Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich (1818) Hamburger Kunsthalle, Amburgo |
O Captain! My Captain!
O Captain! My Captain! our fearful trip is done;
The ship has weather’d every rack, the prize we sought is won;
The port is near, the bells I hear, the people all exulting,
But O heart! heart! heart!
O the bleeding drops of red,
Where on the deck my Captain lies,
Fallen cold and dead.
O Captain! My Captain! rise up and hear the bells;
Rise up—for you the flag is flung—for you the bugle trills;
For you bouquets and ribbon’d wreaths—for you the shores a-crowding;
Here captain! dear father!
This arm beneath your head;
It is some dream that on the deck,
You’ve fallen cold and dead.
My Captain does not answer, his lips are pale and still;
My father does not feel my arm, he has no pulse nor will;
The ship is anchor’d safe and sound, its voyage closed and done;
From fearful trip, the victor ship, comes in with object won;
Exult, O shores, and ring, O bells!
But I, with mournful tread,
Walk the deck my captain lies,
Fallen cold and dead.
O Capitano! mio Capitano!
O Capitano! mio Capitano! il nostro viaggio tremendo è finito;
la nave ha superato ogni tempesta, l’ambìto premio è vinto;
il porto è vicino, odo le campane, il popolo è esultante,
ma o cuore! cuore! cuore!
o rosse gocce sanguinanti sul ponte,
dove è disteso il mio Capitano,
caduto, morto, freddato.
O Capitano! mio Capitano! alzati e ascolta le campane;
alzati — svetta per te la bandiera — trilla per te la tromba, per te
i mazzi di fiori, le ghirlande coi nastri, le rive nere di folla,
Qua Capitano! padre amato!
questo braccio sotto il tuo capo!
è un puro sogno che sul ponte
Cadesti morto, freddato.
Ma non risponde il mio Capitano, immobili e bianche le sue labbra;
mio padre non sente il mio braccio, non ha più polso e volere;
la nave è ancorata sana e salva, il viaggio è finito;
Torna dal viaggio tremendo col premio vinto la nave;
Rive esultate, e voi squillate, campane!
Io con passo angosciato cammino sul ponte
dove è disteso l mio Capitano,
caduto, morto, freddato.
Walter Whitman, noto come Walt Whitman (West Hills, 31 maggio 1819 – Camden, 26 marzo 1892), è stato un poeta, scrittore e giornalista statunitense. Considerato il padre della poesia americana, è stato il primo poeta moderno ad utilizzare comunemente il verso libero, di cui è considerato in un certo senso l’inventore. La sua opera più famosa, la raccolta poetica Foglie d’erba, pubblicata in diverse edizioni a partire dal 1855, è considerata un classico della letteratura, così come la sua celeberrima poesia O capitano! Mio capitano! La poesia fu scritta dopo la morte del presidente degli Stati Uniti Abraham Lincoln, avvenuta il 15 aprile 1865, e pubblicata per la prima volta nell’ottobre dello stesso anno nell’opuscolo Sequel to Drum-Taps.
Fu cantore della democrazia, della libertà e di un ideale visionario che pone l’uomo come momento centrale rispetto al senso di percezione e comprensione delle cose. Cantò, soprattutto, l’essenza di quello che diventerà successivamente il «sogno americano».
Sempre bravo Friedrich, mi piace molto. Bella anche la poesia di Whitman, anche se soffro un po' i toni così drammatici, senza misura.
Frierich ha dipinto opere spettacolari, di un'intensità senza precedenti. Mi piacciono molto anche i suoi quadri con rovine gotiche.
Walt Whitman era un vero "personaggio"! 🙂
Anche stavolta hai puntato sul sicuro. Friedrich è uno dei miei pittori preferiti, e di Whitman ho letto quasi tutte le poesie all'epoca in cui frequentavo l'università. Nello specifico "Il viandante nel mare di nebbia" è uno dei quadri che preferisco. Tra le poesie di Whitman invece ne preferisco altre, in particolare "Out of the cradle endlessly rocking".
Con le opere di Friedrich non c'è tema di sbagliare, in effetti. Danno proprio il "mood" di un periodo artistico e letterario.
Per quanto riguarda la poesia di Whitman che citi, ne riporto i primi versi:
Out of the cradle endlessly rocking,
Out of the mocking-bird’s throat, the musical shuttle,
Out of the Ninth-month midnight,
Over the sterile sands and the fields beyond, where the child leaving his bed wander’d alone, bareheaded, barefoot,
Down from the shower’d halo,
Up from the mystic play of shadows twining and twisting as if they were alive,
Out from the patches of briers and blackberries,
From the memories of the bird that chanted to me,
From your memories sad brother, from the fitful risings and fallings I heard,
From under that yellow half-moon late-risen and swollen as if with tears,
From those beginning notes of yearning and love there in the mist,
From the thousand responses of my heart never to cease,
From the myriad thence-arous’d words,
From the word stronger and more delicious than any,
From such as now they start the scene revisiting,
As a flock, twittering, rising, or overhead passing,
Borne hither, ere all eludes me, hurriedly,
A man, yet by these tears a little boy again,
Throwing myself on the sand, confronting the waves,
I, chanter of pains and joys, uniter of here and hereafter,
Taking all hints to use them, but swiftly leaping beyond them,
A reminiscence sing.
…
Che bella.
Bella davvero, ha una potenza straordinaria.
É una poesia triste ma mi piace per il modo in cui cerca di spiegare che purtroppo bisogna accettare anche la perdita come una parte inevitabile dell'esistenza.
Penso che questa riflessione sul senso della perdita sia più che mai attuale.
Quel dipinto è uno dei miei preferiti, l'avevo anche utilizzato in uno dei Viaggi Multimodali più personali.
La poesia di Whitman la conoscevo, però pensa che non l'avevo mai letto.
Davvero stupendo il quadro di Friedrich.
Questa poesia di Whitman è diventata famosa, almeno da noi, dopo il film "L'attimo fuggente". Probabilmente Whitman negli Stati Uniti è inserito nei testi come autore da studiare a livello scolastico, o quantomeno accademico.
Forse saprai che da quando ho portato in scena una mia versione de L'attimo fuggente, chiamata Foglie d'erba, questa poesia è entrata ufficialmente nel mio immaginario più caro.
Mi ricordavo bene del tuo bellissimo spettacolo. Ci sono poesie che lasciano il segno, non parliamo di quando fanno parte del nostro vissuto.