… ovvero, come rovinare uno straordinario romanzo storico con un centinaio di pagine che descrivono l’erotismo con specifici dettagli a livello anatomico, che mi hanno fatto passare dal riso alla noia. La delusione che mi ha lasciato Il cavaliere d’inverno di Paullina Simons, infatti, è ancora cocente nonostante io abbia letto l’opera prima dell’estate.

Di solito non mi piace sparare a zero sugli altri autori, anche se ho meno remore quando si tratta di un romanzo che ha venduto per cifre da capogiro. So anche che mi attirerò gli anatemi degli estimatori del romanzo, che sono parecchi, ma non posso esimermi dal manifestare a voce alta il mio disappunto.

Vorrei anche intavolare con voi un dibattito su quante scene di sesso sia opportuno inserire nei romanzi. Ma andiamo con ordine, perché la carne, ehm, al fuoco è tanta.

Il cavaliere d’inverno di Paullina Simmons

 Il cavaliere d’inverno è un romanzo storico uscito nel 2000 ed è ambientato nella Leningrado dell’epoca staliniana. Il titolo richiama il passaggio di un poema del romanziere e poeta Puškin con riferimento alla scultura equestre del Cavaliere di Bronzo che rappresenta Pietro il Grande. La leggenda vuole che San Pietroburgo non sarà presa dai nemici finché la statua rimarrà al suo posto. La storia si occupa di un periodo particolarmente drammatico della storia russa, in quanto si sta preparando l’invasione tedesca, la cosiddetta operazione Barbarossa, e si concentra sulla storia della famiglia Metanov. Ecco la trama dalla quarta di copertina:

Leningrado, 1941. Il conflitto che sconvolge l’Europa sembra lontanissimo da questa maestosa città ormai in decadenza, dove gli splendidi palazzi e i grandiosi boulevard testimoniano di un passato glorioso, quando lo zar Pietro I il Grande l’aveva voluta chiamare San Pietroburgo. Ma le sorelle Tatiana e Dasha Metanova dividono un’unica stanza con i genitori, i nonni e il fratello… questa è la dura realtà della Russia di Stalin. Realtà che, tuttavia, sembrerà bella come un sogno non appena Hitler invade la nazione e comincia a stringere d’assedio la città. In questo scenario -che la guerra rende precario e privo di certezze- si incontrano la giovane Tatiana e Alexander, un ufficiale dell’Armata Rossa ben diverso dalla maggior parte degli uomini russi: sicuro di sé al punto da sembrare sfrontato, e con uno strano accento che nasconde forse un passato misterioso. Mentre un implacabile inverno e l’esercito tedesco riducono giorno dopo giorno Leningrado in ginocchio, i Metanov sono costretti ad adottare misure sempre più disperate per sopravvivere. Tra un bombardamento e l’altro, con il cibo che scarseggia fino a diventare un ricordo cui aggrapparsi per placare i morsi della fame, Tatiana e Alexander sono inesorabilmente attratti l’una verso l’altro. Ma il loro è un amore impossibile, che porterebbe la disperazione nella famiglia di lei e rischierebbe di rivelare l’inconfessabile segreto di Alexander, un segreto che potrebbe distruggerlo… 

L’assedio di Leningrado

La prima parte è tutta ambientata a Leningrado (San Pietroburgo), ed è semplicemente superba. Si tocca con mano la grande sicurezza dell’autrice nell’invitarci ad amare una città sontuosa, nel guidarci con mano ferma nella storia di queste persone comuni, il che sottintende una grande ricerca e un’ampia documentazione, oltre allo sfoggio di un’abilità narrativa notevole. L’autrice ha trascorso la sua infanzia in Russia, vivendo in due stanze in un appartamento comune; e nel 1968 il padre era stato incarcerato e mandato in un gulag.

Paullina Simons ci trasmette il senso di freddo e desolazione che attanaglia i protagonisti, ci fa vedere lo squallore dell’appartamento, ci fa provare la paura delle bombe, e la fame che, in città, porta a perpetrare atti di omicidio e cannibalismo. Disorientati, si cammina per le strade sempre più vuote e pericolose di Leningrado, ci si apposta sui tetti dell’abitazione dove vive la famiglia, esposti ai bombardamenti, si fa la fila per ricevere il cibo razionato. Le dinamiche famigliari si fanno sempre più sofferte e incontrollate. Ci si emoziona per le sventure dei personaggi, in primis la coppia Tatiana-Alexander, la prima continuamente vessata in famiglia, il secondo che nasconde un segreto indicibile e che lo espone ai ricatti di un suo commilitone. Questi personaggi potrebbero non risultare del tutto simpatici o credibili, e a me non hanno convinto fino in fondo; ma il mestiere c’è, ed è solido.

Una coppia assatanata

E poi arriva la parte incriminata. Quanto sto per narrare contiene degli spoiler, per cui lo segnalerò in maniera opportuna:

INIZIO SPOILER
La parte precedente si conclude con la morte di quasi tutta la famiglia Metanov, tra cui Dasha, e con la fuga di Tatiana da Leningrado assediata, mentre Alexander è mandato al fronte. Assistiamo alla separazione dei due innamorati in attesa che arrivino tempi migliori. Nella terza parte, Alexander, in licenza, raggiunge Tatiana, sfollata in una località di campagna molto a oriente in Russia, Lazarevo. La ragazza è ospite di una famiglia di contadini. Dopo aver chiarito alcuni dilemmi, i due innamorati finalmente si sposano, e inizia la loro luna di miele.
FINE SPOILER

Nel paese di campagna dove Tatiana e Alexander si sono ritrovati, e sposati, la giovane coppia vive per conto proprio in una casetta vicino al fiume dove trascorre la luna di miele approfittando della della licenza di Alexander al fronte. E qui iniziano pagine e pagine di sesso con descrizioni anatomiche pressoché continuate dove lui la penetra con maschio vigore, lei sospira continuamente e lo chiama con il nomignolo di Shura, lei prepara il tortino di cavolo, lui le tira giù le mutande, loro copulano come ricci, lei fa una torta di mirtilli, poi vanno a fare il bagno del fiume dove continuano a copulare, loro hanno sempre voglia, lui emerge dal fiume e spacca la legna per il camino, lei ammira la grandezza del suo membro e l’ampiezza del suo torace… E poi ricominciano, imperterriti.

Vi assicuro che, dopo un bel po’, ho controllato quando durasse la faccenda e ho cominciato a saltare le pagine, cosa che non faccio mai: non avrebbe comunque inficiato la comprensione della trama! Ogni tanto ridevo davvero a crepapelle, ma spesso mi annoiavo a morte. Per fortuna nell’ultima parte si rientra nei ranghi, e il tutto si conclude in modo più che dignitoso. Tuttavia lo spreco di pagine e di tempo del lettore è ormai avvenuto, e resta un’impressione fastidiosa, come di una partitura stonata in un insieme molto riuscito. Addirittura avevo l’impressione che questo blocco fosse stato scritto da una mano diversa.

Il sesso nei romanzi

A mio parere il sesso nei romanzi è come una spezia piccante: metterne poco è allettante, metterne troppo sciupa tutto, e risulta indigesto. Peggio, fa sghignazzare. Premetto che non sono una bacchettona, e che ho letto di tutto, anche dei romanzi erotici. Nel mio romanzo Le regine di Gerusalemme ho scritto delle scene di sesso.

Ho preparato dunque una serie di riflessioni che vorrei condividere con voi:

1. Le scene di sesso vanno benissimo, siamo tutti adulti e vaccinati; ma devono essere funzionali alla trama. Devono essere quasi inaspettate, o lungamente preparate: se ne aumenta la bellezza e l’intensità.

2. Non devono essere una di seguito all’altra, ma devono essere intervallate con altre scene, in modo che il lettore possa tirare il fiato. Altrimenti si ha la sensazione di aver fatto indigestione.

3. Meglio accennare, e lasciar lavorare la fantasia del lettore su quanto sta succedendo dietro la porta della camera da letto. Per il lettore è molto più gratificante!

4. Come sempre, lasciar intravedere è molto più sensuale che descrivere tutto quanto. Considero la scena cinematografica ne L’età dell’innocenza dove lui le slaccia il guanto in carrozza, e le bacia il polso, di un erotismo incredibile. Il “non detto” è come l’antipasto di più succulente libagioni.

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E voi che cosa ne pensate delle scene di sesso nei romanzi? Ne scrivete, e come le “maneggiate”? 

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Fonti immagini:

  • Sciocco che ride, dipinto olandese del 1500 ca. – Wikipedia
  • Copertina del romanzo: web