Mi piace introdurre l’argomento di oggi con il dipinto a olio su tela di Caspar David Friedrich realizzato nel 1818 e che ha il titolo “Donna al tramonto del sole”. I colori caldi e aranciati ci indicano che si tratta di un sole che se ne sta andando. Oltre alla donna che allarga le braccia di fronte al sole, non vi sono altre presenze, umane o animali. La donna, vista di spalle, sta fissando il sole come se il raggio non le ferisse gli occhi, e riuscisse a vedere al di là del cielo infuocato. Allarga le braccia come per accoglierlo, o in segno di meraviglia di fronte a quanto osserva. Il dipinto comunica un grande senso di pace e raccoglimento, tipico del periodo Romantico in cui fu dipinto.
Traggo anche spunto dal bel post di Elena Ferro dal titolo “Cose che ho imparato nel 2021”, che potete trovare qui. Elena ci ha raccontato le sue difficoltà dell’anno passato, tra cui alcune esperienze davvero drammatiche da cui ha saputo trarre degli apprendimenti che l’hanno fatta crescere e l’hanno arricchita a livello interiore. Altri blogger prima di me hanno preso spunto dal post di Elena per dare il loro contributo.
Elena ci dice: “Ciò che distingue le persone per conto mio è come nelle avversità possano apprendere qualcosa, anzi, come proprio nelle avversità, nella sofferenza e nelle difficoltà più o meno grandi si nascondano in realtà le lezioni più grandi e feconde.” E le sue parole mi hanno ricordato l’esperienza di mio padre prigioniero di guerra degli inglesi nel ’43: invece di maledire il destino cinico e baro, seppe impiegare utilmente il suo tempo traendo profitto dalla sua situazione, e intrecciare amicizie che rimasero preziose per il resto della sua vita. Ne ho parlato in questo post qui.
Per quanto riguarda il mio apporto, e nella speranza che Elena non me ne voglia, ho deciso di cambiare lievemente il titolo in
Venendo nello specifico, faccio precedere la mia riflessione da una citazione che, con parole molto più adatte delle mie, mi aiuterà a esprimere esattamente ciò che voglio dire. Ecco i regali che ho ricevuto dall’anno passato.
La riflessione sulla morte
“Non vado mai a dormire senza pensare che, per quanto io sia giovane, il giorno dopo potrei non esserci più – e di tutte le persone che mi conoscono nessuno potrà dire che io abbia un modo di fare imbronciato o triste – e ringrazio tutti i giorni il Signore per questa beatitudine, che auguro di cuore a tutti gli uomini.”
Wolfgang Amadeus Mozart (compositore austriaco), 4 aprile 1787 (quattro anni prima della morte), al padre.
Nella nostra società occidentale viene allontanato il pensiero della morte, perché considerato imbarazzante, quasi osceno. Fateci caso: parlare della morte è considerato di cattivo gusto, e forse voi stessi avrete avuto un fremito di repulsione nel leggere il primo spunto nell’articolo. Si cerca di allontanare il discorso con ogni sorta di espediente, di nascondere le tracce del suo passaggio, di scherzarvi sopra e fare gli scongiuri. Si tratta di un genere di fuga che avviene a livello quantomeno mentale, come nella storia del soldato che, scappando di luogo in luogo, arriva a Samarcanda proprio dove ha l’appuntamento con la morte.
Peraltro nessuno è immune dall’incontro con la morte, ancor prima che arrivi il proprio turno. Come tutti, sono stata colpita da lutti che mi hanno segnato, primo fra tutti la perdita di mio padre venticinque anni fa. Non ci crederete, ma ne ho subito uno shock talmente grande che mi sembra sia passato un giorno: era successo tutto molto rapidamente dal momento in cui era entrato in ospedale, e in meno di un mese se ne è andato.
Con l’aumentare dell’età, poi, alcuni parenti e amici hanno cominciato ad andarsene uno dopo l’altro: la morte comincia a circolare con maggiore frequenza tra le mie conoscenze. Essa sembra interrompere un percorso in maniera più o meno brutale, e, specialmente nel caso di persone molto giovani, i congiunti la vivono come una grande ingiustizia. Ma, come dice Elena, ci si può affossare nel proprio dolore senza trovare un senso oppure si può trasformare tutto in energia positiva, in progetti per gli altri come fondare un’associazione, fare del volontariato, compiere piccoli o grandi gesti a favore degli altri.
Tutto questo mi ha fatto riflettere non soltanto su un evento ineluttabile parte della nostra esistenza, ma anche su quanto ho costruito fino a oggi. Quale patrimonio immateriale si lascia in termini di ricordo, di tracce, di affetti? Come verremo ricordati?
La riflessione su quanto sia sottile il confine tra vita e morte mi porta a concepire…
Una continua gratitudine
“È una sensazione strana quella di aver bisogno dell’aiuto degli altri per qualsiasi cosa. Ma in ogni caso, di questi tempi si impara a diventar riconoscenti ed è da sperare che sia una cosa che non dimenticheremo mai. Nella vita normale non ci rendiamo affatto conto che generalmente l’uomo riceve infinitamente di più di quanto dia, e che soltanto la gratitudine rende davvero ricca la vita.”
Dietrich Bonhoeffer (teologo luterano tedesco), 13 settembre 1943 dal carcere di Tegel), lettera ai genitori.
Penso di essere una persona privilegiata che riceve ogni giorno una pioggia di doni. Non parlo, naturalmente, di regali tangibili, anche se essi sono importanti e graditi, ma delle piccole e grandi cose che mi arrivano quotidianamente e che, perduta nel turbine della mia frenetica esistenza, tendevo peraltro a dare per scontato, a partire dal fatto di risvegliarsi ogni giorno ed essere vivi. Un’alba, una coincidenza, una bella pagina di libro, il cibo nel piatto, una musica, l’incontro con un’amica, poter leggere, scrivere, lavorare, studiare, tutto dovrebbe farci aprire maggiormente i pori della gratitudine, far rizzare le antenne della riconoscenza.
E dalla gratitudine passo a un dono davvero grande, per cui ci vogliono ben due citazioni…
La forza dell’immaginazione
“Un ammasso di roccia cessa di essere un mucchio di roccia nel momento in cui un solo uomo la contempla immaginandola, al suo interno, come una cattedrale.” (Antoine de Saint-Exupéry)
“L’immaginazione ha il volo dell’angelo e del lampo: varca i mari dove noi rischiammo di naufragare, le tenebre in cui si perdettero le nostre illusioni, i pregiudizi in cui fu sommersa la nostra felicità.” (Alexandre Dumas padre)
Leggere e scrivere sono sempre stati qualcosa di più che un semplice passatempo, per me. Mai come in questo periodo ho potuto toccare la consolazione della lettura, per esempio, un dono in grado di farci uscire dalle case dove siamo reclusi, riprendere a viaggiare, aiutarci a trascorrere le ore in maniera infinitamente ricca. Il 2021 mi ha riportato alla gioia della lettura con alcune bellissime scoperte di cui vi parlerò nel prossimo post. La lettura richiede l’attivazione della visione interiore per sopperire al “non detto” dell’autore e immaginare il “suo” mondo: il lettore è il coautore dello scrittore. Per questo motivo un libro è un serbatoio potenzialmente infinito di significati, e di nuove visioni.
Negli anni, la lettura ha portato inevitabilmente alla scrittura che, al di là dei risultati conseguiti, mi ha aiutato a esprimere il mio mondo interiore, e qui entra in campo l’immaginazione. L’immaginazione potenzia se stessa, ed è in grado di fare qualsiasi cosa: costruire mondi, abbatterli, concepire paesaggi sublimi come paradisi, spaventosi come mari in tempesta, far nascere esseri più reali di quelli che incontriamo ogni giorno, intrecciare storie inverosimili e farle apparire vere.
Osservate i bambini quando giocano e immaginano storie: sono degli autentici creatori. Purtroppo man mano che avanziamo nell’età adulta, alleniamo sempre meno questa facoltà, soffocati come siamo dalle difficoltà e dai ritmi delle nostre esistenze e, non da ultimo, da una concezione del successo e della performance che avvelenano i nostri pozzi della creatività. Ma non occorre essere scrittori o artisti, e tantomeno di successo, per esprimere questa nostra divina facoltà. L’immaginazione costituisce un nutrimento incessante per la mente e lo spirito. Perché non impiegarla, dunque? Oltretutto è un prodotto molto sano, e privo di effetti collaterali!
Un amico ritrovato
“Entrò nella mia vita nel febbraio del 1932 per non uscirne più. Da allora è passato più di un quarto di secolo, più di novemila giorni tediosi e senza scopo, che l’assenza della speranza ha reso tutti ugualmente vuoti – giorni e anni, molti dei quali morti come le foglie secche su un albero inaridito.”
Fred Uhlman, da “L’amico ritrovato”.
Il 2021 si è chiuso in maniera stupefacente: ho ritrovato per caso un amico, quasi un fratello. Non lo sentivo più da molti anni per tanti motivi, che qui sarebbe troppo lungo spiegare.. ma il fatto di rincontrarlo dopo anni così impegnativi mi è sembrato un segno del destino. L’amicizia è un tesoro davvero prezioso, e il nostro incontro ha provato che possono passare cinque minuti, o cento anni, ma la confidenza rimane intatta e il legame inalterato.
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E penso che questo dono suggelli un anno che per me è stato ricco e straordinario in molteplici modi. Spero di portare tutto questo nel nuovo anno, a Dio piacendo.
Cristina M. Cavaliere
Gran bel post, la cui lettura mi è risultata particolarmente gradevole, anche il riferimento alla morte che certamente non è un evento piacevole, anzi, fa paura, ma ho notato che a evitare di parlarne resta tutta la paura, se invece se ne parla in qualche modo è come se quella paura venisse "condivisa" con altri e quindi diventa meno pesante, meno oppressiva.
Riguardo ai tanti vantaggi che abbiamo, in effetti a volte penso che noi possiamo accedere a una quantità enorme di piccoli privilegi (acqua corrente in casa, riscaldamenti, alimentazione variata, cure mediche, alfabetizzazione, istruzione) che un tempo erano riservate a pochi privilegiati. In un certo senso abbiamo ciò che un tempo poteva avere solo il Luigi XIV di turno, quindi siamo tutti dei piccoli "re" a modo nostro, ma non ci pensiamo mai.
Caro Ariano, più che mai in questo periodo rifletto molto sul tema della morte, vuoi per il tempo che si accorcia vuoi perché sempre più persone che conosco si sono ammalate in modo grave, indipendentemente dal covid. Insomma, il passaggio si va assottigliando, questo lo percepisco a pelle. Come dici, è molto meglio parlarne e non nasconderlo, cosa che invece si fa molto nelle nostre società occidentali come una maniera per esorcizzarla. In questo modo non soltanto si sbaglia, ma si contribuisce a ingigantire l'argomento. Chi non ha paura della morte o è molto superficiale o è un santo.
Hai ragione, siamo proprio dei privilegiati. Già il fatto di avere un tetto sopra la testa, e cibo nel piatto, non è per nulla scontato, insieme con una serie di comodità un tempo impensabili.
Cara Cristina, grazie per il richiamo a quel mio post che mai avrei immaginato potesse ispirare ad altri blogger simili riflessioni. Di solito in quel periodo (era fine dicembre) si fanno le prime riflessioni sul farò, sarà, tutte incentrate su ciò che dovrà avvenire, anche con qualche artificiosita. Io mi guardavo alle spalle e cercavo di dare un senso a quella sofferenza e a ciò che mi aveva portato. Dietro credo ci fosse e ci sia anche la paura della morte, di cui tu con tanta delicatezza parli. Ma soprattutto la voglia di vivere e di celebrare la nostra esistenza, fatta di tanti piccoli doni immensi che trascuriamo perché scontati. Il titolo rinnovato mi piace moltissimo perché coglie il senso e aggiunge significato. La vita è un dono che dobbiamo scoprire ogni giorno. Ti auguro ogni bene per questo 2022 pieno di vita, immaginazione ed esami da celebrare!
Cara Elena, ho voluto proprio prendermi del tempo per scrivere un articolo più meditato da pubblicare sul blog. Spesso rifletto su quanto ogni giorno sia un autentico dono. Io sono credente, e penso che con la morte nulla vada perduto, ma al tempo stesso sono convinta che ciò che facciamo qui, e che è destinato a rimanere nel bene e nel male, abbia un valore incommensurabile. Come scriveva Mozart al padre, domani potremmo anche non risvegliarci più, e allora a che cosa saranno serviti rimpianti e rimorsi?
Sto proprio leggendo anche il libro con le lettere di Dietrich Bonheoffer, questo teologo luterano che partecipò alla resistenza al nazismo, e fu in carcerato e poi impiccato. Ecco, mi piace questo abbinamento di riflessione e azione, la prima senza la seconda diventa ripiegamento su se stessi dal sapore egoistico, la seconda spesso si traduce in un dinamismo destinato a esaurire se stessa.
Contraccambio l'augurio per un sereno 2022 e per tutti i giorni che ci saranno concessi. ^_^
Una pagina ricchissima di citazioni, di riflessioni, di ricordi; ormai non mi sorprende più questa tua ricchezza di idee e di vita, questa tua saggezza franca e condivisibile. Quanto al tema della morte e dei regali che riceviamo in vita o dei privilegi immeritati che raramente riconosciamo come tali, alla mia età diventa quasi obbligatorio avere la loro presenza, fissa, sul comodino di fianco al letto, tutte le sere nella prossimità della notte che avanza. Grazie Cristina.
Cara Nadia, io ringrazio te per il tuo commento emozionante. Di recente sento proprio il bisogno di tirare più spesso le somme di quanto non facessi in passato. Vedo tanta sofferenza sopportata con dignità, tanti esempi luminosi contemporanei che mi fanno da modello, ma constato anche come circolino tanto odio e acredine del tutto immotivati, come se le persone si stessero avvitando su loro stesse e sui loro problemi. Probabilmente le grandi crisi storiche come quella che stiamo vivendo danno una fotografia, quasi una radiografia, impietosa della nostra vera personalità… forse un tempo seppellita dalle sovrastrutture del cosiddetto "viver civile". Un abbraccio, amica mia.
Cara Cristina che bel post che hai scritto, hai ragione bisogna essere grati ogni giorno di quello che la vita ci porta di buono e che non é mai scontato, il 2021 vissuto in buona salute per te e la tua famiglia diventa già un ottimo anno ed é questo che dobbiamo capire e apprezzare come hai fatto tu. Questa consapevolezza riesce a darcela anche il contatto con la morte che, pur dolorosa e spiazzante, può farci comprendere davvero l’importanza della vita. Ho perso mia madre 26 anni fa (anche a me sembra ieri) ma il dolore mi ha dato una consapevolezza diversa nei confronti della vita, mi ha fatto capire quanto sia importante apprezzare quello che abbiamo e viverlo con pienezza. Purtroppo non sempre ce ne ricordiamo, il tempo può lenire il dolore ma anche il ricordo…
Cara Giulia, sono molto contenta di aver scritto questo post e che ti sia piaciuto. Quando si dice "L'importante è la salute" sembra di recitare la classica banalità, eppure è la base di tutto. Con tutto questo, ci sono persone dalla salute malferma che sono delle autentiche rocce, penso spesso al fisico Stephen Hawking che, nonostante la sua terribile malattia, aveva l'intelligenza di cento persone intelligenti messe insieme.
Mio padre se ne è andato molto rapidamente e ha anche sofferto tanto negli ultimi tempi, ed è stata proprio la velocità con cui era successo a darmi un trauma da cui mi ero ripresa a fatica. Eppure, anche quell'anno era stato un anno bello, a suo modo, con un riconoscimento letterario per il mio atto teatrale "Il Canarino" e addirittura il conferimento di una spilla d'oro. Comunque non si è mai preparati alla morte di nessuno, nemmeno dei propri genitori…
Un post davvero bellissimo che fa molto riflettere. Anch'io quest'anno riflettuto molto sulla morte e sul tempo che passa per me e per i miei cari e in un momento di particolare sconforto, il mio ragazzo mi ha detto una cosa che penso faccia davvero vedere le cose da un altro punto di vista: La morte è solo il compimento della vita. Una persona muore quando ha terminato il suo ciclo, ha fatto tutto quello che doveva fare e ha vissuto tutto quello che doveva vivere. Questa cosa mi ha dato molta pace in un certo senso!
Mi ritrovo in tutto quello che hai detto sulla gratitudine e sulle passioni!
Sono davvero felice per il tuo incontro inaspettato con un vecchio amico! Alcune persone sono destinate a perdersi per ritrovarsi in un altro momento, e se sono amici veri, il tempo non scalfirà mai il legame 🙂
Cara Nicole, ti ringrazio del bellissimo commento, questo blog è un po' come se fosse il mio piccolo angolo privato, e mi piace parlare anche di argomenti che esulano dai libri, dalla scrittura, dalla storia. Quello che ha detto il tuo ragazzo è molto bello, inutile angosciarsi per il tempo che passa e la sabbia che filtra veloce dalla clessidra. E soprattutto è inutile lamentarsi a ogni pie' sospinto per quello che secondo noi ci spetta di diritto, molto meglio considerare quello che, invece, riceviamo o possiamo fare, e che è tantissimo se ci pensi. Ritrovare questo vecchio amico è stato un regalo immenso per me! A presto, un abbraccio.
Cara Cristina, è stato bello leggere questo tuo post che ho trovato personalmente rasserenante e ricco di spunti di riflessione. Hai davvero ragione a sottolineare l'importanza di apprezzare i doni che riceviamo quotidianamente, di cui spesso neppure siamo consapevoli. Sto vivendo un periodo di forte angoscia per vari motivi e sento le tue parole molto vive e intense. Un abbraccio
Cara Maria Teresa, mi dispiace molto per il periodo angoscioso che stai vivendo, spero che si possa porre un rimedio ai tuoi problemi. Purtroppo ci sono dei periodi bui, indipendentemente dalla pandemia. Devo dire che i miei momenti di tenebra sono spesso collegati all'impotenza nel non riuscire a fare qualcosa per alleviare le sofferenze dei miei cari, e non tanto per quanto riguarda me stessa. Sono però contenta di averti dato un momento di serenità, anche se inevitabilmente breve. Un caro abbraccio.
Eh, Cristina, anch'io sto vedendo sparire molte persone a me care. La cosa stranissima è che stanno morendo giovani, poco dopo i 50 anni. Due amici della comitiva estiva se ne sono andati così a poca distanza l'uno dall'altro, più un compagno di scuola. È strano, e allo stesso tempo impressionante. Ed è vero, alla morte non si vuole pensare, eppure è nel destino di tutti.
Da quello che leggo è stato memorabile anche il tuo anno. Cose tanto belle, cose tanto brutte. Stiamo sperimentando opposti che ci lasciano basiti e anche un po' timorosi, più intimiditi.
Anche a te auguro che questo anno invece porti qualcosa di nuovo e bellissimo. Ne abbiamo molto bisogno.
Sì, anch'io constato questo fatto: non sono tanto gli anziani o i grandi anziani ad andarsene ma proprio le persone della fascia di età 50-60 anni (in pratica la mia). E poi ci sono persone che hanno gravissimi problemi di salute, scoperti quasi per caso. Ricordo con particolare forza la frase che mi aveva detto Frank Edwards, quell'amico di mio padre conosciuto durante la prigionia in Inghilterra: "Ti rendi conto che sei vecchio soltanto quando tutti i tuoi amici se ne vanno uno dopo l'altro, e ti trovi da solo."
Il 2021 è stato senz'altro memorabile, come tutti gli anni dispari che mi portano sempre qualche bella novità.
Speriamo che il 2022 non sia troppo duro con noi…
Concordo pienamente con Maria Teresa sulla ricchezza e sul potere rasserenante del tuo post. La tua profondità, accompagnata dalla capacità di non perdere mai il tuo centro, mi fa sentire fortunata per il semplice fatto di conoscerti. Un abbraccio forte.
Grazia, mi hai fatto davvero emozionare con il tuo commento. Mi ritengo anch'io fortunata di aver conosciuto una bella persona come te. Contraccambio l'abbraccio.
Concordo con quanto hanno già detto in tanti. Il tuo post, oltre che bello, è profondo e rasserenante. Io però col 2021 non ho ancora fatto pace. Certo, ho scoperto quanta resilienze e risorse io possegga, ma adesso mi sento sfibrata. L'altro giorno di fronte a quello che era un potenziale, neppure un conclamato, problema organizzativo, non una questione di vita o di morte, sono scoppiata a piangere, segno che la mia capacità di risposta è ormai ridotta al lumicino. Mi serve una vacanza. Lunga, bella e all inclusive. Insomma, anche potessi partire, non me la potrei permettere.
Ti capisco benissimo, Tenar, quando dici che sei sfibrata. Mi sono riconosciuta in pieno nella tua reazione quando ero in preda a un fortissimo esaurimento nervoso, anni fa (ne ho avuti almeno un paio nella vita): ci si sente esausti, sopraffatti di fronte a impegni anche minimi che ci si parano davanti. Purtroppo a queste situazioni estreme un po' ci si abitua, ma a lungo andare logorano.
Io sono due anni che non faccio un viaggio, a parte brevi gite nei dintorni, ed è una cosa che mi sta pesando tantissimo. Cerco comunque di trovare spazi miei, ritagli di libertà che mi facciano stare bene.
Molto bello questo post, di cui ho apprezzato anche i collegamenti tra le varie sezioni. Ma sai che non pensavo che Mozart fosse davvero di carattere allegro? Non che me lo immaginassi imbronciato alla Beethoven, però pensavo che da quel punto di vista lì, avesse un carattere normale, invece capisco che era più frizzantino della media. Comunque, Mozart se ne è andato troppo, troppo giovane…
È vero, si tende a sottovalutare e non coltivare il potere dell'immaginazione. Mi pare di ricordare che ci accennava anche Frank McCourt quando era arrivato in America dall'Irlanda ed era tutto solo, in una situazione non piacevole e alleviava la sua condizione lasciandosi trasportare dall'immaginazione (se non ricordo male, che qua, la memoria ogni tanto se ne va!).
Ti confermo che Mozart era davvero molto allegro e pure festaiolo. Senz'altro hai visto il film "Amadeus", ecco, lì magari lo si è rappresentato in modo esagerato, però era senz'altro una persona estroversa. Davvero è morto giovanissimo, del resto all'epoca si moriva per un nonnulla… Però la sua musica è davvero immortale.
Frank McCourt ha vissuto esperienze che avrebbero abbattuto un toro, è incredibile come abbia conservato intatto quel suo spiccato senso dell'umorismo. Anche il senso dell'umorismo è un bel regalo da coltivare, peraltro.