Mosaico romano del I secolo a.C. raffigurante le maschere tragica e comica (Musei Capitolini, Roma). |
Per il mio corso di studi universitari ho scelto l’indirizzo di Storia Moderna anziché Storia Medievale a causa della mia nulla conoscenza del latino, studiato alla scuola media nella notte dei tempi. Mi avrebbe imbarazzato il fatto di dedicarmi al Medioevo senza sapere il latino, e fino a qualche tempo fa l’università non aveva inserito il corso di istituzioni latine come obbligatorio per gli studenti di Storia (cosa che ha fatto di recente).
Lo studio della lingua latina sopravvive nel liceo classico, anche se è stata azzoppata come molte altre materie dalle ultime riforme scolastiche. Da anni queste sono diventate campi di battaglia per i governi di qualsivoglia colore che si avvicendano nel nostro tribolato agone politico.
Confessata la mia ignoranza del latino e messo il dito nella piaga sui curriculum scolastici, mi sono imbattuta spesso nei miei studi storici in termini latini che mi hanno fatto sgranare gli occhi per lo stupore come un bambino davanti a un barattolone di caramelle. Della serie: “Ooooh, ecco perché…”
Già, perché il latino non soltanto non è morto, ma vive e lotta insieme a noi, come diceva qualcuno. Si tratta di una lingua meravigliosa, logica e precisa, e con pochissime parole ti può schiudere un mondo. Ho pensato quindi di scrivere questo post anche sulla scorta di un commento di Marco Lazzara sull’attualità e sulla modernità della lingua latina, e dal suo successivo articolo che potete trovare qui.
Siete pronti per la nostra rassegna delle meraviglie? Incominciamo suddividendo il tutto per argomenti!
La religione
La politica
CENSORE: i censori avevano il compito, centrale in uno stato censitario come Roma, di “classificare” i cittadini romani, determinando la loro collocazione patrimoniale e, di conseguenza, il loro grado di partecipazione all’attività militare e politica. Due censori convocavano al Campo Marzio i cittadini e, aiutati da scribi, araldi, nomenclatores (incaricati a chiamare per nome i cittadini), iuratores (incaricati di ricevere il giuramento) e inquisitores (indagatori), registravano le loro dichiarazioni sotto giuramento. Potevano anche infliggere una nota censoria, cioè un biasimo, dopo un controllo dei costumi sia pubblici sia privati, da qui la doppia valenza della parola.
COMIZIO: s. m. [dal lat. comitium, comp. di com– (= cum) e –itium dal tema di ire «andare»; cfr. coire «andare insieme, unirsi»]. – In Roma antica era: a. Luogo (alle pendici del Campidoglio, all’angolo nord del Foro) dove si adunavano i cittadini divisi per curie. b. Al plur. (in lat. comitia), assemblea del popolo intero, tenuta sotto la direzione di particolari magistrati; secondo che il popolo vi partecipasse diviso per curie, centurie, tribù, si avevano i comizi curiati, i comizi centuriati, i comizi tributi.
Oggi si intende per comizio una riunione pubblica, generalmente all’aperto, a carattere politico o sindacale, nel corso della quale uno o più oratori espongono il punto di vista di un partito o di una corrente politica su problemi o fatti di attualità; in particolare quelle tenute dai candidati alle elezioni politiche o amministrative. Nella foto qui sopra potete vedere l’ex-presidente Obama durante un comizio nel 2011 in Florida.
COMMENDATORE: siamo in età imperiale e parliamo di commendatio (ossia la raccomandazione imperiale), che veniva utilizzata per i pretori, non per i consoli, e che era garanzia di sicura elezione, perché non si poteva certo scontentare l’imperatore!
Poi col tempo arriviamo appunto a commendatore s. m. [dal lat. commendator -oris «raccomandatore, protettore»]. Negli antichi ordini religiosi militari indicherà l’amministratore di un beneficio o di una commenda posti in luogo lontano dalla sede dell’ordine, per esempio le famose commende dei cavalieri templari o degli ospitalieri.
CONSOLE: dopo aver cacciato via Tarquinio il Superbo, ultimo re dell’età arcaica, inizia l’età repubblicana. Si istituisce il consolato, ovvero una magistratura elettiva con due consoli, in cui ognuno deteneva un potere uguale al collega e aveva diritto di veto rispetto all’altro, proprio per prevenire eventuali accentramenti di potere. Dall’età repubblicana in poi i Romani furono ossessionati dal pericolo di “un uomo solo al comando”. L’etimologia della parola è incerta, ma pare derivi da consulere (= prendere una deliberazione, provvedere). Oggi la parola console designa più che altro un agente per mezzo del quale uno stato esercita nel territorio di un altro stato funzioni pubbliche, di natura varia prevalentemente amministrativa e a volte anche giurisdizionale, come il console onorario o console eletto.
PLEBISCITO: il nome plebiscita indica le decisioni della plebe, che inizialmente non avevano valore vincolante per lo stato, ma soltanto per le assemblee della plebe che l’avevano votato. Nel diritto moderno, in senso lato, ogni diretta manifestazione di volontà del popolo riguardo a questioni relative alla struttura dello stato o alla sovranità territoriale, per esempio i Plebisciti d’annessione: nella storia del Risorgimento italiano, sono quelli con i quali, dal 1848 al 1870, fu votata l’unione (al regno di Sardegna prima e al regno d’Italia poi) delle nuove province.
PATRIZIO: l’etimologia non è sicura, ma sembra che derivasse da patres, cioè padre. Il termine plebei (ricordate le lotte tra patrizi e plebei?) deriva invece da plebs, cioè moltitudine. Il nome Patrizio o Patrizia quindi deriva dritto dritto dall’antica Roma. Quando ero giovane avevo un’amica di nome Patrizia, cui piaceva molto la canzone di Eugenio Finardi “Patrizia” (che in effetti è molto bella), di cui vi propongo il video youtube.
REPUBBLICA: la repubblica non è come la intendiamo noi, cioè la forma costituzionale repubblicana, ma semplicemente la res publica, cioè la “cosa pubblica”. In altri termini è lo stato, la collettività: tutti noi.
Cicerone denuncia Catilina, noto anche come Cicerone accusa Catilina in Senato, è un affresco del 1880 del pittore e scultore italiano Cesare Maccari. |
Le tasse
Argomento doloroso ancora oggi… vabbeh, facciamoci forza e leggiamo.
FISCO: dal latino fiscus, indicava una «cesta», poi divenuta «cassa dello stato, tesoro». Nello specifico era la cassa dell’imperatore, e in questo senso era distinta dall’erario che erano le entrate dello stato.
ERARIO: dal latino aerarium, derivato di aes aeris «rame; denaro». In origine, era il tesoro e l’archivio del popolo romano (che fin dai primi tempi della repubblica ebbe sede nel tempio di Saturno nel Foro), in cui si conservavano i proventi delle imposte, dei tributi, delle vendite di cose pubbliche, delle indennità di guerra e delle prede, i contratti pubblici, i rendiconti finanziari dei magistrati, i testi delle leggi, ecc.
TRIBU: questa parola ha un’etimologia davvero curiosa perché ha a che fare con un raggruppamento, ma anche con le tasse. Nella Roma antica, e in special modo nell’età monarchica, la tribùcorrispondeva a ciascuna delle 3 frazioni etniche, o territoriali, in cui era suddivisa la popolazione; nell’età repubblicana, corrispondeva a ciascuna delle suddivisioni territoriali e amministrative dello stato. Quindi c’erano le tribù urbane, in numero di 4, e le tribù rustiche, che variavano da 16 a 31 a seconda delle varie epoche. Come avrete capito, i Romani avevano una vera passione per le suddivisioni. La collocazione in una tribù da parte di un cittadino era molto importante per determinare il “tributo”, ahiloro e ahinoi.
Le elezioni
I Romani erano perennemente chiamati a esprimersi su qualsiasi cosa nelle varie assemblee, con una media di circa sette votazioni l’anno. Il periodo pre-elettorale ed elettorale erano molto impegnativi. Vediamo un paio di parole interessanti.
CANDIDATO: Livio, autore di età repubblicana, ci racconta con una certa ironia: “I tribuni della plebe furono invitati a proporre una legge che vietasse a tutti l’uso di rendere più candidi gli indumenti quando si aspirava a una carica,” al che si scatenò una vera lotta tra patrizi e la plebe. L’ebbero vinta i tribuni e la legge passò, ma la pratica di indossare vesti candide rimase. Quindi colui che si proponeva per l’elezione indossava vesti candide, da cui appunto il termine “candidato” che ancora oggi usiamo…. (vi prego di non fare battute!).
PREROGATIVA: un’estrazione a sorte determinava l’unità (centuria) che avrebbe dovuto votare per prima. Era un atto di valenza religiosa (perché la sorte è guidata dagli dei) che attribuiva un valore di presagio a tale voto. Questa prima centuria era detta “prerogativa”, femminile sostantivato dell’aggettivo praerogativus «che vota prima degli altri» (der. di praerogare «interrogare per primo sul proprio parere»).
Città e campagne
CONCILIABOLO: nell’Italia d’età romana, era un piccolo villaggio dove avvenivano di tanto in tanto riunioni per feste religiose o mercati e per ascoltarvi la lettura delle leggi del popolo romano e gli ordini dei magistrati. Infatti il termine conciliabulum significa «luogo di adunanza, riunione», derivato di conciliare nel senso proprio di «riunire insieme.
PAGANO: che cosa ci fa un pagano in campagna? C’entra eccome, perché il termine deriva da pagus, cioè un piccolo insediamento territoriale e amministrativo che, a sua volta, si articolava su uno o più vici (villaggi). Quindi pagano equivale ad «abitante del villaggio», e più tardi «pagano». Dopo l’avvento del cristianesimo, il mutamento di significato potrebbe essere dovuto al fatto che l’antica religione resistette più a lungo nei villaggi che nelle città. Il paganus sarebbe stato colui che si manteneva fedele ai valori sacri tradizionali del pagus.
Di tutto un po’…
EDILE: l’equivalente è aediles, e deriva da aedes “tempio, casa”. Gli edili della plebe nella tarda età repubblicana si occupavano dell’organizzazione dei giochi, della sorveglianza sui mercati, del controllo sulle strade, i templi, gli edifici pubblici. Insomma, avevano parecchio da fare…
ELEGANZA: il termine deriva dal latino elegans, dal verbo eligo, “eleggere, scegliere”, da cui anche l’italiano “elezioni”: come dice Vito Mancuso nel suo splendido libro “La via della bellezza” (che non mi stancherei mai di consigliare), colui che è elegans è uno che sceglie e che elegge, e che nel far questo coglie il bello nell’accostare colori e forme. Petronio era detto arbiter elegantiarum. Nella foto potete vedere Leo Genn interpretare un intenso e ironico Petronio nel film “Quo vadis?” del 1951.
LUCULLIANO: c’era una volta Lucio Licinio Lucullo, uomo politico romano e generale dell’ultima età repubblicana, che dava banchetti talmente sontuosi e raffinati che il termine è rimasto fino a oggi.
PRINCIPE: dal latino princeps propriamente “che prende il primo posto”, composto di primus ‘primo’ e dal tema di càpere ‘prendere’. Nella legione schierata su tre linee, per esempio, i primi ad affrontare il nemico erano i principes. Logico, no? Ottaviano Augusto, che diede inizio all’età imperiale, era il princeps. Potete vederlo qui nella bellissima scultura oggi conservata ai Musei Vaticani, opera scultorea raffinatissima e perfetto esempio di propaganda politica.
RUSTICO: [dal lat. rustĭcus, der. di rus «campagna»] – 1. Aggettivo: di campagna, campagnolo: per esempio, la rustica chiesetta 2. Sostantivo: contadino, persona di campagna: “anche se vive in città, l’è rimasto un rustego” (ops, scusate il dialetto). Come detto sopra, infatti, i Romani definivano le tribù rustiche le classificazioni di coloro che abitavano nelle campagne.
STILE: deriva dal latino stilus, che in prima battuta designa un corpo acuminato conficcato nel terreno per usi agricoli o militari, quindi “palo, piolo, fusto”, e poi viene a indicare lo strumento mediante il quale si scriveva sulle tavolette di cera, lo stilo. Da qui il modo di scrivere ed esprimersi, ciò che noi intendiamo per “stile”.
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Direi che per il momento è tutto… la prossima volta mi piacerebbe scrivere un post sui detti latini che usiamo ancora oggi (come “Sursum corda” che significa “In alto i cuori” e si usa nella liturgia cattolica). 🙂 Vi sono piaciute le mie parole e ne conoscevate l’etimologia?
Cristina M. Cavaliere
Fonti testo:
- Le istituzioni politiche del mondo romano di Gabriella Poma – Il Mulino
- Storia romana – Editio maior di Giovanni Gerace e Arnaldo Marcone
- La via della bellezza di Vito Mancuso
- Treccanionline
Ne conoscevo molte, compresa quella relativa alla squadra di Torino 😉 I fondatori erano tutti studenti di liceo, infatti tra i nomi proposti c'era anche Augusta Taurinorum.
Ignoravo invece che la parola tribù derivasse dal latino.
Sì, per quanto riguarda la Juve ho letto qualcosa per scrivere il post 😉 infatti io e il calcio siamo due rette parallele destinate a non incontrarsi mai. La parola tribù non parrebbe proprio derivare dal latino, anch'io ne sono rimasta molto sorpresa.
Quanto mi è piaciuto questo post! Io amavo il latino e il mio più grande rammarico è stato l'esser stato costretto a frequentare il liceo scientifico invece che il classico come avrei voluto, perdendo così la possibilità di studiare anche il greco. A quel tempo vivevo all'estero con la mia famiglia e non c'era la possibilità di scegliere diversamente. 🙁
Sono molto contenta che il post ti sia piaciuto! 🙂 Naturalmente i termini sono tantissimi, ma questi sono quelli che mi hanno sorpreso maggiormente. Io invece avevo frequentato il liceo linguistico (commerciale). Anche a me sarebbe piaciuto andare al liceo classico, ma per una serie di circostanze (diverse dalle tue) la mia famiglia aveva optato per il liceo linguistico.
Un post delizioso, adoro quando fai questi viaggi nelle "cose". Del latino ho un ricordo non molto felice degli anni del liceo. E io ho "fatto" il Classico, il che è tutto dire. Studiare latino (e nel mio caso il greco) significa in un liceo di studi classici entrare nella civiltà oltre che nelle strutture della lingua. Le due insegnanti di latino che ebbi (la prima al ginnasio, come si chiamavano all'epoca i primi due anni) si concentrarono su grammatica e sintassi e non ricordo che ci fecero "sentire" il senso della civiltà latina. Che è vivissima, hai ragione. Non solo le parole che ne sono diretta derivazione svelano questa appartenenza, ma la loro origine svela il legame e la continuità fra la civiltà antica e quella moderna. Orde di insegnanti incapaci di fare idealmente incontrare i giovani e questa straordinaria lingua (che è dotata di un'armonia e una bellezza straordinarie, ricordo le letture poetiche in metrica, ma anche la grande oratoria) rendono questo un mancato incontro, trasformano le lingue antiche in reperti obsoleti, non entrano in sintonia con le prerogative, le potenzialità di queste lingue, che sarebbero interessanti per i giovani, altro che. Quando faccio la turista a Roma, mi diverto a decifrare le epigrafi, ripasso un po' dal passato, ma a volte lo percepisco troppo lontano, la lingua latina andrebbe esercitata perché resti "fresca" nella memoria. E poi la struttura sintattica, la perfezione dei concetti. Te ne cito due: la "pietas", quel concetto anche filosofico della compassione verso il nemico, l'antagonista. E poi l'"otium", che abbiamo trasformato in un atto da sfaccendati e invece è un altra straordinaria intuizione esistenziale.
Ti ringrazio tantissimo, Luz! 🙂 Ti ringrazio anche di aver raccontato la tua esperienza non molto felice del tuo approccio con il latino al ginnasio. Davvero è un peccato incontrare degli insegnanti che non riescono a trasmettere la bellezza della loro materia, e che per tanti motivi (forse anche per mancanza di tempo) si concentrano soltanto sugli aspetti "tecnici", in questo caso di una lingua. Come scrivevo nel post, io ebbi modo di studiare latino alle medie e, se non ricordo male, soltanto all'ultimo anno. Rammento però che i miei risultati erano modesti, ed ero intimorita dalle declinazioni. Inoltre era una scuola di suore e dovevamo andare alla messa del martedì mattina e alle laudi del venerdì, pena togliere dei punti dal compito in classe di latino. Forse è per quello che non sono mai entrata in piena sintonia con la lingua, in quanto la associavo a questa metodologia ricattatoria. Infatti all'esame di terza media ebbi qualche difficoltà con l'orale, dove dovevamo tradurre dei passi del "De Bello Gallico" di Cesare.
Le due parole che citi, "pietas" e "otium", contengono un mondo di significati, e io a questo punto rilancerei con "fides" da cui scaturiscono concetti molto variegati come la "deditio in fidem" ovvero consegnarsi alla fede di Roma da parte dei popoli assoggettati, o il rapporto di fiducia reciproca tra il patrono e il suo cliente.
Davvero carino questo tuo post sul latino (che fa pure rima). Prima di tutto sappi che la canzone Patrizia di Finardi all'epoca l'ho consumata, mi piaceva tantissimo (oltre ad altre sue canzoni, credo sia un grande cantante musicista, forse oggi non apprezzato abbastanza). Anch'io ho studiato il latino solo alle scuole medie, se non sbaglio solo un anno, e trovo che sia un peccato, perché davvero è la fonte primaria di molte parole italiane, andrebbe riscoperto e riproposto nelle scuole, non è affatto una lingua morta. Mi piace molto il significato di Pontefice, uomo che costruisce ponti
Di Finardi ho un cd con i suoi migliori successi e all'epoca mi piaceva moltissimo. Soprattutto trovo struggente "Le ragazze di Osaka". Ha una voce molto particolare, e non a tutti piace. Come scrivevo sopra a Luz, mi sono appena ricordata di aver studiato latino soltanto l'ultimo anno di scuola media e i miei voti non erano un granché…
Intanto, grazie della menzione. 🙂
"Confessata la mia ignoranza del latino e messo il dito nella piaga sui curricola scolastici"
In effetti… ci sono ben due errori in questa frase, uno di latino e uno di italiano. Quello relativo al latino è "curricola", invece di "curricula". Quello relativo all'italiano è che non si declina un termine di una lingua straniera. Pertanto la frase corretta sarebbe "messo il dito nella piaga sui curriculum scolastici".
Il significato originario del censore lo ritrovi nella parola "censimento".
Non sono convinto dell'etimologia di erario, come derivato di un termine che identificasse il rame. Questo perché nel latino aulico il rame era chiamato "cuprum" (termine derivante da Cypros, ovvero l'isola di Cipro, celebre per le sue miniere di rame e il culto della dea Venere), mentre nel latino popolare era detto "aramen", termine di probabile origine indoeuropea, di cui però si è perso il significato.
Ciao Marco, grazie del commento e della segnalazione sugli errori, dopo provvedo a correggere. 🙂
In effetti il significato della parola censore è piuttosto intuitivo per noi. Ho tratto l'etimologia di erario da treccanionline che è un buon dizionario, tutti gli altri significati li ho ricavati dai miei testi universitari.
Ma che bello questo post sul latino. Avendo frequentato il liceo classico conosco l’etimologia di quasi tutti i termini che hai elencato. Dici bene, il latino non è affatto una lingua morta, continua a sopravvivere attraverso l’italiano e anche nei dialetti. Esattamente come il greco antico, che preferivo di gran lunga al latino. Peccato che con il tempo se non lo studi, tendi sempre più a dimenticarlo. Il latino invece rimane.
Ti ringrazio tanto, Caterina! Effettivamente conoscere l'etimologia delle parole è affascinante, e riserva delle belle sorprese. Hai tutta la mia ammirazione per aver frequentato il classico, avrei voluto frequentarlo anch'io ai tempi, ma mio padre aveva preferito iscrivermi al liceo linguistico (avendo comunque attitudine per le lingue). Giustamente come hai scritto, se non si esercita una lingua, col tempo va un po' nel dimenticatoio…
Mi ha fatto piacere risentire "Patrizia", una canzone molto bella. Quindi – chi lo avrebbe mai detto? – sacro in un certo senso significava sacrificabile senza problemi. Un concetto un po' diverso da quello attuale, nevvero? 😉
"Patrizia" è una canzone della mia giovinessa, come direbbe don Camillo. 😉 A parte gli scherzi, trovo che molti testi di Finardi siano altamente poetici, come del resto anche quelli di molti cantautori.
Esatto, per gli antichi Romani il significato di "sacro" è proprio quello di essere destinato agli dei, e quindi a loro sacrificabile per mano di chiunque. Naturalmente ciò avveniva per casi gravissimi.