I giardini di Palazzo Arese-Borromeo, Cesano Maderno

Siamo in piena primavera e quindi corpo e mente subiscono il richiamo della natura in fiore. Nonostante il periodo oscuro che stiamo vivendo, o forse proprio per questo, avvertiamo la necessità di stare alla luce del sole, di passeggiare in mezzo alla natura, di respirare all’aria aperta.

L’altro giorno ho fatto una gita in Brianza, e ho visitato una villa seicentesca conosciuta come Palazzo Arese-Borromeo: oltre a splendide stanze affrescate, offre la possibilità di passeggiare nei suoi giardini, che potete vedere in foto con il palazzo sullo sfondo. Mi sono sentita come una convalescente e ho avvertito in uno stato d’animo particolare, anche se naturalmente non sono rimasta chiusa in casa per due anni…

Per festeggiare nella maniera migliore la bella stagione, e la possibilità di visitare luoghi nuovi, vi propongo uno dei migliori articoli di Clementina in relazione all’attrattività di certi posti e a quello che viene chiamato il “genius loci” (il nuovo articolo sui tarocchi seguirà il prossimo sabato 30 aprile).

Lascio subito la parola a lei!

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Vi è mai capitato di provare attrazione per un luogo fisico con il quale, prima di arrivarci, credevate di non aver nulla a che fare, ma dopo averci messo piede una sola volta vi siete sorpresi annodati da una relazione profonda, atavica e difficilmente spiegabile?

Bene, se avete voglia di seguire le mie strampalate elucubrazioni, toccheremo questi argomenti: vi voglio raccontare dei luoghi che chiamano, evocano e sembrano possedere un’essenza interiore.

 

Santa Fiora – Veduta della Peschiera

 

Per introdurre la divagazione mi avvarrò delle parole del grande scrittore Antonio Tabucchi (Pisa, 23 settembre 1943 – Lisbona, 25 marzo 2012), il quale in una raccolta di riflessioni intitolata “Viaggi e altri viaggi”, scriveva:

«Un luogo non è mai solo quel luogo. Quel luogo siamo un po’ noi. In qualche modo, senza saperlo ce lo portavamo dentro…e un giorno per caso ci siamo arrivati. Ci siamo arrivati il giorno giusto o il giorno sbagliato, a seconda, ma questo non è responsabilità del luogo, dipende da noi. Dipende da come leggiamo quel luogo, dalla nostra disponibilità ad accoglierlo dentro gli occhi e dentro l’animo, se siamo allegri o malinconici, euforici o disforici, giovani o vecchi, se ci sentiamo bene o se abbiamo mal di pancia. Dipende da chi siamo nel momento in cui arriviamo in quel luogo. Queste cose si imparano col tempo, e soprattutto viaggiando…»

Come comprenderete, ciò di cui intendo parlarvi non è facilmente definibile. Non si tratta di una questione che si possa sviscerare ed esaurire partendo da un’analisi razionale che poggia su fatti concreti e oggettivi e sul concatenarsi di progressive conseguenze ad essi collegati.

È qualcosa di più sottile che ha a che vedere con la sensibilità e con la disponibilità interiore, insita in ciascuno di noi, a cogliere e decodificare alcuni segnali come una sorta di messaggio.

No, non temete, non ho nessuna intenzione di convertire chicchessia all’irrazionalismo, o a una visione mistica della realtà, o addirittura esoterica. Sono solo riflessioni su un’esperienza che personalmente ho vissuto più e più volte e sarò più chiara riportandovi un esempio su tutti.

Dovete sapere che diversi anni fa, da ragazzina, ho trascorso una vacanza in un paesino della provincia grossetana, sul Monte Amiata, ospite della famiglia di un’amica e compagna del liceo.

Vi dico sin d’ora che, dal punto di vista paesaggistico, quel luogo è indubbiamente mirabile, come lo sono tanti altri borghi disseminati lungo il nostro Bel Paese. Non è una meta particolarmente rinomata, pur essendo importante sul piano del turismo locale e pur vantando alcuni nomi celebri tra i suoi residenti. Un po’ come ogni località italiana, del resto.

Quello che, invece, fin dal principio, mi ha catturato di quel territorio, giocando un ruolo addirittura magnetico, è stato altro.

Non si tratta dell’influenza di qualche persona, sebbene ne abbia conosciute diverse e alcune di loro si siano rivelate senza dubbio importanti; non si tratta nemmeno dell’influenza del clima o della gastronomia locale, per quanto entrambi siano eccellenti.

Si tratta, bensì, dell’energia di quel luogo, di quell’energia che non scaturisce dall’uomo e dai suoi artefatti, ma che erompe direttamente dalla natura: dall’aria, dal suolo, dall’acqua, dai boschi,…

 

Saturnia. Le cascate del Mulino

 

Forse, sarà stato per via del panorama caratterizzato da sfumature di colori cangianti in ogni stagione, quello che si può ammirare nelle giornate più nitide, salendo sulla cima dell’Amiata: gli Appennini toscani, emiliani, umbri, marchigiani, laziali, le isole dell’Arcipelago dell’Argentario, la Sardegna e la Corsica.

 

Saturnia. Le cascate del Gorello

 

Sarà stato per l’insolita presenza di uno sperone di roccia dall’aspetto lunare: il Monte Labbro. Dovete sapere che il Monte Labbro è un sito particolarmente suggestivo in cui, la notte, si riesce a osservare una quantità strabiliante di stelle; è anche un luogo che sin dal primo sguardo appare in netto contrasto con l’Amiata e il resto del paesaggio circostante.

Sì, il Monte Labbro è anche il luogo in cui si insediò David Lazzaretti, il Profeta contadino di Arcidosso, il Cristo dell’Amiata, che venne ucciso nel 1878 da un carabiniere durante una processione. Al di là delle leggende ricamate intorno a Lazzaretti e ai suoi seguaci, i giurisdavidiani, occorre precisare che quello fu un periodo di grande tensione e anche di grande miseria, con le masse contadine che aspiravano a un miglior tenor di vita e con il Papa che, in seguito alla perdita del potere temporale, invitava i cattolici a non partecipare alla vita politica del nuovo stato, il regno unito d’Italia (si era appena raggiunta l’unità del Paese). E proprio in quel momento storico quest’uomo predicava l’utopia socialista.

 

Monte Labbro. Ruderi della torre Giurisdavidica

 

Sarà stato per la conformazione vulcanica di quelle terre, per l’eco della loro potenza, per il fascino delle cascate d’acqua sulfurea che, calda e vigorosa, sgorga naturale dalla roccia di travertino presso le Terme di Saturnia.

Sarà stato per le selve, così ricche di castagni, così selvagge e autentiche.

Sarà stato per quei sentieri intrisi dei segni del passaggio degli etruschi.

Sarà stato per tutto questo, o per altro ancora. Non lo so.

Ma il messaggio che mi è giunto forte e chiaro da quei luoghi era che lì si trovava parte delle mie radici.

Eppure, se mi chiedeste di dare una spiegazione concreta a tutto ciò non saprei farlo, anzi, posso assicurarvi che le radici storiche della mia famiglia risiedono ben altrove…

Arcidosso
Castel del Piano
Ora, per ragioni di sintesi, vi dico che i miei soggiorni sull’Amiata sono durati un certo lasso di tempo per poi interrompersi bruscamente. La stessa amica e compagna di classe, che mi invitò laggiù la prima volta, è venuta a mancare diversi anni fa, in modo prematuro.

Malgrado ciò, posso dire che, ricorsivamente negli anni, quella terra mi ha chiamata a sé nei modi più imprevedibili, finché ho risposto, tornando a visitarla: un amico milanese tutt’a un tratto ha deciso di spostare lì, seppur temporaneamente, la propria residenza (pur non avendo alcun legame con quel luogo); mi sono imbattuta in un paio di bizzarre e sorprendenti conversazioni, durante le quali due perfetti sconosciuti, incrociati per caso, han fatto a gara per decantarmi la bellezza di quelle terre; per ultimo, proprio di recente, ho intercettato una lunga sequela di citazioni su Santa Fiora, Arcidosso, Castel del Piano, … e i relativi personaggi storici, artistici, e così via, pervenute da amici e conoscenti, non solo disgiunti l’uno dall’altro, ma che non sospettavo minimamente conoscessero quei posti,… (e forse, qualcuno tra loro mi sta leggendo).

Insomma, arrivata a questo punto, ho pensato valesse la pena soffermarmi a riflettere sul potere che certi luoghi (non ve n’è uno solo, non c’è solo l’Amiata, per intenderci) hanno per entrare intensamente in comunicazione con noi.

E allora ho cercato risposte annidiate nei grovigli del tempo…

Per esempio, sapevate che gli antichi Greci consideravano alcuni luoghi, come incroci, sorgenti, pozzi, boschi, dotati dell’anima di dèi, dee, ninfe, demoni, mentre gli antichi Romani avevano addirittura trovato il modo per definire l’entità naturale e soprannaturale legata a un luogo?

L’hanno chiamata Genius Loci.

Se ci pensate, il Genius Loci è un pensiero illuminante, capace di spiegare molte cose.

Ma, come spesso capita, l’uomo riesce benissimo a complicarsi la vita e, infatti, ecco che, con l’avvento del razionalismo di Cartesio e la rivoluzione scientifica del Seicento, l’anima legata ai luoghi viene disconosciuta. Non solo. Secoli dopo, con la crescita esponenziale della tecnologia, l’uomo si è convinto sempre più della propria superiorità verso la natura.

Potrà mai esserci convincimento più ottuso e devastante?

Ma, soprattutto, secondo voi, poteva perdersi del tutto tanta maestosa bellezza, senza lasciare traccia del suo passaggio?

No, non poteva. E, infatti, in mezzo a tanto materialismo, in mezzo alla visione antropocentrica dominante, le menti illuminate dei poeti hanno mantenuta accesa l’idea che l’uomo potesse assurgere a un grado di conoscenza superiore solo ponendosi in comunione con la natura. Grazie al loro magnifico linguaggio, visionario e immaginifico, ora siamo di nuovo consapevoli che esiste un legame indissolubile tra l’uomo e i luoghi.

Tra questi sapienti possiamo annoverare molti nomi illustri.

Oggi, oltre alla dichiarazione di Tabucchi, presentata poc’anzi, vorrei proporvi le riflessioni di altri tre capisaldi di questa corrente di pensiero filosofico: Rainer Maria Rilke, Thomas Eliot, Henry David Thoreau.

Lo scrittore, poeta e drammaturgo Rainer Maria Rilke (Praga, 4 dicembre 1875 – Montreux, 29 dicembre 1926) sosteneva che la ‘parola sacra’, la parola dei poeti, fosse in stretta relazione con il Genius Loci, e che essa fosse la testimonianza più immediata dell’energia del luogo e del mito d’origine.

Ecco cosa scriveva in Elegie Duinesi:

«Non soltanto tutti i mattini dell’estate, non soltanto/ come si fan giorno e come raggiano prima./ Non soltanto i giorni teneri e delicati intorno ai fiori,/ e su / intorno agli alberi formati, forti e possenti. Non soltanto la devozione di queste forze spiegate / non soltanto le vie non soltanto i prati di sera…/ ma le notti! Ma le notti alte dell’estate, / ma le stelle, le stelle della terra. / Oh, esser morti una volta, e saperle all’infinito / tutte le stelle perché come, come, come dimenticarle!»

 

Thomas Eliot (Saint Louis, 26 settembre 1888 – Londra, 4 gennaio 1965), poeta, saggista, critico letterario e drammaturgo statunitense, in Quattro quartetti, a sua volta, si esprimeva così:

«Spunta l’alba e un altro giorno / Si prepara al calore e al silenzio. Laggiù sul mare il vento dell’alba / increspa e scivola. Io sono qui / O là, o altrove. Nel mio principio.»

Henry David Thoreau, (Concord, 12 luglio 1817 – Concord, 6 maggio 1862), filosofo, scrittore e poeta statunitense, nella sua opera, Camminare, affermava quanto segue:

«Camminavamo in una luce pura e fulgida, che ammantava d’oro l’erba e le foglie ormai secche, in una luminosità dolce e serena, e io pensai che mai mi ero trovato immerso in un tale flusso dorato, senza un’increspatura o un mormorio che lo turbassero. I pendii dei boschi e delle colline, a ponente, risplendevano come i confini dei Campi Elisi, e il sole, posandosi sulle nostre spalle, sembrava un pastore gentile che guidasse, la sera, il nostro ritorno a casa.»

Ecco, soprattutto dopo la lettura di questi versi, anch’io nel mio piccolo credo che il legame indissolubile tra l’uomo e i luoghi si riassuma nel percepire l’invisibile oltre il visibile: avvertire e (ri)-conoscere un luogo come un’anima a cui rendere omaggio, come una meraviglia della natura, come qualcosa di miracoloso e straordinario che ci riempie il cuore di immensa emozione.

E voi, miei cari, cosa ne pensate?


Avete mai sperimentato questo genere di emozioni?

Clementina Daniela Sanguanini

 

Bibliografia:

  • Antonio Tabucchi, Viaggi e altri viaggi, Feltrinelli, 2010
  • Rainer Maria Rilke, Elegie Duinesi, Einaudi, 1978 pp. 40-43
  • T.S. Eliot, Quattro quartetti, Garzanti; 1979, p. 23
  • Henry David Thoreau, Camminare, Mondadori, 1991, p. 63
  • David Lazzaretti, Wikipedia

Iconografia:

Le immagini utilizzate nel post provengono da Wikipedia e WikiCommons:

  • Santa Fiora – Veduta della Peschiera
  • Arcidosso – Veduta della rocca
  • Monte Labbro – Ruderi
  • Castel Del Piano
  • Saturnia – Le cascate del Mulino e le cascate del Gorello
  • Rainer Maria Rilke
  • T.S. Eliot
  • Henry David Thoreau