Torna sul blog anche la nostra cara amica Clementina, che nei suoi imperdibili post riprende a parlarci della storia delle donne nel 1800. Per leggere l’ultimo articolo pubblicato sul tema, cliccate su questo link. In quanto a me, le lascio subito la parola! 

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Ben ritrovati! Riprendiamo il filo del discorso dell’analisi della metafisica dell’amore per incontrare il punto di vista di altri autori, ma prima di procedere, desidero offrirvi qualche breve cenno che aiuterà a contestualizzare il tema.

Dovete sapere che verso la metà del XIX secolo accade qualcosa di unico e straordinario che sconquassa l’intera società occidentale.

Da lì in poi, lo spazio del diritto viene attraversato dalla riflessione sulle donne e anche la misoginia dei filosofi cambia: alcuni di questi assumono un atteggiamento favorevole, altri, si allineano al pensiero di Schopenhauer (che, in fondo, ricalca l’ideologia rivoluzionaria francese… ricordate?). 

Cosa accade?

Accade che l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, affiancato dalla richiesta di queste ultime di contare di più nella società, viene vissuto come una grande minaccia.

Il femminismo, come movimento sociale e politico, sta diventando una realtà pubblica e l’emancipazione femminile si sta concretamente affacciando, ponendo in discussione l’egemonia maschile. A questo punto, l’ordine borghese inizia, pian piano, a incrinarsi e molti rappresentanti della élite intellettuale e politica reagiscono violentemente.

Ebbene, per dipanare questo groviglio possiamo andare a recuperare il pensiero di cinque filosofi, attraverso cui recupereremo i temi dei dibattiti in corso. Ecco, dunque, i punti di vista di Pierre Leroux, Karl Marx, Harriet Taylor, Stuart Mill e Pierre-Joseph Proudhon.

Nella prima immagine a sinistra, casalinghe inglesi della metà del 1800 con il vestito “della festa”, le cui mani tradiscono l’abito svelando una realtà di dura fatica quotidiana. Foto dal libro “Victorian Working Women”, di Michael Hiley. Nella seconda immagine, fotografia d’epoca di lavandaie curve sull’inseparabile mastello.

Iniziamo con Pierre Leroux (Parigi, 7 aprile 1797 – Parigi, 12 aprile 1871), di cui potete vedere un ritratto fotografico.

Tutto il pensiero di Leroux si dispiega intorno all’opposizione tra il principio di libertà e il principio di associazione e, partendo da questi presupposti, egli tenta di portare nuovi elementi di discussione intorno al tema della emancipazione delle donne muovendosi sul doppio binario del diritto e dell’amore, dell’identità e della differenza dei sessi.

Partendo dal concetto di amore, egli introduce un passaggio alquanto ardito per quei tempi:

Dio non è né uomo né donna.

 

Pertanto, prima dell’amore e della coppia, la donna è semplicemente un essere umano. Ricorrendo a questo principio, egli concepisce contemporaneamente l’identità e la differenza tra i due sessi, distinguendo due sfere del rapporto uomo-donna: il rapporto sessuale e amoroso, da una parte; la condizione sociale degli individui donne, dall’altra.  

Secondo Leroux, dunque, la donna e l’uomo devono essere considerati due esseri umani uguali; pertanto, ne consegue che la donna emanciperà l’uomo e l’uomo emanciperà la donna e, ancora una volta, la relazione tra i due sessi non potrà che essere egualitaria.

Diversa è la posizione del filosofo ed economista tedesco Karl Marx (Treviri, 5 maggio 1818 – Londra, 14 marzo 1883), che qui potete vedere nel celebre ritratto fotografico (1875) di John Jabez Edwin Mayall. Egli sposa l’idea presentata da Fourier, secondo cui il matrimonio e la famiglia vengono additati come un sistema di proprietà che fanno della donna una merce, per portare avanti il proprio pensiero. 

Egli, pur pronunciandosi a favore della monogamia, si discosta dall’idea del matrimonio come istituzione ammantata di sacralità, si pone a favore del divorzio e, allo stesso tempo, rifiuta l’idea della comunanza delle donne, teorizzata dal comunismo primario. In pratica, secondo Marx, la cosiddetta “comunanza delle donne” tanto auspicata dal comunismo primario esiste già e va sotto il nome di “prostituzione”, essa è, cioè, una forma commerciale di circolazione delle donne tra gli uomini che ne detengono il loro possesso, come se queste fossero oggetti.

Oltre a ciò, Marx sottolinea che il capitalismo moderno, dissolvendo la famiglia proletaria e immettendo le donne nel mercato del lavoro, le sottrae allo spazio della proprietà privata familiare, e avvia in tal modo, senza saperlo, un processo di liberazione delle donne.

Infatti, il lavoro salariato costituisce il primo passo verso l’autonomia delle donne che potrà arrivare a compimento dal comunismo con la fine della proprietà privata e il mutamento del sistema di produzione.

Al di là di come si svolgeranno i fatti in seguito, l’economia viene in questo modo ad assumere una valenza del tutto nuova, che fino ad allora sembrava appannaggio esclusivo del diritto: diventa la base dell’emancipazione femminile.

In pratica, Marx rende il dibattito estremamente concreto dichiarando che la donna può cessare di essere uno strumento di produzione (familiare e sociale) per diventare una lavoratrice all’interno del sistema produttivo e diventando, altresì, un essere autonomo nella vita privata.

Nella realtà dei fatti, il periodo in cui tracciare una vera e propria storia della famiglia non è ancora maturo.

Vedremo, in seguito, come la figlia di Marx, Eleanor Marx, si distinguerà tra le più importanti personalità del movimento femminista, a partire da una sua pubblicazione risalente al 1886, “The Woman Question: From a Socialist Point of View”.

 

Nell’immagine, il film “Miss Marx” di Susanna Nicchiarelli del 2020. Qui il trailer se volete dare un’occhiata. A presto!

 

Clementina Daniela Sanguanini