Care lettrici e cari lettori,

è giunto il momento di avviare il terzo filone tratto da L’angolo di Cle. Dopo la serie sui tarocchi e quella sui luoghi, Clementina ci proporrà infatti una serie di articoli su un tema quanto mai attuale: la donna nel Novecento.

Ogni giorno i notiziari ci parlano della battaglia di donne coraggiose che pagano un prezzo altissimo – anche con la vita come nel caso di Mahsa Amini – per rivendicare i propri diritti. Ve ne sono di elementari, e che noi diamo per scontati, come scoprire i capelli o indossare ciò che desiderano, o andare dove vogliono senza essere accompagnate da un uomo che vegli sulla loro moralità. Parliamo poi di diritti sacrosanti quali l’accesso all’istruzione o a rendersi indipendenti economicamente, essere soggetti giuridici, per arrivare a diventare persone pienamente libere.

Per questo è più che mai importante parlare anche delle donne occidentali, e di ripercorrere insieme a Clementina il lungo cammino verso l‘emancipazione (anche se sempre tanto resta da fare!). Leggiamo questa sua introduzione.

 

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 Scartabellando nei cassetti saltano sempre fuori cose curiose. Talvolta si tratta di quisquilie, invece in alcuni casi si possono trovare vere e proprie storie pronte per essere raccontate.

L’altro giorno, per esempio, mentre cercavo di mettere un po’ d’ordine nelle scartoffie, mi sono imbattuta in una risma di fogli ingialliti sui quali campeggiavano dei vecchi appunti che avevo preso durante un interessante seminario imperniato sulla storia dell’emancipazione femminile nell’arco dei secoli.

Inizialmente avevo pensato di scrivere un post dedicato all’arte dell’Ottocento, ma l’improvvisa scoperta mi ha suggerito un taglio differente. Così è nata l’idea di ripercorrere insieme a voi la storia delle donne nel XIX secolo, a partire da un quadro.

Ecco l’opera pittorica in questione:

Giovanni Boldini,
Madame Charles Max,
1896, Musée d’Orsay, Paris.

Boldini (Ferrara, 31 dicembre 1842 – Parigi, 11 gennaio 1931), che è senza dubbio uno dei pittori più celebri della Belle Époque, è divenuto famoso per i suoi ritratti di donne dell’alta società nei quali, oltre a esaltare l’eleganza dei soggetti, cattura attimi fuggenti di un’emancipazione femminile che, via via, osa sempre di più.

Eccomi, dunque, a esporre in sintesi lo scenario che vede le donne protagoniste di un periodo complesso. Vi parlerò brevemente del posto occupato dalle donne nella società di quegli anni, della loro “condizione”, dei loro ruoli e del loro potere. È una bella sfida, ma ci si può provare!

L’Ottocento segna la nascita del femminismo, ma è attraversato da mille contraddizioni. Per esempio, giuridicamente, in tutto il mondo occidentale, la donna è ancora sottomessa al marito e anche se entrando nel mondo del lavoro si allargano i campi dei suoi orizzonti, dovrà passare ancora molto prima che possa disporre del proprio salario.

La Rivoluzione francese aveva posto il problema della donna nella comunità e il dibattito continuerà a scuotere le coscienze, soprattutto sul piano giuridico. Integrare le cittadine nel corpo politico equivale a dar loro potere decisionale e questa ipotesi risulta insopportabile per molti uomini in quell’epoca. Le donne francesi ben presto si accorgono che la loro “cittadinanza” è vuota: non possono esercitare il diritto di voto, non possono partecipare all’elaborazione delle leggi e così protestano. Non sono vere cittadine, ma mogli e figlie di cittadini. Le prime proteste femminili si hanno, per l’appunto, in Francia, al momento dell’instaurazione del suffragio universale del 1848. Quando la Repubblica, nel 1879, viene definitivamente consolidata, le richieste femminili vengono respinte in nome della fragilità del regime.

L’insieme dei paesi latini si presenta refrattario a riconoscimento dei diritti politici alle donne. Diversa è la situazione nei paesi in cui domina il liberalismo riformista, come in Inghilterra. Le inglesi, infatti, guadagnano molti più diritti delle altre europee.

In questo secolo inizia anche il processo di alfabetizzazione femminile un po’ ovunque, processo che scuote molto l’universo maschile e, per contrapposizione, verranno prodotte molte immagini ad hoc, attraverso la letteratura e il teatro. Un vero e proprio sistema di illusioni e miraggi che tendono trappole, tanto più temibili quanto meglio montate, da cui le donne faticheranno a fuggire (la famiglia, la moglie devota, la madre esemplare, e via dicendo…).

La società userà tutta la sua autorevolezza per frenare un’emancipazione nascente fatta di donne che scendono in piazza per rivendicare i propri diritti.  Il potere delle immagini di arte e letteratura del 1800 rappresenta le donne in un inquietante intreccio tra donna, bambola e statua.

Nel 1856 Flaubert pubblica Madame Bovary, adultera, colpevole e vittima dei suoi sogni.

Il 6 marzo 1853, Verdi porta in scena La Traviata, e la commovente prostituta creata anni prima da Dumas, La Signora delle Camelie, diventa una peccatrice che si sottomette alle leggi della famiglia e che si sacrifica, mentre un coro finale sottolinea il suo sacrificio ripetendo “Essa è in cielo”.

Tra il 1848 e il 1874, Wagner scrive L’anello del Nibelungo in cui Brunilde, vergine guerriera, rinuncia all’immortalità per accompagnare Sigfrido nelle tribolazioni sulla terra.

Nel 1847 Baudelaire pubblica la novella Fanfarlo, nel quale il protagonista, certo Samuel Cramer, prova desiderio per Fanfarlo, attrice che ammalia il pubblico interpretando diversi ruoli femminili, solo quando in lei ritrova i personaggi del patrimonio culturale e letterario passato che ama. Tuttavia, Cramer dimostrerà di non provare nessun buon sentimento per quella donna nel momento in cui essa gli si propone “spogliata” dai suoi personaggi.

Alla Nazimova nella versione cinematografica del 1922 di “Casa di bambola”.

Nel 1879, Ibsen, invece, scrive una pungente critica sui ruoli dell’uomo e della donna nell’ambito del matrimonio durante l’epoca vittoriana. L’opera in questione è Casa di Bambola, che l’autore redigeapponendo una nota a margine al suo testo: «Ci sono due tipi di leggi morali, due tipi di coscienze, una in un uomo e un’altra completamente differente in una donna. L’’una non può comprendere l’altra; ma nelle questioni pratiche della vita, la donna è giudicata dalle leggi degli uomini, come se non fosse una donna, ma un uomo».

Sul finale di scena, Nora, la protagonista, sbatte la porta del domicilio coniugale per vivere finalmente per se stessa. Ella è devota al marito, gli ha salvato la vita e gli ha dato due figli. Ma questi rimane incapace di vedere in lei nient’altro che la bambola di cui ha bisogno. L’unica salvezza per Nora sarà la fuga. La sua esistenza avrà inizio solo uscendo dalle mura familiari.

L’analisi della donna dell’Ottocento continuerà con altri post dedicati all’argomento che, se vorrete, potrete tornare a leggere qui.

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Ora passo a voi la parola: quali opere, artistiche o letterarie, vi vengono in mente per tracciare la storia femminile di quell’epoca? 

Un caro saluto a tutti e buona settimana!

Clementina Daniela Sanguanini

 

 

Fonte immagini: Wikipedia