Evviva!!! Ho sostenuto Storia dell’Età del Rinascimento il 5 febbraio, ed è andato molto bene, a parte lo stress da esame moltiplicato a mille per la modalità alienante che tutti ormai ben conosciamo. Ormai tutto questo è diventato “Il mestiere delle armi”, come il titolo dello splendido film del 2001 diretto da Ermanno Olmi, che narra degli ultimi giorni di vita del condottiero Giovanni delle Bande Nere, nel tentativo di bloccare la marcia dei lanzichenecchi verso Roma e dell’infingarda politica italiana dei principi rinascimentali… mi ricorda qualcuno, in effetti… mumble mumble… :/ Il giovane condottiero viene tradito da alcuni principi che consentono il passaggio delle truppe imperiali, e riceve in una gamba un colpo di falconetto – una specie di piccolo cannone –  ferita che causerà la cancrena e la morte. 

Comunque, se non lo avete visto e siete curiosi, ecco qui il link al trailer italiano per farvi un’idea, io l’ho visto due volte, ma non dovete aspettarvi un film d’azione, di sparatorie appollaiati sulle selle di cavalli al galoppo e inseguimenti sulle autostrade, pardon, sui sentieri, nonostante il tema della guerra. Rende però bene l’idea di come fosse un mestiere fatto di freddo, fame, sporcizia, fatica e sangue. 

In questo post vi racconterò invece della mia esperienza più che altro per poter rileggere l’articolo a freddo e tenerne memoria. 😊 

La materia dell’esame

L’esame verteva su tutta l’età del Cinquecento, periodo affascinante ma anche molto complicato a livello politico, istituzionale, religioso e bellico. Si apre con le guerre d’Italia quando l’esercito di Carlo VIII di Francia scende nella penisola per rivendicare il trono di Napoli alla testa di un esercito e un parco di artiglieria altamente innovativo; è anche il secolo di Carlo V imperatore, della Riforma di Martin Lutero e di tutte le spaccature confessionali in Europa, di Enrico VIII, delle guerre di religione in Francia, della minaccia ottomana che preme da levante, di Filippo II di Spagna e dello sterminato suo impero che comprende le colonie del Nuovo Mondo.

È anche l’età dove si rafforzano le monarchie nazionali, un periodo estremamente fecondo dal punto di vista culturale e che mette a frutto invenzioni e innovazioni, non da ultimo l’arte della guerra: infatti le monografie, come vi avevo illustrato, erano tutte sulla cosiddetta rivoluzione militare. Avevo cominciato a studiare nel mese di agosto, sia scaricando e visionando le videolezioni su Storia Moderna come ripasso, sia cominciando a leggere i libri con i quali mi sarei presentata per 9 crediti come non frequentante.

L’esame come “osservatrice”

Memore del caos infernale occorso durante l’esame di Storia Romana con più di novanta persone collegate, la piattaforma che era andata in crash, e il delirio schizofrenico conseguente, ho pensato che valesse la pena assistere all’appello del 12 gennaio con una serie di obiettivi: vedere quante persone avrebbero partecipato; constatare come era organizzato l’esame; appurare che tipo di domande si sarebbero poste.

Non avendo ricevuto risposta dal professore a una mia mail, ho pensato di collegarmi ugualmente. Sono stata subito impallinata come una beccaccia, insieme ad altri, perché non gli tornavano i conti: “Ci sono sette persone in meno rispetto alle iscrizioni e cinque persone i cui cognomi non mi risultano,” ha detto, soggiungendo in tono che mi è sembrato minaccioso: “Per esempio lei, Cristina Rossi, lei ha intenzione di sostenere l’esame oggi?”, al che molto intimorita mi sono palesata e ho chiesto di poter assistere senza disturbare, e anche altri studenti si sono aggregati alla mia petizione. Sembravamo i Minions, con atteggiamento tra il petulante e il supplichevole.

Il professore è comunque una persona molto amabile e con quel filo di ironia partenopea che non guasta: ha risposto che non c’era nessun problema e che ci avrebbe aggiunto al gruppo. Ho così potuto assistere all’esame di tipologia doppia, con l’assistente che interrogava sulla parte storica-istituzionale e poi con lui che avrebbe interrogato sulla parte delle monografie di storia militare, e annotarmi le domande. Ci sono stati anche dei siparietti tra lui e gli studenti dove ha raccontato episodi della sua permanenza in Spagna con le corse dei tori a Pamplona, allo scopo di metterli a loro agio, e ricondurli sulla retta via nel rispondere alle domande. Alla fine dell’esame il professore ha chiesto a noi Minions se era stato utile e, ricevuto risposta affermativa, ci ha detto in modo sornione: “Il trucco è quello di lasciarmi parlare, come sostengono alcuni studenti nelle chat!” al che abbiamo riso di gusto.

 
La preparazione all’esame

Alla vigilia dell’esame ero molto meno di buonumore, mi sembrava di avere il solito gran minestrone in testa, e ogni volta penso di esordire con: “Guardi, non mi chieda niente perché non-so-niente.” Avevo già crivellato i testi con le mie note a margine, mi sono fatta i soliti schemi sugli argomenti difficili come per esempio l’evoluzione nella costruzioni delle navi nel periodo (dalla galera da guerra alla galeazza, dalla galeotta al vascello oceanico, dalla fregata al vascello a vapore alla fine dell’età moderna… ) o gli elementi dell’architettura bastionata (scarpa, controscarpa, rivellino, cappello del prete, torrione…) e chi più ne ha più ne metta.

Ho osservato ancora le fisionomie nei ritratti d’epoca onde memorizzare i nomi delle casate, che so, durante le guerre di religione in Francia dove erano tutti contro tutti (Montmorency, Coligny, Borbone…, politiques, monarcomachi, ugonotti, ultracattolici), e però questi visi sono tutti uguali con la barbetta e il cappellino con la piuma, o al massimo la gorgiera come potete vedere da voi stessi. Anzi, chi di voi riesce a capire chi sono questi signori senza imbrogliare, e mettendosi la mano sul cuore, riceverà in premio l’iscrizione alla mia Newsletter e i racconti omaggio

 

Ho cercato di collegare le varie battaglie con gli accordi di pace tramite alcuni espedienti, e memorizzare le maledette date che non vogliono saperne di entrarmi in testa, a parte alcune che spuntano in maniera del tutto inspiegabile. Insomma, tutte strategie che gli studenti, indipendentemente dall’età, conoscono benissimo.

Il giorno dell’esame

Il giorno dell’esame l’appello era stato fissato alle 10:00 del mattino, mentre l’esame vero e proprio sarebbe iniziato alle 10:30. Ero agitatissima, latravo nei confronti di mio marito non appena mi rivolgeva la parola e mi sono affrettata ad accendere non soltanto il pc con il nuovo schermo dotato di webcam incorporata, ma anche il portatile per supplire a eventuali défaillance. Nel frattempo borbottavo “Ma chi me l’ha fatto fare di iscrivermi all’università…”. Il professore è spuntato alle 10:15 dicendo che appunto l’appello vero e proprio sarebbe iniziato dopo un quarto d’ora e di prenderci un caffè. Naturalmente non ho seguito il consiglio di ingurgitare la corroborante bevanda perché, invece di abbaiare al marito, l’avrei proprio morsicato.

All’ora fatidica si è riaffacciato il professore in compagnia di due giovani assistenti. Oltre a Storia dell’Età del Rinascimento c’erano i candidati per Storia della Riforma e della Controriforma. Ha fatto l’appello constatando, come la scorsa volta, che una nutrita turba di studenti si iscrive e poi non si presenta: “Incuto proprio paura, inutile negarlo: c’è un fuggi-fuggi generale!” Comunque io avrei sostenuto l’esame con una giovane e sorridente assistente, e per raggiungere il suo gruppo avrei dovuto usare un codice già fornito.

Esco dal gruppo generale, inserisco il codice nel campo preposto… e il codice non funziona. Comincio ad agitarmi, oltretutto non c’è nemmeno mio figlio che mi potrebbe dare una mano, e dopo vari tentativi rientro nel gruppo generale dove il professore sta conferendo con uno studente. Mi inserisco timidamente e dico: “Mi scusi, professore, ma il codice non funziona”, al che un altro studente interviene dicendo che sta accadendo anche a lui la stessa cosa (dunque non è sempre colpa della sottoscritta, una carampana del tutto inetta con la tecnologia). “Che strani ‘sti codici, ma non vi preoccupate: vi aggiungo io ai due gruppi.”

 

Completate le manovre professorali, non capisco comunque come devo fare ad accedere, ma, mentre mi affanno a entrare e uscire freneticamente da Teams come una mosca impazzita, mi arriva l’invito della giovane assistente che mi precipito ad accettare: si accende un bagliore accecante, compio il salto nell’iperspazio e mi ritrovo catapultata nell’aula virtuale insieme ad altre due studentesse pallide e smarrite come me per l’accelerazione. Comincio ad accendere il primo cero di ringraziamento e prometto che d’ora in poi mi comporterò sempre in modo integerrimo e con grande diligenza.

L’esame su “L’Europa del Cinquecento – Stati e relazioni internazionali” di Alain Tallon

L’assistente ci sorride radiosa e condivide le nostre lamentele su Teams, chiacchierando un po’ con noi per metterci a nostro agio; poi spiega che ci farà tre domande di carattere generale e alcune di approfondimento e domandando alle due ragazze di Riforma e Controriforma di spegnere tutto mentre inizia con il mio esame.

“Mi può spiegare la situazione della penisola italiana prima della discesa di Carlo VIII in Italia?” Orpo, le guerre d’Italia è uno degli argomenti che so meglio, e me le avevano chieste nel mio esame di Storia Moderna, e comincio a illustrare l’argomento parlando con dovizia di particolari, e poi passando a Carlo VIII. “Si ricorda a Firenze chi era quello straordinario personaggio che aveva scalzato i Medici?” Sono proprio fortunata, dato che è uno dei protagonisti del mio primo romanzo. Se fossi una scrittrice famosa un critico letterario direbbe “del periodo giovanile, dove già ci sono ‘in filigrana’ gli argomenti che l’autrice svilupperà appieno nelle opere della maturità”: il frate domenicano Gerolamo Savonarola. Le parlo anche dei “piagnoni”, cioè queste bande di seguaci – una specie di squadra della buoncostume – che giravano per Firenze alla ricerca di dame riccamente vestite onde poterle ammonire e soprattutto depredare.

Molto contenta mi ha detto che poteva bastare, e passa al secondo argomento ovvero la rivolta dei Paesi Bassi sotto Filippo II. Parlo con sufficiente scioltezza, a parte dire Margherita d’Austria invece di Margherita di Parma (dovete sapere che a ogni esame io sbaglio almeno un nome – all’esame di Storia della Stampa avevo detto Andrea Silvio Piccolomini invece di Enea Silvio Piccolomini, e sbaglio sempre le date); però mi ricordo chi era alla testa delle truppe spagnole, persino il nome del cancelliere della governatrice dei Paesi Bassi. Rammento anche il nome del capo degli insorti perché poi aveva il suo bravo soprannome, e i soprannomi sono la gioia di noi studenti: Guglielmo d’Orange il Taciturno (potete vederlo qui nei paraggi). Come Mario Draghi, presidente incaricato, evidentemente blaterava poco ma faceva molti fatti… scusate, ora che li guardo meglio sono due gocce d’acqua!

Come terza domanda mi chiede poi che cosa si intende per “internazionale calvinista”, e il dubbio storiografico dell’autore. Insomma, in totale penso di aver parlato per circa un quarto d’ora, comunque era felicissima, mi ha detto che mi metteva trenta. Ha esclamato: “Spero che abbia studiato altrettanto bene la parte monografica che farà col professore, per poter confermare il voto.” “Speriamo, io ce la metto tutta.” E poi mi ha detto una cosa che mi ricorderò finché campo e cioè: “È una meraviglia ascoltarla parlare.” Mi congedo e, piuttosto commossa, accendo il secondo cero della giornata: oltre a comportarmi bene prometto di non lagnarmi più del destino cinico e baro.

L’esame su “La rivoluzione militare” di Geoffrey Parker, “Guerre ed eserciti nell’età moderna”, “Signori e mercenari” di Michael Mallet

Rientro nel gruppo generale dove il professore sta esaminando un signore all’incirca della mia età che parla dell’articolazione episcopale del calvinismo, e che fa un esame talmente bello e appassionato che riceve trenta e lode (e io sono molto orgogliosa di noi vecchietti d’assalto). È la volta di un altro ragazzo, ma non gli si accende la webcam. “Eh no, non posso farle l’esame in queste condizioni: me la deve risolvere,” lo ammonisce il professore, e dunque passa alla sottoscritta che ormai è tesa come una corda di violino. “Bene, allora che testi ha portato?” Medita un po’, poi mi chiede di parlare del dibattito storiografico sulla rivoluzione militare, comincio a spiegare bene tutta la questione parlando dell’histoire-bataille e della scuola degli annali, e lì sbaglio un altro nome per l’agitazione (invece di dire Marc Bloch dico Michael Bloch, che è una specie di eresia come dire Perito Santo invece di Spirito Santo). Dopo essere stata corretta parlo di Michael Roberts, dell’innovazione nella strategia, del ruolo della fanteria, del fuoco di sbarramento del re svedese Gustavo Adolfo, e poi passo a parlare di Geoffrey Parker e dell’architettura bastionata e della fortezza stellata.

Dopo aver dispiegato la mia eloquenza per dieci minuti, mi ferma e passa al secondo testo chiedendomi l’impatto del “militare” e del “paramilitare” nella società di antico regime. Temo di non aver interpretato bene la domanda, ma il vantaggio è che Storia non è come Analisi Matematica; e, a meno che non si vada proprio off topic parlando degli Etruschi quando devi parlare degli Asburgo, di solito hai una certa libertà di, ehm, manovra. Mentre parlo mi osserva pensieroso e fuma una sigaretta, mentre alle sue spalle scaffali di meravigliosi libri, e persino il ritratto di un principe rinascimentale, si allineano e sembrano osservarmi con aria amichevole.

Sto per enumerare altri ruoli del paramilitare, al che dice che può bastare e passiamo al terzo testo, “Signori e mercenari”. Io avrei voluto comprare “Il sacco di Roma”, ma all’epoca non era disponibile, così era stato una specie di ripiego. È interessante, ma ci sono moltissimi nomi tra compagnie di ventura, condottieri etc. ed è difficile da memorizzare. In pratica è quello che temo di più. Mi chiede la differenza tra sforzeschi e bracceschi, parlo un po’ anche di Francesco Sforza che ha scalzato la Repubblica Ambrosiana, al che si sporge e mi chiede a bruciapelo: “Quando?” Mi faccio ripetere la domanda, e sbaglio clamorosamente la data dicendo fine Quattrocento anziché 1450. Beh, insomma, in fondo si tratta soltanto di cinquant’anni, che volete che sia, comunque io e le date non andiamo proprio d’accordo! Mi ricordo vagamente che Braccio da Montone opera a Perugia, e azzardo nel dire la città, cosa che per fortuna è giusta…

Alla fine però dopo il solito quarto d’ora totale mi ferma e dice anche lui che va molto bene. “Lei ha fatto un bell’esame, e mi complimento soprattutto per la grande proprietà di linguaggio che ha usato.” Borbotta: “Di solito quando si chiede ai ragazzi di parlare argomenti come la guerra sembra che giochino con i soldatini.” Mi conferma il trenta, e mi dice con un sorriso sornione: “Mi raccomando, si faccia vedere da queste parti! Non ci abbandoni.”

Ebbene, ecco il voto finale con alcune immagini di questo fatidico periodo! Il Rinascimento – quello vero e non quello che sostiene un certo politico nostrano elogiando despoti che deportano popolazioni per occupare i loro territori e costruire città finte – è questo:

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Per concludere un altro esame è stato fatto, e sono molto sollevata. Soprattutto lo è mio marito che è ancora tutto intero! 😀 Alla prossima con altre novità.