La sua musica avvolgeva la nostra commozione, mentre passava per l’ultima volta tra noi milanesi.

Avevo 16 anni quel 27 gennaio del 1901 e tanti ricordi legati al Maestro.

Ricordi veri e ricordi raccontati, che a furia di risentirli, erano diventati quasi miei.

Ricordi dei nonni, come le scritte “Viva V.E.R.D.I” sui muri di Milano, parole all’apparenza innocue, che invece rivendicavano il sogno di liberarsi dall’odiosa dominazione austriaca.

Viva V.E.R.D.I.

Viva Vittorio Emanuele Re D’Italia.

Ricordi del mio papà, che aveva avuto l’onore di trainare a braccia la carrozza di Giuseppe Verdi, per omaggiarlo dopo il trionfo dell’Otello, nell’87. Quel giorno, il papà mi aveva issata sulle sue spalle per farmi vedere il genio di Busseto, che dal balconcino della sua stanza al Grand Hotel et de Milan duettava con il famoso tenore dalla voce di vento. Per me la lirica è quella distesa di cappelli, sotto le mie gambine nude.

Ricordi miei, di quando eravamo andati alla Scala, i vestiti eleganti e il cuore in gola. E dopo, nel silenzio vuoto di casa, non ero riuscita a prendere sonno, la mente piena di storie e di passioni.

Ricordi del piccolo bacio rubato dal Gianin, mentre mia cugina si era distratta un attimo a sbirciare la casa di riposo per musicisti in Buonarroti, quella che Verdi considerava la sua opera più bella.

Quel 27 gennaio, tenendoci per mano nella nebbia gelida dell’alba, io e la mamma percorrevamo le stesse strade su cui avevamo cosparso la paglia, solo pochi giorni prima. Un gesto di affetto dei milanesi, per attutire lo strepito delle carrozze e proteggere il riposo malato dell’uomo che tutti amavamo come un famigliare che non eravamo pronti a perdere.

Svoltato l’angolo dei Bastioni, li abbiamo visti.

Arrampicati sulle statue, sugli alberi, sui muretti, attendevano.

Migliaia e migliaia di persone, sospese nel silenzio, lo aspettavano.

E quando la carrozza trainata dai cavalli è finalmente arrivata, la folla ha risposto alla tristezza con l’unico congedo possibile.

Dapprima timidamente, poi gonfiandosi d’orgoglio, trecentomila voci hanno riempito il silenzio con le note del Va’ pensiero,

accompagnando l’ultima passeggiata a Milano di Giuseppe Verdi.

 

Susanna Albertini

 

 

Nota dell’autrice: Questo raccontello unisce i ricordi veri della mia bisnonna Maria (la ragazzina del racconto), trasmessi a noi da mia mamma Vivi e alcuni episodi che hanno caratterizzato il legame tra Milano e Verdi. Mio fratello Federico (studioso per passione) mi ha confermato che la zona dove sorge la casa di riposo era già chiamata Buonarroti e lì dietro avevano spostato la piazza D’armi per far posto al nuovo parco Sempione. Il funerale di Verdi fu un evento storico (due funerali, in realtà). E il maestro Toscanini diresse un coro di 1000 voci a cui si unì una folla immensa (300.000 persone).

 

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