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Krishna and Radha, ca 1750,
Opaque watercolor and gold on cotton |
Dimmi se questo è vero, amore mio…
Dimmi se questo è vero, amore mio,
dimmi se questo è tutto vero.
Quando questi occhi scagliano i loro lampi
le oscure nubi nel tuo petto
danno risposte tempestose.
È vero che le mie labbra son dolci
come il boccio del primo amore?
Che le memorie di mesi svaniti
di maggio indugiano nelle mie membra?
Che la terra, come un’arpa, vibra
di canzoni al tocco dei miei piedi?
È poi vero che gocce di rugiada
cadono dagli occhi della notte
al mio apparire e la luce del giorno
è felice quando avvolge il mio corpo?
È vero, è vero che il tuo amore viaggiò
per ere e mondi in cerca di me?
Che quando finalmente mi trovasti
il tuo secolare desiderio
trovò una pace perfetta
nel mio gentile parlare
nei miei occhi e nelle mie labbra
e nei miei capelli fluenti?
E dimmi infine se è proprio vero
che il mistero dell’infinito
è scritto sulla mia piccola fronte.
Dimmi, amor mio, se tutto questo è vero.
Rabindranath Tagore, poeta, drammaturgo, musicista e filosofo indiano (Calcutta 1861 – Śānti Niketan, Bolpur, 1941). Considerato una delle figure più rappresentative dell’India moderna, si fece portavoce di un messaggio di
armonia universale che valica i confini tra etnie e popoli. Tra le sue opere più note
Gītāñjali (1912; trad. it.
Gitanjali. Offerta di canti, 1914), e
Śiśu (“
Il bambino“, 1913). Nel 1913 ricevette il premio
Nobel per la letteratura.
Partendo dalla contemplazione della Natura, Tagore giunge ad una concezione monistica, al credo nell’Assoluto, l’Uno onnivadente che si trova nell’immensità dei cieli, nella varietà della natura, nella profondità della coscienza, come espresso anche dai testi filosofico-religiosi Upanishad. La visione cosmica di Tagore si configura nell’oscillazione tipicamente indiana fra panteismo e teismo, nella ricerca di Dio e nell’accettazione della vita in ogni suo aspetto. Tagore è sempre colpito dallo spettacolo della natura, sia essa benevola o in trepidante attesa dell’imminente monsone, o sconvolta dal “cupo amore” delle nubi, per cui “geme la foresta / e trema il fiore” (Gitanjali, 35). E il Sole nel cielo appare al poeta come l’immagine della potenza cosmica: “Al Sole / generatore del mondo, / nella cui gloriosa luce / l’uomo primieramente vide la verace forma di Dio”. Per il poeta ogni creatura vale in quanto è tale, senza le inique distinzioni di casta o di classe.
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Fonti testo: Wikipedia+Treccani per la biografia
Fonti immagini: Wikipedia per la foto del poeta
Tagore! Devo ancora leggerlo, e questo può essere un buon momento. Bel connubio anche oggi, cara Cristina, particolarmente nelle mie corde. 🙂
Sai che ho pensato proprio a te nello scegliere Tagore e questa poesia? 🙂 Mi sono detta: "Questo poeta piacerà senz'altro a Grazia!" Anche i temi relativi alla natura ti si addicono molto. Io ho in casa una vecchia raccolta di poesie d'amore di molti anni fa.
Grazie per queste belle poesie che posti e divagano un poco la giornata!
Grazie a te, Michela, per il commento ed essere passata da queste parti. 🙂
Tagore è un classico che però non ho ancora letto, la poesia che tu hai scelto è bella, comunque so che la sua produzione è molto vasta, forse un giorno scatterà l'alchimia anche per me, chissà.
In poesia e in arte c'è solo l'imbarazzo della scelta, possiamo sbizzarrirci a nostro piacimento. 🙂
Ah, qui abbiamo l'eccellenza. Mi piace tutto quello che ho letto di lui. Mi piace questo impigliarsi nei suoi versi dei principi del suo Credo.
Tagore è proprio l'eccellenza. Una sensibilità che trascende quella della sua nazionalità, strettamente intesa, una visione davvero universale.