E così anche questo periodo massacrante di esami universitari si è finalmente chiuso e riemergo in mezzo a un panorama di rovine fumanti e cadaveri da campo di battaglia, e ormai a estate inoltrata… . Più che discontinua, sono proprio scomparsa da questo blog e dai social in generale, causa com’è ovvio anche altri impegni lavorativi e famigliari. Ma, come si suol dire, la vita è una questione di priorità e il blog è finito in fondo alla lista.

I colossali esami di Letteratura Italiana e Storia Romana sono andati molto bene, tuttavia ho potuto toccare con mano la fondatezza della frase pronunciata da Winston Churchill “If you’re going through hell, keep going.”. Ma andiamo con ordine nel resoconto delle mie numerose avventure, che non sono state soltanto didattiche ma di ordine burocratico. Come se la vita non fosse abbastanza complicata, specialmente in questi tempi pandemici, la burocrazia si accanisce a rendere l’esistenza un vero incubo.

Data la complessità delle mie peripezie, suddividerò la narrazione in due articoli dedicati agli esami, cercando come sempre di rendere tutto divertente.


LETTERATURA ITALIANA: LE DODICI FATICHE DI ERCOLE

La preparazione dell’esame di letteratura italiana si è tradotta nelle dodici fatiche di Ercole, ovvero il mito dell’eroe che doveva: uccidere l’invulnerabile leone di Nemea e portare la sua pelle come trofeo, uccidere l’Idra di Lerna, catturare la cerva di Cerinea, catturare il cinghiale di Erimanto, ripulire in un giorno le stalle di Augia, disperdere gli uccelli del lago Stinfalo, catturare il toro di Creta, rubare le cavalle di Diomede, impossessarsi della cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni, rubare i buoi di Gerione, rubare i pomi d’oro del giardino delle Esperidi, portare vivo Cerbero, il cane a tre teste guardiano degli Inferi, a Micene.

Bene, posso affermare con orgoglio di aver fatto tutte queste cose e anche di più, visto che Ercole non aveva dovuto affrontare trafile burocratico-istituzionali, usando app per chiedere deroghe, scrivendo mail ansiose ai professori per chiarimenti o consultando la piattaforma universitaria in lungo e in largo per eventuali novità come i fatidici decreti del rettore, per i quali dovevi stare assolutamente in campana.

IL PROGRAMMA DI ESAME

Occorreva studiare quanto segue:

 

. Unità didattica A: Dalle Origini al Quattrocento: percorsi testuali: La poesia religiosa, la Scuola Siciliana e la poesia toscana del Duecento; lo stil novo; Dante (Rime, Vita nova e Commedia); Petrarca (Canzoniere, Trionfi); Boccaccio (Decameron); l’umanesimo del Quattrocento; la Firenze di Lorenzo de’ Medici e Poliziano (Stanze per la giostra del magnifico Giuliano); Boiardo (Orlando innamorato); Pulci (Morgante).

. Unità didattica B: Dal Cinquecento al primo Ottocento: percorsi testuali: Il petrarchismo; Bembo (Prose della volgar lingua); Machiavelli (Il Principe); Castiglione (Cortegiano); Ariosto (Orlando furioso); Tasso (Gerusalemme liberata); la poesia del Barocco (Marino, Adone); Galileo e la rivoluzione scientifica (Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo); Accademia dell’Arcadia; l’Illuminismo lombardo e Parini (Odi, Il Giorno); Foscolo (Ultime lettere di Jacopo Ortis, Dei Sepolcri); Leopardi (Canti, Operette morali); Manzoni (Promessi sposi).

Detto in maniera così stringata sembra una cosa da poco, ma vi assicuro che la mole era enorme.


LA PREPARAZIONE ALL’ESAME

I materiali per l’esame (moduli A e B)

Degli sterminati materiali di letteratura italiana ho parlato in maniera approfondita qui in questo post, quindi non starò a ripetermi. E tralascio commenti più puntuali sui contenuti di questo esame, che potete immaginare in autonomia, oppure che vi rivelerò in privato perché dovrei esprimerli con eccessiva vivacità come ho fatto nella valutazione della didattica. Tengo a ribadire però che tale esame era ob-bli-ga-to-ri-o per noi di Storia, e dovevi prepararlo nella sua interezza poiché valeva ben 9 crediti.

All’inizio di febbraio, dopo aver sostenuto l’esame di Storia dell’Età del Rinascimento (qui il post), ho scaricato le videolezioni del modulo A e B, ovvero tutto lo scibile letterario italiano dal Duecento all’Ottocento. Questo è stato il mio colpo di fortuna in quanto qualche giorno dopo ho scoperto che la professoressa aveva reso non scaricabili le lezioni, ma soltanto visionabili e poi le avrebbe tolte del tutto. Mi sono complimentata per la mia buona sorte, e ho cominciato a preparare una tabella di marcia primaverile per l’ascolto delle videolezioni e lo studio in generale.

. Le videolezioni

Tra modulo A e B le lezioni erano ventuno, suddivise in varie parti, e di quasi due ore ciascuna, con centinaia di slide, quindi lascio fare a voi i calcoli; in pratica ho trascorso i mesi della primavera ascoltando lezioni di letteratura italiana e prendendo appunti (e facendo poco altro, oltre a cacciare selvaggina di piccola taglia per procurarmi da mangiare e cuocerla sul fuoco di bivacco, bere alle fonti sorgive e parlare con me stessa per vincere la solitudine) e consultando le due nuove antologie, che avevo acquistato, con i ricordi che spuntavano dalle nebbie del tempo e che risvegliavano vecchi amori e altrettanto radicate antipatie, oppure provocavano inattese rivalutazioni come Francesco Petrarca.

Mi sono dunque sfilati davanti la scuola siciliana, i poeti siculo-toscani, Dante, Petrarca, Boccaccio, il

petrarchismo, Machiavelli, il Barocco, l’Illuminismo, Parini… Non ho fatto nuove conoscenze, tranne per quanto riguarda l’autore di “Adone”: Giovan Battista Marino (1569-1625), poeta del periodo barocco, un personaggio molto turbolento che ebbe molti problemi con l’inquisizione e già questo basta a rendermelo simpatico. Eccolo qui in tutto il suo splendore e con i tipici baffetti da sparviero.

. La dispensa con i testi letterari

Per quanto riguarda la dispensa con i brani specifici da preparare nel numero di quarantasette (canzoni, canzonette, sonetti, proemi, canti, capitoli e chi più ne ha più ne metta), è il risultato di un assemblaggio con fotocopie di altre letterature, ed è stata impaginata in maniera bizzarra con due pagine su ogni foglio, con pochissimo spazio per scrivere ai margini. Molto spesso non si capiva dove finiva un brano e dove iniziava un altro, per esempio eri alle prese con Stanze per la giostra del Magnifico Giuliano, e d’un tratto ti trovavi a leggere i versi dal Morgante di Luigi Pulci.

Per domarla occorreva infilarne un lato sotto la tastiera o mettervi sopra altri pesi come boccali bavaresi o candelieri medievali, e appoggiare sopra l’altro lato entrambi gli avambracci perché tendeva a scappar via da tutte le parti e a chiudersi sul più bello, specialmente quando prendevi appunti a margine. Insomma, è una specie di creatura aliena che ho un po’ di timore a conservare per paura che di notte si metta a camminare sulle sue pagine e venga a strangolarmi nel letto. Tale dispensa era obbligatoria e acquistabile soltanto presso una ben nota libreria davanti all’università alla “modica” spesa di sedici euro. Chapeau.

I materiali per l’esame (modulo C)

In concomitanza avevo scaricato anche le videolezioni del modulo C e ho cominciato a leggere “Vita” di Vittorio Alfieri, una piacevolissima sorpresa come vi ho raccontato, e soprattutto andare a caccia di due estratti extra che occorreva pure leggere e preparare, cioè i capitoli XVI-XVII in Arnaldo Di Benedetto-Vincenza Perdichizzi, Alfieri, Roma, Salerno Editrice, 2014, pp. 210-237.2) Gino Tellini, Storia e romanzo dell’io nella «bizzarra mistura» della «Vita», in Alfieri in Toscana, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Firenze, 19-21 ottobre 2000), a cura di Gino Tellini e Roberta Turchi, Firenze, Olschki, 2002, 2 voll., vol. I, pp. 203-219 (oppure il saggio poteva essere reperito in Gino Tellini, Filologia e storiografia da Tasso al Novecento, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2002, pp. 11-28)

Il reperimento di questi estratti è stato piuttosto complicato in quanto sono molto specialistici, e rintracciabili presso la biblioteca universitaria. Uno l’ho preso in prestito colà tra una zona rossa e una zona gialla, per effetto delle quali la biblioteca apriva e chiudeva al prestito come una fisarmonica. Ho prenotato i due volumi dove c’erano i tanto sospirati estratti, ma ho dovuto tornare due volte in università. Infatti la prima volta ho letto male gli orari e ho trovato la biblioteca chiusa con un cartello e gli orari limitati. Devo dire che attraversare il grande cortile centrale della Statale, e soprattutto i due cortili della Ghiacciaia e della Legnaia, del tutto deserti, con il mio passo che risuonava nei cortili abbandonati, mi ha fatto grande impressione. La seconda volta sono stata fortunata, ma giunta a casa ho visto che dei due testi era strano: molto probabilmente avevo sbagliato io a indicare il tomo nella prenotazione, ma mi sono trovata in mano un testo dal titolo “Bibliografia delle opere dei musicisti bresciani pubblicate a stampa nei secoli 16. e 17” che poco c’entrava con Alfieri e che peraltro non ha suscitato in me alcun guizzo di interesse.

Prima che ripiombassimo in una zona di qualsivoglia colore, sono riuscita a fare le fotocopie delle pagine che mi occorrevano, e mi sono riprecipitata in università approfittando del comodo cassone per la restituzione posto nel cortile. Ho reperito l’estratto mancante su Google Books, e sono persino riuscita a stamparlo con l’aiuto di mio figlio che è un mago della tastiera. Poi non dite che non sono una personcina determinata.

 

 

L’ESAME SCRITTO

Il giorno 7 giugno ho affrontato l’esame scritto in università, ed è stato emozionante entrare nell’aula e sedermi insieme a moltissimi altri studenti, tutti distanziati e con mascherina. C’erano cinque studenti collegati che avevano chiesto di farlo online, quindi abbiamo dovuto aspettare che fossero sistemati affinché la professoressa distribuisse i fogli protocollo che contenevano le domande, e partire tutti insieme appassionatamente.

Nella prova c’erano due tipi di domande:

. la prima era incentrata su un’opera, o su un autore o su una scuola/corrente letteraria in programma;
. la seconda consisteva nel riconoscimento della poesia, nella parafrasi e nel breve commento di uno dei testi in programma.
C’era la scelta tra due temi e due parafrasi, ma il tutto andava svolto in 90 minuti (che è un’inezia), e alla fine di questo pressure test dovevi alzare le mani in aria come Masterchef. Scherzo, ma l’atmosfera era pressappoco quella. Potevi chiedere un foglio di minuta, ma è chiaro che scrivere la brutta copia sarebbe stata una perdita di tempo. Nella prima domanda c’era la scelta tra Decameron e Umanesimo, e mi sono precipitata a scrivere sul Decameron su cui, per combinazione, avevo fatto una prova di velocità a casa. Nella seconda domanda dovevi scegliere tra due estratti poetici anonimi: il primo era tratto dal proemio de “La Gerusalemme Liberata” di Torquato Tasso, come segue:

O Musa, tu, che di caduchi allori
non circondi la fronte in Elicona
ma su nel Cielo infra i beati cori
hai di stelle immortali aurea corona;
tu spira al petto mio celesti ardori,
tu rischiara il mio canto, e tu perdona
s’intesso fregi al ver, s’adorno in parte
d’altri diletti, che de’ tuoi le carte.

Sai che là corre il mondo, ove più versi
di sue dolcezze il lusinghier Parnaso;
e che ’l vero condito in molli versi,
i più schivi allettando ha persuaso.
Così a l’egro fanciul porgiamo aspersi
di soavi licor gli orli del vaso:
succhi amari, ingannato, intanto ei beve,
e dall’inganno suo vita riceve.

 Il secondo proveniva da “Il Giorno” di Giuseppe Parini, come segue:

Certo fu d’uopo che dal prisco seggio
Uscisse un regno, e con ardite vele
Fra straniere procelle e novi mostri
E teme e rischi ed inumane fami
Superasse i confin, per lunga etade
Invïolati ancora; e ben fu dritto
Se Cortes e Pizzarro umano sangue
Non istimâr quel ch’oltre l’Oceàno
Scorrea le umane membra, onde tonando
E fulminando, alfin spietatamente
Balzaron giú da’ loro aviti troni
Re Messicani e generosi Incassi;
Poiché nuove cosí venner delizie,
O gemma degli eroi, al tuo palato!

Ho scelto questo perché era leggermente più facile e leggermente più corto, e poi parla del giovin signore e del Settecento, un secolo che adoro. Ecco qua la scultura di Parini a piazza Cordusio a Milano, per una volta senza il piccione in testa. Mentre stavamo svolgendo la prova si è scatenata la furia di Giove Pluvio, e dietro i finestroni il cielo si è fatto nero come la notte.

Ho consegnato qualche minuto prima e sono uscita con la sensazione che fosse andata abbastanza bene. Nel frattempo il temporale era cessato e l’ho considerato di buon auspicio. I risultati sarebbero comparsi nella bacheca virtuale nel giro di due settimane.

LA FANTOMATICA DEROGA AGLI ESAMI

Mentre ero in tutte queste faccende affaccendata, avevo già scoperto con gioia che si poteva chiedere una deroga agli esami, in questo senso:

. se l’esame era scritto (come appunto nel caso di Letteratura Italiana prova scritta), potevi chiedere la deroga per farlo online;

. se l’esame era orale, potevi chiedere la deroga per farlo scritto.

 

Sembra facile, ma come farlo? Siccome la procedura per inoltrare tale richiesta era alquanto farraginosa, e avevo in vista di dare l’esame orale di Storia Romana l’8 luglio, ho pensato di fare una prova generale proprio con l’esame orale di Vittorio Alfieri e chiedere di farlo in presenza. Infatti occorreva inoltrare la richiesta tramite una “app” che il Castello di Kafka aveva preparato ai primi di giugno nelle sue stanze segrete e sforzandosi di rendere il tutto più oscuro possibile.

Mi ero già iscritta all’esame orale, perché si poteva farlo anche prima di sapere i risultati: se poi non si era passati, la cosa decadeva. Dunque ho cercato di capire come iscrivermi entrando nei meandri della “app”. Ora, dovete sapere che ho concepito un odio viscerale per gli smartphone in generale e per le app in particolare, al punto che butterei il telefono nella boccia dei pesci. Comunque ho visto che mi era comparsa l’iscrizione all’esame, ho cliccato sul link deroga e ho individuato l’esame che mi è comparso in una sorta di schemino con il tick verde di inserimento richiesta. Non c’era nessuna “autocertificazione” da compilare come proclamato sulla pagina dell’università. Da quel momento in poi sono rimasta in uno stato di limbo, perché non si capiva se la richiesta era andata a buon fine e soprattutto se sarebbe stata accettata e in quale aula avrei dovuto recarmi.

Ho scritto dunque una mail alla professoressa, chiedendole timidamente quando sarebbero stati pubblicati gli esiti della prova scritta, e se aveva ricevuto la mia richiesta. Mi ha risposto in tono piccato dicendo che gli esiti sarebbero stati pubblicato il giorno 19 giugno come aveva già spiegato (boh!) e che io, avendo chiesto di sostenere l’esame in presenza, sarei dovuta andare in una certa aula ma non il giorno 22 giugno bensì il 28 giugno. Ero comunque molto contenta della risposta!

Esiti generali della prova scritta

Il giorno fatidico ho appreso che ero passata con un “Buono”, infatti la prova parziale prevedeva un giudizio e non il voto. I “promossi” erano in totale 65 con 16 Distinto, 7 Buono, 33 Sufficiente, 9 Sufficiente con * (cioè ammessi al pelo). Nessun Ottimo. Una specie di ecatombe, visto che eravamo moltissimi. Io ero molto felice del mio Buono e ho ripassato il mio Alfieri in vista dell’esame del 28 giugno!


L’ESAME ORALE

Finalmente è arrivato il giorno dell’orale, cui mi ero preparata con molta passione. Durante tale giorno, burocraticamente parlando, non ne ho fatta una giusta:

1. Innanzitutto sono piombata in università troppo presto, l’esame era alle 9:00 e io sono arrivata alle 8:00. Il portone interno di accesso alle aule era ancora chiuso, allora sono andata a prendermi un caffè al bar e una bottiglietta di acqua. Dopo essere finalmente riuscita a penetrare nel fortilizio universitario, ho spalancato la porta dell’aula alle 8:45, dove ho trovato la prof nascosta dietro il computer e nell’oscurità, e che mi ha in pratica cacciato via dicendo che era troppo presto perché si stava collegando con le altre quattro candidate che avrebbero invece fatto l’esame online, e che fungevano da testimoni. In pratica ero la sola in presenza!

2. Quando mi ha finalmente ammesso, mi ha sgridato dicendo che avrei dovuto rispondere comunque all’appello generale online del 22 giugno. Ero molto perplessa, ho detto che non avevo capito e mi sono cosparsa il capo di cenere. Mio marito ha detto che, essendo l’unica in presenza, le avevo rotto le uova nel paniere costringendola ad andare in università… Mi ha detto “Guardi, questo era un esame proprio tranquillo tranquillo da fare online,” al che ho detto che avevo già fatto quattro esami online e che era stata una sofferenza, al che perlomeno mi ha dato ragione.

Dopo essermi seduta a distanza di sicurezza, mi ha fatto vedere il mio esame scritto con le correzioni, dove ho appreso che il “Buono” equivaleva a 26. Avendo scritto che il Decameron è della seconda metà del Trecento, ha detto che era un po’ vago e che avrei dovuto indicare il decennio. Mi ha detto che la parte che avevo sviluppato con la società aristocratica e mercantile era rimasta in ombra. Per quanto riguarda il testo da parafrasare, avevo sbagliato la metrica de “Il Giorno” di Parini, era in endecasillabi sciolti, invece che in ottave (cioè l’ho confuso con “La Gerusalemme Liberata”). Nella parafrasi non avevo indicato che “novi mostri” era “fenomeni straordinari”, ma l’avevo lasciato com’era. A parte l’errore sulla metrica e un paio di altre imprecisioni non c’erano cose abnormi nel complesso e la prova era di buon livello.

 

L’esame su Vittorio Alfieri è stato poi facilissimo: mi ha fatto una domanda sul concetto di viaggio nell’Alfieri, poi, siccome ho ampliato via via il discorso sul rapporto con la politica e i despoti illuminati, e anche citando delle sue satire, mi ha fatto delle domande più specifiche. Mi ha chiesto di come considera Alfieri la città di San Pietroburgo, e quali sono le sue considerazioni sul campo di battaglia di Zidendorff. Non mi ha chiesto nulla sulle famose fotocopie reperite con tanta fatica. Alla fine ha detto che con questo esame e quello scritto mi avrebbe dato 28 (probabilmente l’esame su Alfieri valeva 30), ovviamente ho accettato subito e ho firmato il foglio, e sono uscita stremata e anche un po’ stupita, come se in fondo a una fragorosa sinfonia il tutto si concludesse con un tintinnio da triangolo. Altri direbbero che si è trattato di un coitus interruptus, ma insomma, chi si accontenta gode.

***
Il seguito con l’esame di Storia Romana alla prossima puntata! Vi racconterò di avventure che nulla hanno di umano. Nel frattempo mi piacerebbe avere le vostre impressioni a caldo su questo esame e vi auguro buon fine settimana.
Cristina M. Cavaliere