Il prossimo esame si avvicina! Eccomi di ritorno in grande spolvero con la rubrica Il Caffè della Rivoluzione, appuntamento d’obbligo per tutti i fanatici della rivoluzione francese come la sottoscritta! La parola “spolvero” non è scelta a caso in quanto sto per proporvi una chicca che riguarda la moda, argomento scovato durante la lettura e lo studio dei miei testi per il prossimo esame universitario.
Quest’ultimo ha il coinvolgente titolo di Storia dell’Età dell’Illuminismo e delle Rivoluzioni e sarà in presenza deo gratias. I testi da portare come non frequentante, confermati dal professore pensionando dopo una serie di rocambolesche manovre via mail, sono i seguenti: Donald G. Sutherland, “Rivoluzione e controrivoluzione. La Francia dal 1789 al 1815”, Timothy Thackett, “In nome del popolo sovrano”, Haim Burstin, “Rivoluzionari. Antropologia politica della Rivoluzione francese”. Li potete vedere nella foto dove sorgono da uno sfondo scuro. Com’è ovvio spero che l’esame vada bene, altrimenti i miei beniamini mi verranno a tirare i piedi di notte. Avrò comunque occasione di parlarvi di questi testi, specialmente degli ultimi due che sono imperdibili.
Di solito quando mi preparo per un esame mi metto a cercare anche in rete ritratti, mappe, fotografie, sia per memorizzare meglio la materia sia perché mi piace osservare le immagini che, a mio parere, sono dei veri e propri dispositivi di attivazione mentale; e con queste immagini compongo degli schemi oppure dei volumetti accompagnati dal testo riassuntivo. E quindi sto trovando moltissime cose interessanti.
Che cos’è Termidoro
Prima di introdurvi l’argomento modaiolo di oggi, però, occorre farvi un necessario spiegone storico che manterrò stringatissimo. Tutti conoscono Maximilien Robespierre, e molti sanno che cosa successe il giorno 28 luglio 1794 – 9 Termidoro anno IV secondo il calendario rivoluzionario, un nuovo computo del tempo che aveva un suo perché ma che complicò la vita a tanti poveretti, e soprattutto allungò la settimana a dieci giorni (ne avevo parlato in un post dall’evocativo titolo “Un calendario da mal di testa”, lo trovate qui). In breve lui e un gruppo di deputati suoi alleati vengono liquidati da un colpo di stato attuato dai cosiddetti “termidoriani” tra cui Fouché, Fréron, Tallien. Con le loro teste cade quasi tutta l’impalcatura del governo rivoluzionario. I termidoriano ristabiliscono la libertà economica, mentre sulla scena politica ricompaiono moderati e monarchici.
Il divario tra ricchi e poveri
Termidoro fa seguito a un periodo di ristrettezze – negli anni 70 del Novecento si sarebbe detto l’austerity – per porre rimedio a una situazione economica e finanziaria che definire catastrofica sarebbe un eufemismo. Come tutti noi ben sappiamo, dopo un periodo di limitazioni si prova il bisogno di tornare alla normalità e magari alcuni tendono a sbracare. Infatti Parigi in primis si dà alle pazze gioie: si riaprono i salotti, si inaugurano centinaia di sale da ballo e luoghi per giocare d’azzardo, i negozi espongono moltissime merci, e chi può banchetta a più non posso. Naturalmente in questi frangenti è sempre più evidente la differenza tra ricchi e poveri, e molti devono fronteggiare l’aumento dei prezzi, inflazione, disoccupazione, povertà, addirittura con un aumento di persone morte per inedia.
Les Incroyables
Non è tutto, perché è arrivato il momento della resa dei conti contro i giacobini e i sanculotti, e i termidoriani instaurano il cosiddetto Terrore bianco. Esso viene inaugurato da violente campagne di stampa, poi scendono in campo le bande della jeunesse dorée, la gioventù dorata e benestante, che certamente gode di protezioni altolocate, sebbene compaia ancora prima di Termidoro. Osservare la moda è sempre molto interessante in quanto è uno specchio significativo dei tempi negli eccessi e nella sobrietà, come nell’uso delle lunghezze, dei colori e degli accessori, e naturalmente del modo di pettinarsi.
Ed eccoli dunque in una immagine di Eugène Lampsonius, questi teppisti della gioventù dorata chiamati anche “les incroyables”: hanno lunghe trecce (le cadenettes), che ricadono sulle spalle o capelli lasciati crescere lungo le tempie che vengono chiamati “orecchie di cane”; un pettine di corno raccoglie in un ciuffo dietro la testa (a raffigurare il modo con cui si presentava al patibolo i condannati a morte) i capelli che devono essere tagliati con il rasoio e non con le forbici. Portano poi dei grandi anelli alle orecchie, enormi occhiali sul naso oppure un grande pince-nez con una lunga asta davanti agli occhi come se fossero affetti da una forte miopia.
Per quanto riguarda l’abbigliamento vero e proprio, indossano delle redingote molto corte, un abito con un grande colletto che crea una gobba sulla schiena, una gigantesca cravatta come se si volesse nascondere un gozzo o la scrofola, dei calzoni corti al ginocchio di velluto o di seta nera o verde cascanti e che deformano le ginocchia, delle calze variegate, attorcigliate sulle gambe e calate alle caviglie. Di solito indossano una cravatta verde, il bavero della giacca è quadrato e nero.
Il loro abbigliamento viene messo in caricatura da Carle Vernet, come potete vedere qui nei paraggi: bicorno a mezza luna, parrucca infarinata, colletto nero, cravatta che avvolgeva tutto il collo in segno di lutto per l’esecuzione di Luigi XVI, l’abito troppo stretto, un enorme monocolo e un bastone piombato in pugno.
Teppisti in merletti
Visti così sembrano dei ridicoli manichini, ma non doveva essere divertente incontrarne poiché compivano atti di vero squadrismo. Si ispirano ai termidoriani come Fréron e al suo giornale “L’Orateur du Peuple”, oppure le donne si rifanno a Madame Tallien detta “Nostra Signora di Termidoro”. Hanno i loro canti (le “Réveil du peuple”) e i loro slogan (“Non ci sfuggiranno”, “Abbasso i giacobini”). Il loro quartier generale è il caffè Chartres.
“L’Armata dei sonnambuli” di Wu Ming
Nell’originale romanzo storico del collettivo bolognese, che avevo letto e recensito qui, fanno varie comparse nella seconda metà della storia. Ecco un breve passaggio dove potete gustare il lessico con cui sono resi i termini francesi:
– Li chiamano muschiatini, – gli spiegò Andria, un cameriere baffuto di origine corsa, più vecchio di lui di almeno vent’anni, – per via che gli piace mettersi quel profumo al muschio da invertiti. Alcuni li chiamano anche inc’edibili. E pa’ola mia, disse imitandoli – non so davve’o pe’ché pa’lino in questo modo.
Leo domandò come poteva essere che la cagnaccia* non avesse nulla da ridire sui loro modi e sui loro vestiti, che imitavano quelli dei nobili dell’Ancien Régime.
– Fuori di qui stanno più bassi, – fu la risposta, – ma Palazzo Egualità è il loro territorio. Con tutte ‘ste botteghe, gioiellerie, ristoranti per damerini…
*termine gergale per polizia
Les Merveilleuses
Naturalmente c’è anche la loro controparte al femminile, cioè le Meravigliose. Queste donne si ispirano all’antichità pagana, e si vestono con mantelli, abiti, tuniche alla greca o alla romana, per esempio ci sono tuniche alla Cerere e alla Minerva, redingote alla Galatea, vestiti alla Flora o alla Diana. Calzano coturni, sandali allacciati sopra le caviglie con cordoni incrociati o fasce ornate di perle. Qualcuna aggiunge a questo abbigliamento nuove eccentricità: la regina delle meravigliose, Thérésa Tallien (qui in un ritratto a seno nudo… sono proprio curiosa di vedere se su fb mi verrà cassata l’immagine!), orna le dita dei piedi con anelli costosi e altre la imitano e aggiungono dei cerchi d’oro alle gambe. Talvolta su una grande parrucca bionda indossano immensi cappelli, portano i capelli corti e scalati come quelli dei busti romani.
Non contente di indossare abiti molto leggeri, molte Meravigliose si inventano di mostrarsi durante le passeggiate e nei giardini pubblici coperte soltanto da vestiti di garza trasparente. Le potete vedere qui nella solita caricatura inglese che mostra delle parigine vestite di abiti “invernali” nel 1799 – l’Inghilterra aveva il dente avvelenato con la Francia, oltre a essere in guerra con lei anche in senso ideologico, e non perdeva occasione per “sfotterla” come direbbe un partenopeo.
Lo squadrismo a Parigi e in provincia
Come vi raccontavo sopra, i “moscardini” non sono per niente bonari e moderati nelle loro manifestazioni politiche, ma governo non reagisce e preferisce non intervenire per reprimere le loro intemperanze. Così l’11 novembre 1794 essi devastano il club dei giacobini, fornendo così il pretesto alle autorità per chiuderlo definitivamente. Le loro imprese si moltiplicano: i busti di Marat vengono spezzati, i caffè giacobini saccheggiati, nei teatri proibiscono il canto della “Marsigliese” e impongono il loro “Réveil du peuple”. Sono così molesti che la Convenzione è costretta a rimuovere la salma di Marat dal Panthéon.
Anche in provincia i “moscardini” operano organizzati in bande che si chiamano la Compagnia di Gesù o quella del Sole. Addirittura si hanno dei veri massacri, specialmente nelle prigioni di Lione con la scusa che ve n’erano tanti stipati nelle prigioni e si era sparsa la voce che si preparassero a evadere per riprendere il potere.
Si uniscono anche alla repressione armata dell’insurrezione popolare del 20 maggio 1795, dapprima presidiando la Convenzione ma fuggendo al primo assalto degli insorti, e poi, tre giorni dopo, assaltano il faubourg operaio di Saint-Antoine, ma hanno la peggio e scampano a stento al massacro. Una volta messi fuori gioco giacobini, montagnardi e sanculotti, la Convenzione termidoriana tenta di sbarazzarsi dei “moscardini” chiudendo il Café de Chartres. Così essi appoggiarono la rivolta realista di vendemmiaio, che fallisce. I “moscardini” vanno a disperdersi, per la gioia dei loro avversari che tirano un sospiro di sollievo, ma anche per la disperazione dei loro sarti.
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A me ricordano un gruppo di gang adolescenziali dei giorni nostri con un loro codice di abbigliamento e linguaggio, e ho paura che grazie ai social oggi sarebbero dei veri influencer con migliaia di follower. E voi ricordate delle manifestazioni esagerate nella moda che avete visto magari nella vostra adolescenza?
Cristina M. Cavaliere
Fonti testo:
- Robespierre – I grandi contestatori – Arnoldo Mondadori Editore
- Donald G. Sutherland, Rivoluzione e controrivoluzione. La Francia dal 1789 al 1815, Bologna, Il Mulino
- L’Armata dei sonnambuli di Wu Ming
- lphège Boursin, Augustin Challamel, Dictionnaire de la Révolution française, Paris, Jouvet et cie, 1893, p. 336.
- William Duckett (1805-1873), Dictionnaire de la conversation et de la lecture, Paris, Didot, 1875, p. 335.
- Alfred Rambaud, Histoire de la civilisation contemporaine en France, Paris, A. Colin, 1888, p. 309-11.
Il periodo confuso che va dalla fine del Terrore alla prima campagna d'Italia con l' ascesa di Napoleone lo conosco solo per sommi capi, quindi confesso che sapevo quasi nulla di questo movimento. Da come li percepisco, più che un movimento a sfondo politico sembra la versione parigina della "teppa" milanese di pochi decenni dopo.
In effetti il periodo del Direttorio fino al colpo di stato del brumaio da parte di Napoleone è definito nel mio manuale come caotico. Questo movimento della "jeunesse dorée" invece lo conoscevo già, specialmente per il loro modo di abbigliarsi e per le rappresaglie che mettevano in atto e che a volte sfociavano in veri e propri eccidi. La "teppa" milanese è una buona pietra di paragone, a me vengono in mente anche i "guappi" napoletani. 😉
Insomma potremmo definirli squadristi modaioli per usare un termine molto in auge adesso. Credo che questo esame, tra l’argomento che ti appassiona e la possibilità di farlo finalmente in presenza, sia per te una fatica molto più piacevole degli altri esami.
Riguardo invece alla tua domanda mi sono ricordata della moda degli anni ottanta, i punk, i dark, i rocabilly, i paninari: ogni gruppo corrispondeva a una precisa filosofia di vita, li incrociavo in piazza Verdi, anima e centro della cittadella universitaria di Bologna, tutti pacifici però alcuni molto particolari e anche colorati.
Sì, è vero, l'esame mi preoccupa molto meno, anche se la rivoluzione francese è densissima di avvenimenti tutti concentrati in pochissimi anni. Mi sono iscritta per tempo e sono la prima in ordine progressivo. Fare l'esame in presenza poi è una gran bella cosa!
Anche a me sono venuti in mente i paninari a Milano, erano in piazza san Babila davanti a Burghi (che poi si è trasformato in McDonald). Ricordo anche il personaggio interpretato da Faletti in "Drive in". 🙂
Non conoscevo così bene questa storia Cristina, ringrazio la tua passione per la Rivoluzione e l'ultimo esame che devi dare per averti ispirato il post. Non ricordo manifestazioni strambe modaiole nella mia adolescenza, eccetto forse i dark con le creste lunghe alte e colorate su abiti completamente neri. Ma nessuna gioventù molesta come quella descritta qui. Mi sa che il nostro presente è ben peggio 🙂
Sì, l'argomento è un po' di nicchia, però secondo me tutto quello che riguarda la moda è interessante perché è curioso vedere come ci siano i corsi e i ricorsi (e te lo dice una che non si veste "à la page"). 🙂 Queste manifestazioni di gang o gruppo con dei segni distintivi richiamano le nostre baby-gang o i branchi adolescenziali.
Mi ricordo bene nella mia infanzia i punk, era proprio l'epoca in cui si era importata questa moda. Poi naturalmente "i capelloni" di cui parla molto Pasolini nei suoi Scritti corsari. ^_^
Ecco, uno pensa di aver visto fra gli anni '70 e '80 la traduzioni in termini di abbigliamento e acconciatura di qualche ideologia che vuole uscire e mostrarsi (per non parlare della rivoluzione dei costumi nei favolosi Sessanta) e poi vai indietro e scopri che anche in epoche passate c'era chi inventava forme e orpelli per rendersi riconoscibile. Ricordavo del periodo della Rivoluzione i sanculotti, che non intendevano usare la culotte e prediligevano i pantaloni per rendersi visibili, ma queste chicche che sveli qui sono davvero deliziose.
Mi piace anche che ci fosse, vivaddio, una compagine femminile.
Sarò di parte, ma io adoro la moda del Settecento pre e post rivoluzione. 😉 Mi piace osservare i ritratti con i colletti alti e rendevano il viso importante, le cravatte bianche che fasciavano la gola, i baveri con grandi risvolti, i bastoni da passeggio con preziosi pomoli che spesso celavano uno stiletti acuminato, le scarpe con grandi fibbie. In questo caso poi la moda diventa un segno distintivo anche a livello ideologico. Sono assolutamente d'accordo sull'importanza di constatare una controparte femminile, e qui è curioso il richiamo all'antica Roma o alla Grecia.
Già, pensa se fossero già esistiti i social… tremo all'idea! Interessante il tuo racconto, e interessanti anche le note sul look di questi personaggi. La storia che studiamo è spesso troppo priva di dettagli per risultare viva.
Eh sì, "miseriaccia!" come avrebbe detto Ron in Harry Potter se ne avesse incontrato uno. 😉
Purtroppo la storia che si studia sui libri è molto spesso priva dei dettagli che restituiscono le persone in carne e ossa, sebbene negli ultimi decenni si sia data molta più importanza agli studi sociali che non a un'arida enumerazione di date, trattati e battaglie.