Ebbene sì, ho finito.

Sono arrivata al traguardo con 22 esami universitari il 10 gennaio, sostenendo l’esame di Storia dell’Arte Medievale da 6 crediti, proprio come nel film “Momenti di gloria”.

Non mi sembra vero: niente più veglie d’armi fino a mezzanotte per risultare tra le prime posizioni e non dover invecchiare precocemente né nell’edificio universitario né online, niente caccia a libri introvabili perché fuori catalogo, niente giornate e fine settimana sacrificati allo studio con sole splendente, niente più esaurimenti nervosi di vario genere.

A conti fatti gli esami sono stati una trentina in totale, avendo dato due volte l’esame di Storia Economica con risultati modesti (e avendolo poi cambiato), e in quanto alcuni esami sono stati doppi con scritto e orale. Una vera marcia a tappe forzate, affrontata però con moltissima passione e grande entusiasmo, e di cui non mi sono mai pentita, crisi isteriche a parte.

Ma procediamo con ordine perché molti di voi sono ansiosi di avere il solito resoconto eroicomico dell’ultima battaglia, e infatti gli imprevisti non sono mancati nemmeno stavolta.

 

STORIA DELL’ARTE MEDIEVALE

Si trattava di una delle materie “a scelta” dello studente: ho messo l’espressione nel virgolettato perché è una scelta relativa. Avrei voluto assegnare più crediti ad altri esami senza riuscirci, comunque ho optato per questa materia di cui sapevo già qualcosina. Ho avuto la possibilità di frequentare il corso in streaming, mentre i miei compagni erano ritornati quasi tutti in presenza. Questo affollatissimo corso è stato tenuto nella sede di Scienze dei Beni Culturali in via Noto e con i soli frequentanti è stato seguito da una totalità di circa 800 studenti ripartiti per lettera.

I comitati studenteschi si erano battuti affinché venisse mantenuta la modalità streaming e anche di videoregistrazione, per ovviare al problema della mancanza di posto per tutti e per le sovrapposizioni di orario con altre materie. L’Università degli Studi di Milano si era opposta perché non vuole diventare un’università telematica, e attribuisce maggior valore alla presenza, comunque alla fine della contesa ha dato l’avvallo almeno per lo streaming.

La materia. Chissà perché, nella mia ingenuità mi ero fatta l’idea che fosse un corso facile, forse in rapporto ai 6 crediti, e non avevo calcolato che si parla di più di mille anni di arte partendo dall’arco di Costantino per arrivare alla pittura di Giotto. Ecco qua:

Il corso: “ll corso intende fornire un approccio critico alla cultura artistica occidentale nel millennio che intercorre fra la nascita dell’arte cristiana e il XIII secolo, con particolare attenzione per i contesti monumentali, per l’iconografia e la funzione dei manufatti, il tutto entro un quadro storico e cronologico.”

Risultati apprendimento attesi: “Conoscenza dei principali contesti monumentali e manufatti di carattere artistico del medioevo occidentale; conoscenza delle principali linee storiografiche. Capacità di inquadrare un’architettura o un manufatto medievale collocandolo cronologicamente, riconoscendone la funzione, illustrandone l’iconografia, evidenziandone le peculiarità tecniche e tecnico-costruttive, il tutto servendosi di un lessico adeguato.”

A differenza di quando frequentavo il liceo nella notte dei tempi, il docente sarebbe dunque partito dai manufatti, piccoli o grandi che fossero, per allargare il discorso in maniera sempre più minuziosa fino allo stile e alle strutture. Il corso comunque mi è piaciuto, ho visto tantissimi oggetti meravigliosi che non conoscevo e magari ve ne presenterò alcuni in un post separato, così potrete lucidare anche voi le pupille e stupirvi del Medioevo “secolo buio”. Ecco qualche modesto esempio di tale oscurità:

 

Tuttavia ci sono state non poche stranezze a partire dai supporti didattici per il corso…

… ovvero: la tecnologia genera mostri

 

Il manuale mutante. Per il modulo A c’era un manuale presente sul portale universitario e interamente online, nel senso che non era scaricabile in formato pdf e, almeno in teoria, non era stampabile e modificabile in nessun modo.

Questo manuale era diviso in 14 unità didattiche, di cui alcune obbligatorie e altre facoltative. Ciascuna unità viene presentata da un’introduzione storico-geografica, poi passa alla spiegazione dei manufatti veri e propri – con didascalie in un elenco a parte – per concludere con alcune parti di approfondimento. Il docente ci ha detto che non ci avrebbe fatto adottare alcun manuale cartaceo perché non esistono veri e propri manuali universitari, bensì soltanto quelli dei licei che secondo lui non sono abbastanza aggiornati. “Invece,” ha detto con un ottimismo del tutto ingiustificato, “con il manuale online si possono fare degli aggiornamenti e inserire altre fotografie. Non dovete nemmeno stamparlo o spendere soldi per acquistarlo.”

Bene, capisco la ratio della cosa, ma fino a un certo punto. Per esempio, non tutti hanno una connessione stabile o veloce per andare in rete a guardarsi un manuale che pesa parecchio per via delle foto. E poi: come fai a prendere appunti sulla planimetria di una chiesa se non hai la stessa in formato cartaceo? Devi fare un disegno con la perizia e la velocità di Renzo Piano? Come fai ad appuntarti dov’è la “solea”, o l’”intradosso”, o qual è il Westwerk nella chiesa carolingia se non hai niente su cui scrivere, ma soltanto una cosa lattiginosa che dallo schermo ti fluttua a un palmo davanti al naso? A me sembrano domande di buon senso, ma evidentemente il buon senso latita ad alti livelli accademici.

L’ho anche soprannominato il manuale mutante, nel senso che venivano aggiunte immagini e parti di testo appena prima della lezione oppure durante il corso, e ogni volta che saltava il ticchio al professore. Avendo io l’età dei datteri sono abituata a studiare sulla carta, specialmente nel caso di materiale iconografico così imponente. E pensate che stampavo la schermata stessa dell’unità didattica appena un’ora prima della lezione (non un secolo prima) per prendere appunti (ho speso un patrimonio in cartucce per la stampante!), e poi mi ritrovavo ad avere comunque parti comparse magicamente dal nulla. Una volta ho perso le staffe davanti alla comparsa di un secchiello liturgico dell’abate Suger di Saint-Denis e ho cominciato a scagliare oggetti a portata di mano dalla scrivania e a risvegliare tutti i santi dal paradiso con un linguaggio degno di uno scaricatore di porto.

Domineddio mi ha senz’altro levato punti dalla patente per il paradiso.

A bocce ferme ho dovuto riprendere in mano il tutto e andare a confrontare il materiale stampato con quanto c’era a video, e componendo una specie di menabò con ritagli e stampa di foto. Altro che scavo stratigrafico archeologico, mi sembrava di essere “Indiana Jones alla Ricerca dell’Arca perduta”.

Le didascalie delle foto. L’altra cosa stravagante del manuale era che l’elenco delle didascalie si trova in un file a parte, e quindi non vi dico il delirio quando hai sotto gli occhi dieci o dodici portali del gotico francese: a un certo punto non riesci più a capire se è quello di Chartres, di Reims, di Poitiers, di Parigi o vattelapesca, ti sembrano tutti uguali. Per esempio, sapreste abbinare questi quattro portali ad altrettante cattedrali? Se qualcuno riesce a farlo senza barare, vince il mio ebook “La Fiamma e la Rosa” in omaggio. 🙂

 


Il glossario mancante. Altra cosa buona e giusta sarebbe stato avere un piccolo glossario dei termini tecnici per poter imparare meglio il lessico utile con cui esprimersi. Com’è ovvio se hai fatto il liceo artistico, dovresti saperli a occhi chiusi, ma tanti altri studenti no e quindi sarebbe un utile supporto.

Tutti questi problemi sono stati da me segnalati nel questionario della Valutazione della Didattica cui i professori tengono molto. Spero che facciano tesoro dei miei suggerimenti, perché pazienza io, ma i ragazzi devono essere agevolati e non intralciati nello studio per formare dei buoni storici dell’arte.

 

CRONISTORIA DELLE GIORNATE DELL’ESAME

Ed ecco la parte più straordinaria, cioè il vero e proprio esame. Tra il 30 dicembre e i primi di gennaio:

– i contagi riprendono a salire causa Omicron, e percepisco un certo movimento in università. Mi arriva infatti la richiesta via mail per firmare una petizione studentesca che chiede di ripristinare la possibilità di svolgere gli esami online per alcune categorie di studenti fragili. La firmo perché mi sembra giusto e nonostante la mia avversione per gli esami online.

– arriva una prima circolare stile “avviso bonario” in cui si espone il primo decreto governativo, e si invita a rimanere aggiornati sui cambiamenti.

– nella sera dell’Epifania mi esplode un raffreddore epico, e quindi per una volta auspico fortemente che si possa fare gli esami online. Vero è che mancano alcuni giorni, ma il pensiero di fare un viaggio in capo al mondo per andare fino in via Noto, tutta raffreddata e imbacuccata, non mi sorride per niente.

– arriva la fatidica circolare del rettore in cui si stabilisce che gli esami scritti sarebbero stati svolti in presenza, mentre gli orali sarebbero stati online. Per una volta sono contenta della notizia, mentre la mia casa si è ormai trasformata in Starnutopoli, con marito, e figlio in smartworking, che si scostano ogni volta che passo e starnutisco, i fazzoletti che si ammonticchiano in un sacchetto, sciroppi e gocce di tutti i generi a portata di mano.

– vigilia dell’esame: tra il ripasso, il raffreddore e la tosse secca sono ormai definitivamente rintronata. La notte dormo malissimo, poiché ho in testa una specie di minestrone dove navigano arcangeli, il Cristo in mandorla, i Quattro Viventi, committenti che offrono modellini di chiese, la Madonna col bambino, focus geografico-storici, controfacciate con Giudizi Universali, fibbie longobarde, capitelli di tutte le forme e gli stili, miniature, evangelari, dossali, affreschi e chi più ne ha più ne metta.

– giorno dell’esame: mi alzo come l’imputato che sta per comparire davanti ai giudici, e penso: “Dai, coraggio Cri, che tra qualche ora sarà tutto finito”, faccio colazione, ripasso le ultime cose difficili, poi sbarazzo la scrivania da stampe, appunti ecc., preparo il badge e la carta d’identità, e mi collego con il link fornito.

Alle 10:00 spunta il professore e fa il chilometrico appello: siamo centodieci studenti iscritti e confermati. Le assistenti ci interrogheranno sul modulo A, mentre lui ci interrogherà sul modulo B- C, quindi dovremo passare da un canale all’altro. Si prendono alcuni minuti per annunciare i nomi almeno per il turno del giorno stesso, e quello della mattina seguente.


. Alle 11.15 mi collego di nuovo sul link dell’assistente a me assegnata. Non ho la minima idea di come si svolgerà l’esame, quindi sono un po’ come uno che si butta da un dirupo e non sa dove andrà a finire: o in mare oppure su uno scoglio. Spunta l’assistente, una ragazza molto giovane cui mostro badge e carta d’identità. Incomincia l’esame, e naturalmente siamo “io, mammete e tu”, cioè io, lei e un esercito di altri studenti sotto forma di sigle che ascoltano (alla faccia della privacy tanto decantata ai giorni nostri).

“Le faccio vedere un’immagine che mi piace molto,” dice, e condivide lo schermo. “Che cosa apparirà?” come nella Settimana Enigmistica. Il gruppo dei Tetrarchi di Venezia, che meraviglia! Piace molto anche a me, e li so bene, infatti parlo con dovizia di particolari sia di che cosa rappresentano che sullo stile, il materiale ecc., e situandoli bene nel loro contesto anche storico-politico.

 

Dice che va benissimo e si passa alla seconda immagine: che cosa apparirà stavolta? Oooooh, è l’interno di una chiesa con un’abside affrescata con Cristo in trono. La potete vedere qui. Il problema è che, chissà perché, mi viene in mente san Giorgio di Oberzell sul lago di Costanza, che non c’entra assolutamente nulla, dato che la mia testa ribolle di una miriade di altre chiese in una sarabanda infernale. Dopo parecchi sforzi mnemonici e un aiuto da parte dell’esaminatrice, riesco a imbroccare la chiesa, che è romanica ed è sant’Angelo in Formis a Capua. Molto contenta del mio recupero, imbastisco una spiegazione abbastanza dettagliata, solo che mi chiede la data che sbaglio clamorosamente (come al solito).


Da ultimo mi fa vedere una Madonna in trono di Giotto che è la Madonna Ognissanti, e anche qui me la cavo con sufficiente disinvoltura, comparando quest’opera con quelle di Cimabue, a parte sbagliare il nome (ho detto Rucellai invece di Ognissanti), e riuscendo a fare anche dei paralleli con gli affreschi nella Basilica di Assisi. Alla fine mi congeda dicendo che scriverà al professore l’esito del primo pezzo ovvero del Modulo A.. Dopo qualche manovra con Teams perché non riesco a riaccedere al link professorale, spunta il docente che mi chiama. “Lei è già passata dalle Forche Caudine del Modulo A,” mi dice, facendo lo spiritoso. “Comunque la dottoressa mi ha comunicato l’esito, quindi le faccio una domanda e mezzo.” Che cosa apparirà? Ooooooh, la chiesa di Santa Sofia di Instanbul/Costantinopoli, che mi chiede di commentare.
Sono molto contenta perché l’ho studiata bene, infatti mi lancio in una spiegazione piuttosto dettagliata. Il problema di questi esami è che quando sai bene le cose ti fermano dopo trenta secondi, facendoti quasi rimanere male, per passare a un altro argomento.

Infatti mi fa vedere un mosaico sempre a santa Sofia, che potete vedere qui, chiedendomi che cosa raffigura. Mi tengo sul vago perché non mi ricordo assolutamente il nome dell’imperatore bizantino prostrato ai piedi del trono di Cristo, com’è ovvio mi chiede invece come si chiama. Dico che probabilmente è del periodo dopo l’iconoclastia, visto che il basileus è prosternato ai piedi delle immagini. “Lo dica meglio,” mi invita, ridacchiando sotto i baffi. Non so assolutamente che cosa intende per “lo dica meglio” visto che già l’ho spiegato meglio che posso.

 

Comunque alla fine del tira e molla mi dice che va bene e mi fa un’ultima domanda. E qui, colpo di scena, ma io ignoro ancora che si tratta di un colpo di scena (*). Mi fa vedere tre placche di una cosa gigantesca che non ricordo proprio (vedi sopra), mi dice poi che è un dossale nell’abbazia di Klosterneuburg, e mi chiede di spiegarlo. Ha selezionato tre scene tutte con circoncisione (Isacco-Gesù, Sansone), e tutte e tre hanno il titulus in latino attorno. In pratica non riesco a rispondere bene, comunque l’esame finisce lì e mi dice che mi dà 27, confermando il voto dell’assistente, e com’è ovvio accetto subito.

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Posso dire dunque con legittimo orgoglio che la sofferenza è finalmente terminata!!! Naturalmente non è proprio finita perché manca la tesi di laurea, ma sono abbastanza fiduciosa che entro l’anno potrei fregiarmi del titolo di dottoressa in Storia: il pezzo di carta, alla mia età veneranda, non è mai stato l’obiettivo primario di questo percorso ma sarà comunque emozionante.

E, se volete leggere qual è il colpo di scena, non vi resta che andare proprio qua di seguito.

Cristina M. Cavaliere

(*) Nella giornata continuavo a pensare a come mai non mi ricordavo assolutamente nulla di questo pezzo, senza riuscire a darmi pace. Va bene che ho una certa età e che i neuroni cominciano a fulminarsi uno dopo l’altro, ma volevo scoprire l’arcano. Ebbene, ho scoperto che questo pezzo appartiene al Modulo C, che io non dovevo portare, e su cui aveva fatto una lezione intera!!! Ho deciso comunque di lasciar perdere e non complicarmi per niente la vita: non vorrei certo rifare l’esame o un pezzo di esame per questo, e in fondo ho già preso un voto alto che non mi inficia la media di 29.38.