Nell’ultimo articolo avevamo parlato del romanzo Vita e Destino di Grossman, dove, tra i vari temi, c’è anche quello del Potere e delle sue manifestazioni, espresse in questo caso dall’apparato del partito comunista in Unione Sovietica e soprattutto dalla volontà del padre-padrone, Stalin. Qui il link alla recensione per chi l’avesse persa.

Ritorniamo ora in compagnia della nostra amica Clementina e del mondo dei tarocchi. L’ultima volta avevamo esaminato insieme le carte con le Regine, che potete trovare qui, ora è la volta della loro controparte maschile: i Re. Vedrete tuttavia che c’è un collegamento con il romanzo di Grossman, come a dire “tout se tient“.

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«Dai dai, conta su… ah beh, sì beh/Ho visto un re/Sa l’ha vist cus’è?/Ha visto un re!/Ah, beh; sì, beh […]/E sempre allegri bisogna stare/che il nostro piangere fa male al re/fa male al ricco e al cardinale/diventan tristi se noi piangiam/e sempre allegri bisogna stare/che il nostro piangere fa male al re/fa male al ricco e al cardinale/diventan tristi se noi piangiam!»

 Introduciamo questa puntata dedicata alle figure dei Re nei Tarocchi, con uno stralcio del testo di Dario Fo, tratto dalla celebre canzone “Ho visto un re”, inserita in uno spettacolo di canti popolari, andato in scena nel 1969, intitolato “Ci ragiono e canto n°2”. Qui accanto ecco la locandina dello spettacolo, messo in scena nel 1977 dal Collettivo teatrale La Comune.

La versione più popolare della canzone “Ho visto un re” è sicuramente quella incisa, nel 1968, da Enzo Jannacci nel 45 giri della ARC (casa sussidiaria della RCA), ma essa non raggiungerà la notorietà nell’immediato, bensì molti anni dopo. Potete vedere qui accanto la copertina del 45 giri.

Se vi va, vi racconto com’è andata.

Nel novembre del 1968, Jannacci tenta di proporla alla televisione di Stato, ma viene inesorabilmente respinto. 

Il cantante, forte del recente successo di “Vengo anch’io. No, tu no”, ottenuto nella seconda puntata della  trasmissione Canzonissima, aveva deciso di sfidare, nell’immediata fase delle eliminatorie, Gianni Morandi, che si presentava con “Tu che m’hai preso il cuor”.  Invece, trova un muro: i dirigenti Rai glielo impediscono, perché ritengono il testo di questa ballata inadatto al programma. Quel testo è troppo sovversivo.

La notizia della bocciatura della canzone, che l’amico Jannacci aveva provato a introdurre all’interno del festival canoro popolare di timbro istituzionale, non meraviglia più di tanto l’autore del testo, Fo, che, ben sei anni prima, nel 1962, aveva ricevuto, insieme alla moglie, Franca Rame, il “no” della censura da parte dei funzionari di viale Mazzini. Cos’era accaduto quell’anno?

Fo e la Rame vengono chiamati in Rai a condurre – guarda caso – proprio “Canzonissima”. I due conduttori propongono uno sketch, che viene dapprima approvato dalla dirigenza televisiva e, successivamente, censurato. La scenetta verteva sui lavoratori impiegati nell’edilizia, ma in quelle ore era in corso la vertenza sindacale che li riguardava.

Da quel momento in avanti scoppia uno scandalo che andrà ad occupare le prime pagine dei giornali, coinvolgerà il Parlamento, sfiorerà una riunione dei segretari dell’allora maggioranza di centro sinistra. Dario Fo veniva bollato ufficialmente come un “guastatore”, un personaggio troppo scomodo per le istituzioni e così, a lui e a Franca Rame, viene impedito di affacciarsi sul piccolo schermo. A quel punto, i due decidono di muoversi all’interno di altri canali: il teatro alternativo “di piazza”.  

Ma torniamo all’anno di pubblicazione del disco “Ho visto un re”. Con “Ci ragiono e canto”, filone teatrale e narrativo iniziato nel 1967 e proseguito negli anni successivi, con le versioni 2 e 3, Fo riscopre e rielabora altri canti di protesta della classe sociale più debole, canti attraverso cui emerge, sempre più nitida e cristallina la volontà di lotta del popolo contro la persistenza di un potere ritenuto sempre uguale a se stesso.

Ma in questo periodo di grande fermento concettuale e organizzativo, l’artista si prepara a mettere in scena contestualmente una nuova rappresentazione, nella quale – guarda un po’ – tornerà fuori ancora una volta la figura del Re… anzi, si affacceranno le figure di diversi re – e io ne approfitto per parlarvi ancora un poco di questo grande uomo di teatro, insignito del premio Nobel nel 1997. 😉

Il tour di “Ci ragiono e canto 2”, infatti, s’incrocerà con quello della splendida  “giullarata”, che verrà reiterata fino alla fine da Dario Fo: stiamo parlando di “Mistero Buffo”.   

Mistero Buffo”, come ricorda il regista Molinari, citato nel saggio di Giangilberto Monti, “E sempre allegri dobbiamo stare. Le canzoni del signor Fo”, nasce inizialmente come fabulazione di diversi racconti, che via via, col tempo, si arricchirà, di brani reinventati, tratti dai Vangeli apocrifi, di racconti di origine francoprovenzale, di arlecchinate francesi, di esibizioni dello Zanni (una maschera della Commedia dell’Arte).

Ma c’è di più: all’interno di queste narrazioni farà spesso incursione l’attualità, contribuendo, così, alla realizzazione di infinite varianti dell’opera.

Protagonista assoluto della rappresentazione scenica è il giullare – interpretato chiaramente da Fo – che attraverso la parola, e con un linguaggio mutuato dai dialetti lombardo-veneti e tanti onomatopeismi, sfocianti in un coloratissimo multilinguismo – il grammelot – intrattiene il pubblico dando vita a un’infinità di scene mirate a mettere in luce l’eterna lotta delle classi subalterne contro il potere economico e politico.

“Mistero Buffo” è, un’operazione culturale, ma anche un’operazione politica, è uno spettacolo-conferenza teso ad aprire un dibattito con il pubblico, a smuovere gli animi degli spettatori svelando loro la mistificazione degli avvenimenti storici nel corso dei secoli, per farli giungere a una presa di coscienza sull’attualità. “Mistero Buffo” è uno sberleffo a tutte le convenzioni.

Solo dopo quindici anni dall’estromissione da “Canzonissima”, nel 1977, l’attore e drammaturgo tornerà in televisione, quando Raidue presenterà una serie di puntate dedicate al suo amatissimo “Mistero Buffo”. (Chi vi scrive, che all’epoca frequentava la scuola media, ha conosciuto in quel modo Fo e il suo teatro e, da allora, non l’ha mai abbandonato!)

Come già accennato, non mancano certo le figure dei Re in quella commedia, e fra i tanti episodi di cui è composta, vale la pena di ricordare quello che apre Il primo miracolo del Bambin Gesù, con la scena in cui vengono introdotti i Re Magi e anticipata la presenza un altro re, anch’esso famoso, ma molto più truculento: Erode (episodio de Il primo miracolo del Bambino Gesù, tratto da Mistero Buffo, spettacolo di e con Dario Fo…  non perdetevi il video che potete trovare qui su Youtube!).

Ma le tante interpretazioni dei sovrani, che Dario Fo ci ha regalato nel corso della sua lunga, fruttuosa e felice carriera, non finiscono qui poiché ad un certo punto della sua vita disegnerà anche il suo personale mazzo di tarocchi!  Qui potete vedere il Re di Denari, tratto dal mazzo di Tarocchi ideati e disegnati da Dario Fo, Dal Negro edizioni.

Ecco completato il cerchio 😉 e, ora, possiamo proseguire la nostra consueta analisi delle figure negli arcani minori dei Tarocchi di Marsiglia, che oggi, come previsto, si concentrerà sui Re.

Andiamo ad osservarli …

Già guardandoli insieme notiamo che nessuno di questi personaggi ha lo sguardo rivolto al proprio simbolo, quindi, a differenza delle Regine, i Re ci appaiono consapevoli del proprio ruolo, ma concentrati verso l’altrove: il loro è uno sguardo rivolto al futuro. Si tratta di archetipi risolti, realizzati e prossimi a distaccarsi dal proprio dominio per conquistarne uno nuovo.

Inoltre, solo i Re di Bastoni e di Spade sono giovani e sembrano in procinto di scendere dal trono per muoversi, mentre i Re di Coppe e di Denari sono più anziani e più passivi.

 Adesso, avviciniamone uno alla volta…

Re di Spade

Sebbene lo stile espositivo di Jodorowsky sia molto distante da quello della Tuan, i due autori restituiscono di questo personaggio un profilo abbastanza omogeneo. Il re di Spade emerge, così, come un individuo sui quarant’anni tanto affascinante, in grado di esercitare un pieno controllo sul destino, quanto pericoloso (soprattutto per Jodorosky e io mi sento più vicina alla sua interpretazione). Personalmente trovo inquietanti le due maschere che indossa sulle braccia, una di esse mi sembra severa e l’altra sorridente: come se volesse dirci che, a seconda del lato che vorrà far prevalere, acquisirà nei nostri confronti un atteggiamento e un tono, oppure l’altro. 

Per questo lo considero sibillino. E trovo allarmante anche vedere che tiene in entrambe le mani due oggetti contundenti: una spada e un pugnale. Per questo lo trovo aggressivo.

Nonostante il suo simbolo, la spada, alluda alla vita militare, egli ci appare più come un uomo di intelletto, astuto, seduttivo e ironico. È uno che mira a proporre riforme, ma che non esita a dividere la sua platea per imporsi al meglio, è un fine stratega e anche uno che sfrutta l’ingenuità altrui per affermarsi. Questo re, infatti, può essere un avversario temibile, geniale, grintoso, capace di trovare appoggi ovunque.

Quando la carta appare capovolta, il fascino del personaggio rimane inalterato, ma si esasperano tutte le sue caratteristiche, sia nella direzione dell’inerzia (diventando improduttivo o reticente), sia nella direzione opposta (diventando un soggetto incline all’impulsività, all’esibizionismo, al cinismo, alla boria). 

Re di Coppe

 

I due autori concordano appieno nel profilare l’immagine di questo re: un uomo generoso, giusto, onesto, dotato di ferrea volontà volta all’altruismo e alla solidarietà. Questa è la figura di un re anomalo: non è un uomo di comando, ma un uomo al servizio dei propri sudditi. Anche i vestiti che indossa esprimono flessibilità, con la morbidezza delle forme, e la sua posa rivela apertura, disponibilità, serenità.

Secondo la Tuan, nella carta rovesciata si ribaltano di centottanta gradi le caratteristiche appena enunciate: l’uomo serio e benevolo si trasforma in cialtrone, diventa un individuo scaltro e privo di scrupoli, un truffatore, ma anche un violento e un corrotto.

Re di Denari

 

Prima di esporvi l’opinione dei due autori, vi anticipo che mi ha sempre incuriosito la postura di questo re. Ai miei occhi, quella gamba incrociata assume un significato di chiusura, magari solo parziale, ma senz’altro importante. È l’unico dei quattro a mostrarsi in questa posa. Potrebbe alludere a un carattere cauto e riflessivo, oppure esitante. Un secondo elemento che mi colpisce molto è che sul capo non porta più la corona, ma un cappello, e questo mi lascia supporre che il nostro re abbia deciso di assumere un aspetto comune per mitigarsi in mezzo ai suoi sudditi e, in questo modo, avvicinarli. Forse è un re che mette in discussione il suo potere? 

Ma veniamo all’immagine offerta da Jodorowsky e Tuan: per entrambi si tratta di un individuo di successo, fortunato e ricco (che è il retaggio del suo simbolo). Ma, se per la Tuan, si tratta di un uomo potente, per Jodorowsky ci troviamo di fronte a un uomo che ha scelto di non gestire la sua potenza, ma di lasciarsi guidare dalla volontà dell’universo.

Secondo la Tuan, inoltre, con il capovolgimento della carta assistiamo al ribaltamento morale di questa figura, che diventa falsa, inaffidabile, viziosa e priva di scrupoli, pur conservando ricchezza e fascino.   

Re di Bastoni

 

L’abbigliamento e la posa esprimono forza, risolutezza, rigore, equilibrio, ma anche un pizzico di rigidità. L’interpretazione dei due autori non presenta differenze sostanziali sul carattere conferito a questo re: egli rappresenta una persona onesta, equilibrata e saggia, molto diretta nelle proprie azioni. Ci troviamo di fronte a un uomo d’azione, non un filosofo, quanto semmai una persona determinata e fattiva, consapevole di essere in grado di costruire e distruggere, ma non sulla base di un mero capriccio. In ogni caso, si tratta di una figura che ama il potere e tende a concentrarlo su sé.

 Per Laura Tuan, il capovolgimento della carta allude alla trasfigurazione etica del carattere di questo individuo, che conserva potere e determinazione, ma incarna le caratteristiche dell’uomo poco tollerante, severo fino all’insensibilità e con una doppia morale: quella per sé e quella per gli altri.

Siamo giunti alla fine del nostro viaggio intorno ai re. Cosa ne pensate?  Come vi appaiono i singoli sovrani e quali caratteristiche vi evocano?

 Nel ricordarvi che l’analisi delle figure degli arcani minori continuerà con i cavalieri, vi saluto e vi auguro il meglio. 🙂

Arrivederci al prossimo post! 

Clementina Daniela Sanguanini

BIBLIOGRAFIA:

E sempre allegri bisogna stare, le canzoni del signor Dario Fo, Giangilberto Monti, edizione Giunti 

La via dei Tarocchi, Alejandro Jodorowsky, Marianne Costa, Feltrinelli

Il linguaggio segreto dei Tarocchi, Laura Tuan, De Vecchi Editore

 

ICONOGRAFIA:

Locandina dello spettacolo “Ci ragiono e canto, 2”, scritto da Dario Fo nel 1969, e messo in scena nel 1977 dal Collettivo teatrale La Comune. Fonte: antiwarsongs.org

Copertina del 45 giri della versione di Ho visto un re, di Jannacci, Merenda, ARC ed. Fonte: Massive Music Store

Dario Fo e Franca Rame, anni 1950-1960. Fonte: Sole 24 Ore

Locandina di “Mistero buffo” di e con Dario Fo, presentata il 23 gennaio al Teatro Alfieri di Asti. Fonte: sito di Franca Rame

Copertina di E sempre allegri bisogna stare, di Giangilberto Monti, ed. Giunti. Fonte: Giunti editore

Re di Denari, tratto dal mazzo di Tarocchi ideati e disegnati da Dario Fo, Dal Negro ed. Fonte: Dal Negro editore

Le rimanenti immagini, raffiguranti gli arcani dei quattro re all’interno del mazzo dei Tarocchi di Marsiglia – edizione Dal Negro – sono frutto di scatti personali