“Trittico della guerra” di Otto Dix, 1929-32. Pannello centrale.

 

O ferito laggiù nel valloncello,
tanto invocasti
se tre compagni interi
cadder per te che quasi più non eri.
Tra melma e sangue
tronco senza gambe
e il tuo lamento ancora,
pietà di noi rimasti
a rantolarci e non ha fine l’ora,
affretta l’agonia,
tu puoi finire,
e nel conforto ti sia
nella demenza che non sa impazzire,
mentre sosta il momento
il sonno sul cervello,
lasciaci in silenzio
grazie, fratello.

Viatico di Clemente Rebora (1915)

 

Clemente Luigi Antonio Rèbora (Milano, 6 gennaio 1885 – Stresa, 1 novembre 1957) è stato un presbitero e poeta italiano. Fu insegnante di lettere e collaborò a diverse riviste, tra cui La Voce.

La poesia “Viatico” si rifà alla sua esperienza durante la Prima guerra mondiale, dove viene richiamato alle armi con il grado di sottotenente nel 72º reggimento di fanteria e in dicembre dello stesso anno combatte sul Podgora. Subisce un forte trauma cranico a causa di un’esplosione e rimane in stato di shock. Viene ricoverato e tra il 1916 e il 1919 passa da un ospedale militare all’altro finché, nel 1919, viene riformato con la diagnosi di infermità mentale.

Ordinato sacerdote nel 1936 dopo un’intensa crisi spirituale, continuò a scrivere poesie che riflettono il suo costante colloquio con Dio e che vennero pubblicate in gran parte postume. Fu anche traduttore di autori russi tra cui Tolstoj e Gogol’.

 

 

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In questi ultimi giorni l’Europa sembra di nuovo attraversata dalla follia della guerra e dell’interventismo, in una situazione che ricorda pericolosamente quella antecedente alla Prima e alla Seconda Guerra Mondiale. Presidenti di nazioni europee parlano in modo sconsiderato dell’invio di un sempre maggiore quantitativo di armi, di soldati Nato in territorio ucraino, di armi nucleari tattiche, di missili a lungo raggio per colpire il territorio nemico. L’escalation verbale e e fattuale va fermata: basta una scintilla per far deflagrare tutto, come accadde all’epoca.

Di recente ho assistito online a un convegno di Roma (qui il link) dove è stato firmato un manifesto da parte di un gruppo di intellettuali – tra cui il professor Cardini, noto medievista – per chiedere la pace al di là di ogni schieramento politico e di bandiera, perché la pace è tutti e abbiamo la responsabilità di lasciare un mondo che non sia un pianeta senza vita e futuro alle generazioni che verranno. Sono molto preoccupata e non lo nascondo. Voi che cosa ne pensate?

Cristina M. Cavaliere