In Italia vi sono numerosi monasteri, chiese, santuari la cui edificazione fu basata su una grazia ricevuta. Nei momenti dell’estremo bisogno venne invocato un santo di riferimento, più spesso la Madonna, che intervenne a trarre in salvo la persona. Le tavolette di ex-voto sono la testimonianza più semplice e commovente di tale gratitudine. L’espressione completa è “ex voto suscepto”, cioè “per voto fatto”: questa pratica, comune a molte religioni, è un impegno che il credente assume nei confronti della divinità purché la stessa ne esaudisca le richieste. Molto comuni sono i salvataggi in mare, come mostra questa scena ambientata nei pressi del Gargano.
Ma non è soltanto il mare a essere pericoloso nei confronti dei naviganti: anche le acque del lago, solitamente placide, possono far paura quando vanno in collera grazie all’azione dei venti e delle tempeste conseguenti. Un luogo che fu edificato sul lago Maggiore in Lombardia proprio come ex-voto è l’Eremo di Santa Caterina del Sasso. Ce ne parlerà la nostra amica Clementina, e potrebbe costituire una bella meta per una gita… quando il tempo si metterà al bello!
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Ecco dunque una proposta un tonificante fine settimana all’aria aperta in un luogo dove storia, arte e natura convivono felicemente e che – spero – vi lascerà soddisfatti: a poco più di un’ora da Milano è possibile raggiungere Leggiuno, località sulla sponda varesina del Lago Maggiore, il cui paesaggio, notoriamente incantevole, riserva una vera sorpresa agli appassionati d’arte, l’Eremo di Santa Caterina del Sasso.
Si tratta di un magnifico e articolato plesso architettonico di epoca medievale che, dopo una chiusura imposta dall’Impero Asburgico e durata un paio di secoli, nel 1970 è divenuto proprietà della PROVINCIA DI VARESE; da essa sottoposto ad un’attenta e importante opera di consolidamento e ristrutturazione è stato successivamente restituito al pubblico, nel 1986.
La struttura, ubicata tra Ispra e Laveno, si staglia ergendosi dalla roccia all’interno di uno splendido belvedere che si protende verso il Golfo Borromeo, di fronte a Stresa e le Isole, ed è composta da il Convento (XIV° – XVII° sec.), il Conventino (XIII° sec.) e la Chiesa, che a sua volta accoglie al suo interno il Sacello di Santa Caterina (risalente al XII° secolo).
Dovete sapere che una particolarità dell’Eremo è quella di essere stato costruito aggrappato ad un costone di roccia alto circa sessanta metri e di trovarsi a strapiombo sul lago a circa 15 metri dall’acqua, offrendo al visitatore, già di primo acchito, uno spettacolo di straordinaria bellezza. Una volta arrivati al piazzale sovrastante l’Eremo si scende una scalinata di 268 gradini (ma si può usare l’ascensore, in alternativa!) per godere del meraviglioso panorama. Se, invece si arriva dal lago, con il battello, si dovranno salire circa 80 gradini.
Ma c’è molto di più: le origini del nucleo primigenio, infatti, sono avvolte in un grande e suggestivo mistero, che se avrete la pazienza di seguirmi, vi racconterò.
A partire dalla fine del XII secolo, in tutta la zona del Verbano venivano trasmesse oralmente le straordinarie vicende di un tale Beato Alberto, personaggio al quale si lega la fondazione di questa isolata dimora, avvenuta intorno al 1170. Partiamo, dunque, da costui per ricostruire la storia dell’Eremo.
Alberto Besozzi ci viene indicato quale un ricco mercante dalla posizione sociale invidiabile, nato ad Arolo, un borgo rivierasco di Leggiuno, da un’illustre famiglia di origine milanese. La biografia, ricostruita sulla base dei racconti riportati oralmente, parla di un uomo che per molti e molti anni condusse una vita decisamente agiata, ma che ciononostante non godeva affatto di buona nomea perché pare fosse estremamente egoista, avaro e senza scrupoli. Secondo la leggenda risulta che egli fosse così avido da arrivare a praticare l’usura e persino commerci poco leciti. Questo suo discutibile comportamento andò avanti finché si verificò un singolare episodio che mutò definitivamente la sua esistenza.
Mentre si trovava con alcuni compagni in barca durante una traversata del lago, per tornare dal mercato di Lesa, venne sorpreso da una terribile tempesta. Convinto di non avere scampo e in preda al panico, rivolse le sue preghiere a Santa Caterina d’Alessandria, cui era molto devoto e il cui culto era molto diffuso nella zona grazie all’influsso di quanti tornavano dalle Crociate.
Dovete sapere, però che anche l’identità storica di S. Caterina d’Alessandria d’Egitto è piuttosto dubbia e il racconto greco che narra del suo martirio contiene, infatti, elementi che appartengono più al mito e allo stereotipo agiografico, che alla storia. In questo racconto, ad esempio, si narra di una fanciulla, vissuta tra il IV e il X secolo, di rara bellezza, dedita allo studio delle materie letterarie e scientifiche, che si convertì al cristianesimo dopo la morte del padre.
L’imperatore Massenzio, affascinato dalla sua bellezza e dalla sua eloquenza, la sottopose ad una disputa con i più importanti filosofi egiziani, che a loro volta vennero convertiti dalla fanciulla. Adirato per l’esito del dibattito, che lo esponeva al ridicolo, Massenzio offrì alla giovane la salvezza a condizione di concedersi a lui e di ripudiare la propria fede, ma Caterina rifiutò e venne pertanto imprigionata.
Nonostante la prigionia, Caterina riuscì a convertire l’imperatrice e il capitano della guardia imperiale in occasione di una loro inaspettata visita in carcere e contestualmente, anche duecento soldati del capitano. A quel punto Massenzio decise di sottoporla alla tortura della duplice ruota dentata, ma la ruota venne spezzata dalla spada di un angelo. L’imperatore ne ordinò allora la decapitazione, ma la donna, una volta giunta sul luogo dell’esecuzione, pregò Dio prima di morire avanzandogli due precise richieste, una delle quali è sicuramente all’origine del suo vasto culto e del seguito dei tantissimi suoi devoti, tra cui il nostro Alberto Besozzi: la prima fu che il suo corpo venisse sepolto e non smembrato in molteplici reliquie (prassi comune per i santi, in quell’epoca); la seconda, che chiunque avesse pregato il Signore per suo tramite vedesse esaudita la propria richiesta e ricevesse la remissione dei peccati.
La ragazza venne decapitata, ma dalla ferita, anziché riversarsi sangue, uscì latte. Più tardi gli angeli trasportarono il suo corpo in un monastero del Monte Sinai , dove il latte continuò a sgorgare compiendo il miracolo di guarire dai mali i suoi visitatori. In seguito, nel Medioevo, a questo racconto venne aggiunto un ulteriore episodio abbondantemente rappresentato da grandissimi pittori, quali ad esempio Michelino da Besozzo, Correggio, Parmigianino, Carracci, Lorenzo Lotto e molti altri: il matrimonio mistico con Gesù Bambino che, apparso in grembo alla Beata Vergine Maria, le infila l’anello nuziale al dito.
Comunque la pensiate, Santa Caterina d’Alessandria d’Egitto è a tutti gli effetti una delle sante più celebri d’Occidente, a partire dall’epoca medievale fino ad oggi. La sua popolarità è attestata nell’arte e nella letteratura di tutta Europa e sono innumerevoli le chiese, i conventi, le abbazie a lei dedicate.
Ma torniamo al nostro Alberto Besozzi, che abbiamo lasciato mentre si trovava in una terrificante tormenta. In balia della disperazione, nella consapevolezza della sua impotenza di fronte alla violentissima forza della natura, vide tutti i suoi compagni affogare, uno a uno e, preso dal timore di finire alla stessa stregua, si ritrovò a fare l’unica cosa che in quel momento gli fosse possibile: invocò l’aiuto divino chiedendo a Santa Caterina di intercedere affinché lo salvasse, promettendo a sua volta di cambiare radicalmente vita.
Sta di fatto che Alberto si salvò, anzi fu proprio l’unico a salvarsi su quella barca. Riuscì ad approdare in una piccola insenatura rocciosa, denominata Sasso Ballaro (ovvero, sasso traballante), ed in seguito a quella tremenda esperienza prese la decisione di ritirarsi, povero e solo, nel luogo dove le onde lo avevano gettato durante il naufragio.
La moglie, dopo averne ascoltato le ragioni, lo assecondò ed entrò in un monastero (del resto, a quei tempi, non le sarebbero state concesse molte alternative!), mentre Alberto stabilì che si sarebbe nutrito di ciò che la natura offriva e del pane che i naviganti avrebbero posto nel cesto che lui stesso, con umiltà, calava dall’alto ogni giorno.
Via via, con il passare del tempo crebbe intorno lui la fama di un santo eremita che in molti si avventuravano a frequentare per riceverne consiglio fin quando, vent’anni più tardi, nel 1195, arrivò a visitarlo una delegazione composta dai membri più autorevoli dei paesi vicini per chiedere la sua intercessione affinché si estinguesse un’epidemia di peste che stava devastando la popolazione.
La leggenda narra che dopo otto giorni di ardenti preghiere, Alberto ottenne la grazia e, come segno di gratitudine, chiese aiuto per poter costruire di fianco alla grotta che lo ospitava, su quel terrazzamento del Sasso Ballaro, un piccolo tempio realizzato sul modello della cappella dedicata a Santa Caterina sul lontano Monte Sinai. Alla sua morte venne sepolto nella chiesetta e acclamato beato da tutti gli abitanti del Verbano, anche se il suo culto non fu mai ufficialmente approvato. Nel frattempo il numero dei pellegrini in visita alla sua tomba continuò a crescere in modo esponenziale e intorno al 1250 i frati Domenicani decisero di presidiare il luogo per gestirne il flusso.
Una ventina d’anni più tardi, una nobile famiglia di Ispra fece erigere accanto alla cappella di S. Caterina un’altra piccola chiesa dedicata a S. Maria Nova, che fu profondamente modificata nei secoli successivi e nel 1310 gli abitanti di Intra costruirono accanto ad essa anche la chiesa di S. Nicolao, patrono dei naviganti, le cui caratteristiche costruttive sono tipiche del Gotico lombardo (il campanile, costruito a strapiombo su una grande spaccatura della roccia, è a dir poco incantevole).
Nel 1379 gli Eremitani di S. Agostino subentrarono ai Domenicani e successivamente, giacché l’interesse popolare per quel luogo aveva raggiunto picchi vertiginosi, vennero sostituiti dai religiosi dell’Ordine di S. Ambrogio ad Nemus di Milano.
Le diverse strutture subirono nel tempo modifiche e rimaneggiamenti, ma all’assetto definitivo si giunse nella seconda metà del ‘500, quando le cappelle preesistenti vennero fuse in un singolo edificio, al quale venne affiancato un piccolo chiostro. Oggi l’Eremo è proprietà della Provincia di Varese, che consente a tutti l’accesso completamente gratuito, mentre la conduzione ecclesiale è affidata agli Oblati Benedettini.
La costruzione risultante, data anche l’esiguità dello spazio, è assolutamente unica: la chiesa si sviluppa lungo una navata centrale e una navatella laterale, riunendo gli spazi delle antiche cappelle e racchiudendo il sacello. Anche gli affreschi della chiesa, appartenenti a epoche diverse, sono così ricchi e articolati da trovare ben pochi confronti in area lombarda e vantano opere di Giovanni Battista De Advocatis (sua è la nuova pala d’altare con il Matrimonio Mistico di S. Caterina, fra S. Nicolao da Mira e il Beato Alberto), di Pietro Crespi e, per quanto riguarda il porticato esterno, di Aurelio Luini, figlio di Bernardino, uno dei più importanti pittori del Rinascimento lombardo.
Ma la magia che ammanta l’Eremo non è ancora conclusa! Dovete sapere che la Cappella del Beato Alberto, entro cui fu collocato il corpo del Beato Alberto, e che si trova nello spazio tra il Sacello e la parete rocciosa, venne ribattezzata a inizio ‘700 “Cappella dei Sassi”, in virtù di un portentoso evento che i contemporanei interpretarono come miracolo. Accadde, infatti che alcuni enormi massi precipitarono sulla chiesa, ma restarono inspiegabilmente incastrati nella volta della Cappella rimanendovi sospesi (udite, udite!) fino al 1910, quando si adagiarono a terra senza danni e lì rimasero fino al 1983, quando furono rimossi per la realizzazione dei restauri.
Insomma, sebbene gli storiografi storcano il naso di fronte alla scarsità di documenti sulla vita della Santa di Alessandria d’Egitto e illustri conoscitori della cronaca del Verbano, come Piergiacomo Pisoni e Pierangelo Frigerio, ritengano la narrazione dell’asceta il frutto di un’abile manipolazione di un certo Anton Giorgio Besozzi – vissuto tra la metà del ‘500 e l’inizio del ‘600, cioè in un particolare contesto storico durante il quale avere un santo in famiglia faceva comodo al suo casato – l’Eremo di S. Caterina, con la sua avventurosa storia, è un luogo meraviglioso in cui perdersi per poi ritrovarsi e vale senza dubbio almeno una visita!
Lasciatemi concludere aggiungendo un’ultima considerazione – per quanto spicciola – e cioè che, anche alla luce di quanto esposto, lo storytelling si è sempre rivelata un’arte assai fine e ben praticata fin da tempi arcaici per esaltare personaggi, così come per diffondere e far accettare facilmente nuove idee e proposte. 😉
E voi che cosa ne pensate?
Clementina Daniela Sanguanini
INFO PRATICHE:
Come arrivare: In auto: Autostrada A8, uscita Sesto Calende/Vergiate; seguendo le indicazioni per Laveno ( SS629, SP36, SP32) fino a Leggiuno, via S. Caterina. – In treno: con Ferrovie Nord in direzione Laveno Mombello, con fermata a Sangiano. In battello: con navigazione laghi e scalo a Santa Caterina.
Accessibilità: La struttura è accessibile a tutti, anche a chi presenta difficoltà motorie, in quanto dotata di un capiente ascensore che permette di superare il dislivello di 51 metri partendo dal piazzale adiacente all’ampio parcheggio, fino all’ingresso dell’Eremo.
FONTE TESTO:
- I giorni dell’Eremo, di Frigerio, Pisoni, Mulazzani, Vanoni; ed. DiaKronia
- De Besutio (Le famiglie Besozzi) di Luciano Besozzi; ed. Lulu.
- Wikipedia per alcune informazioni sui personaggi, successivamente adattate e arricchite.
- Il sito ufficiale di Santa Caterina del Sasso.
FONTE IMMAGINI (dove non diversamente indicato):
- Tavoletta votiva, tratta dal sito Gargano Verde: https://www.garganoverde.it/cultura-e-territorio/le-tavolette-votive.html
- Leggiuno, eremo di Santa Caterina del Sasso. Scorcio del porticato del Conventino e della Chiesa con le isole Borromee sullo sfondo. Foto di Gianni Careddu – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=63338994.
- Reliquie del beato Alberto Besozzi. Foto di Mattana – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=26337299.
Abitando a pochi chilometri da Santa Caterina del Sasso ho visitato questo affascinante eremo molte volte. Colpisce per la sua bellezza e per la possibilità che l’occhio ha di spaziare sulla superficie del lago. Proprio sotto l’eremo ci sono le massime profondità del Lago Maggiore.
Grazie infinite di questo passaggio.
E’vero: quel luogo è di una bellezza da togliere il respiro!
Invece, ho preso più volte il battello da Santa Caterina alle isole Borromée, e viceversa, senza sapere che in quel punto si trovassero le acque più alte del lago.
Grazie ancora!
Io penso che in effetti, considerando le vicende e gli aspetti iconografici legati a questo santuario, se le vediamo come una “fabula” troviamo almeno tre elementi presenti in tantissime altre agiografie: la capacità di convertire al cristianesimo che suscita una reazione dei governanti “pagani”, la condanna a morte che non si riesce a eseguire perché qualche miracolo salva il futuro santo all’ultimo secondo, e infine (per i santi più “recenti” come il Besozzi) la richiesta di intercedere per fermare una pestilenza e la miracolosa fine del morbo grazie alle sue preghiere.
Quindi sì, molto storytelling e… neppure troppo originale 😀
Fatta questa premessa, il santuario però andrei a vederlo a prescindere dalla scarsa attendibilità degli eventi legati alla sua edificazione.
Quando ho letto la “grazia” di cui avrebbe beneficiato Caterina degli Uberti sono rimasto inorridito, mi è parsa una grazia abbastanza inutile. Però, il santuario di Santa Maria della Croce a Crema eretto proprio avendo quell’episodio come punto di partenza, è un luogo incantevole da visitare e ci tornerei molto volentieri.
Ben tornato Ariano e grazie del commento che hai lasciato!
Condivido il tuo punto di vista: il luogo è un incanto, lo storytelling non è originale: andare a visitarlo merita, senza ombra di dubbio!
La povera Caterina degli Uberti venne fatta letteralmente a pezzi dal terribile marito e sopravvive giusto il tempo di ricevere l’estremo sacramento e ottenere l’intercessione della Vergine. Come dicevi, anche l’eremo di Leggiuno, così come Santa Maria della Croce a Crema, meritano una visita, a prescindere da tutto!
Ancora grazie e alla prossima!
Molto suggestiva la storia dell’eremo, fa venir voglia di visitarla. Sono stata un paio di volte sul lago maggiore e ho visitato le isole borromee, purtroppo mi manca la visita all’eremo, ma se dovessi tornare da quelle parti mi piacerebbe visitarlo.
Sarà che amo in modo particolare l’ambiente lacustre, ma confermo che questo luogo è uno dei più belli che abbia mai visitato, sia per l’eccezionale posizione sia per il valore architettonico e artistico dell’edificio.
In effetti nelle storie dei santi ci sono degli elementi ricorrenti, come una sorta di “template” in cui il devoto poteva riconoscere dei particolari che confermavano la validità delle vicende narrate. Senza voler essere irriverente, assomigliano alle fiabe che i bambini amano sentirsi raccontare più e più volte, variando di pochissimo i dettagli, ma mantenendo intatto l’impianto narrativo. 😉
Se dovessimo approcciare il passato con la pretesa di conoscere i fatti così come si sono verificati, ci troveremmo in una situazione curiosa, dato che possiamo fidarci solo fino a un certo punto delle notizie sulla nostra stessa attualità!
In effetti i moderni mezzi di comunicazione non sembrano avere incrementato la veridicità delle informazioni, semmai amplificato la disinformazione a livello globale! E il fact-checking è sempre molto difficile…