Bacco di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1596-1598), Galleria degli Uffizi a Firenze |
Polifemo è uno dei personaggi più conosciuti dell’epica greca e, anche se attualmente questa è una materia che non si studia più a scuola, sicuramente il Ciclope, il gigante con un solo grande occhio al centro della fronte, è noto anche ai giovani di oggi. Ma chi sospetterebbe che potrebbe essere preso a esempio per spiegare la percezione del vino nell’antichità? Cominciamo il nostro racconto: la prima regola di cortesia tra i Greci, sia per le persone altolocate che per il popolo (per esempio, l’umilissimo porcaro Eumeo si comporta così quando accoglie Ulisse al ritorno ad Itaca), è di offrire subito da bere e da mangiare all’ospite e soltanto dopo chiedergli chi è e che cosa vuole. Polifemo invece affronta in modo arrogante Ulisse e i suoi compagni chiedendo loro l’identità senza offrire nulla – il che come ben sappiamo sarà la sua rovina, perché quando invocherà aiuto gridando “Nessuno (quello che credeva essere il nome del suo assalitore) mi uccide” gli altri Ciclopi ovviamente non andranno a soccorrerlo. Potete vedere molto ben raffigurata la scena di Polifemo accecato da Ulisse in quest’anfora del 650 a.C da Eleusi.
Quindi, cominciamo a capire che per i Greci, come successivamente per i Romani, il vino è regolato da norme ben precise che gli uomini civili devono rispettare. Altra norma imprescindibile è quella del bere con moderazione. E anche qui il nostro Polifemo sbaglia tutto: infatti, abituato ad alimentarsi esclusivamente con il latte delle sue capre, quando Ulisse gli offre il vino, il Ciclope lo apprezza subito, ma lo beve smodatamente e naturalmente si ubriaca. Un detto attribuito allo stesso Dioniso recitava: “Il primo cratere è per la salute, il secondo per il piacere e il terzo per il sonno”, sottintendendo che dal quarto in poi si generano soltanto violenza, baccano e follia. Ce lo mostra il sottostante mosaico ellenistico a Pafhos, sull’isola di Cipro, raffigurante Dioniso e Arianna.
Una festa romana (Saturnalia), seconda metà del XIX sec. di Roberto Bompiani. |
Ma come riuscivano gli antichi a mantenersi sobri nonostante le enormi quantità di vino, insieme al cibo, ingurgitate durante i loro pantagruelici banchetti, come quello celebre di Trimalchione nel “Satyricon” di Petronio? (Tra parentesi questo Trimalchione era il classico arricchito che non rispettava le regole del buon vivere e i suoi festini non erano un esempio di perfetto buon gusto!)
Ebbene, il trucco per non ubriacarsi (troppo) era allungare il vino: sì, proprio quello che oggi i sommelier e i wine lover ritengono un gesto sacrilego! Il vino puro al tempo dell’antichità classica in effetti sarebbe stato imbevibile perché la gradazione alcolica era altissima e lo stato di conservazione mai ottimale, a causa ovviamente della mancanza delle conoscenze e delle tecniche in uso oggi: bisognava necessariamente aggiungervi acqua. Ed ecco che torna in scena il povero Polifemo: la sua ubriachezza è dovuta non soltanto all’eccessiva quantità di alcol ingerito in un colpo solo, ma anche all’irrimediabile errore di avere bevuto il vino puro. Si trattava tra l’altro di una pregiata varietà a bacca nera che era stata donata a Ulisse da un sacerdote di Apollo ed era così densa che necessitava di venti parti di acqua per una di vino. Solitamente la miscela giusta era tre/quattro parti di acqua e una di vino. Ma il vino spesso veniva addizionato anche di altre sostanze per renderlo più gradevole, soprattutto il miele, con il quale si produceva il mulsum, bevanda che ai banchetti fungeva da aperitivo, oppure addirittura resine, gessi e altri additivi che oggi farebbero considerare l’alimento decisamente adulterato.
È interessante notare che per i Greci chi non sa bere è solitamente una creatura inferiore: oltre ai Ciclopi altri esempi di ubriaconi molesti sono i Centauri. E per i Romani? Potremmo dire che per i Romani le creature inferiori fossero i Barbari. Per i raffinati senatori in toga, lavati e profumati ogni giorno alle terme, sicuramente questi figuri dai lunghi capelli incolti che indossavano braghe di cuoio e certamente non erano particolarmente dediti all’igiene personale non potevano rientrare a pieno titolo nel novero degli esseri umani. E avevano un altro orribile difetto: bevevano birra! Per molti secoli scegliere il vino piuttosto che la birra è stata una discriminante tra civiltà e inciviltà, cultura e non-cultura. E non soltanto per la bevanda in sé, ma per l’assoluta mancanza di regole che caratterizzava l’assunzione della cervogia: non doveva essere miscelata, non le erano destinati contenitori ben codificati e addirittura (orrore!) poteva essere sorbita con la cannuccia. Osservateli in azione in questo dettaglio del quadro di Piero di Cosimo dal titolo Battaglia tra Lapiti e Centairi del 1490 ca. posto alla National Gallery di Londra.
Lasciamo l’amico Polifemo alla sua ebbrezza e ai suoi innumerevoli errori e affrontiamo un altro argomento: le donne nell’antichità bevevano vino? La risposta è molteplice. Le etere del mondo greco potevano partecipare ai simposi e quindi erano anche autorizzate a bere vino, mentre a tutte le altre categorie dell’universo muliebre era severamente proibito. Molto diverso l’atteggiamento degli Etruschi, che pure avevano accolto dalla Grecia la pratica del simposio: le mogli potevano partecipare ai banchetti e sdraiarsi sui triclini accanto ai consorti, con lo stesso diritto di mangiare, bere e divertirsi riservato agli uomini.
Affresco sulla parete centrale della Tomba dei Leopardi, nella necropoli etrusca di Monterozzi a Tarquinia. Epoca: ca. 470 a.C. |
Il mondo romano, invece, era particolarmente rigido nei confronti dei comportamenti femminili: si pensi che lo stesso Romolo (così almeno si diceva a quei tempi) aveva introdotto la pena di morte per le donne sorprese a bere. La legislazione, in effetti, equiparava l’atto di consumare vino, da parte di una donna, all’adulterio e quindi soggetto a pene molto severe, fino a quella capitale. Forse avrete sentito parlare del “diritto di bacio”: il marito, ma anche la famigerata suocera, aveva il diritto di baciare la moglie per capire se il suo alito emanava sentori sospetti.
Con il passaggio dall’austera età repubblicana alla più godereccia era imperiale anche le donne ebbero maggiore libertà e poterono incominciare a gustare il prezioso nettare. E infatti proprio la moglie di Augusto, Livia (qui raffigurata nella testa scolpita conservata al museo Saint-Raymond di Tolosa) , sosteneva di essere arrivata alla tarda età (morì a 86 anni) grazie al Pucino, una specie di Prosecco dell’epoca, che beveva regolarmente. Probabilmente i Romani si erano resi conto anche dell’importanza commerciale del vino, che spesso era utilizzato come moneta di scambio e aveva un altissimo valore. Plinio il Vecchio, che nella sua “Naturalis Historia” ci ha lasciato tantissime notizie sul mondo enologico, afferma che almeno due terzi delle varietà di vino esistenti nel mondo vengano dall’Italia. E del resto parte della nostra penisola era chiamata Enotria, ovvero terra del vino, e anche oggi in Italia sono registrati ufficialmente almeno 700 vitigni autoctoni.
Un’ultima curiosità: avrete certamente nell’orecchio il motto “Nunc est bibendum”, che spesso è utilizzato in enoteche, ristoranti, siti, blog, libri dedicati al vino. Forse però non si sa a che cosa si riferisca e magari si pensa a un’esortazione simile a quella di Lorenzo il Magnifico “chi vuol esser lieto sia”. Invece è legato a una vicenda politica complessa e a un evento storico drammatico: la morte di Cleopatra, che Orazio considerava la peggior nemica di Roma. La conclusione che possiamo trarre è che, oggi come ieri, ogni occasione, allegra o triste, è buona per un bicchiere di vino!
Antonella Scorta
Ebbene, che cosa ne pensate e qual è il vostro rapporto con il nettare degli dei? In attesa dei vostri commenti, vi invitiamo a leggere la biografia di Antonella, e soprattutto a visitare il suo sito… interessantissimo sia per gli appassionati di vino sia per coloro che sono quasi astemi (come la titolare di questo blog)!
***
Biografia dell’autrice
Bibliografia: Laura Pepe, “Gli eroi bevono vino”, Laterza
Fonti immagini: Wikipedia
Articolo molto interessante che fornisce un excursus a tutto tondo sul piano storico e culturale del vino nell'antichità classica. Complimenti all'autrice.
Personalmente devo confessare – con disonore – che non sono un bevitore di vino ma preferisco i liquori (però non eccedo, lo giuro 😉
Interessante e sorprendente, un mondo che non conoscevo. Apprezzo il vino, anche se ne bevo pochissimo. Se miro all'ebbrezza, scelgo i superalcolici. Grazie Cristina, grazie Antonella. Vado a fare visita al sito In the Bottles. 🙂
Grazie del tuo passaggio e del tuo commento, Ariano! Sono contenta che l'articolo ti sia piaciuto. 🙂 Come ho scritto nella frase finale, io sono in pratica astemia e quindi non sono in grado di apprezzare le sfumature del vino… mi potrebbero propinare qualsiasi cosa! 😀
Ti ringrazio per avere letto e apprezzato l'articolo, cara Grazia. Non si finisce mai di imparare, e anche il vino è cultura. A presto! 🙂
"Gentile" Signor Anonimo 1, sono stata costretta a rimuovere il suo commento non firmato. Come scrivo espressamente in "Avviso ai naviganti" le opinioni di chiunque sono benvenute, ma occorre firmare con nome e cognome oppure usare un nickname per farsi riconoscere. Forse non si è dato nemmeno la briga di leggere tale Avviso.
Le consiglierei anche di ripassare un po' di ortografia: è vero che è un blog è uno spazio di divulgazione in amicizia, ma un minimo di correttezza non guasta. Se in poche righe lei mi scrive "sudico", "addibite", "igene", "quoio", "affemminati ""aquistava", ho il sospetto che le fonti storiche da cui lei trae le sue informazioni siano incerte quanto la sua padronanza linguistica. Le auguro di "quore" buona serata e buona navigazione.
"Gentile" Signor Anonimo 2, anche nel suo caso sono stata obbligata a rimuovere il commento perché non firmato. Ho il sospetto però che la sua identità sia la medesima dell'Anonimo 1, o forse è un cugino di primo grado vista la verve con cui si esprime e l'anonimato che mantiene. Mi scuso quindi per la ripetizione di quanto sopra.
In una frase che vorrei comunque riportare, cito: "Mai lette tante scemenze in una volta sola, ma siete sicuri di essere veri ricercatori o parlate solo per vecchi stupidi stereotipi mezzogiornisti che puzzano di muffa e stantio… ?!" Non ho ben compreso in che cosa saremmo dei mezzogiornisti, e in ogni caso non si affatichi a spiegarmelo: preferisco rimanere con il mio dubbio.
Invitandola a trovare un rimedio contro la pressione alta, la saluto con viva cordialità.
Anche se giustamente il commento di Anonimo è stato rimosso, però vorrei rispondere. Poiché il misterioso interlocutore si lamentava della frase sulla sporcizia dei barbari, vorrei sottolineare che non intendevo mancare di rispetto ai Barbari per i quali ho sempre avuto grande simpatia fin da bambina, ma intendevo semplicemente spiegare (con un po’ di ironia) come i Romani vedevano queste popolazioni che a loro sembravano certamente sporche se non altro per il fatto di portare barba e capelli lunghi. Si pensi che i soldati romani erano obbligati a radersi e tagliarsi i capelli anche quando erano nel pieno di una campagna militare! Per quanto riguarda l’introduzione delle botti per la conservazione e l’invecchiamento del vino, in effetti l’invenzione è attribuita ai Galli e non a caso i Francesi condividono con gli Italiani il primato nel settore della produzione dei migliori vini. Ma qui mi fermo perché ci sarebbe materiale per un altro post!
Il mondo dei superalcolici rientra comunque nelle competenze di un Sommelier, anche se io personalmente non li apprezzo particolarmente. Nel sito troverai infatti soprattutto vini e vitigni, ma ti ringrazio se lo visiterai.
A consolazione di Ariano e Cristina (che ovviamente lo sa già) anch'io fino a poco tempo fa ero quasi astemia, quindi, non è mai troppo tardi…
Complimenti per l'articolo: molto piacevole e anche molto interessante!
Soprattutto ho trovato intrigante l'aver messo in luce quanto la cultura del vino sia prevalentemente e radicalmente legata all'universo maschilista e ho contestualmente molto gradito il cenno ai due esempi contrari, quello degli Etruschi e quello di Dioniso e Arianna, al fine di rivendicarne il diritto di appartenenza, anche a livello storico, all' "altra metà del cielo" .
Per ciò che riguarda il mio rapporto con il vino, purtroppo rientro tra quelli che non lo sanno apprezzare.
Infatti, ne bevo pochissimo e oltretutto controvoglia in occasione di quei brindisi collettivi ai quali non ci si può sottrarre.
A dirla tutta, non mi piacciono nemmeno la birra né la maggior parte dei superalcolici. Se capita, sorseggio del mirto, del liquore al caffè e del limoncello 🙂 !
Insomma, sono un po' una frana! 😀
Grazie Clementina, non è una colpa non apprezzare gli alcolici, in effetti anch’io sono stata affascinata dalla parte teorica nel corso dei miei studi più che dalla fase degustativa. Per quanto riguarda i rapporti tra le donne e il vino, la visione maschilista continua anche ai nostri giorni, benché ormai chi si azzarda a dire “è adatto a un gusto femminile” venga fulminato dagli sguardi delle signore presenti e sicuramente non più invitato in successive occasioni!
Grazie a entrambe: a Clementina per il suo commento, e ad Antonella per l'ulteriore riflessione. Mi fa piacere che, anche per merito del vino, si possa contribuire a demolire alcuni stereotipi davvero fastidiosi!
Caspita se fossi nata al tempo dei romani sarei stata condannata a morte…era meglio nascere tra gli etruschi. Comunque c'è stato un tempo lontano in cui bevevo solo acqua, poi un amico sommelier ha cominciato a portarci alle degustazioni e ho cominciato ad apprezzare il vino, anche se cerco di essere moderata perché fa ingrassare, devo ammettere però che il mio stomaco se bevo troppo si ribella, quindi ho una specie di sensore interiore che mi mantiene sobria.
Davvero un post interessante.
Sicuramente era dura la vita per le wine lover romane, anche se penso che in età imperiale abbiano abbondantemente recuperato. Vedo che anche tu, Giulia, hai avuto un percorso simile al mio: da quasi astemia a innamorata del vino. Se ti capita di seguire qualche corso, vedrai che rimarrai affascinata anche dalla part teorica, perché il vino è soprattutto cultura.
Un articolo utilissimo anche per una lezione a scuola! 🙂 Peccato che alla secondaria di primo grado questo mondo antico tenda a essere trascurato, iniziamo infatti dalle invasioni barbariche, ma tendo sempre a dedicare qualche lezione anche al mondo greco-romano.
Riguardo al mio rapporto col vino… beh, lo adoro. In particolare mi piacciono i rossi decisi di Sicilia, quei vitigni che si beano d'un sole cocente e danno il meglio di sé. Gradisco anche il bianco freddo, in estate. Non mi intendo però di nomi, gusti. Mi piacerebbe seguire un piccolo corso sulla degustazione. Qui sui colli romani ci sono moltissimi vigneti e luoghi in cui questi eventi non mancano. Proprio la scorsa domenica sono stata a Tralci, la prima edizione di una degustazione di vini d'eccellenza. Ci siamo divertiti.
Penso che la vita delle donne romane fosse dura, a prescindere dal consumo di vino… come spesso accade nella storia ahimè. 🙁
Essere introdotti a questo mondo affascinante da un sommelier è il modo migliore per accostarsi al vino. Tra l'altro proprio ieri sera siamo andati in un luogo molto particolare a pochi passi da casa mia, si chiama La Baitella. Il proprietario è un sommelier molto amabile, che dà ottimi consigli per l'abbinamento del vino rispetto ai piatti.
Grazie per la segnalazione di questa nuova manifestazione: sono sempre alla ricerca di notizie relative al vino da pubblicare sul mio sito! Non sapevo che nei programmi scolastici attuali si trascurasse il mondo antico: io mi ricordo di avere studiato molto bene Greci e Romani (e anche gli amati Etruschi) sia al liceo, sia alle medie inferiori: la nostra civiltà deriva da lì, è veramente assurdo non studiarne le radici.
"Tralci" mi sembra un nome molto adatto per una manifestazione sul vino! 😉 Anch'io trovo assurdo che non si studi il mondo antico a scuola, a furia di tagliare i programmi che cosa si andrà a insegnare nelle classi?