Siamo di nuovo in compagnia di Clementina per proseguire l’appassionante viaggio nella storia delle donne, che entra ufficialmente nel XX secolo. In occasione dell’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, ripubblico molto volentieri questo interessantissimo articolo relativo al suffragio femminile.

 

La storia del voto alle donne in occidente si è dimostrata tutt’altro che breve e tutt’altro che facile.

In Francia, la prima richiesta di riconoscimento dei diritti di voto alle donne risale al 1789, avanzata a Parigi durante l’Assemblea degli Stati Generali, con i “Cahier de Doléances des femmes”. In quegli anni Olympe de Gouges pubblicava il suo romanzo “Le prince philosophe”, iniziando ad agitare l’opinione pubblica sui diritti delle donne, ma la sua azione entrò pesantemente in conflitto con il progetto politico di Robespierre, e per questo venne ghigliottinata.

Club femminili durante la rivoluzione francese: nell’immagine, la “Società patriottica e della beneficenza delle amiche della verità”.
Nonostante la Rivoluzione francese avesse posto il problema della donna nella comunità, l’idea di integrare “l’altra metà del cielo” nel corpo politico equivaleva a conferire un potere decisionale a una parte della società che gli uomini dell’epoca volevano solo sfruttare. Le donne francesi ben presto si accorsero che non erano mai neanche state considerate per un attimo vere cittadine, ma semplicemente mogli e figlie di cittadini.
Per le suffragiste francesi, la battaglia più difficile fu confrontarsi con le profonde e radicate ostilità che scienziati, autorità ecclesiastiche e politici espressero contro il diritto di voto femminile e tale diritto venne concesso solo nel 1944, alla fine del secondo conflitto mondiale.
La Norvegia fu il primo paese a introdurre il diritto di voto per le donne (1913): la battaglia in questo senso iniziò fin dal 1885 grazie ad un’associazione per il suffragio femminile fondata e guidata da Gina Krog. Alla Norvegia, seguirono l’Islanda e la Danimarca che riconobbero l’uguaglianza politica tra i sessi nel 1915. Le danesi in verità votavano già fin dal 1908 nelle elezioni amministrative. In Svezia il diritto di voto nelle elezioni nazionali venne restituito alle donne solo ne 1919 e venne applicato nelle elezioni generali del 1921.
Nel Regno Unito, sull’onda di ciò che stava accadendo in Francia e nel resto del mondo, già sul finire del 1700 iniziarono a formarsi i primi circoli femminili e contestualmente prese avvio una fitta attività di pubblicazioni mirate a rivendicare i diritti femminili.

Il paese simbolo del suffragismo fu comunque l’Inghilterra, dove indiscutibilmente si ebbe il movimento più esteso e stratificato. Nella foto, Emmeline Pankhurst viene arrestata dopo aver protestato vicino a Buckingham Palace a Londra il 22 maggio 1907 (o 1914, data incerta).

In Germania, già nella seconda metà dell’800, il partito socialista di Erfurt, a differenza di altri partiti socialisti, si era dichiarato favorevole al diritto di voto delle donne; la causa suffragista aveva pertanto ricevuto presto il pieno sostegno del partito, ma ciononostante le donne conquistarono il diritto di voto nel 1919, grazie soprattutto alla presenza di Clara Zetkin, leader di primissimo piano del movimento socialista, che diede un respiro internazionale alla causa suffragista. Nella foto,  Clara Zetkin (a sinistra) e Rosa Luxembourg a Magdeburgo, nel 1910.
Negli Stati Uniti, dopo lunghi anni di lotta, le donne riuscirono a ottenere il suffragio universale solo nel 1920, cioè dopo la fine della Prima guerra mondiale.
In Spagna, nel 1924, il dittatore Primo de Rivera riconobbe soltanto alle donne capofamiglia una sorta di voto amministrativo. La seconda Repubblica spagnola introdusse, invece, il diritto di voto alle donne e altre importanti misure in tema di tutela della maternità, nonché l’istituzione del matrimonio civile e del divorzio, la fine del reato di adulterio e l’equiparazione tra i figli legittimi e gli illegittimi. La vittoria di Francisco Franco, in seguito, cancellò ogni diritto. Le spagnole riconquistarono il diritto di voto nel 1931. Tra i nomi di spicco del movimento a favore dell’estensione del voto alle donne va ricordato quello di Clara Campoamor.
In Italia la discussione sul suffragio universale si mosse lentamente, coinvolgendo oltre i partiti e vari movimenti sociali, anche la Chiesa.

I cattolici di inizio Novecento, per fronteggiare il femminismo e le sue pratiche laiche di intervento sociale, confezionarono il nuovo senso di identità delle donne cattoliche: in pratica rinominarono quali “militanti” le dame di beneficenza di antica memoria. Infatti, il modello femminile proposto dalla Chiesa continuava a essere legato alla famiglia, alla consacrazione religiosa, all’attività caritativa. In pratica, non si impegnava in alcun modo sul piano attivo e prendeva dichiaratamente le distanze dal modello femminile emancipazionista proposto dalle femministe radicali.

Intanto in tutta Europa le sezioni femminili dell’Azione Cattolica raccolsero grandi consensi e in Italia, nel 1910 l’UDACI (Unione donne di azione cattolica italiana), fondata due anni prima e presente sull’intero territorio nazionale con oltre cento comitati, raggiunse un numero elevatissimo di partecipanti.

Nonostante la presenza di personaggi come Anna Mozzoni e Maria Montessori che si batterono ampiamente per il diritto di voto alle donne, a causa di molte remore anche ecclesiali, la spinta verso l’evoluzione del modello fu piuttosto difficile.

Il 20 gennaio 1945 Togliatti, in una lettera inviata a De Gasperi sollevò la questione del voto alle donne nell’imminente Consiglio dei ministri. Dieci giorni dopo il Consiglio dei ministri affrontò la questione come ultimo argomento e con ben poca attenzione, ma a esclusione di liberali, azionisti e repubblicani (che sottolinearono lo scarso livello culturale delle donne e i limiti della loro coscienza politica), la maggioranza si dimostrò favorevole.

Così, il 31 gennaio 1945 venne emanato il decreto legislativo che conferiva il diritto di voto alle italiane che avessero almeno 21 anni e tale diritto entrò in vigore, concretamente un anno più tardi, il 10 marzo 1946, esprimendosi sulle amministrative, per la seconda volta, invece, il 2 giugno 1946, per il referendum su monarchia o repubblica. Tra le esponenti più significative di quegli anni ricordiamo Nilde Jotti, Tina Anselmi, Rita Montagnana, Teresa Noce, Teresa Mattei, Maria Jervolino, Lina Merlin.

Tra l’altro, a stabilire che dall’8 marzo 1946 il fiore della Festa della donna in Italia sarebbe stato la mimosa furono Rita Montagnana, Teresa Noce e Teresa Mattei.

Nelle foto sotto, da sinistra a destra potete vedere il referendum del 1946 in Italia e donne italiane al voto.

La Svizzera riconobbe il diritto di voto alle donne solo nel 1971. Qui nella foto, le prime consigliere svizzere in un’immagine del 1971.
Detto ciò, va ricordato che il riconoscimento della cittadinanza politica, concessa dai vari governi occidentali dopo la Seconda guerra mondiale, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, non coincise con il percorso di emancipazione sul piano del diritto privato e nemmeno con un rilevante accesso delle donne nelle sedi del potere.

A livello di diritto privato, nel 1945 e nei quasi tre decenni successivi, il matrimonio ha continuato a presentarsi come l’unione di due esseri ineguali per diritti e per doveri, sia sul piano personale che su quello patrimoniale. Il marito, cioè, in quanto capofamiglia, ha seguitato ad avere notevole potere sulla persona e sui beni della moglie e dei figli. In quasi tutti questi paesi si dovrà aspettare la fine degli anni ’60 per avvertire il vento del cambiamento, vale a dire quando iniziano a sollevarsi le istanze di una nuova concezione del matrimonio, più egualitaria e di maggiori riconoscimenti sul piano sociale.

A livello di partecipazione al potere, a partire dal 1945, si apre la porta della politica alle donne, ma, fin dal principio, si osserva quanto si tratti di una porta assai stretta che consente solo a una minoranza risicata di accedere ai ruoli dirigenti.

Bene, il post si conclude qui. Ora non mi resta che passare a voi la parola, come di consueto.

Come giudicate la presenza, oggi, delle donne sulla scena politica nel mondo occidentale?

Buon 8 marzo, buona settimana a tutti e a presto! 🙂

 

Clementina Daniela Sanguanini