Bentornati sul blog in compagnia di Clementina, dopo le ultime travolgenti novità della mia laurea in Storia con 110/110 e Lode!!! 😍😍😍
Abbiamo deciso di rimandare il prosieguo della serie sui Tarocchi a settembre. Infatti, visto che siamo in periodo di spostamenti e vacanze, vorremmo riproporvi un suo articolo molto bello sulla letteratura di viaggio e su un mezzo di locomozione che tutti noi, bene o male, abbiamo amato sin da bambini.
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Questo è un invito al viaggio che vi porgo attraverso una piccola rassegna di romanzi e racconti di autori famosi dedicata a quello che potemmo definire, per antonomasia, il luogo dell’incontro e dell’imprevisto.
Parliamo del treno, sfondo ideale nel quale sono state ambientate storie di incontri, di scambi, di mistero e di viaggio.
Murnau – Veduta con ferrovia e castello di Vasilij Kandinsky (1909), Stadtische Galerie im Lenbachhaus. |
Agli inizi dell’Ottocento, in Inghilterra, compare la prima locomotiva a vapore e da allora il treno, con il suo fischio lanciato in prossimità delle stazioni, il suo sferragliare sulle rotaie, i suoi scompartimenti nei quali perfetti sconosciuti intrecciano conversazioni, seduti gli uni accanto agli altri, ha iniziato, senza più fermarsi, a rappresentare nell’immaginario collettivo l’ambiente più stimolante per ogni genere di avventura.
Il ponte ferroviario a Chatou di Renoir (1881), Musée d’Orsay, Parigi. |
Volete salire in carrozza con me?
Bene!
Iniziamo, dunque, il nostro viaggio in treno con un elenco di romanzi e racconti ambientati tra i convogli, perché, come diceva Oscar Wilde, “Bisognerebbe sempre avere qualcosa di sensazionale da leggere in treno“.
Treno sotto la neve di Claude Monet (1875), Musée Marmottan Monet, Parigi. |
Il primo della lista è uno dei più famosi gialli di Agatha Christie, ambientato sul mitico treno che collega Parigi ad Istanbul: Assassinio sull’Orient Express.
Il romanzo ha come protagonista il detective belga Hercule Poirot che si troverà a dover risolvere il caso dell’assassinio di un ricco americano, il signor Ratchett, avvenuto mentre il convoglio si trova bloccato a causa della neve.
Ecco l’incipit:
«Erano circa le 5 di una mattina d’inverno, in Siria. Lungo il marciapiede della stazione d’Aleppo era già formato il treno che gli orari ferroviari internazionali indicavano pomposamente col nome di Taurus Express, e che consisteva in due vetture ordinarie, un vagone-letto e un vagone-ristorante con annesso cucinino.
Vicino alla scaletta di uno degli sportelli del vagone-letto, un giovane tenente francese, splendido nella sua uniforme, conversava con un omino imbacuccato fino alle orecchie e del quale erano visibili solo il naso arrossato e le punte di un paio di baffi arricciati all’insù.»
E conservando l’immagine di un treno nella neve, ci spostiamo verso un altro romanzo, che invece narra
l’amore, l’idealismo e il dolore fino ai temi della rivoluzione di ottobre. Qui, il protagonismo del treno ci arriva attraverso la descrizione di un lungo viaggio, un vero e proprio esodo, che si svolge in mezzo alla neve siberiana.
Vi sto parlando de Il Dottor Zivago, celebre e controverso romanzo scritto da Boris Pasternak.
Eccone un breve stralcio:
«Come se un gallo avesse appena cantato con la sua voce familiare, da giù, la locomotiva che conoscevo bene mi fece sentire il suo fischio. Lo conoscevo bene quel fischio, perché la locomotiva stava sempre sotto pressione a Nagòrnaja. Si chiamava locomotiva di spinta, per spingere i treni sulla salita e ora era in manovra, perché ogni notte a quell’ora passava quel treno misto.»
Restando in Russia ritroviamo il treno nell’incipit de L’idiota di Dostojevski:
«Verso le nove di una giornata di fine novembre il treno della ferrovia Pietroburgo-Varsavia si avvicinava a Pietroburgo. La giornata era talmente umida e nebbiosa che i passeggeri con grande difficoltà riuscivano a distinguere qualche cosa dai finestrini»
Continuiamo la nostra carrellata letteraria passando dal gelo dei Balcani e della Siberia, a temperature decisamente più miti, ma nelle quali la valenza simbolica del viaggio in treno rimane altissima.
Si tratta di un romanzo che narra del ritorno alle origini ed è il romanzo-manifesto dell’impegno etico e civile dell’autore.
«E mi parve ch’essere là non mi fosse indifferente, e fui contento d’esserci venuto, non esser rimasto a Siracusa, non aver ripreso il treno per l’Alta Italia, non aver ancora finito il mio viaggio. Questo era il più importante nell’esser là; non aver finito il mio viaggio; anzi, forse, averlo appena cominciato»
Il nostro viaggio prosegue con un romanzo nel quale assistiamo alla gente che va ad ammassarsi su un convoglio che corre verso Parigi: Notte in treno, di Irène Némirovsky.
È la notte in cui la Francia dichiara guerra alla Germania e nelle fitte pagine di quest’autrice troviamo chi va ad abbracciare il proprio uomo in partenza per il fronte, chi va a dare una mano, chi, invece, continua la solita routine. Il treno, l’attesa, la speranza fanno da scenario ad apparizioni fugaci, a battute tra sconosciuti, a miseri bocconi di cibo racimolati qua e là e divisi con gli altri passeggeri, raccontandoci della dignità di un popolo nel presentimento di una incombente disgrazia.
« Era la prima notte di guerra. Nelle guerre e nelle rivoluzioni niente di più singolare di quei primi istanti in cui si viene proiettati da una vita all’altra, senza fiato, come se si cadesse dall’alto di un ponte, tutti vestiti, in un fiume profondo, senza capire cosa sta succedendo, serbando nel cuore un’insensata speranza.»
Lasciamo la Francia per raggiungere un piccolo villaggio del Punjab. Siamo nell’estate del 1947 e la regione indiana si ritrova all’improvviso divisa tra due nazioni sorte dalla fine dell’impero coloniale britannico nel subcontinente: l’India e il Pakistan. A Mano Majra, un piccolo villaggio lungo la linea ferroviaria che unisce Delhi a Lahore, dove fino al giorno prima avevano convissuto musulmani, sikh e hindù, succede qualcosa di terribile: muore un milione di persone e i treni affollati di profughi arrivavano a destinazione carichi di cadaveri.
Questa è la trama di Quel treno per il Pakistan, di Khushwant Singh e questo è il suo incipit:
«L’estate del 1947 non fu come le altre estati indiane. Quell’anno persino il tempo, in India, sembrava diverso. Faceva più caldo del solito e tutto era più secco e polveroso. E l’estate durò più a lungo. Nessuno ricordava un epoca in cui i monsoni erano giunti con tanto ritardo. Per settimane, le rare nubi produssero solo ombre. Niente pioggia. La gente continuò a dire che Dio li stava punendo per i loro peccati.»
Magicamente il nostro treno ci conduce in Italia, questa volta con Qualcosa era successo, racconto di
Dino Buzzati, ambientato in una stazione ferroviaria.
Il racconto può essere letto come metafora della corsa della vita verso la morte inesorabile, oppure come un simbolo dell’assurdità del progresso umano, che ci conduce all’autodistruzione. Infatti, l’autore lascia al lettore il compito di interpretare il testo, lasciandosi avvolgere da un angosciante mistero.
Leggiamo insieme l’incipit:
«Il treno aveva percorso solo pochi chilometri (e la strada era lunga, ci saremmo fermati soltanto alla lontanissima stazione d’arrivo, così correndo per dieci ore filate) quando a un passaggio a livello vidi dal finestrino una giovane donna. Fu un caso, potevo guardare tante altre cose invece lo sguardo cadde su di lei che non era bella né di sagoma piacente, non aveva proprio niente di straordinario, chissà perché mi capitava di guardarla. Si era evidentemente appoggiata alla sbarra per godersi la vista del nostro treno, superdirettissimo, espresso del nord, simbolo per quelle popolazioni incolte, di miliardi, vita facile, avventurieri, splendide valige di cuoio, celebrità, dive cinematografiche, una volta al giorno questo meraviglioso spettacolo, e assolutamente gratuito per giunta.
Ma come il treno le passò davanti lei non guardò dalla nostra parte (eppure era là ad aspettare forse da un’ora) bensì teneva la testa voltata indietro badando a un uomo che arrivava di corsa dal fondo della via e urlava qualcosa che noi naturalmente non potemmo udire.»
Restiamo in Italia, però cambiando decisamente registro, con un racconto novecentesco il cui mood è ancora una proiezione dell’Ottocento, dominato dai vasti silenzi della vita campestre nel quale irrompono i rumori inauditi e carichi di meraviglia dell’incipiente civiltà industriale.
Il giardino incantato, di Italo Calvino, tratto dalla raccolta Ultimo viene il corvo, è la storia di Giovannino e Serenella, due adolescenti che decidono di seguire la strada ferrata in un pomeriggio assolato.
Ecco l’incipit:
«Giovannino e Serenella camminavano per la strada ferrata. Giù c’era un mare tutto squame azzurro cupo azzurro chiaro; su, un cielo appena venato di nuvole bianche. I binari erano lucenti e caldi che scottavano. Sulla strada ferrata si camminava bene e si potevano fare tanti giochi: stare in equilibrio lui su un binario e lei sull’altro e andare avanti tenendosi per mano, oppure saltare da una traversina all’altra senza posare mai il piede sulle pietre. Giovannino e Serenella erano stati a caccia di granchi e adesso avevano deciso di esplorare la strada ferrata fin dentro la galleria. Giocare con Serenella era bello perché non faceva come tutte le altre bambine che hanno sempre paura e si mettono a piangere a ogni dispetto: quando Giovannino diceva: – Andiamo là, – Serenella lo seguiva sempre senza discutere.»
E dall’Italia ripartiamo per terre lontane, con un romanzo cult: In Patagonia, di Bruce Chatwin. In Patagonia è la cronaca di un viaggio che comincia a Buenos Aires e procede verso Sud in maniera non sistematica, a piedi, con corriere, macchine, taxi, navi e, chiaramente, con i treni. Come nella poesia Itaca di Kavafis, ciò che conta è il viaggio, non il fine.
Eccone uno stralcio:
«Il treno partì con due fischi e uno scossone. Al nostro passaggio alcuni struzzi dalle piume fluttuanti balzarono via dai binari. Le montagne erano grigie e si intravvedevano appena nella foschia afosa. A volte un camion sporcava l’orizzonte con una nube di polvere»
E siccome abbiamo detto che il treno è mistero ed avventura, concludiamo il nostro viaggio scoprendo insieme come Raimond Gregorius, insegnante di greco e latino in un liceo di Berna, si ritrova immischiato in una vicenda apparentemente indecifrabile che lo porterà a salire su un treno diretto a Lisbona per risolvere il caso di un mistero irrisolto.
Ed ecco il suo incipit:
«La giornata a partire dalla quale la vita di Raymond Gregorius non sarebbe stata più la stessa cominciò come innumerevoli altre giornate. Alle otto meno un quarto arrivò da Bundesterrasse e imboccò il ponte di Kirchenfeld che dal centro della città conduce al liceo. Era quello che faceva ogni giorno dell’anno scolastico, immancabilmente alle otto meno un quarto. Una volta che trovò il ponte bloccato, commise uno sbaglio durante la lezione di greco. Cosa mai successa in precedenza e che non si sarebbe ripetuta più. Per giorni e giorni a scuola non si parlò d’altro. Tanto più la discussione andava avanti, tanto più aumentava il numero di coloro che attribuivano l’errore a una distorta percezione uditiva. Tale convincimento finì per prevalere anche tra gli allievi presenti al fatto. Non era concepibile che Mundus, come lo chiamavano tutti, facesse un errore in greco, latino o ebraico.»
Time Transfixed (La durata pugnalata) di René Magritte (1938–1938), Art Institute of Chicago Building. |
Last, but not least, permettetemi di salutare gli amici dell’antologia Attraverso, con i loro racconti dedicati al tema del viaggio, soprattutto coloro che hanno scelto di ambientare le proprie novelle sui treni: Andrea Nikolaevic Ruffolo, con Venessia, finalmente e con Ai confini della normalità; Enrico Costa e il suo treno per Liverpool, in Penny Lane; Stefano Lucarelli, con Allegro, andante, per niente umano; Giorgio Cavagnaro, con Il treno della Sera.
La mia rassegna letteraria a bordo del treno si chiude qui, sperando che vi sia piaciuta, ma solo per lasciare a voi la parola:
Quali sono i vostri abbinamenti preferiti nel binomio treni-libri?
Treno di notte per Lisbona, non ho letto il libro ma ho visto il film con Jeremy Irons davvero bello, vorrei leggere anche il libro ma non mi è ancora riuscito…
Ho viaggiato in treno per molto tempo ed era effettivamente un luogo di incontri di storie e di vite, oggi molto meno visto che tutti restano immersi nei propri telefonini, invece una volta sui treni si parlava e lo scompartimento da sei posti rendeva i passeggeri piccoli componenti di una famiglia per caso
Ah, caspita ! Io, invece, mi sono persa il film e ora che me lo hai detto lo vado senz'altro a cercare. Grazie mille!
Inoltre, Giulia, hai toccato un altro punto fondamentale. Un punto che bisognerebbe inserire nei cahiers de doléances.
Oggi, sui treni, come su qualsiasi altro mezzo pubblico, è sparita completamente la dimensione dell'incontro e confronto tra passeggeri, perché ai nostri giorni le persone si sono auto alienate. Infatti, ovunque le troviamo con gli occhi incollati ai cellulari, forse presi ad inseguire i commenti dei follower.
Il risultato è che le pagine di cronaca più recenti ci hanno restituito una fotografia deprimente di una società indifferente a tutto. Persino alle sciagure e ai delitti, eccetto alcuni casi in cui degli individui si agitavano per comparire sullo sfondo fotografico di qualche scena agghiacciante. Devo dire, poi, che l'episodio milanese dei due giovani che, in pieno giorno, aspiravano cocaina in uno scomparto della metropolitana gremito di individui inesorabilmente incollati ai propri telefonini, per me è stato il colmo.
Sono una vecchia nostalgica? Probabilmente sì.
Dei titoli enumerato da Clementina nel suo bellissimo articolo – e che non conosco – vorrei leggere "Notte in treno" di Irène Némirovsky (l'argomento mi sembra tragicamente attuale) e "Treno di notte per Lisbona" di Pascal Mercier che mi intriga parecchio.
Il treno è il mio mezzo di spostamento preferito, subito dopo viene la bicicletta. Amo viaggiare in treno perché ci si può rilassare e si possono compiere tutta una serie di attività impossibili su altri mezzi di trasporto.
Purtroppo è vero quello che dite, ormai le persone sono sempre più isolate, e questo accade ovunque, persino nei luoghi più preposti alle chiacchiere e alla socializzazione. Mi fece impressione vedere, qualche tempo fa, due ragazzi in pizzeria seduti uno di fronte all'altro, che anziché mangiare e chiacchierare passarono il loro tempo a cliccare sullo smartphone, dando ogni tanto un morso alla pizza.
Mi chiedo come abbiamo fatto a ridurci così…
Notte in treno è un racconto molto breve, ma decisamente intenso e lo stile della Nemirowskji è sempre ammirevole perché delicato e al contempo potente come un uragano. Pensa che fino ad una decina di anni fa non conoscevo nulla delle sue opere, né della sua vita. Poi, una volta letto il suo capolavoro, La suite francese, me ne sono innamorata.
Il romanzo di Pascal Mercier é anch'esso strepitoso, sebbene di tutt'altro genere. Entrambi a me sono piaciuti tantissimo.
Davvero un bel campionario di connubi fra treno e letteratura.
Personalmente ricordo un'opera dello scrittore giapponese Natsume Soseki il cui primo capitolo si svolge tutto su un treno in cui il protagonista — un giovane studente di provincia – viaggia alla volta di Tokyo. E' è un viaggio anche simbolico verso una nuova vita, ma sul treno ci sarà un piccolo imbarazzante episodio che farà capire subito al giovane che la sua ingenuità provinciale sarà messa a dura prova dalla grande città.
Ciao Ariano, pensa che di Soseki avevo letto solo un racconto, o un romanzo comunque piuttosto breve che vedeva un gatto come protagonista e tra l'altro mi era anche piaciuto. Poi, non so come mai, non ho cercato altro di questo autore. Ora che mi parli di questo libro ne rimango incuriosita e ne terrò sicuramente conto! Grazie mille!
Grazie, Ariano, per averci segnalato questo scrittore giapponese. Lo scrivo sul mio quaderno delle prossime letture. 🙂
Ci hai fatto fare un bel viaggio, Clementina. Da bambina non mi sentivo tanto a mio agio sui treni, perché le loro toilettes mi terrorizzavano. Da adulta, però, a volte ho vagheggiato di prendere l'Orient Express nella tratta che arriva a Istanbul. Deve essere un'esperienza di viaggio particolare. Grazie Clementina, grazie DOTT. Cristina. 😉
Che meraviglia dev'essere compiere un viaggio sull'Orient Express, fino ad Instambul! Ancora oggi è uno dei miei desideri più cari.
Il bello del treno è che offre l'opportunità di vivere il viaggio come esperienza fisica e spirituale. Affidando il compito della guida al macchinista si è liberi di scegliere l'immersione preferita: guardare lo scorrere dei paesaggi esterni, che spesso favorisce un ulteriore viaggio introspettivo; conversare con gli altri passeggeri (e anche in questo caso le possibilità sono ampie: si conoscono persone mai viste prima, oppure si ritrova gente già nota; si resta in superficie, oppure ci si cala in profondità);… Ma ciò che può accedere durante un viaggio in treno è imprevedibile e proprio per questo rimane una delle ambientazioni più affascinanti di romanzi e film.
Ciao Grazia, un grande abbraccio!
Grazia e Clem, il giorno che deciderete di partire con l'Orient Express, fatemi un fischio anche metaforico e mi aggrego! Tra i miei desiderata ci sono infatti nell'ordine: un viaggio in diligenza, un breve volo in pallone aerostato e appunto il mitico viaggio con l'Orient Express. Una volta vidi un servizio e mi innamorai dei suoi interni lussuosi e raffinati, dei suoi scompartimenti di alta classe. Poi naturalmente il romanzo di Agatha Christie ha contribuito al prestigio e alla notorietà di questo treno leggendario.
@Grazia: mi ha incuriosito il tuo commento sul fatto di essere terrorizzata dalle toilette, vorrei capire meglio: eri disgustata dalla sporcizia o c'era una paura alla Stephen King di possibili "risucchi"?
Grazie anche per il DOTT., mi ci devo ancora abituare… 😁
Vorrei che ci trovassimo sull'Orient Express, nel futuro, a sorridere di quando è nata l'idea… non sarebbe fantastico? La toilette era oggettivamente una schifezza, al tempo, ma a spaventarmi era il rumore. Per me era come essere a contatto con un… inferno fantasy. XD
Adesso ho capito, sì, in effetti il frastuono era impressionante insieme allo scuotimento… bisognava avere il "piede marinaro" anche se si era in treno, perché ogni curva o frenata era un rischio per la propria incolumità personale. XD
Il treno ha di sicuro un fascino innegabile e le storie intorno ad esso sono assai suggestive. Io lo adoro. Ho ricordi preziosi di incontri a cui penso con piacere, talvolta ad esempio mi chiedo chissà che donna sarà diventata l’arguta bimbetta di quel viaggio Cattolica Milano di tanti anni fa?
Non potrei non amarli, posso addirittura affermare di esistere proprio grazie ai treni, perché i miei genitori si sono conosciuti in treno! Il racconto del loro incontro mi è sempre piaciuto tanto. L’ultimo viaggio in treno l’ho fatto di recente, poche settimane fa nella tratta Salisburgo Monaco di Baviera, bellissimo attraversare la frontiera e, nonostante Austria e Germania siano entrambi paesi dell’Unione europea, la POLIZEI è salita e ha controllato i documenti di tutti i passeggeri, è stato persino emozionante.
In letteratura il treno per antonomasia è proprio quello che fa da scenario al sempre splendido romanzo di Agatha Christie, e un viaggio sull’Orient Express mi piacerebbe un sacco. Esiste un percorso della stessa compagnia anche in Irlanda, mi sono guardata le immagini nel sito a lungo, in uno di quei pomeriggi in cui pensi che in fondo almeno sognare rimane gratis. Sempre a proposito di grandi romanzi, non posso non citare il finale noto a tutti di Anna Karenina, dove il treno, beh, sappiamo come va a finire.
Nel cinema come non nominare Cassandra Crossing? Che capolavoro! C’è molto treno pure in Grand Hotel Budapest, un film che mi è piaciuto tantissimo, invito tutti a recuperarlo, basta guardare il trailer per innamorarsene.
Il treno è la metafora perfetta della vita, tratti di strada condivisa, incontri che lasciano il segno, imprevisti e una meta vicino o lontana, forse per questo è l’ambientazione perfetta per tanti romanzi. Ti ringrazio per questo post, mi ha consentito di soffermarmi su un piacere doppio: lettura e ferrovia, anche se, naturalmente, esistono aspetti assai poco gradevoli come ritardi, treni affollati di pendolari stanchi, toilette al limite dell’indecenza, persone maleducate, insomma come per i romanzi, è innegabile che ne esistano anche di pessimi.
Cara Sandra, ti ringrazio molto per avermi lasciato questo commento così ricco e intenso!
Gli incontri che si fanno in treno conservano sempre qualcosa di speciale: i tuoi genitori ne sono la prova, ma anche rispetto al controllo della polizia, nella tratta Salisburgo – Monaco, non si scherza!
C'è chi viaggia per passione, chi porta con sé le proprie passioni in viaggio; ci sono persone che pianificano tutto fin nel minimo dettaglio e quelle che si limitano a organizzare il minimo, per concedersi il gusto dell'avventura.
Di sicuro, il viaggio inizia prima che i desideri di trasformino in esperienza concreta. Anzi, si potrebbe dire che l'attesa, generata dai desideri e dalle fantasticazioni, attiva il proprio "viaggio interiore".
A proposito di romanzi e di film la cui trama si sviluppa (anche) in treno, ho molto apprezzato la tua citazione di Anna Karenina (per lei quel treno non fu certo un mezzo di piacere), così come quelle di Cassandra Crossing e Grand Hotel Budapest: li ho amati tutti moltissimo.
Sempre parlando di film, la cui storia si dipana su una rotta ferroviaria, me n'è venuto in mente un altro, anch'esso davvero amabile e che ti consiglio: Il treno per Darjeeling, diretto da Wes Anderson.
Grazie ancora, Sandra e alla prossima!
Cara Sandra, mi unisco al plauso di Clementina nel farti i complimenti per il tuo commento, quasi un post a parte! Tra l’altro mi hai fatto ricordare un viaggio in treno che feci quando ero piccolissima, si andava alla volta di Celle Ligure con mia madre per la consueta vacanza al mare, e avrò avuto pochi anni. Ricordo ancora una turista tedesca che aveva costruito il gioco Inferno-Paradiso, quello con l’origami apri-chiudi, io ero letteralmente incantata e ricordo l’episodio con grande nitidezza ancora oggi. Quanto è vero che i gesti di gentilezza di queste persone rimangono nel profondo come buoni semi. E che bella la tua notazione sul fatto che i tuoi genitori si siano conosciuti in treno!
Per quanto riguarda la POLIZEI, mi hai fatto venire in mente il viaggio in treno che Ruggero e io facemmo alla volta di Praga, ed era un treno diretto a Berlino per cui il controllo fu particolarmente severo. La stessa severità l’ho riscontrata sui treni americani, che tra l’altro sono costosissimi rispetto ad altri loro mezzi di trasporto.
Belli i film che hai citato, li ho visti tutti, e aggiungo il vecchio sceneggiato Rai “L’idiota” ripreso dal romanzo menzionato da Clementina, e che ho visto ora su Raiplay. Sicuramente si tratta di uno dei pochi sceneggiati Rai che non avevo visto da ragazzina perché non mi ricordavo una sola scena. Il protagonista è interpretato da Albertazzi, ma ci sono anche Volonté, Proclemer, Guarneri e una straordinaria Lina Volonghi. Si tratta senza dubbio di una visione impegnativa, più dei Fratelli Karamazov, e forse anche poco estiva… più adatta agli inverni!
Come personale contributo letterario aggiungo il romanzo "La bestia umana" di Émile Zola, straordinario come sempre.
Mi viene in mente il dialogo che fra i due protagonisti di La variante di Lüneburg di Maurensig si svolge in treno per due terzi di romanzo. L'incontro casuale nello scompartimento, la partita a scacchi durante il viaggio. Non è un caso la scelta del treno per quel confronto. Gran bella disamina, complimenti a Clementina. 🙂
Accipicchia, questo non lo conosco Luz, ma mi sembra molto intrigante: grazie mille per la segnalazione e per aver apprezzato il post!
Il treno rimane un mezzo che si presta benissimo allo svolgimento dei romanzi e aggiunge sempre quel pizzico di emozione in più, che non guasta mai!
Ciao Luz, un abbraccione!
Grazie mille del passaggio, Luz. Lessi "La variante di Lüneburg" di Maurensig e confermo le tue parole: gran parte del libro su svolge a bordo di un treno. 😊 Un gran bel romanzo, tra l'altro.
Va assolutamente ricordato anche il romanzo Sconosciuti in treno di Patricia Highsmith, che mi è venuto in mente solo ora Sandra
Grazie mille per la tua nuova proposta, Sandra: l'elenco si arricchisce! 😊
Riprendo e inserisco qui parte di un commento che feci sul blog di Clementina quando pubblicò l'articolo, perché mi pare interessante:
"Associo molto il treno ad alcuni dei romanzi che hai descritto così bene, ma soprattutto alla poesia di Carducci "Inno a Satana" che conobbi alla scuola media e che mi rimase impressa in modo indelebile. In quei versi "Un bello e orribile / Mostro si sferra, / Corre gli oceani, / Corre la terra: / Passa benefico / Di loco in loco / Su l'infrenabile / Carro del foco." mi sembrava proprio di sentire il rumore delle rotaie, il fischio della locomotiva e lo sferragliare dei vagoni. La cosa curiosa è che in generale detestavo Carducci, ma non per questa poesia!"
Aggiungo ora che, nonostante andassi a scuola dalle severissime suore di via Buonarroti, fu proprio l'insegnante di lettere, suor Maria Motto, a farmi conoscere questa poesia su Satana!