Avete mai provato l’irresistibile voglia di possedere un oggetto al punto da fare qualsiasi sacrificio per farlo diventare vostro? Un oggetto che rivesta, naturalmente, un alto valore simbolico e non sia soltanto l’ennesimo gadget tecnologico o lo sconto a doppio zero durante il Black Friday. Qualcosa che viene sottratto al pubblico dall’autorità costituita, statale o ecclesiastica che sia, e che perciò moltiplica il suo valore con quest’operazione.
Sto parlando del libro proibito.
Nella nostra società libera e inondata delle offerte più varie, stentiamo a ricordarcelo, ma una volta esisteva la censura, ad esempio sulla corrispondenza. In special modo durante il periodo della guerra, le lettere venivano aperte e lette e, se contenevano indirizzi o altre informazioni riservate, venivano cancellate con un inchiostro coprente che impediva la lettura anche in controluce. Ho diverse lettere di miei familiari scritte dai campi di addestramento militari o dal fronte, e vi assicuro che è impossibile intuire qualcosa sotto quella pennellata di nero. E, un tempo, esisteva il famigerato Indice dei Libri Proibiti, istituito per la prima volta dalla Chiesa cattolica nel 1559 dall’altrettanto famigerato papa Paolo IV Carafa. Dunque, nella Francia pre-rivoluzionaria vi erano delle letture etichettate come “articoli filosofici” e considerate “cattivi libri”.
La denominazione di “articoli filosofici” era una formula convenzionale impiegata nel mondo del commercio librario per indicare un qualsiasi testo proibito. La polizia era al corrente di altri termini: “libri clandestini“, “spezie“, “miserie“. Gli editori e i librai invece preferivano usare un altro gergo colorito: marron (castagna) per libro e marroner (castagnare) per lavorare a un’opera proibita. Distinguere tra libri proibiti o meno non era una questione da poco, perché in alcuni casi i libri sottoposti a sequestro da parte delle autorità venivano restituiti al libraio, ma in altri costituivano un buon motivo per rinchiuderlo alla Bastiglia.
Ma qual era la fonte primaria di commercializzazione dei libri proibiti in Francia? Essi arrivavano dalla vicina Svizzera, e nello specifico dalla Société Typographique de Neuchâtel, una casa editrice e un centro di rivendita all’ingrosso che aveva sede nella cittadina di Neuchâtel, tra il confine francese e quello svizzero e quindi in posizione strategica. Come tutte le imprese commerciali, anche la STN aveva il problema di armonizzare la domanda con l’offerta in un campo altamente rischioso, interpretando gli ordinativi dei clienti, spesso espressi in termini criptici. Essa stessa non stampava in proprio i libri proibiti, ma se li procurava con il sistema dello scambio oppure tramite piccoli stampatori, che rischiavano grosso.
Dunque i librai francesi si servivano di un duplice catalogo, quello dei libri ufficiali e che circolavano liberamente, e quello dei libri clandestini e illegali richiesti dai loro clienti. I libri clandestini erano carissimi, e gli elementi che facevano crescere il prezzo erano la novità, la notorietà dell’autore (pensate a una nuova opera di Voltaire, che era gettonatissimo!), il tipo di carta, se vi erano illustrazioni sconce, se si trattava di un’edizione riveduta e accresciuta. La difficoltà stessa nella filiera distributiva rendeva più alto il prezzo, poiché i libri passavano attraverso molte mani – contrabbandieri, spedizionieri, trasportatori, dettaglianti – prima di raggiungere il lettore.
Se il libraio voleva evitare ogni rischio, doveva rinunciare a introdurre opere illegali tramite i canali commerciali consueti, anche se i libri erano celati con ingegnosi sistemi nelle casse, in mezzo a fascicoli di opere legali. Ingaggiava quindi dei contrabbandieri, o “assicuratori” (assureurs), come erano denominati nell’ambiente. A volte i contrabbandieri assoldavano squadre di portatori che introducevano i libri battendo sentieri segreti ed eludendo le dogane ai confini e le stazioni di ispezione all’interno del regno. In caso di cattura, i portatori rischiavano di essere imbarcati sulle galee, i libri venivano sequestrati e l'”assicuratore” era tenuto a rifondere la perdita. Ma pensate, però, a che cosa non si faceva pur di mettere le mani su un’opera, magari, del marchese de Sade! E, secondo me, sarebbe un ottimo spunto per scrivere un racconto o un romanzo, come Umberto Eco insegna nel suo Il nome della rosa.
Già, ma quali erano i best seller venduti sottobanco o, meglio, sotto il mantello, nella Francia tra il 1769 e il 1789? Nelle statistiche compilate in base agli ordini ricevuti dalla STN, tra i primi dieci abbiamo titoli come L’An 2440 di Mercier, Anecdotes sur Mme la comtesse du Barry, ovvero l’amante di re Luigi XV, attribuito a Pidansat de Mairobert, il materialista Système de la nature d’Holbach, di nuovo Mercier con i suoi Tableau de Paris, mentre Voltaire si attesta soltanto al decimo posto con La Pucelle d’Orléans.
Si trattava di opere sia politiche, perciò considerate pericolose in quanto destabilizzavano l’ordine sociale, sia pornografiche e dunque lesive della morale, anche se spesso erano un misto di oscenità e filosofia. L’opera Anecdotes sur Mme la comtesse du Barry appartiene invece al novero delle cronache scandalose con molti dettagli pruriginosi inventati di sana pianta, ma che comunque davano l’impressione di veridicità e soprattutto consentivano al lettore di sbirciare i segreti delle alcove in un ambiente, quello di corte, altrimenti precluso. E non è un’ipotesi così peregrina che questa letteratura abbia contribuito a indebolire e delegittimare la monarchia francese fino al crollo finale.
In qualunque modo circolassero i libri proibiti, e per quanti sforzi facessero le autorità per reprimere il fenomeno, è certo che la Francia prima della rivoluzione fosse letteralmente inondata di testi “filosofici” di cui i lettori avevano una fame smodata. Come a dire che, di solito, tanto più una cosa viene proibita, anche a livello intellettuale, tanto più diventa desiderabile e appetitosa!
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E voi, quali sono stati i libri proibiti della vostra giovinezza? Quali altri potrebbero costituire altri oscuri oggetti del desiderio?
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Fonte testo:
Libri proibiti – Pornografia, satira e utopia all’origine della Rivoluzione Francese di Robert Darnton
Fonte immagini: web
- Donna che legge una lettera al lume di candela di Jean-Baptiste Santerre
- Donna che legge di Jean-Honoré Fragonard, 1773-76
- Le Lecteur di Hubert Francois Bourguignon Gravelot, 1733–1756
Beh io desideravo libri e fumetti in senso generale. Dovendo proprio scegliere direi i grandi cartonati Disney quando ero bambino e da adolescente una copia de "Il Re in Giallo" di Chambers che ai tempi non era per niente facile da trovare.
Ciao Nick, non dubitavo che i fumetti costituissero un vero oggetto del desiderio per te. Grazie mille del passaggio e buona domenica!
Un post meraviglio che apre finestre su interi mondi: mi sono già fatto un film in testa su uno "spacciatore di libri" prerivoluzionario.
Ho studiato questo argomento per il mio esame di Storia della Stampa, e sai che anch'io mi ero fatta una specie di film mentale come quello che hai pensato tu? Ribadisco che sarebbe un ottimo spunto, almeno per un racconto.
Per molto tempo, da giovane, il mio libro proibito è stato "Birds of America" di Aubudon, nell'edizione facsimile dell'originale, dal prezzo proibitivo. Una volta proposi a una libreria della mia città di vendermelo a rate, ma non ci fu modo…
Immagino bene che libri impreziositi da immagini come quello che menzioni siano proibitivi in tutti i sensi. Acquistarli significa dover aprire un finanziamento, come acquistare una nuova auto…
Beh, essendo io un maschietto ed essendo stato ragazzino in un'epoca in cui non esisteva internet, i miei primi "libri proibiti" sono stati dei fumetti con contenuti, ehm, sconci (in ottima compagnia, perché praticamente all'epoca tutti i ragazzini cercavano di ottenere di nascosto quei fumetti che potevano essere acquistati solo da amici maggiorenni).
Se parliamo di libri "proibiti" nel senso economico del termine, adoro le copie anastatiche dei codici miniati rinascimentali, ma hanno dei prezzi improponibili per le mie tasche…
Posso proprio figurarmi che per i maschietti il massimo della goduria fossero i fumetti sconci. Se ripenso alla mia infanzia e giovinezza, in realtà non ho avuto libri proibiti dai miei genitori… diciamo che, essendo molto curiosa, me li procuravo di nascosto ignorando quale sarebbe stata la loro reazione. Un classico del proibito è "L'amante di lady Chatterley".
Ii desideravo i libri da grandi quelli che leggeva mia madre e mi diceva fossero troppo difficili. Desideravo senza sapere che quel sapore di proibito ne accresceva la bellezza ma in realtà diceva la verità.
Come al solito racconti cose interessantissime e per me inedite.
Il sapore del proibito in fondo è la molla che accresce il valore di qualsiasi cosa, basti pensare al "proibizionismo" americano che alimentava la vendita di alcolici nei locali. Sono contenta che ti sia piaciuto l'argomento, i tuoi commenti sono sempre dei grandi stimoli a continuare. 🙂
Quando ero ragazzina cercavo di leggere i libri che leggeva mia sorella più grande, ma lei mi diceva che non erano adatti alla mia età, io però sono riuscita a leggerli di nascosto. Uno si intitolava Il mio primo uomo (trassero un film con Ornella Muti) era la storia di una donna contesa tra due uomini, il padre e il figlio, direi che è un argomento scabroso anche oggi. Poi c'era un altro libro intitolato L'impero celeste, parlava di una concubina dell'imperatore cinese nella Cina imperiale…Crescendo poi ho letto ben altri libri anche più proibiti.
Penso che avere una sorella o un fratello più grandi ecciti la sfida a violare la proibizione, come avere il classico amico smaliziato. De "L'impero celeste" ho sentito parlare e forse ho persino adocchiato qualche pagina. Per quanto riguarda i libri proibiti, ho letto Miller e Lawrence, e anche "Il delta di Venere" di Anaïs Nin che più che turbarmi mi faceva un po' ridere.
Questa "pruderie" in ambito francese era tipica. 🙂
Sei mai stata a Palazzo Leopardi a Recanati? Nella biblioteca prestigiosissima di questi conti marchigiani c'è una meravigliosa collezione di libri proibiti. Il conte Monaldo aveva chiesto e ottenuto il permesso dalla santa sede e ancora campeggiano su un ampio scaffale con tanto di cartiglio in latino.
Il mio libro proibito in giovinezza è stato L'amante di Lady Chatterley. Lo lessi a 15 anni e non nego di esserne rimasta turbata per le scene esplicite. Ero proprio una pulzella. 🙂
Oh sìsì, avevo visitato la dimora di Leopardi a Recanati. Era l'epoca dell'avanzamento delle idee illuministiche e deiste, e il conte Monaldo era in prima linea a combatterle insieme con esponenti dell'alto clero. E, siccome bisogna conoscere il proprio nemico, occorreva procurarsi i libri proibiti e leggerli.
Anch'io avevo letto alla tua stessa età "L'amante di lady Chatterley". 🙂
"E, secondo me, sarebbe un ottimo spunto per scrivere un racconto o un romanzo"
Arrivi tardi: Fahrenheit 451! 😁
Nella mia giovinezza non ricordo libri proibiti. Ma io sono già di un'epoca dove il proibito erano più certi film. Come oscuri oggetti del desiderio mi verrebbe da dire un libro che desidero intensamente: "Venite ombre, venire simulacri" di R. Matheson, che parla del mondo delle sedute spiritiche. Inizialmente era un racconto appassionantissimo scritto negli anni '70, che Matheson ha finalmente completato in un romanzo prima di morire. Ancora inedito in Italia. Ho persino scritto alla Fanucci per chiedere che lo pubblicassero, ma mi hanno risposto che non sono interessati. Rabbia!
"Fahrenheit 451" è un romanzo meraviglioso. Però anche "Il nome della rosa", che menzionavo nel post, ruota tutto attorno alla lettura di un libro proibito per cui si arriva a uccidere. Mi riferivo proprio alla scrittura di un romanzo o anche un racconto specifico che possa incentrarsi sul traffico di libri dalla Svizzera alla Francia nel Settecento. 🙂
Anche i film proibiti sono una grossa fonte di stimoli. Ricordo lo scalpore suscitato all'epoca sul film di Bertolucci "L'ultimo tango a Parigi" del 1972: i genitori andavano a vederlo nelle sale cinematografiche e ne parlavano, abbassando la voce in presenza di minori. Del resto si trattava dell'Italia della Democrazia Cristiana! Il romanzo di Matheson sembra affascinante, ci sarà senz'altro l'edizione inglese.
Non ho mai nutrito quel genere di desiderio per un libro, ma mi piace pensare a quale emozione potesse essere mettere le mani sul libro tanto faticosamente conquistato, ricorrendo anche a uno… spacciatore. Molto eccitante!
Vero? Pensa che emozione arrivare a possedere un libro del genere, e anche pensare a un luogo dove nasconderlo per evitare il sequestro in occasione di possibili ispezioni! Mi viene da pensare anche a certi generi di letteratura occidentale proibiti nell'Unione Sovietica e nella Cina di Mao.