All’inizio del conflitto Russia-Ucraina, scatenato da Vladimir Putin il 24 febbraio scorso, mi chiedevo ingenuamente come mai il patriarca della Chiesa ortodossa di Mosca, Kirill, non esprimesse alcun punto di vista sulla guerra. Nel frattempo 326 sacerdoti e diaconi della Chiesa russa avevano già fatto una raccolta di firme per protestare contro l’inumana aggressione dell’Ucraina, una vera guerra fratricida.

 

L’omelia del patriarca Kirill

La mia attesa comunque è stata di breve durata, e il patriarca in una sua omelia del 6 marzo, in occasione della domenica del Perdono, ha ricordato innanzitutto l’esistenza di un conflitto nei territori del Donbass che esiste tra otto anni, su cui il mondo ha taciuto fino a ora per mancanza di interesse.

Quasi per l’intera omelia ha poi richiamato uno scontro in atto tra due sistemi di valori (che starebbero tutti da una parte, com’è ovvio dal lato della Russia) e disvalori (che ormai contaminerebbero l’occidente a tal punto da non essere più in grado di riconoscerli come peccati).

Vediamo i punti più importanti di tale omelia.

La lobby gay. Il patriarca ha puntato il dito sulla corruzione diffusa in occidente dove secondo lui spadroneggia una lobby gay che impone ai paesi, che vogliono entrare a farne parte, non tanto trattati politici o accordi economici, ma una sorta di prova che consisterebbe nell’organizzazione della parata del gay pride.

Un passaggio testuale dice infatti: “Per otto anni ci sono stati tentativi di distruggere ciò che esiste nel Donbass. E nel Donbass c’è il rifiuto, un rifiuto fondamentale dei cosiddetti valori che oggi vengono offerti da chi rivendica il potere mondiale. Oggi c’è un tale test per la lealtà di questo governo, una sorta di passaggio a quel mondo “felice”, il mondo del consumo eccessivo, il mondo della “libertà” visibile. Sai cos’è questo test? Il test è molto semplice e allo stesso tempo terribile: è una parata gay. Le richieste a molti di organizzare una parata gay sono una prova di lealtà a quel mondo molto potente; e sappiamo che se le persone o i paesi rifiutano queste richieste, allora non entrano in quel mondo, ne diventano estranei.

Il peccato assunto a standard esistenziale. Dopo aver detto a chiare lettere che l’omosessualità è un peccato “condannato dalla Parola di Dio, sia l’Antico che il Nuovo Testamento” ribadisce che comunque il Signore, condannando il peccato, non condanna il peccatore. Fa poi un salto di qualità ulteriore perché il problema appunto, secondo lui, è che il peccato, questo peccato particolare, è diventato semplicemente uno standard di vita, “una variazione del comportamento umano – rispettato e accettabile” e non una “violazione della legge di Dio”. Dunque “ecco perché per entrare nel club di quei Paesi è necessario organizzare una parata del gay pride. Non per fare una dichiarazione politica “siamo con te”, non per firmare accordi, ma per organizzare una parata gay.

La lotta diventa metafisica.
E qui abbiamo un sillogismo particolarmente inquietante, che recita:

“Tutto quanto sopra indica che siamo entrati in una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico.” 

Il patriarca Kirill non ha speso una sola parola sulla situazione dei bombardamenti, sulle vittime e sui massacri, e dei profughi dell’Ucraina, già fattasi drammatica – per i quali la parola “metafisico” risuonava senza dubbio in modo beffardo – ma anzi ha sanzionato (nel senso di approvato) la bontà dell’invasione. Per fare questo le ha dato una giustificazione di tipo religioso-trascendente con il raccordo alla salvezza umana in senso più ampio e universale, e rilanciando la teoria di Mosca come la Terza Roma (ne ho parlato nel mio articolo precedente sulla storia della Russia, che potete trovare qui).

Il binomio Trono + Altare

Ormai la giustificazione della “guerra santa” non era stata più usata da molto tempo: era stata proprio la rivoluzione francese a farne piazza pulita, almeno come motivo di legittimazione metafisica. Tuttavia questo intervento mi ha ancora una volta rinfrescato la memoria sull’esistenza di una salda alleanza tra Trono e Altare, cioè tra l’autocrate russo e i vertici della Chiesa ortodossa, che peraltro a livello storico non è un mero appannaggio dell’Oriente, ma è un classico di sistemi di potere che vanno a rinforzarsi l’uno con l’altro.
La sintonia tra il patriarca Kirill e Vladimir Putin si è fatta molto salda in tempi non sospetti, per usare un eufemismo, in quanto la Chiesa aveva nel tempo ricevuto sostegni da parte dello Stato. In un articolo sul quotidiano La Stampa del 2013 di Giacomo Galeazzi, il capo del Cremlino, incontrando il capo della Chiesa russo-ortodosso, invitava il Paese a liberarsi da una “primitiva e volgare” concezione della laicità e Medvedev riconosceva una “relazione speciale” tra Stato e Chiesa in Russia.
Tale alleanza tra entità statuali ed ecclesiali è ancora più risalente, con una narrazione di rapporti di potere tra organismi alle volte di tipo asimmetrico alle volte di pari forza. Vorrei farvi qualche esempio.
Il Concordato napoleonico del 1801. Un primo esempio classico dell’alleanza tra Trono e Altare si manifesta con la firma del Concordato tra Stato francese e Chiesa cattolica, promosso da Napoleone primo console nel 1801. Le relazioni con la Santa Sede si erano guastate da tempo, ed era nel pieno interesse di Napoleone ristabilirle perché convinto che la religione e la Chiesa insieme potessero essere un valido strumento per ristabilire l’ordine, soprattutto in una Francia che usciva stremata da almeno un decennio di rivoluzione e guerra civile.

Anche papa Pio VII trovava molti motivi di vantaggio per superare la diatriba introdotta con la Costituzione Civile del clero di rivoluzionaria memoria, che aveva causato una spaccatura drammatica nella compagine ecclesiastica con la persecuzione dei preti che rifiutavano il giuramento alla Costituzione Civile, e perciò erano detti “refrattari”. Questi ultimi venivano arrestati, perseguitati e in seguito deportati nelle colonie. Tale concordato resterà in vigore fino al 1905 e rappresenta per la Chiesa il superamento della fase critica rivoluzionaria, ma soprattutto l’affermazione del primato di giurisdizione del Papa.

La Restaurazione. Dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo e il suo esilio definitivo a sant’Elena, le potenze di riuniscono a Vienna nel cosiddetto Congresso del 1815 con cui intendono rimettere sul trono le dinastie legittime (non tutte) e restaurare lo status quo prima dell’avventura napoleonica (non interamente).

Vignetta satirica sul Congresso di Vienna, da sinistra:
Francesco II d’Asburgo, Federico Guglielmo III di Prussia, Alessandro I di Russia,
Matternich, Ferdinando I delle Due Sicilie, Napoleone.
Sotto al tavolo Luigi XVIII che parla al ritratto di suo fratello Luigi XVI,
ghigliottinato durante la rivoluzione francese.

 

Il Congresso si basò su tre principi cardine:

· il principio di equilibrio, in base al quale nessuna potenza dovesse rafforzarsi eccessivamente a danno delle altre.
· il principio di legittimità, che prevedeva il ritorno al potere di tutte quelle dinastie precedenti al dominio Napoleonico;
· la cintura di Stati “cuscinetto” intorno alla bellicosa Francia, per impedire la sua egemonia su tutta l’Europa.

In questo tipo di operazioni dare una veste religiosa ai propri interventi è indispensabile per legittimarsi, tanto è vero che le potenze dell’epoca, dopo il riordino della mappa europea, sancirono anche due alleanze: la Santa Alleanza (notate l’aggettivo!) tra Russia, Austria e Prussia e la Quadruplice Alleanza, formata dalle precedenti nazioni più l’Inghilterra. Si cercò come in passato una più stretta unione fra Trono e Altare, fra Stato e Chiesa (ne è un esempio clamoroso la consacrazione regia di Carlo X nel 1824).

Difensori della religione. Gli esempi di investitura religiosa da parte di regnanti e monarchi si potrebbero sprecare. Qui vorrei brevemente rammentare il titolo di Cattolico di cui si fregiava il re di Spagna Ferdinando (colui che diede l’avvallo al viaggio di Colombo), o anche il suo successore Filippo II che potete vedere qui sotto in un ritratto di Tiziano Vecellio del 1550. Non secondario è il titolo di re cristianissimo con cui si faceva chiamare il re di Francia, compreso Filippo il Bello (che viene ricordato per aver annientato l’ordine religioso-cavalleresco dei templari), qui sotto in una miniatura.

Tutti questi monarchi si propongono come difensori della vera fede, in prima linea per l’estirpazione delle eresie e che lavorano attivamente con la Chiesa in tal senso; soprattutto agiscono i sovrani spagnoli, in lotta contro i musulmani dell’impero ottomano che minacciano la cristianità.

 
Lo Stato è fratello cadetto della Chiesa. Per questo motivo l’anarchico e antiteista Bakunin (1814-1876) – russo doc, e che pagò a caro prezzo la sua rivolta contro l’oppressivo impero zarista  – ci spiega che nello Stato risiede la sacralizzazione della potenza, esattamente come avviene nella Chiesa. Secondo la concezione dello Stato autoritario, quest’ultimo deve difendere i propri confini dagli altri, ma non solo: deve difendere anche i propri membri contro se stessi, perché si presuppone la sostanziale cattiveria dell’essere umano. Quindi lo Stato si assume il diritto-dovere di rendere i cittadini schiavi proprio per salvarli dalla propria natura malvagia, e tenerli sotto controllo. Similmente, così ragiona Bakunin, la Chiesa addita l’uomo come un essere intriso di peccato, a partire dal peccato originale, e si incarica di spiegare ciò a livello teologico.

 

Non è sorprendente dunque trovare una stretta analogia tra teologia (“scienza della Chiesa”) e politica (“scienza dello Stato”): sono due sorelle nate dalla stessa fonte. Secondo Bakunin è stata la religione a fornire all’uomo la traccia concettuale per fare politica in maniera oppressiva. Per questo motivo Stato e Chiesa cooperano tra di loro, e anzi lo Stato è fratello cadetto della Chiesa, da cui impara le tecniche dell’oppressione. In ambedue i casi c’è una concezione verticistica e dogmatica delle conoscenze.

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Io ho la netta sensazione che a Storia si stia squadernando all’indietro, per fermarsi ad almeno due secoli prima del 24 febbraio 2022. Voi che cosa ne pensate?

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Fonti testo: 
  • Il testo dell’omelia del Patriarca è rintracciabile su diverse fonti autorevoli (come Famiglia Cristiana, Avvenire, il Fatto Quotidiano). Io mi sono avvalsa del seguente sito di Vincenzo Rampolla, dove potete leggere il testo integrale: https://www.nelfuturo.com/Omelia-del-Patriarca-Kirill-Mosca-6-marzo-domenica-del-Perdono
  • La Stampa del 2013, articolo di Giacomo Galeazzi
  • La libertà degli uguali di Michail Bakunin. Eléuthera
Fonti immagini: Wikipedia per tutte; Pixabay per vettoriale stretta di mano