Foto: Pixabay
Torno a parlarvi di libri e letture con immenso piacere, scegliendo un titolo un po’ strano, a metà tra un romanzo vittoriano e un giallo di Agata Christie. Voglio infatti condividere con voi la mia felicità per un’impresa non facile, ma portata a buon fine!

Quanti sono i miei libri? 

In casa mia ci sono qualcosa come milleottocento libri cartacei, una cifra approssimata per difetto. La maggior parte (due terzi) appartiene alla narrativa, quindi si tratta romanzi, raccolte di racconti, sillogi poetiche, alcuni testi teatrali; la rimanenza sono saggi oppure libri d’arte, testi in inglese, dizionari. Non dico di averli letti tutti, e soprattutto i libri d’arte li ho soltanto sfogliati o letti in parte. Vi sono libri ovunque: nel mio studio, in sala, persino in camera da letto matrimoniale e di mio figlio, che si è visto assegnare d’ufficio la sezione con i romanzi di fantascienza e fantasy, e che ha brontolato parecchio per l’invasione dei suoi sacri spazi. Per qualche tempo ho persino accarezzato l’idea di montare degli scaffali nel corridoio restringendo però di molto il passaggio.

La collezione di Giuseppe Pontiggia

A più riprese mi è venuta in mente l’immensa collezione dello scrittore Giuseppe Pontiggia. Si trattava di ben trentaseimila volumi che riempivano ogni spazio utile di casa sua con testi antichi, opere di pregio, dizionari, saggi ed enciclopedie, libri scolastici, romanzi. Li aveva disposti ovunque, persino in bagno, trasformando la sua casa in un’immensa tana di carta. Oggi sono conservati presso la biblioteca nazionale Braidense alla sede di Vigevano. Nel 2005 infatti la Fondazione BEIC (Biblioteca Europea di Informazione e Cultura) ha acquistato il Fondo dello scrittore e saggista evitando che finisse all’estero.

Per questo scrittore com’è ovvio si è trattato di un enorme investimento in termini economici e di spazio, ma che difendeva con queste parole, che traggo dal sito della BEIC: “Che bisogno hai di tanti libri intorno? Quando ti servono non puoi consultarli altrove?” “Ma per chi abita al mare non importa starsene chiuso in casa: sente che il mare è lí e che se vuole può entrarci dentro». Un vero e proprio oceano di libri, in cui tuffarsi a piacimento.” Insomma, un po’ come il deposito di zio Paperone dove vi si tuffa con voluttà. Non sono arrivata ai livelli di Pontiggia, che aveva anche edizioni rare, ma so di avere una collezione di tutto rispetto.

I libri sono come le ciliegie 

A un certo punto, però, mi sono accorta con sgomento che avevo qualcosa come 300 libri da leggere. A mia parziale giustificazione devo dire che non li avevo comprati tutti, ma mi erano arrivati causa svuotamenti di case di parenti defunti oppure da persone in fase di trasloco che non potevano portarli con sé. Oppure ho voluto accoglierli in casa perché si minacciava di buttarli via o di stiparli in cantine maleodoranti dove la carta avrebbe assunto il caratteristico odore di muffa che nessuno può più togliere. Se c’è una cosa che mi dispiace è annusare o maneggiare libri puzzolenti e dunque rovinati: ho una biografia di Antoine de Saint-Just edizioni dall’Oglio che mi serviva per scrivere il mio romanzo “I Serpenti e la Fenice”, acquistata su ebay perché del tutto fuori catalogo e che, nonostante un sacchetto di contenimento con deodoranti potentissimi, a distanza di tempo ancora olezza in modo sgradevolissimo.
Ora, secondo me si è sparsa la voce tra questi libri-senzatetto che c’era un posto dove sarebbero stati ricoverati, perché continuavano a piombarmi in casa sacchi e sacchi di questi libri, provenienti dai posti più svariati, così dovevo fare continuamente spazio per sistemarli. Da una parte ero contenta perché assicuravo loro un posto all’asciutto, d’altro canto casa mia si è ingolfata di questi volumi, collocati su scaffali separati, oppure inseriti tra gli altri a seconda dell’edizione. Continuavo a scrivere elenchi su elenchi, barrando quelli che riuscivo a leggere, ma a un certo punto ho perso completamente il controllo e questi libri extra hanno vissuto allegramente e in preda all’anarchia bakuniniana e azzuffandosi con gli altri libri veterani, oppure nascondendosi in anfratti tutti loro o in doppie o triple file.
Biblioteca di Praga. Foto: Pixabay.

Il metodo della signora Marie Kondo

Qualche tempo fa ebbe molto successo una signora giapponese che proponeva una serie di tecniche su come sbarazzarsi del superfluo in casa, svuotando armadi, cassetti, bauli, cantine, soffitti, e chi più ne ha più ne metta, per arrivare a una casa ordinata e felice con pochi oggetti davvero essenziali. Il suo libro si chiama “The Life-Changing Magic of Tidying Up: The Japanese Art of Decluttering and Organizing”, edito in Italia con il titolo “Il magico potere del riordino: Il metodo giapponese che trasforma i vostri spazi e la vostra vita”. Condivido molte delle affermazioni esposte in alcuni articoli e video.

Per quanto riguarda i libri, Marie Kondo asserisce che bisognerebbe tenerne soltanto trenta, cioè quelli che ci hanno cambiato la vita e sono davvero importanti per noi. Ed ecco il punto che ha sollevato un vero putiferio, a parte il fatto dell’opinabilità di questa cifra (30): la sua proposta è quella di strappare le pagine più significative di altri libri che vorremmo tenere. Alla sola idea di mutilare in questo modo un libro, la mia testa ha cominciato a girare a 360° come la bambina ne “L’Esorcista” e la mia bocca a sputare chiodi e altri oggetti appuntiti . “Giammai! Prima di mutilare un libro in questo modo dovranno passare sul mio cadavere. Piuttosto me li tengo per sempre,” ho urlato in preda all’indignazione.

In effetti un conto è sbarazzarsi dell’oggetto che giace nel tuo armadio da tempo immemorabile, come un soprammobile, un vestito o altro, e non ti ricordi nemmeno più di avere, un altro è strappare le pagine di un libro con cui hai una relazione più o meno empatica. Un’azione del genere secondo me porta sfortuna, come rompere uno specchio. Non è un oggetto qualsiasi, anzi secondo me non si può neanche classificare come tale. E come fai scegliere le pagine su cui operare cotanto scempio? Metti il caso che tu strappi trenta pagine da “Il rosso e il nero” di Stendhal, poi butti nel cassone della carta i miseri resti, e dopo una settimana ti viene voglia di rileggere un altro passaggio. E poi un libro ridotto così non serve proprio a nessuno, né a me né a un potenziale altro lettore. Molto meglio operare una selezione e donare i libri alle biblioteche povere, alle case di riposo, alle scuole, alle carceri!
 
Biblioteca del Trinity College, Dublino. Foto: Pixabay.

 

Operare una selezione
Appena dopo il periodo del lockdown ho dunque cominciato a fare ordine in casa tra i miei libri, oltre che in vari altri reparti, cosa che mi frullava per la mente indipendentemente dai suggerimenti della signora Kondo. Ero spaventata dai 300 libri da leggere, come vi ho detto, perché ero sicura di due cose: in primo luogo, che non avrei mai avuto il tempo per leggerli tutti, dovendo dare delle priorità ad altri testi (per esempio a quelli universitari, che in questi anni hanno avuto la priorità assoluta). Diciamo che tenendo una media di una quarantina soltanto di questi libri l’anno (più altri dieci), ci avrei messo 7,5 anni per terminarli. In second’ordine, che non tutti questi libri mi interessavano davvero, ma forse avrebbero potuto interessare altri lettori: per esempio avevo salvato alcune opere di Bukowski, ma non è che sia andata proprio a cercarle con il lanternino. Ho quindi passato in rassegna tutti questi libri extra, arrivando a selezionarne 300, e forse anche di più. Ma a chi darli, specialmente in periodo di covid e restrizioni? Nell’attesa, li ho trasferiti tutti quanti in un armadio, sempre all’asciutto quindi, dove questi turbolenti volumi hanno ripreso a litigare furiosamente.

Donare non è facile 
Donare i libri non è per nulla facile oggi, nemmeno alle biblioteche di zona, poi col covid e la necessità della sanificazione è diventato tutto ancora più complicato. Sono stati tolti i cestoni dei libri gratuiti da molto tempo. Una volta c’era per esempio il book crossing in metropolitana, un’idea fantastica, oggi non c’è più.

Alcuni libri dunque li ha accettati una persona che è una forte lettrice, ma ne ha presi circa dodici, quindi pochi. Non ho provato a contattare la biblioteca di Cinisello Balsamo, perché da anni è in corso una specie di guerra fredda ai livelli di USA-URSS cui non accenno. Ho provato a contattare la biblioteca di Cusano Milanino con cui sono in ottimi rapporti, ma anche lì mi hanno detto che accettavano soltanto un massimo di dieci libri alla volta, e che non dovevano avere più di cinque anni i romanzi, o più di dieci anni i saggi; e per giunta che non dovevano avere le pagine ingiallite.

Naturalmente tutti i miei libri da donare erano vecchiotti, anche se in ottimo stato. Ho fatto una ricerca su internet e ho trovato una sorta di magazzino-deposito di Milano che accettava libri anche vecchi e poi li avrebbe smistati ai luoghi preposti come scuole, carceri ecc. Per me era davvero l’ideale. Ho scritto una mail prima delle vacanze estive, ma non mi hanno mai risposto. Ho poi trovato altri indirizzi di associazioni di volontariato, e me li sono annotati riproponendomi di chiamarli per capire le modalità di consegna.

Biblioteca di Seoul. Foto: Pixabay.


Il marito problem-solving

Ancora una volta mio marito è stato determinante, dovete sapere infatti che Ruggero parla anche con i muri, e quindi conosce un sacco di persone nel quartiere. Ha fatto amicizia con la simpaticissima farmacista nella farmacia comunale sottocasa, e quindi parlando del più e del meno è venuta fuori la questione dei libri.

Allora lei ha proposto di prenderne un campione, che li avrebbe portati alla Biblioteca di Limbiate per vedere se facevano al caso loro. Abbiamo saputo che i libri andavano bene e potevano essere accettati, così abbiamo cominciato a trasportare sacchi e sacchi di libri in farmacia, e poi si sarebbe premurata lei di portarli con la sua auto, previa selezione di alcune opere che magari potevano interessarle essendo anche lei una forte lettrice (tra lettori ci si capisce al volo, altro che Marie Kondo). Ho regalato alla farmacista una copia del mio romanzo “Il Pittore degli Angeli” per sdebitarmi, e sono curiosa di sapere le sue impressioni.

Tra l’altro pensavo che questa biblioteca di Limbiate fosse povera e avesse pochi libri, invece a quanto pare è grandissima ma ne prende anche altri, e fa parte del consorzio di prestito Monza-Brianza. Che bellezza! Io non chiedevo di meglio! Per me il pensiero che questi libri orfanelli avrebbero avuto una nuova casa, e nuovi lettori, mi ha reso la persona più felice del mondo, neanche se Ruggero mi avesse regalato un anello col diamante. E quindi l’impresa è stata condotta in porto con molta buona volontà e soprattutto grazie all’amore per i libri.

 

Biblioteca di Limbiate. Fonte: Facebook

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E voi come siete messi a libri in casa? Come risolvete il problema del sovraffollamento di libri o altri oggetti? 

Cristina M. Cavaliere