Siamo arrivati in fondo alla nostra breve carrellata sui cattivi, che spero vi sia piaciuta. In fondo al post vi farò poi notare una particolarità della mia galleria, che alcuni avranno già colto. Riassumendo, nel primo post (qui il link) vi ho presentato Long John Silver, James Steerforth e Annie Wilkes, nel secondo post (qui il link) mi sono occupata di Don Rodrigo, Iago e Milady.

Questo terzo e ultimo post contiene un aforisma di Paul-Jean Toulet, poeta francese ed esponente del Simbolismo minore ed è particolarmente calzante per presentarvi il primo personaggio dell’articolo.


7. James Durrisdeer in Il master di Ballantraela storia di Caino e Abele 

Ma lo sbarco ebbe luogo con sveltezza; e, ben presto, il bagaglio fu gettato a terra alla rinfusa, l’imbarcazione prese la via del ritorno al trabaccolo, e sulla punta rocciosa rimase soltanto il passeggero: un alto e snello gentiluomo vestito di nero, la spada al fianco e una mazza da passeggio allacciata al posto.

Ecco il brano che descrive il primo incontro tra James Durrisdeer ovvero il signore di Ballantrae, di fronte all’attonito Mackellar, l’intendente della casata dei Durrisdeer e il narratore della storia. Potete vedere raffigurata la scena qui, in un’incisione di William Brassey Hole del 1889.

Il romanzo da cui scaturisce il nostro “cattivo” è Il master di Ballantrae di Robert Louis Stevenson, pubblicato nel 1888, meno noto al pubblico rispetto ad altre opere dello scrittore, e che tuttavia ha i crismi di un autentico capolavoro. Se amate la bella letteratura dell’Ottocento, quella dalla scrittura formidabile e complessa, ma tagliente come un rasoio, e le storie famigliari grondanti odio e vendetta, ve lo consiglio vivamente. La trama del libro ruota intorno al conflitto fra due fratelli, James e Henry, nobili scozzesi, che vivono gli eventi storici originati dall’insurrezione giacobita del 1745. Il romanzo è presentato come il libro di memorie di Efraim Mackellar, fidato amministratore della tenuta dei Durrisdeer, e testimone oculare degli avvenimenti nell’arco di circa venti anni.

Il giovane  James Durrisdeer ha ricevuto tutto dalla vita: è bello, ricco, idolatrato dal padre, amato dall’ereditiera Alison Gray e, come primogenito, è destinato a ereditare il titolo, la dimora, i soldi e le terre. Tuttavia, fortificato da una cattiveria ad ampio raggio, è libertino, dissipatore, bugiardo e prepotente, una sorta di opposto di Henry, che invece è mite, parsimonioso e scialbo. Dando nuovo lustro alla storia di Caino e Abele, James si diverte a tormentare il fratello, in un crescendo davvero devastante per le sorti dell’intera famiglia. La singolarità di questo personaggio è che, anche quando non è presente fisicamente, c’è, e grava in modo oscuro e minaccioso, esattamente come il male di cui è impregnato.

Ma… c’è un ulteriore motivo di interesse nella storia, e cioè che il lettore non riesce a parteggiare totalmente per Henry. In altre parole, la vittima non è per nulla simpatica e ogni tanto vien voglia di scrollarla. Anche Henry ha delle zone d’ombra non indifferenti, e finisce per essere contagiato dalla malvagità di James… ma non vi anticipo niente per non rovinarvi la lettura del romanzo!


Lo sceneggiato Rai: Il master di Ballantrae 

Ho scelto lo sceneggiato Rai del 1979 per la regia di Anton Giulio Majano che ho rivisto con grande piacere su Youtube, anche perché questi sceneggiati mi riportano sempre a quando ero bambina. Oltretutto, a parte qualche scena, non me lo ricordavo molto. Potete vedere qui i due fratelli, in una scena dove James (a destra) riesce a far vendere al fratello alcune proprietà anzitempo. James è impersonato da Giuseppe Pambieri, mentre Henry è impersonato da Luigi La Monica. C’è anche Mita Medici nel ruolo di Alison Grey.

8. Švabrin in La figlia del capitano: traditore fino alla fine


Non c’è niente da fare, c’è chi ha il tradimento nel sangue, come se fosse una seconda natura. Un esemplare degno di questa questa risma è Alekséj Ivànyč Švabrin, e lo dimostra con il magistrale e pericolosissimo colpo di coda finale nel romanzo che lo vede in azione: La figlia del capitano dello scrittore russo Puškin. Si tratta di un infido serpente, come si evince dall’espressione di  Ludovico Fremont nella foto sottostante, che lo interpreta nella miniserie del 2012 per la regia di Giacomo Campiotti.

La figlia del capitano è considerato tra i grandi capolavori di Puškin e della letteratura russa. Il romanzo è imperniato sulla storia d’amore del giovane Pëtr Andréevič Grinëv, appartenente a una nobile famiglia e destinato alla carriera militare come sergente nella Guardia imperiale, e la giovane Mar’ja (chiamata spesso col diminutivo Maša), cioè la dolcissima figlia del capitano della fortezza Belogórskaja.

Nonostante la brevità, è anche l’affresco di un’epoca in quanto le vicende dei due giovani si intrecciano strettamente con quelle del cosacco Emel’jan Pugačëv, alla testa di bande di rivoltosi, deciso a portare avanti il suo piano di farsi passare, agli occhi della gente, come lo zar Pietro III, e conquistando una zona dopo l’altra, facendo cadere una fortezza dopo l’altra…

Sì, ma chi è questo Švabrin? Si tratta di un ex ufficiale della Guardia alla fortezza di Orenburg, ora di stanza alla Belogórskaja. Il giovane Grinëv lo crede un amico e, dopo qualche tempo dopo il suo arrivo alla fortezza, gli confida il suo crescente affetto per Maša cui vuole dedicare dei versi. Per tutta risposta Švabrin lo deride per il suo sentimento e insulta la ragazza di cui anche lui è innamorato. Tra i due segue un duello dove Grinëv viene ferito. Maša lo cura e gli rivela di contraccambiare il suo amore, ma il fatto di sangue è anche l’inizio di una crudele inimicizia tra Grinëv e il suo rivale. Ecco il brano dell’alterco tra i due.

Poi mi prese il quaderno e si mise ad analizzare senza pietà la mia canzone, verso per verso e parola per parola, beffandosi di me in modo assai pungente. Non mi contenni e, strappandogli dalle mani il quaderno, gli dissi che mai più in vita mia gli avrei mostrato dei versi. Švabrin rise della mia minaccia.
“Vedremo,” disse, “se manterrai la parola; i poeti hanno bisogno di un pubblico, come Ivàn Kuzmìc’ della sua caraffina di vodka prima di pranzo. E chi è questa Maša, a cui tu confessi la tua tenera passione e le tue pene? Maria Ivànovna, forse?”
“Ciò non ti riguarda,” risposi accigliandomi: “non mi occorrono né la tua opinione né le tue supposizioni.”
“Oh, l’ambizioso poeta e il discreto amante,” continuò Švabrin diventando sempre più mordace. “Ma ascolta il consiglio di un amico: se vuoi avere successo non devo agire con le canzonette.”
“Che cosa significa questo? Ti prego di spiegarti.”
“Figurati! Significa che se vuoi che Maša venga nella tua stanza verso sera, invece di teneri versi regalale un paio di orecchini.”
Il sangue mi ribollì.
“Ma perché hai hai una simile opinione di lei?” chiesi, frenando a stento lo sdegno.
“Perché,” rispose con un sorriso infernale,” conosco per esperienza i suoi costumi e le sue abitudini.”
“Tu menti, mascalzone!” gridai, furioso. “menti in modo spudorato!”


Lo sceneggiato Rai: La figlia del capitano

Anche in questo caso voto per lo sceneggiato Rai del 1965 diretto da Leonardo Cortese, dove Amedeo Nazzari interpreta in maniera strepitosa Pugacév, mentre il protagonista è affidato alla bravura di un giovanissimo Umberto Orsini e Marja Ivanovna è Lucilla Morlacchi.

Il nostro Švabrin ha il volto tormentato di Aldo Giuffré, che qui potete vedere in una scena in interno, intento a servire Amedeo Nazzari.




9. I Thénardier ne I miserabili: la coppia infernale 


I Thénardier, vale a dire paghi per avere un cattivo e ne prendi due. È impossibile, infatti, parlare di uno solo dei Thénardier, e non soltanto per il fatto che si tratta di una coppia di coniugi, e che insieme gestiscono la bettolaSergente di Waterloo“, ma perché agiscono in perfetto affiatamento nell’esercitare la loro cattiveria e nel trarre profitto dalle loro nefande azioni.

L’opera in cui sono presenti è I miserabili, sontuoso romanzo storico di Victor Hugo, pubblicato nel 1862. Suddiviso in 5 volumi, il libro è ambientato in un arco temporale che va dal 1815 al 1832, cioè dalla Francia della Restaurazione post-napoleonica alla rivolta antimonarchica del giugno 1832. L’opera si avvale di una miriade di personaggi, anche se si concentra in particolar modo sulla vita dell’ex galeotto Jean Valjean e sulle sue lotte per la propria redenzione.

A un certo punto del romanzo, i Thénardier accettano di tenere a pigione la figlia di Fantine; quest’ultima è una ragazza madre, che si sta recando a Parigi in cerca di lavoro. Fantine non sospetta per nulla in quali mani abbia lasciato la sua sventurata Cosette, una bimba di tre anni. Victor Hugo provvede a fornire una descrizione piuttosto dettagliata dell’aspetto fisico dei suoi personaggi, com’era d’abitudine nei romanzi dell’epoca. Tuttavia preferisco concentrarmi soprattutto quello che si cela nel loro animo, e qui cedo la parola allo stesso Victor Hugo e alla sua impareggiabile scrittura.
Appartenevano a quella classe bastarda, composta di gente grossolana arricchita e di intelligenti decaduti che sta fra la cosiddetta classe media e la cosiddetta inferiore e riunisce taluni difetti della seconda con quasi tutti i vizi della prima, senza avere lo slancio generoso dell’operaio né l’ordine onesto del borghese. Erano di quelle nature nane che, se qualche fuoco sinistro le riscalda, per caso, diventano facilmente mostruose. V’era nella donna il fondo d’un bruto e nell’uomo quello d’un pezzente; entrambi all’apice di quella specie di lurido progresso che si compie nel senso del male. Esistono anime gamberi, che rinculano continuamente verso le tenebre, e impiegano l’esperienza per aumentare la deformità, peggiorando sempre e impregnandosi ognor più d’infamia. Ebbene quell’uomo e quella donna erano di queste anime.
Fanno venire i brividi, non è vero? Tanto per citare una delle loro malefatte, Thénardier ha partecipato alla battaglia di Waterloo, da qui il nome della bettola, dove si è mosso in mezzo ai cadaveri degli ufficiali e dei soldati per derubarli dei loro orologi e monete da autentico sciacallo… 

Il musical: Les Misérables (2012)

Les Misérables è un film del 2012 diretto da Tom Hooper, basato sull’omonimo musical tratto dal celebre romanzo di Victor Hugo, e a dirvi la verità non l’ho ancora visto. Sacha Baron Cohen e Helena Bonham Carter interpretano i Thénardier, la coppia di avidi truffatori proprietari di una locanda, anche se, a mio parere, come aspetto fisico ci azzeccano poco con i personaggi letterari. Inserisco qui il trailer del musical dove potete averne un’idea e anche “cogliere” i Thénardier protagonisti del mio post.


 

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Siamo proprio alla fine! La particolarità di cui vi parlavo all’inizio è la seguente: in questa carrellata mancano figure celeberrime come Dracula, Mr Hyde, Colui-che-non-deve-essere-nominato, cioè figure horror o fantasy. Credo, infatti, che sia difficile incontrare un vampiro nella vita quotidiana, ma sia molto più frequente imbattersi in figure come James Durrisdeer, o persino Annie Wilkes.


A me fanno più paura figure del genere… voi che ne pensate? E quali sono i cattivi contenuti nei vostri romanzi o racconti?


***

Fonte testi:
Il Master di Ballantrae di Robert Louis Stevenson – Garzanti, traduzione di Giulia Celenza
La figlia del capitano di Puškin – Bompiani, traduzione di Bruno del Re
I Miserabili di Victor Hugo – Garzanti, traduzione di Renato Colantuoni
Wikipedia per alcune parti della trama di romanzi e film

Fonte immagini:



Autoritratto di Francis Bacon (1969), dal web
Il master di Ballantrae, incisione di William Brassey Hole (1889), da Wikipedia
Fotogramma de Il master di Ballantrae, sceneggiato Rai su Youtube
Fotogramma de La figlia del capitano, miniserie televisiva dal web 
Fotogramma de La figlia del capitano, sceneggiato Rai su Youtube
M.me e M.eur Thénardier in una illustrazione di Gustave Brion (1862), da Wikipedia



Che ci fa costui? Scusate, ma quando vedo un rivoluzionario che sventola un tricolore francese, perdo la testa e non posso lasciarmelo scappare! 😉