più ne ha più ne metta. E poi con la successione di tutti i papi, che hanno nomi ricorrenti (Gregorio, Benedetto, Pio…), basta sbagliare un numero romano e oplà, slitti all’indietro o in avanti di secoli.

Come frequentante, avrei portato i tre testi del corso e gli argomenti spiegati e dibattuti a lezione. Inoltre, avendo già affrontato un orale online, sapevo grossomodo come funzionavano le cose.

Mai auspicio fu più ingenuo. Come sempre accade nella vita, l’imponderabile è sempre in agguato, e gli esami sono come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita (cit. da Forrest Gump).

All’ora ehm, canonica, ho sgombrato la scrivania da libri, appunti e fotocopie e mi sono collegata per l’appello delle 8:30 con il mio computer portatile. Di solito ci si collega con un link fornito da chi ti invita, stavolta c’era un codice da inserire. Alle 8:20 ho provato a collegarmi, e il codice fornito dal professore per l’accesso al gruppo esame sulla piattaforma Microsoft Teams (secondo me concepita dal principe delle tenebre in persona) non funzionava. Ho smanettato freneticamente, poi ho chiamato in soccorso mio figlio, che ha scoperto che mi stavo collegando con il suo account e per quello non funzionava.

Finalmente ho avuto l’accesso, e ho visto che c’erano già alcuni studenti che, man mano, si collegavano in attesa che comparisse il docente. Come saprete anche voi, lo schermo si suddivide in tanti tasselli dove compaiono le faccette di alcuni partecipanti al gruppo, mentre gli altri compaiono sotto forma di iniziali in basso. E qui ho notato, in alto a destra, una studentessa che si agitava freneticamente. Nel senso che, pallida come una morta, dondolava avanti e indietro, e ansimava con gli occhi semichiusi. Era una cosa piuttosto impressionante, e mi sforzavo di non guardarla, ma l’occhio andava sempre in quella direzione.

Finalmente è comparso il docente, che ci ha annunciato che ben presto avrebbe iniziato l’appello, e di non tenere nessun tipo di libro o documento sulla scrivania, a parte un documento d’identità da sventolare davanti alla webcam (che ho recuperato catapultandomi fuori dalla porta, con grande sorpresa dei miei “Già finito?”, e verso la borsetta in anticamera: era una differenza rispetto agli altri esami). “Fate anche uscire dall’armadio la nonna in veste di suggeritrice,” ci ha detto ironicamente. “Perché se mi accorgo di qualcosa che non va, divento cattivo e vi faccio ripetere l’esame ad libitum. È già successo,” ha soggiunto in tono di minaccia non troppo velata. “Bene, siete trentatrè, come l’età di Cristo, il che peraltro è un falso,” ha detto alla fine dell’appello generale durante cui io ho sempre la sensazione che non mi abbia sentito e quindi di essere del tutto incorporea. Ha detto che ci avrebbe suddiviso su tre giornate, e dunque io, che risultavo la quinta iscritta, sarei stata interrogata al mattino.

La prima era proprio la studentessa in preda ad agitazione, che non aveva smesso di dondolare un attimo, e che ora potevo vedere in tutta la sua ampiezza sullo schermo. Il professore ha chiesto se avrebbe preferito, magari, essere interrogata come ultima del gruppo, al che lei ha ansimato: “No, no, voglio farlo subito,” come una martire che si avvia coraggiosamente al supplizio. “Non si agiti così, mi sembra un’orante al muro del pianto… Lei mi muore in diretta, poi mi sento responsabile, e poi sta agitando anche me che non devo fare l’esame.” Non c’era verso, perché la studentessa continuava a dondolare e ad ansimare. Per metterla a suo agio il professore ha chiesto qual era la sua facoltà e quanti esami mancavano alla laurea; ha chiesto inoltre su quale argomento vertesse la tesi in modo da metterla a suo agio e farle una prima domanda su un argomento che conosceva (si trattava di Dante).

Da lì in poi è stata una catastrofe: la ragazza ha cominciato a confondere tutto – papi, argomenti, eventi, autori – e a fare un gran miscuglio, gettando nel panico e nella confusione mentale tutti quanti noi, obbligati ad assistere alla sua performance. Era come vedere della frutta fatta a pezzi e confluita in una scodella a comporre un’enorme macedonia. Ha anticipato Bonifacio VIII rispetto a Gregorio VII, non sapeva delle cose, ne sbagliava altre. “Ma smetta di dondolare così: il moto oscillatorio aumenta l’agitazione, sa? Che cos’è che la terrorizza?” Insomma, è venuto fuori che si trattava dell’esame online con il video. Alla fine della tragedia in diretta le ha dato 22, evidente voto di incoraggiamento.

La seconda studentessa era piuttosto preparata, dato che dava l’esame per la seconda volta, ma a metà esame si è scusata asserendo di avere una gran confusione in testa per via della collega. “L’ho incrociata anche a Storia Romana e ha fatto la stessa cosa.” “Ah! Che voto ha preso dalla collega?” “22.” “Vede? Ha fatto l’abbonamento.” Quando ho raccontato a mio marito la performance, ha detto che quella tizia era soltanto un’emerita … (completare il gap con parola a piacere) e che se avesse avuto un minimo di rispetto per gli altri si sarebbe fatta interrogare per ultima. Una mia amica, cui ho raccontato la cosa, è stata ancora più severa e ha detto che probabilmente simulava l’attacco di panico. “22 è più che sufficiente, se l’è preso e ha passato ben due esami in questo modo.” Ora, io non voglio pensare così male, ma è certo che la considerazione per gli altri è stata pari allo zero.

Ma non era ancora finita, ovviamente.

Mentre stava interrogando lo studente prima di me, mi è partita la connessione. Non risultavo più collegata, la linea era assente. Sono entrata in un’agitazione a dir poco folle, ho chiamato mio figlio che è accorso per la seconda volta. Ha provato di tutto, ma non c’era verso, magari stavano facendo dei lavori alla linea, ma non riusciva a ripristinarla. Poi ha pensato di reinserire il cordless in sede e la connessione è ripartita, però io ero completamente destabilizzata. Per fortuna stava ancora interrogando lo studente precedente, che pur avendo preso l’indirizzo di Storia Medievale aveva collocato Agostino d’Ippona nel 1400, e stava facendo anche lui un gran miscuglio, poveretto… però era agli sgoccioli.

Quando ha chiamato me non sapevo neppure come mi chiamavo. Ha posto le domande di rito, mi ha riconosciuto come frequentante al corso, e poi mi ha detto che avremmo commentato insieme dei documenti visti a lezione. Per il modulo A, mi ha chiesto: “Si ricorda che cosa c’entra il romanzo Il Gattopardo con Storia della Chiesa? Si trattava della primissima lezione.” Sono riuscita a rispondere in qualche modo, e a costruire una risposta abbastanza sensata, e invece di dire le signorine Salina, continuavo a dire Salinas alla spagnola, al che mi ha corretto, divertito dalla mia imprecisione.

Come seconda domanda per il modulo B mi ha invitato a prendere il documento della lezione tot. Naturalmente io non avevo niente sulla scrivania, quindi ho compiuto un terzo balzo verso lo scaffale per recuperare i documenti stampati, che tenevo in un raccoglitore ordinato e a estrarlo con mani tremanti. Il documento era l’enciclica Unam Sanctam Ecclesiam di Bonifacio VIII. Ho commentato i vari passaggi in relazione all’immagine dell’arca di Noè e soprattutto dell’unità della Chiesa, dato che era in atto lo scisma tra la Chiesa Latina e la Chiesa Bizantina. Mi stavo abbastanza calmando, quando ho pensato di aggiungere una cosa che mi sembrava di ricordare, ma che non era corretta. “Con Bonifacio VIII si comincia a parlare di vicario di Cristo e non vicario di Pietro.” “Mmm… no, in realtà l’espressione è più risalente.” Mi sono venuti i sudori freddi, e mi sono data dell’idiota per aver voluto “strafare”, poi mi sono ricordata che forse era papa Leone IX. “Sì, brava, è molto giusto.” Ho tirato un respiro di sollievo, ma sono momenti di terrore in cui vedi la tua vita di frivolezze e di peccati che ti scorre davanti.

Come terza domanda per il modulo C si portava Vita di Gesù di Ernest Renan , autore della seconda metà dell’Ottocento considerato dalla Chiesa “la somma di tutte le eresie”, mi ha invitato a leggere un passo della lezione tot (“Non pretendo che se lo ricordi a memoria, legga pure.”). Altra ricerca frenetica. “Quali sono le parole chiave del passo?” “Senz’altro la parola ‘razza’ che usa in un’accezione sia biologica sia religiosa”. Per la seconda parola ho detto “i giudeo-cristiani”, invece era “millenarismo”. Uffa!

Insomma, alla fine pensavo che fosse andata bene, ma non benissimo. Invece m’ha detto che si vedeva che avevo studiato, e mi ha dato trenta. A questo punto mi ha mandato un messaggio con la chat della piattaforma, io avrei dovuto cercarlo e rispondere “Accetto” in diretta, cosa che ho fatto con la velocità di un bradipo colto da narcolessia (anche questa era una novità rispetto all’altro esame: occorreva subito una traccia scritta). 

Quando mi sono scollegata, ero distrutta dall’esperienza, e ho detto ai miei che andavo a fare una lunga passeggiata rigenerante, in mezzo alla natura, e che sarei rispuntata all’ora di pranzo. Ora non penso più agli esami fino a dicembre, mese in cui dovrei dare Storia Romana – uno degli esami “monstre” che mi mancano, insieme con Letteratura italiana. Se non posso darlo in presenza, preferisco rimandare, o comunque ne posso dare altri “medio-piccoli”: altrimenti faccio prima a buttarmi dalla finestra.

In conclusione: abbasso gli esami online!!! Speriamo che si possa tutti riprendere almeno con gli esami in presenza (com’è ovvio penso anche al mondo scolastico, oltre che accademico) perché così bisogna anche preoccuparsi della tecnologia, il panico diventa contagioso e l’ansia aumenta a dismisura.

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E a voi che cosa causa più ansia e stress in assoluto? Quali sono i vostri metodi per superare questi momenti? 

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Immagini: Pixabay e Wikipedia