Fra le cose appartenute a mio papà, conservo gelosamente alcuni vecchi libri per l’apprendimento della lingua inglese ormai tutti rotti, e tenuti insieme con lo scotch. Tra questi, una grammatica, il “Julius Caesar” di Shakespeare e i “Collected Poems” di Byron.

Dovete sapere che lui aveva combattuto in Africa durante la Seconda Guerra Mondiale come carrista. In questa esperienza davvero drammatica, ebbe la fortuna di essere catturato dagli inglesi prima della battaglia di El-Alamein combattuta nel novembre 1942 tra le forze dell’Asse dell’Armata corazzata italo-tedesca comandate da Erwin Rommel, e l’8ª Armata britannica del generale Bernard Law Montgomery. Qui lo potete vedere sia con l’uniforme nella fotografia di rito accanto alla fioriera, come si usava, sia con un suo commilitone in Africa.

Dopo essere stato catturato, fu portato prigioniero prima in Egitto e poi in Sud Africa come POW, cioè Prisoner of War. La vita nei campi era molto noiosa, come vi ho raccontato recensendo il libro di lettere, cartoline, telegrammi “Verrà pure quel giorno” a cura di Paola Chiesa, recensione che potete trovare qui, così mio padre chiese di lavorare. Aveva però in mente di rimanere in Sud Africa, una terra che gli è sempre rimasta nel cuore nonostante le sue condizioni di prigionia, ma per tutta risposta fu trasferito in Inghilterra in un piccolo paese, Harston, dalle parti di Cambridge. Là rimase fino alla fine della guerra, salvandosi la vita. Poté tornare a casa soltanto nel ’46, quindi ben dopo la fine della guerra stessa. Tra i carteggi della mia famiglia ho trovato un cablogramma che avvisava dell’imbarco sulla nave.

 

Una storia di amicizia

La prigionia non era particolarmente dura, a parte il fatto di dover lavorare nei campi di patate e raccogliere frutta, e mio padre fece amicizia, oltre che con altri italiani, con l’autista inglese del camion che trasportava i prigionieri italiani avanti e indietro dalle baracche al luogo di lavoro. Questo signore era un obiettore di coscienza, e si chiamava Frank Edwards. Faceva il parrucchiere da uomo, come la moglie che era parrucchiera per signora. Ora, essere obiettore di coscienza quando tutto il mondo è in guerra non era una scelta facile, perché nel migliore dei casi venivi guardato male, nel peggiore eri tacciato di essere un traditore e un vigliacco. Vi assicuro che ancora negli anni ’80 ebbi modo di leggere un’espressione di orrore sul viso di una signora inglese nell’apprendere questo fatto.

Frank Edwards nella sua casa nei dintorni di Cambridge.

Frank ebbe la possibilità di sostenere la sua causa durante il processo, ma non riuscì a essere molto convincente, e venne condannato a fare da autista ai prigionieri. Un altro amico di nome Jack Overhill, uno scrittore inglese di orientamento laburista e socialista, riuscì invece a dimostrare con tale eloquenza l’inutilità della guerra che venne prosciolto. Potete vedere qui il signor Frank sulla sinistra nel suo salotto ad Harston. Jack Overhill aveva una personalità eccentrica, e faceva il bagno d’inverno nel fiume cascasse il mondo. Infatti ho trovato una biografia su un link di storia locale su Cambridge che potete leggere qui: conduceva un’esistenza durissima e povera lavorando come calzolaio, e significativi sono i suoi tentativi di pubblicazione, quasi sempre frustrati, e che non ne minarono la determinazione a scrivere.

Uomo di immensa sensibilità nonostante i suoi modi bruschi e taciturni, Frank si preoccupava delle condizioni dei prigionieri, e non appena ce n’era uno che tossiva portava al campo sciroppi e medicine. Non è tutto, portava anche un giradischi per permettere loro di ballare, e tenerli allegri. La moglie Joan era l’opposto di lui nel carattere, poiché era allegra ed estroversa, ma uguale al marito per bontà d’animo, e preparava sciarpe per i prigionieri, confezionava torte.

Io ho avuto l’onore di conoscere entrambi quando erano anziani, e posso testimoniare che erano tra le persone più buone che abbia mai incontrato.

Lo scrittore Jack Overhill.

 

 

Imparare una lingua straniera

Imparare qualcosa di nuovo aiuta a dimenticare i tuoi guai, risveglia i neuroni e soprattutto cura le ferite dell’animo. Mio papà volle imparare la lingua inglese, ed ebbe un maestro d’eccezione: proprio lo scrittore obiettore di coscienza che si era difeso così bene e che lo preparò per l’esame di letteratura inglese dove avrebbe portato, tra le altre cose, “Julius Caesar” e “Pride and Prejudice” di Jane Austen. Ho trovato nel link proprio una frase che si riferisce a lui, che emozione! “He befriended an Italian Prisoner of War, also helping him with exams.”

Già, perché il POW Claudio Rossi sostenne addirittura l’esame Proficiency presso una delle prestigiose università della vicina Cambridge, dopo essere partito da zero nell’apprendimento dell’inglese, a testimonianza che aveva un’ottima attitudine per le lingue.

 

The Poetical Works” of Lord Byron

Questo è uno dei libri che gli fu regalato dal suo amico Frank nel Natale del ’43, e che è protetto da una copertina di stoffa con il ricamo di un agrifoglio, e una dedica interna. Potete vedere la dedica e anche un’incisione del fascinoso autore: il bello e dannato aristocratico Lord Byron.

Tra le pagine ho trovato anche un segnalibro che dice “This book comes from Heffer’s Bookshop” e sul retro una scritta che testimonia la fine ironia anglosassone: “Doubtless your ideal bookshop is one where you can get any book at any time. New or Second-hand, English or Foreign. We do not claim to have arrived at such perfection, but it is our ideal.”

Il libro non è molto consultato, e penso che fosse un regalo e non gli servisse per l’esame; l’unica traccia è un foglietto di espressioni con la traduzione a lato. Molto più vissuto è “Julius Caesar” di Shakespeare, che cade davvero a pezzi, e sembra masticato. Speriamo che non lo abbia masticato in un accesso di fame! Nulla di paragonabile ai campi di concentramento tedeschi, ma non è che mangiassero molto. Questa cosa della fame gli era sempre rimasta addosso, e a casa voleva vedere il frigorifero sempre pieno.

 

Il Certificate of Proficiency

Da tempo immemorabile questo esame si compone di alcune prove scritte (difficilissime, ve lo assicuro!), per le quali mio papà prese C. Vi assicuro che prendere C al Proficiency scritto è un successo incredibile, e specialmente per una persona che parte dall’inizio, e forse nemmeno il Bardo arriverebbe alla B.

La parte più commovente fu l’esame orale. Egli arrivò all’università e percorse il corridoio in cerca dell’aula. Ovviamente era ben riconoscibile poiché indossava la divisa da prigioniero con delle enormi toppe gialle, più o meno come quella che potete vedere qui. Nel corridoio si imbatté in una signora cui chiese dell’aula, al che lei disse che lo avrebbe accompagnato e si mise a chiacchierare con lui. Parlarono a lungo, volle sapere da dove veniva e come mai voleva imparare la lingua.

Dopo venti minuti di conversazione, lei si arrestò davanti a una porta e gli strinse la mano. “Bene, può andare,” disse. “Ma… io devo fare ancora l’esame orale,” replicò mio papà, perplesso. “Lo ha già fatto,” disse lei, sorridendo. Era la docente, che gli aveva fatto l’orale mettendolo a suo agio, e dandogli poi B. Tutte le volte che racconto questa storia, come in questo momento, mi viene un groppo alla gola.

 

Il ritorno a casa

Mio papà tornò a casa nel ’46, come vi raccontavo, dalla sua famiglia di origine. Possedeva ormai un’ottima conoscenza dell’inglese, ed era talmente grato per come era stato trattato, e per le testimonianze di amicizia che aveva ricevuto, che si ripromise di insegnare questa lingua gratuitamente a chiunque avesse voluto impararla. E così ha fatto fino a quando ne ha avuto la possibilità. Le prime parole in inglese me le ha insegnate lui. Ovviamente, sapere l’inglese nel dopoguerra era una rarità per un italiano, e la cosa gli tornò utile sul lavoro.

I signori Edwards vennero a trovarlo in Italia compiendo la traversata dell’Europa a bordo della Fiat 500Topolino, e giunti a destinazione scrissero alla casa di produzione lodando molto la qualità e la robustezza del veicolo. A sua volta mio papà si recò in Inghilterra a trovarli, e mantenne sempre l’amicizia e la corrispondenza con loro. Ecco qua una foto di Molly (sulla sinistra, unica figlia degli Edwards), un’amica, e di Joan Edwards, in una foto che richiama tantissimo i tempi del Novecento e dove sono però sorridenti e solari. La guerra è finita, ma l’amicizia è rimasta, a riprova che dalle difficoltà e dal male può nascere un bene grandissimo. 

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Era dall’anno scorso che volevo raccontarvi questa storia incredibile, ma non avevo avuto tempo e modo, e mi sembrava appropriato farlo nel periodo natalizio. E voi avete delle storie di famiglia collegate col periodo natalizio che volete raccontare?

Cristina M. Cavaliere