Buongiorno, carissimi!
No, non mi sono dissolta nella blogosfera e non mi sono nemmeno arruolata nella legione straniera. In questo periodo per me molto denso di impegni lavorativi e universitari ho scoperto in che cosa consiste la legge della relatività, ovvero: dopo aver annunciato la pubblicazione del mio romanzo giovanile “La Fiamma e la Rosa” con nuovo titolo e nuova copertina, il tempo è letteralmente scomparso in una nuvola di fumo.
Potete dunque immaginare la mia espressione quando, consultando il calendario, ho scoperto che ci stiamo avvicinando al solstizio d’estate, notte magica per eccellenza, e che la primavera è quasi trascorsa. Sto portando avanti alcuni esami universitari molto impegnativi che si concluderanno nel mese di luglio, e non basta un minimo di programmazione, studio e buona volontà per affrontarli. Come al solito lo scoglio principale è la burocrazia, tra procedure farraginose tramite app per richiedere la deroga in presenza quando gli esami sono online, e online quando sono in presenza. L’Università Statale di Milano ha previsto la doppia soluzione degli esami per agevolare ad esempio gli studenti che sono tornati a casa per via della pandemia, ma occorre la bolla papale e l’imprimatur del collegio cardinalizio, oltre che un doppio passaggio in parlamento, per concludere l’iter.
Insomma, la situazione è nebulosa e fluida nello stesso tempo, anche se potrebbe sembrare un ossimoro. A proposito, ho ricevuto ottime notizie sul parziale scritto di letteratura italiana, che concluderò con l’orale su “Vita” di Vittorio Alfieri di cui ho raccontato diffusamente su questo blog… ma per scaramanzia preferisco non parlarvene al momento. 😉
La mostra fotografica
Per riprendere a scaldare un po’ i motori del blog, vorrei condividere con voi la visione di una bella mostra fotografica all’aperto organizzata dal Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo che annovera una collezione fotografica di tutto rispetto, e conclusasi da pochi giorni. Si trattava di 40 immagini in bianco e nero conservate nelle collezioni del Museo e stampate per l’occasione in grande formato su tabelloni.
La mostra aveva l’eloquente titolo “Tana, liberi tutti!” (meglio noto come “Nascondino” o “Rimpiattino”, a cui tutti abbiamo giocato da piccoli) e il luogo dell’allestimento era la “piazzetta del salto” nei pressi di Villa Ghirlanda e del Centro Culturale Pertini. In mostra sono state esposte riproduzioni fotografiche di Liliana Barchiesi, Gianni Berengo Gardin, Mario Cattaneo, Gianfranco Mazzocchi, Enzo Nocera, Federico Patellani, Klaus Zaugg.
I giochi dell’infanzia: città e montagna
Come potete osservare in questi scatti, i fotografi hanno immortalato i bambini dal secondo dopoguerra ai primi anni del Duemila, da Napoli a Cinisello Balsamo, nei momenti del tempo libero, della scuola, dello sport, della musica, cioè durante il gioco e la socializzazione, comunque in momenti spensierati tipicamente infantili.
Forse sto diventando sentimentale, ma vedere le foto di questi bambini tra giochi, risate, smorfie, con fiocchi e grembiulini, mi ha fatto riflettere sulla bambina che ero tantissimi anni fa e sulla qualità della mia infanzia. A Milano dove abitavo non avevo il permesso di giocare in strada perché cominciava a essere pericoloso per via del traffico, e perché ero molto timida e mi sentivo a disagio nei gruppi numerosi. Trascorrevo il mio tempo in appartamento a disegnare o leggere, ed essendo dotata di grande immaginazione inventavo storie mirabolanti ricche di personaggi, amori e avventure. Ogni tanto invitavo qualche compagna di scuola.
Tuttavia nei luoghi di villeggiatura trentini facevo molta vita all’aperto ed ero parte di un gruppetto di cugine e cugini molto affiatato. Si giocava ai classici giochi di movimento come appunto “Nascondino” oppure “Strega comanda color”, “Un due tre stella”, “Le belle statuine”, si giocava con le bambole e la palla, ad allestire la bottega o ancora, si costruivano aggeggi con le mollette per sparare gli elastici a rischio di cavarci un occhio. Una panca rovesciata diventava una barca, i rami dei larici spioventi ci consentivano di costruire una capanna, una baracca di pastori era il nostro rifugio segreto. Si giocava davvero con poco e in modo entusiasmante.
Avevamo i nostri luoghi preferiti dove riunirci e chiacchierare, e da dove potevamo spiare gli adulti. Il profumo della natura era a dir poco inebriante, il sole mi scaldava, dopo aver respirato tanto smog e aver rabbrividito per l’umidità. Le giornate erano molto intense e il buio ci sorprendeva mentre eravamo ancora fuori a giocare, con le voci dei genitori ci chiamavano per la cena.
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La mia infanzia è stata bella e abbastanza serena, anche se in un certo senso divisa in due tra città e montagna. E voi, che cosa ricordate dei vostri giochi infantili? Avete qualche bel ricordo che desiderate condividere?
Cristina M. Cavaliere
Ciao Cristina,
devo dire che anch'io milanese ho comunque sfruttato parecchio cortili e giardini, il mio – non esageratemente bello ma ci si adattava portando le Barbie o pattinando nella discesina sul retro – ma come te divisa tra città e valle, dove ho trascorso un'infanzia meravigliosa all'aperto e nascondino è sempre stato uno dei miei giochi preferiti.
Ciao Sandra, in effetti chi è nato e vissuto in città si arrangiava. Devo dire che per esempio Ruggero, che ha qualche anno più di me, a Cinisello giocava molto a pallone in strada in una via che era tutta in campagna e dove passava una macchina alla settimana a dir tanto. Ora quella stessa via è trafficatissima, e sarebbe pericoloso giocare per i bambini. Le vecchie case di ringhiera a Milano avevano il cortile interno che era uno spazio protetto, e anche i vicini davano un occhio dai balconi. Abbiamo un altro punto in comune con il binomio città/campagna! E anch'io adoravo giocare a nascondino. 🙂
Ho avuto un'infanzia molto adulta, credo, per la mancanza di compagni della mia età. Andavo a scuola, naturalmente, ma come te ero timida e per niente abituata a frequentare i cortili, anche perché c'era una bambina ammazzasette dalle mie parti, che di me, pulitina e riservata, avrebbe fatto polpette! Non avendo nemmeno parenti della mia età, anzi, parenti in generale, sono cresciuta tra adulti e libri, e poi "esplosa" con l'adolescenza. I giochi che hai nominato, però, erano gli stessi che conoscevo, se non altro per averli visti giocare da altri. In bocca al lupo per i prossimi esami! Un abbraccio.
Ah, anch'io ho incontrato le cosiddette bulle, specialmente alla scuola media dove ce n'era un vero concentrato. Andavo dalle suore e l'ambiente era tutto femminile e molto competitivo. Mi ricordo ancora di una che mi insultava pressoché quotidianamente, e figurati che l'ho incrociata su fb e ha la stessa fisionomia cattiva. Penso che per le infanzie solitarie come le nostre i libri siano stati un vero toccasana, un momento di pura evasione. Forse per quello li amiamo tanto. Un abbraccio ricambiato!
Ho avuto un'infanzia serena, non giocavo molto con gli altri bimbi perché già allora ero abbastanza riservato, però quando mi ci trovavo (ad esempio incontrando compagni delle elementari al mare, o coi miei cugini in vacanza nella casetta in campagna) non è che mi tirassi indietro e partecipavo, che si trattasse di fare castelli di sabbia o giocare coi Big Jim. I ricordi più belli sono senza dubbio quelli della casa di campagna, dove potevo vedere le colonne di formiche che portavano cibo al loro formicaio, il pollaio con le galline che razzolavano, i cani da caccia del proprietario della casa che con noi bambini diventavano dei gran giocherelloni, tante lucertole, colombi, gatti e persino una capra smarrita una volta. Ho visto sia la cagnolina (che si chiamava Lilla) che una gatta partorire, e quindi i loro piccoli cucciolotti non più grossi di una mano. Tanti bei ricordi, sì. Quando il proprietario della casa smise di affittarcela perché gli serviva per sua figlia che si sposava, mi dispiacque davvero molto. E poi i miei decisero che non c'era più motivo di trascorrere quei quindici giorni in campagna e che era meglio farsi qualche viaggetto in Abruzzo (scegliendo puntualmente posti che a me non piacevano, ahimé). Diciamo che nella memoria quei soggiorni ormai sono diventati il mio poetico idillio dell'infanzia.
Che bella la tua descrizione, Ariano, sembra un miniracconto. 🙂 Anch'io ho moltissimi bei ricordi delle estati trascorse in montagna dove ho fatto tante esperienze in mezzo alla natura, anche se in realtà non succedeva niente di drammatico e, anzi, le giornate erano piuttosto tranquille. Io ho visto partorire una mucca, pensa! Il parto era stato molto travagliato e il vitellino era nato morto. E ho una certa esperienza nei lavori di fienagione, che mi vedevano in prima linea a dare una mano ai parenti, a rastrellare, inforcare, sparpagliare il fieno. Ora come minimo bisognerebbe fare domanda alle autorità competenti, altrimenti i genitori correrebbero il rischio di essere denunciati per sfruttamento del lavoro minorile!
Eh, giugno è un mese un po' così. Mese di dichiarazione dei redditi e altre amenità, giochi che interessano solo gli adulti e che ai bambini sono risparmiati, per fortuna loro. Viceversa a loro è risparmiata in genere la noia, stato d'animo più tipico dell'adultità.
Verissimo, giugno è il mese delle dichiarazioni dei redditi, anche se io lo associo più a maggio perché mi metto in pista con i documenti da passare ai commercialisti. Sì, i bambini non conoscono la noia, e comunque vivono il tempo vuoto in maniera diversa dagli adulti.
Giugno sembra già volato via, non posso che concordare…
I giochi da bambini che ricordi, io vivevo in un paese e passavo tutto il mio tempo all’aperto, nel cortile del condominio ma anche per le strade adiacenti, soprattutto in estate. Facevo i tuoi stessi giochi: nascondino, un due tre stella, il gioco della campana disegnato con i gessetti per terra, anch’io sparavo con gli elastici e poi ricordo che, dietro casa mia, c’era ancora la campagna (oggi è tutto costruito), più che campagna era uno spazio incolto e con gli altri bambini fingevamo di essere nella giungla. Ogni tanto penso di essere una miracolata perché ho fatto anche dei giochi pericolosi tipo correre in bicicletta come una forsennata facendo la gara con i maschietti, una volta sono caduta e mi sono massacrata un ginocchio (ho ancora il segno della cicatrice)…avevamo pochi giocattoli ma tanta pericolosa libertà (e un buon angelo custode)
… volato via con la leggerezza di una farfalla!
Hai ragione, ho scordato il gioco della campana. A Milano noi andavamo in piazza Prealpi dove ci sono dei giardinetti per poter giocare. E poi mi hai fatto ricordare anche un gioco con un grosso elastico che andava molto di moda negli anni '70. In pratica si giocava in tre: due bambini si mettevano uno dirimpetto all'altro e con le gambe tendevano gli elastici, e il terzo con le gambe saltando intrecciava l'elastico di qua e di là componendo figure complicate. Se per caso non c'era il terzo bambino usavamo un paracarro. 😀
Sì, i bambini sembra abbia davvero l'angelo custode, io una volta mi sono lanciata con lo slittino a tutta velocità per un pendio insieme ad altre cugine, abbiamo perso il controllo, ci siamo ribaltate ed eravamo rotolate fino in fondo a rischio di farci male sul serio. Al di là di qualche escoriazione e poco sangue, per fortuna non era successo niente.
Anche io un po' divisa tra città e montagna dove andavo tutte le domeniche e poi d'estate. Ma a casa in città avevo comunque la fortuna di avere un giardino per cui passavo moltissimo tempo fuori all'aperto.
Adesso la città mi sta sempre più stretta, devo dire, perlomeno d'estate dove la montagna vince 1000 a zero! il clima, il verde, il profumo, i ruscelli… tutto. La città mi attira sempre meno, forse perché non la vivo più molto.
Penso che soprattutto per i bambini andrebbe bene uin ambiente più naturale e libero, poi quando si cresce magari c'è la città con le sue attrattive.
Anch'io penso che trascorrere l'infanzia in luoghi dove poter vivere più liberamente faccia la differenza. Io sono una cittadina nel dna per tanti motivi, ma avere un po' di verde urbano ti permette di rinfrancare il corpo e lo spirito! Non avendo un balcone, per esempio, l'anno scorso ho patito davvero molto la sensazione di essere in gabbia…
La mia è stata la classica infanzia degli anni Ottanta in un paesino di provincia del sud. Non avevamo un parco giochi, ma la strada. Sui marciapiedi disegnavamo col gesso i quadratini per giocare a campana, poi ci divertivamo un sacco con il celebre un due tre stella. Cercavamo, ricordo, spazi nostri, dove potevamo inventare giochi, persino degli scenari. Per un certo periodo occupammo il piano di un cantiere fermo, con tutti i rischi del caso, ma ci divertivamo perché c'erano aree molto grandi e i giochi erano pure di ruolo. Percorrevamo di corsa le discese, risalivamo in collina a caccia di granchiolini nei rigagnoli. È stata un'infanzia così, una di quelle in cui le mamme, al tramonto, ci chiamavano dalle palazzine per porre fine alle nostre scorribande.
Le foto sono bellissime. Quanta innocenza e semplicità…
Bella la tua infanzia anni Ottanta! Ti ho vista a caccia di granchiolini nei rigagnoli. 🙂
Oggi trovo che i bambini siano molto più prigionieri negli appartamenti nelle città e con pochi spazi da gestire in autonomia e altrettante poche ore di sano ozio. Le giornate dei bambini sono superimpegnate, tra scuola e attività extrascolastiche. Ecco, noi dopo la scuola non avevamo tutti questi impegni da "managing director".