Il Bolscevico di Boris Kustodiev (1920) Galleria Tret’jakov |
La nostra marcia
Battete in piazza il calpestio delle rivolte!
In alto, catena di teste superbe!
Con la piena d’un nuovo diluvio
laveremo le città dei mondi.
Il toro dei giorni è screziato.
Il carro degli anni è lento.
Il nostro dio è la corsa.
Il cuore è il nostro tamburo.
Che c’è di più celeste del nostro oro?
Ci pungerà la vespa d’un proiettile?
Nostre armi sono le nostre canzoni.
Nostro oro le voci squillanti.
Prato, distenditi verde,
copri il fondo dei giorni.
Arcobaleno, da’ un arco
ai cavalli veloci degli anni.
Vedete, il cielo s’annoia delle stelle!
Senza di lui intrecciamo i nostri canti.
Ehi, Orsa maggiore, esigi
che ci assumano in cielo da vivi!
Bevi le gioie! Canta!
Nelle vene la primavera è diffusa.
Cuore, batti la battaglia!
Il nostro petto è rame di timballi.
Vladímir Vladímirovič Majakóvskij (Bagdati, 7 luglio 1893 – Mosca, 14 aprile 1930) è stato un poeta, scrittore, drammaturgo, regista teatrale, attore, artista, pittore, grafico e giornalista sovietico, cantore della rivoluzione d’ottobre e maggior interprete del nuovo corso intrapreso dalla cultura russa post-rivoluzionaria.
Con il poema 150.000.000, in cui «i versi sono le parole d’ordine, i comizi, le grida della folla… l’azione è il movimento della folla, l’urto delle classi, la lotta delle idee…» e con il dramma, Mistero buffo Majakovskij descrisse quanto di grande e di comico ci fosse nella rivoluzione. In questa luce vanno considerate le opere di Majakovskij, dai poemi di propaganda proletaria come Bene! e Lenin, alle commedie come La cimice e Il bagno, espressioni critiche del mondo piccolo-borghese e dei problemi della realtà quotidiana. L’ultima opera di Majakovskij, uno dei punti più alti della sua poesia, è il prologo di un poema incompiuto, A piena voce, del 1930, che potrebbe quasi dirsi il suo testamento spirituale.
In quegli anni fu il simbolo di tutto ciò che v’era di moderno e di audace nell’arte sovietica. La campagna condotta contro di lui dalla critica di partito, le delusioni politiche e motivi amorosi lo spinsero al suicidio.
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Di Majakóvskij avevo letto qualcosa nell'antologia scolastica (non questa poesia però, che non conoscevo).
Nelle sue poesie c'è effettivamente un entusiasmo straordinario verso un'ideologia che promette di creare una società più giusta. A fronte di un'adesione così totale, quasi inevitabile la delusione più nera nel momento in cui questi rivoluzionari ai quali lui aveva dato tutto il suo sostegno, lo hanno trattato quasi come un nemico di cui sbarazzarsi.
Lo ammetto, non conoscevo Majakóvskij se non per sentito dire, e come cantore della rivoluzione d'ottobre. L'avevo poi studiato nella sezione delle arti figurative e letterarie nel volume sulla rivoluzione russa che avevo portato all'esame di Storia contemporanea. La sua esistenza mi ricorda per molti versi il destino di alcuni rivoluzionari francesi, che dopo gli entusiasmi iniziali furono divorati dalla rivoluzione stessa.
Majakovskij ha una sua potenza. Se a scuola me lo hanno fatto conoscere, il mio cervello deve averlo scaricato. Il connubio con il quadro è ottimo. 🙂
Come scrivevo ad Ariano, io lo conoscevo solo molto blandamente. I suoi versi sono in effetti un vero scorcio di epoca, mi ricordano anche certi film di Ėjzenštejn.
Per quanto riguarda l'abbinamento col quadro, sono stata fortunata. 🙂