Ritorna la mia rubrica di dieci quadri su un’isola deserta, che ci terrà compagnia almeno fino alla fine dell’anno. Vi avevo già proposto due quadri, il primo è “Il Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo (qui il link all’articolo) e il secondo la celebre “Madonnina”, opera del pittore Roberto Ferruzzi (qui il link all’articolo). In entrambi i casi, per me è stato molto interessante fare delle ricerche e scoprire l’elaborata gestazione del primo, e la storia della giovanissima modella che posò per il secondo.

Il terzo quadro che impacchetterei è “Viandante sul mare di nebbia”, un dipinto a olio su tela del pittore tedesco Caspar David Friedrich. Fu realizzato nel 1818 ed è oggi conservato alla Hamburger Kunsthalle di Amburgo. Si tratta di una delle opere più celebri della pittura romantica ottocentesca, e oserei dire del Romanticismo in generale, ma il suo potere evocativo va oltre il periodo in cui il quadro fu realizzato e mette in moto una serie di emozioni estetiche e spirituali molto intense.

Il viandante

Lo sviluppo del quadro (95 cm in altezza e 75 di larghezza) ha lo scopo di accentuarne la verticalità, e serve a dare maggiore rilievo all’uomo che ci volge le spalle, al centro della composizione. L’espediente di rappresentare il protagonista di spalle si chiama Rückenfigur, che Caspar David Friedrich utilizzerà in altre sue opere. L’uomo ha il piede posato sull’orlo di un precipizio roccioso, come se fosse su un piedistallo, i capelli mossi dal vento che sorge dall’immensità dinnanzi a lui e nella mano destra impugna il bastone da passeggio. Indossa una lunga giacca di color verde scuro le cui falde si alzano leggermente.

Il fatto di girarci le spalle non accentua l’estraneità, bensì ci permette l’identificazione con il viandante, come in un’inquadratura cinematografica dove lo spettatore si trova alle spalle dell’attore. In questo caso, potremmo essere compagni di viaggio dell’uomo, che lungo il percorso ci ha detto: “Aspetta! Voglio andare ad ammirare il paesaggio,” e ci ha lasciato indietro di pochi passi.

Il personaggio raffigurato, secondo alcune testimonianze, sarebbe il colonnello della fanteria sassone Friedrich Gotthard von den Brinken, defunto amico di Friedrich. Oltre a una celebrazione del rapporto dell’uomo con la natura, questo quadro conterrebbe quindi anche una preziosa testimonianza di amicizia, a riprova che un’arte senza tempo come questa rende l’uomo immortale.

Le montagne e la nebbia

L’occhio dell’osservatore è attirato da ciò che sta oltre l’uomo, e cioè la vallata da cui salgono onde di nebbia (“il mare di nebbia” del titolo) e da cui spuntano anche alcune cime montane. Su di esse, vi sono radi alberi e vegetazione. All’orizzonte, la nebbia si espande in modo sempre più tenue a suggerire l’infinito, e diventa indistinguibile dal cielo.

Il paesaggio è ispirato dalle catene montuose della Sassonia e Boemia, ovvero la somma di più dettagli dell’Elbsandsteingebirge (nella foto, da Wikipedia). Sullo sfondo, a destra, è presente lo Zirkelstein, del quale si intravede la forma cilindrica, mentre a sinistra si profila il Rosenberg; le rocce sopra le quali si erge il viaggiatore, invece, fanno parte di un gruppo della Kaiserkrone.

La composizione e i colori

Tutta la composizione è semplice e con pochi elementi, e nello stesso tempo contribuisce a rendere il quadro altamente suggestivo. Vi sono dei triangoli, alcuni più evidenti come le montagne o il basamento roccioso, altri nascosti; per esempio vi invito a osservare come i crinali delle alture a destra e a sinistra puntino al centro del quadro, e quindi al cuore dell’uomo.

I colori con cui è dipinto l’uomo sono forti e molto netti. Le rocce sotto di lui sono rese con sfumature di un marrone intenso, quasi fangoso, e danno l’idea della concretezza, così come ben delineata e tangibile è la sagoma del viandante.

Al contrario, la nebbia comprende una mescolanza di colori freddi, come il blu e il grigio, con colori più caldi come il rosa. Dalla nebbia, che sembra volgersi ora qua ora là, in un movimento irrequieto, quasi lingueggiante, sorge una luce che si riflette sulla sagoma dell’uomo, contornandola. Si tratta di una voragine che non desta inquietudine, proprio per via di quella luce dorata.

La contemplazione e la consapevolezza

L’atteggiamento del viandante è improntato a una profonda spiritualità. Egli osserva la nebbia vaporosa che sale, e nello stesso tempo gli cela l’orizzonte infinito, come un moderno pellegrino. Questo atteggiamento di attrazione e smarrimento nei confronti della natura dà luogo al senso del sublime ottocentesco.

Ritratto di Caspar David Friedrich, Gerhard von Kügelgen, circa 1810–20 e Ritratto di Giacomo Leopardi di A. Ferrazzi, 1820 circa, olio su tela, Recanati, Palazzo Leopardi. Fonte: Wikipedia.

 

Leopardi e Friedrich

Quale degna conclusione, vi propongo dunque un passaggio dallo Zibaldone di pensieri di Giacomo Leopardi, che sembra proprio calzare “a pennello” con il quadro di Caspar David Friedrich:

Niuna cosa maggiormente dimostra la grandezza e la potenza dell’umano intelletto, né l’altezza e nobiltà dell’uomo, che il poter l’uomo conoscere e interamente comprendere e fortemente sentire la sua piccolezza. Quando egli, considerando la pluralità dei mondi, si sente essere infinitesima parte di un globo ch’è in minima parte d’uno degl’infiniti sistemi che compongono il mondo, e in questa considerazione stupisce della sua piccolezza, e profondamente sentendola e intentamente riguardandola, si confonde quasi col nulla, e perde quasi se stesso nel pensiero dell’immensità delle cose, e si trova come smarrito nella vastità incomprensibile dell’esistenza; allora con questo atto e con questo pensiero, egli dà la maggior prova possibile della sua nobiltà, della forza e dell’immensa capacità della sua mente, la quale, rinchiusa in sì piccolo e menomo essere, è potuta pervenire a conoscere e intender cose tanto superiori alla natura di lui, e può abbracciare e contenere col pensiero questa immensità medesima della esistenza e delle cose.

L’altro rimando è naturalmente la poesia “L’Infinito” del medesimo autore (1825), qui nel secondo manoscritto autografo (fonte: Wikipedia).

Dunque, l’uomo ha consapevolezza di essere soltanto un granello nei confronti dell’universo, ed è proprio questo atto di umiltà a renderlo grande e nobile. In un’epoca di transumanesimo e di deliranti connubi uomo-macchina, le parole di Leopardi e il quadro di Friedrich riportano più che mai al centro l’essere umano.

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Vi piace la pittura del romanticismo e avete qualche quadro che vi è particolarmente caro? Avete sentito parlare del cosiddetto transumanesimo (o post umanesimo) e che cosa ne pensate?

Cristina M. Cavaliere