Una delle mie serie tv preferite, di cui ho parlato qui, è The Young Pope, seguita
da The New Pope, di Claudio Sorrentino, un regista che è in grado di spiazzare,
mandare in visibilio e irritare al medesimo tempo. Protagonista di entrambe le
stagioni è Lenny Belardo, un cardinale americano che, tra lo sconcerto
generale, viene eletto al soglio pontificio. La giovane età del nuovo padre
della Chiesa trae in inganno i cardinali, che lo ritengono a torto manipolabile
o, comunque, progressista e aperto. Niente di tutto queste, poiché, come accade
a molti giovani, Pio XIII è molto conservatore e si mostra… più papista del papa.

Ma qui vorrei parlarvi della sigla dove Pio XIII, giovane e
bellissimo, cammina con passo sicuro e lo sguardo fisso dinnanzi a sé, volgendo
il profilo allo spettatore, con le mani dietro la schiena. Durante il suo
incedere, alla parete sfilano una serie di quadri, appesi su una parete rosso
cupo, come pagine che sfilano a mostrare alcuni momenti salienti nella
storia della Chiesa.

L’elemento che collega questi quadri è la stella cometa che
percorre il cielo notturno, partendo dalla nascita di Cristo, attraversa la
seconda opera, e poi via via, solcando il cielo delle composizioni pittoriche, che come una lampada illumina non
soltanto la raffigurazione ma il viso del papa, in un gioco di luci e ombre, e si trasforma in un minaccioso meteorite. 

Su tutto campeggia la musica Alla long the watchtower di Bob
Dylan
nella versione dei Devlin, e che sembra sottolineare con il suo ritmo la
camminata lenta e determinata di Pio XIII. Appena prima di sparire dal nostro
campo visivo, però, il giovane pontefice si volge verso di noi, aggrotta appena
la fronte e poi ci strizza l’occhio, nella tecnica di sfondamento della
cosiddetta “quarta parete” cinematografica dove l’attore si rivolge
direttamente al pubblico.

Presto riprende a camminare, serafico, con un sorriso appena
accennato sulle labbra, mentre alle sue spalle il meteorite va a schiantarsi
contro l’ultima opera, la famosa installazione di Cattelan con Giovanni Paolo
II. La sigla di questa prima stagione ha attirato la mia attenzione proprio per
la carrellata di opere proposte che ho cercato di individuare, incuriosita al
massimo nella mia veste di ricercatrice iconografica e di appassionata di
storia. Tra l’altro, come sa chi mi sta seguendo, ho sostenuto di recente
l’esame di Storia della Chiesa, quindi sono particolarmente fresca di studio!

Non sono riuscita a capire tutte le opere e gli artisti, per
cui ho fatto una ricerca ed ecco che cosa ho scoperto su questa sorta di
bigino”. Qui troverete il link Sky per osservare la sigla (oppure qui trovate il link a Youtube), che potete
osservare e fermare leggendo quanto segue.

Il primo quadro è una splendida opera del pittore olandese Gerrit van Honthorst, L’Adorazione dei pastori (1619-1620), che mostra il Bambin Gesù come una vera e propria fonte di luce che si rifrange sui visi della
Madonna, di Giuseppe e dei pastori. La
Madonna sta scostando il lenzuolo e rivelando al mondo il Salvatore. L’effetto
luminoso è straordinario, e raggiunge gli angioletti che sembrano uscire da una
porta aperta nella sommità celeste per affannarsi verso il basso, come se
fossero in ritardo per un appuntamento. Il primo angioletto ha l’aria
intenerita e stupita mentre osserva il Bambino che è quasi un suo coetaneo.
Purtroppo questa opera fu gravemente danneggiata nell’attentato dei Georgofili
del 1993.

Non poteva mancare il passaggio fondamentale per la
costruzione della Chiesa come istituzione, qui per mano del maestro italiano Perugino,
ovvero La consegna delle Chiavi (1481-1482). Scopo della Chiesa, infatti,
è custodire e trasmettere inalterato l’insegnamento del Cristo, via inaggirabile per chiunque voglia conseguire la salvezza. La scena è solenne perché
sottolinea la trasmissione del potere spirituale da Cristo a san Pietro, e si
avvale di una serie di personaggi ritratti in maniera statuaria, dalle pose
pacate e abbigliati con colori molto sobri. Di scenografico effetto è l’edificio
sullo sfondo su cui converge il fuoco prospettico della composizione.

Segue La conversione di san Paolo di Caravaggio (1601-1605
circa), che raffigura il momento folgorante in cui Saulo, persecutore dei
cristiani, viene letteralmente sbalzato di sella dalla luce accecante di Cristo
che gli domanda: “Perché mi perseguiti?”, come viene descritta negli Atti degli
Apostoli. Noi vediamo il momento appena successivo allo sprigionarsi della
visione sulla via di Damasco, e dunque Saulo è colto nella posa di uno che sta
quasi per annegare in un mare di luce, e annaspa con le pupille cieche. È
vestito come un militare romano. Solo testimone dell’accaduto è un vecchio
palafreniere. Il quadro viene occupato quasi interamente dal corpo del cavallo,
al punto che l’occhio vaga, sulle prime, alla ricerca del vero protagonista. Paolo
diverrà poi “l’apostolo dei Gentili”, volgendo la sua predicazione dagli ebrei ai
pagani, e divenendo una delle figure più eminenti per i destini della Chiesa e
della cristianità.

Il concilio di Nicea del 325 è un evento cardine nella storia
della Chiesa in quanto l’imperatore Costantino, preoccupato dal diffondersi di
varie eresie, tra cui quella ariana, convoca e presiede una riunione di vescovi
nella capitale dell’impero, Nicea (oggi in Turchia). Il concilio di Nicea fu
uno dei volumi più impegnativi della mia carriera universitaria: The council of
Nicaea, tutto in inglese con testo greco a fronte.  L’opera è del 2005 ed è di Vlasios Tsotsonis,
e si ispira con chiarezza alle icone bizantine con il suo fondo oro e i
lussuosi abiti dei protagonisti: l’imperatore è vestito alla maniera orientale
ed è circondato dai suoi vescovi. In basso si raggomitola il prete Ario, la cui
dottrina fu dichiarata eretica proprio in occasione del concilio.

Andiamo dritti al sodo con Francesco Hayez e il suo quadro
intitolato Pietro l’Eremita predica la crociata (1827-1829). Siamo per la
precisione all’epoca della prima crociata nel 1095, anche se l’opera ha il
sapore risorgimentale dei quadri di Hayez. Questa crociata precedette quella “dei
baroni” e viene detta anche “crociata dei poveri” in quanto questo monaco
radunò attorno a sé una quantità eterogenea di persone (poveri, preti, monaci,
donne, soldati, signori) e si mosse prima della crociata ufficiale. Questa
massa di persone si mosse da Amiens attraversando l’Europa e compiendo ogni
sorta di massacri al suo passaggio. Vennero però colti di sorpresa dai turchi a
Civetot: coloro che rinunciavano a Cristo convertendosi all’Islam vennero
deportati, gli altri trucidati sul posto.

Le Stimmate di san Francesco è un dipinto a
tempera e oro su tavola di Gentile da Fabriano del 1420 circa. Anche qui l’elemento
connotativo è il fuoco, che dal serafino si sprigiona sul santo inginocchiato e
lo trapassa ai mani e ai piedi come nella passione del Signore. Sullo sfondo è
una montagna molto scabra con pochi arbusti, mentre frate Leone, uno dei
compagni di Francesco, si copre gli occhi con la mano. Nonostante la
composizione sia classica, è molto bella per l’effetto luminoso, il fondo oro, il
realismo con cui è dipinto il santo, e la natura circostante di tipo invece
quasi fiabesco.

L’elemosina di san Tommaso di Villanova (1660 circa) di
Matteo Cerezo è uno dei quadri che più mi ha incuriosito perché non l’avevo mai
visto e non conoscevo questo santo. Si tratta di un vescovo e un santo spagnolo
vissuto tra il Quattrocento e il Cinquecento, che si prodigava specialmente a
favore dei bambini abbandonati per cui aprì un centro. Ho letto che spese tutte
le sue ricchezze per aiutare i più bisognosi. Il quadro è comunque tipicamente seicentesco. Nel video, osservate come la luce del meteorite illumini i
poveri che si affollano attorno al santo.

Nell’opera di Domenico Crespi detto il Passignano,
Michelangelo dona a Paolo IV il modello della Basilica di San Pietro 
(1618-1619),
possiamo osservare un altro momento di massimo fulgore della Chiesa con la
ripresa della figura del papa e uno degli architetti più importanti di tutti i
tempi. I gesti misurati dei personaggi e le tinte fredde con sui sono ritratti
sono accesi da momenti di colore rosso, che culminano nel parasole rosso
inclinato sulla destra a ombreggiare il Santo Padre. Papa Pio IV fu uno dei
pontefici più intransigenti e spietati della Chiesa, noto per aver innalzato
l’Inquisizione a organo di governo della Chiesa. Scatenò una violenta
repressione dottrinale nel tentativo di estirpare l’eresia luterana, che portò
a molti processi e fece molte vittime illustri. Uno degli episodi più
raccapriccianti e atroci vide Pomponio Algeri, studente dell’università di
Padova, estradato, accusato di eresia e bollito vivo in una caldaia d’olio
bollente, pece e trementina. Potrei continuare, ma penso che vi siate fatti un’idea…

La notte di san Bartolomeo (1572-1584 circa) di François
Dubois
raffigura la strage compiuta a Parigi di cui furono vittime migliaia di
ugonotti (o protestanti) a opera della fazione cattolica, giunti per le nozze
di Enrico di Navarra con Margherita di Valois. Siamo nel pieno delle guerre di
religione che insanguinarono a più riprese la Francia del Cinquecento, e siamo
anche al penultimo quadro mostrato nella sigla. Ormai non c’è più
traccia della bella e luminosa nascita del Salvatore, dell’atmosfera di gioia
della Natività, ma vi sono soltanto stragi, terrore e potere…. Questo, almeno,
vuole dirci la sigla geniale di The Young Pope.

A conclusione il meteorite si abbatte con tutta la sua forza sul papa ne
La nona ora (1999) di Maurizio Cattelan, quasi a esprimere la collera
divina nei confronti della “sua” istituzione e del suo massimo rappresentante. Quest’opera suscitò molto clamore
all’epoca anche perché raffigurava un papa ancora vivente, Giovanni Paolo II, e
fu intesa come poco rispettosa nei suoi confronti. Se Cattelan fosse vissuto ai
tempo di Pio IV non l’avrebbe certamente passata liscia! Una curiosità sul
titolo: la “nona ora” è una scansione liturgica del tempo e corrisponde alle
tre del pomeriggio.

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Conoscete questa serie tv e la sigla che la accompagna? Quali sono secondo voi le sigle delle serie tv più belle?

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Fonte immagini: Wikipedia e web