Quando vidi la cantante Anna Oxa esibirsi al Festival di Sanremo nel 1978 con Un’emozione da poco, ricordo che rimasi a bocca aperta, come incantata. Era vestita da uomo, e nello stesso tempo era molto attraente. All’epoca ero giovane, ma già mi interessavo alle donne che, superando gli stereotipi, assumevano un aspetto maschile muovendosi tra i due generi per necessità o sfida, e mantenendo un’affascinante ambiguità.
Indimenticabile è per me Lady Oscar, un manga scritto e disegnato da Riyoko Ikeda e poi tradotto in cartoni animati. Ricordo che, non appena arrivata da scuola, pranzavo e poi mi sedevo in sala per vedere l’episodio della serie. Le vicende narrano la vita della regina Maria Antonietta dall’arrivo in Francia come giovanissima principessa.
Il personaggio principale è però Oscar François de Jarjayes, il capitano delle guardie reali di Versailles, una figura di pura invenzione. Potete vedere qui accanto la copertina del primo volume italiano del manga (edizione Planet Manga), raffigurante Oscar.
In realtà Oscar è una donna: non avendo avuto il tanto sospirato erede maschio, il padre ha costretto la bambina a vestire e a comportarsi da maschio, fino a studiare alla scuola militare regale di Parigi. Oscar è dunque cresciuta come un soldato, e in lei con il tempo si produrrà un conflitto lacerante tra la sua parte femminile e maschile.
Si innamorerà infatti del conte svedese Hans Axel von Fersen, l’amante della regina. Nei riguardi della sovrana Oscar nutrirà sempre una profonda amicizia, anche se aderirà ai tumulti che precedono la Rivoluzione francese, insieme all’amico d’infanzia André che si rivelerà essere il suo vero amore.
Anche il cinema cominciava a proporre storie affascinanti, e strazianti, come “Yentl”, un musical del 1983 diretto e interpretato da Barbra Streisand.
Il film è ambientato in Polonia nel 1904. Yentl è una giovane ebrea che vive in un villaggio. Rimasta sola con suo padre libraio e rabbino, studia i testi sacri ebraici fino a saperne ogni passo. Il suo destino però sarà quello di essere moglie, madre e casalinga sottomessa.
Alla morte del genitore, e nell’impossibilità di sottrarsi alla pressione degli abitanti del villaggio, si traveste da ragazzo e fugge, incerta sul futuro ma decisa a studiare i testi sacri, all’epoca proibiti alle donne. Arriva così in una scuola religiosa ebraica, dove si presenta come Anshel, usando il nome del fratellino defunto. Da lì si snoderanno altre vicende e ulteriori conflitti…
Nel libro “Le radici storiche dell’Europa – L’età moderna” a cura di Maria Antonietta Visceglia, libro che ho portato al mio ultimo esame di cui vi ho narrato qui, c’è un interessante contributo sulle identità di genere scritto da Edith Saurer e in particolare sulle donne che trasgredirono andando oltre la barriera i due sessi e vestendosi da uomo.
Nell’Europa moderna la differenza tra gruppi sociali e religiosi era molto accentuata e ben visibile. Tutto si fondava sul principio della separazione e su regolamenti specifici per i diversi gruppi (cattolici, protestanti, ebrei, aristocratici, mendicanti, corporazioni ecc.) e il genere era parte di questa cultura della differenza. L’ingresso nel genere avveniva con l’attribuzione del nome alla nascita e, per i cattolici, con il battesimo. Non accettare il proprio genere comportava conflitti e persecuzioni di tipo penale.
Vi sono però stati dei casi di “travestiti” famosi, il più celebre dei quali è quello dello/a Chevalière d’Eon, cui dedicai un post (qui il link). Il diplomatico francese ratificò il cambio di sesso e cominciò a indossare abiti femminili nell’ambito del suo ordine di appartenenza, l’aristocrazia francese del tardo Settecento. Le donne che indossavano panni maschili lo facevano di solito per abbracciare il mestiere delle armi, oppure per spostarsi in territori pericolosi e avere una maggiore sicurezza.
Il caso più eclatante di “cross dressing” citato nel libro fu quello di Catharina Margaretha Linck (1687-1721), una donna prussiana che per gran parte della sua vita vestì da uomo, assumendo l’identità di Anastasius Lagrantius Rosenstengel. Cresciuta in un orfanatrofio, lo lasciò a quattordici anni e cominciò a lavorare nel commercio di tessuti e manifattura di bottoni. Già da adolescente aveva cominciato a vestirsi da uomo per vivere in una comunità protestante. Tra il 1705 e il 1708 servì come soldato nell’esercito di Hannover, prima di disertare nel 1708. Eccola in una stampa dell’epoca.
Nel 1717 giunse addirittura a sposare un’altra donna, ma, scoperta e denunciata, fu processata e giustiziata per decapitazione. Per la verità i giudici furono incerti fino alla fine sulla punizione da comminarle, in quanto non era il classico caso di sodomia di cui si trova traccia nelle Sacre Scritture, bensì un rapporto saffico non contemplato nella Bibbia. Il processo e la condanna della Linck costituiscono uno dei pochi esempi di persecuzioni legali contro una donna per “omosessualità” in Europa e l’ultima a risultare in una condanna a morte.
Al seguente link ho trovato un fumetto dedicato proprio a Catharina Margaretha Linck, facendo delle ricerche per l’articolo, se volete dare un’occhiata: https://wordswithoutborders.org/read/article/2011-06/catharina-margaretha-linck/
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Con questo articolo ritorna la serie “Il Caffè della Rivoluzione”, visto che, con la ripresa dei miei studi, avrò altro materiale da proporvi, tempo e circostanze permettendo! A presto.
Fonte immagini: Wikipedia
Fonte testo:“Le radici storiche dell’Europa – L’età moderna” a cura di Maria Antonietta Visceglia, Viella editore
In effetti, anche se in passato poteva essere alquanto pericoloso, ci sono stati casi di ambiguità sessuale. Me ne viene in mente uno puramente estetico, quello della scrittrice francese che, pur essendo eterosessuale, amava avere un aspetto maschile a partire dal suo pseudonimo, George Sand, che non era ovviamente il suo vero nome essendo un nome da uomo. In genere si vestiva con abiti femminili, però amava talvolta indossare i pantaloni (cosa improponibile a quei tempi per una donna) e persino in alcune occasioni “mascherarsi” da uomo con abiti maschili.
Grazie del tuo contributo, Ariano. George Sand è un bell’esempio, perché destava davvero scandalo ai suoi tempi, con gli abbigliamenti maschili. Se soltanto si pensa che le donne dovevano cavalcare all’amazzone, e non comodamente come gli uomini! Quante aberrazioni, e naturalmente tutte a sfavore delle donne…
Le donne hanno sempre dovuto combattere per affermarsi. Io adorai l’esibizione di Anna Oxa al suo primo festival di Sanremo, scatenò parecchie polemiche comprese quelle della sua identità sessuale. La storia di Lady Oscar è davvero emblematica, ti confesso che in un certo senso mi ci ritrovo perché io sono la terza figlia femmina e i miei si aspettavano il figlio maschio (dopo due femmine) e non ne facevano mistero, tanto che da bambina io volevo giocare con le pistole e a carnevale chiesi un vestito da sceriffo, dopo però ho preferito le bambole. Fatto sta che ho fatto di tutto per realizzarmi negli studi, nel lavoro e diventare indipendente economicamente, credo sia stato un modo per riscattarmi nonostante fossi “femmina”.
Proprio leggendo questi nuovi testi, si scoprono tante figure di donne che sono state ingiustamente dimenticate, e che magari fecero cose “trasgressive” per la loro epoca che gli stessi contemporanei non sapevano bene come definire. Oltre all’indimenticabile esibizione di Anna Oxa, ricordo ancora più indietro nel tempo la cantante Amanda Lear, che giocava molto sulla propria omosessualità servendosi della sua voce roca (che trovavo affascinante). Certamente si trattava di un’operazione di marketing, ma a suo modo è stata anche lei una figura di rottura. Mi viene in mente anche l’uso dei pantaloni nella moda, che all’inizio era giudicato strano in quanto “le donne dovevano portare le gonne” in accordo con il loro sesso.
Molto interessante, Cristina! Queste figure “ambigue” mi affascinano da sempre. L’androgina Oscar tale per destino e volontà di suo padre e non per scelta, che storia tragica se ci pensiamo bene. Il Giappone ha esplorato molto questo aspetto.
Non conoscevo la storia di Catharina Margaretha Linck, ho letto un po’ in giro e c’è tantissimo in rete su questa storia straordinaria e tragica in questo epilogo di sangue.
In generale, e lo scrivo anche da insegnante ed educatrice, sono temi che rientrano nei nostri dibattiti in classe. I ragazzi e le ragazze devono entrare in contatto con questi temi, non percepirli come tabù, sentire che c’è uno scenario su cui ci si può confrontare. Anche perché l’opposto è generare disprezzo per questi fenomeni così delicati.
Anche a me ha colpito moltissimo la figura di Catharina Margaretha Linck. Infatti sapevo di donne che si travestivano da soldato, magari in età napoleonica, per poter stare vicino ai propri mariti o fidanzati, ma il suo caso è molto diverso, sembra quasi un’anticipazione del “gender fluid”. Fate bene a parlarne in classe! La figura dell’androgino è molto affascinante, se ci pensi è una figura completa e perfetta perché assomma in sé le caratteristiche maschili e femminili ed è sempre raffigurato come un ragazzo/una ragazza molto giovane. Mi viene in mente anche il racconto di Platone sui sessi che un tempo erano uniti in un’unica persona, e poi furono separati in modo da cercarsi per ritrovare la propria completezza.