Potevo stupirvi con effetti speciali, e invece… no, non temete, il caldo non mi ha dato alla testa e sì, siete sempre su Il Manoscritto del Cavaliere. Il fatto è che ho scoperto questo gruppo musicale heavy/power metal svedese, i Sabaton, grazie a un mio giovane amico che mi ha segnalato alcune loro canzoni legate alle battaglie e quindi a fatti storici ben precisi, e la cosa ha suscitato il mio interesse. Dunque vorrei parlarvene.

Non sono per nulla un’amante del metal, e tanto meno delle battaglie – faccio sempre molta fatica a scrivere nei miei romanzi le scene legate alla guerra – ma devo dire che le tre canzoni che vi presenterò hanno un giusto grado di vigore e orecchiabilità, ragioni per cui mi sono piaciute.

Prima, però, è bene darvi qualche notizia di questo gruppo il cui album Carolus Rex è stato premiato nel 2013 con il disco di platino in Svezia, rendendo i Sabaton primo gruppo heavy metal svedese a raggiungere tale risultato. E non c’è dubbio che questi ragazzoni siano diretti discendenti degli antichi Vichinghi! Li potete vedere nella foto qui al Rockbjörn 2013, mentre ricevono il premio e ci fanno le corna, probabilmente a memoria degli elmi indossati dai loro avi: da sinistra compaiono Thorbjörn Englund, Pär Sundström e Joakim Brodén. Potete trovare qui il loro sito ufficiale.

Le tematiche da loro trattate vertono principalmente sulla guerra, antica e, soprattutto, moderna. Molti testi riguardano battaglie famose, viste da un punto di vista generale o dall’occhio di una delle fazioni. Ho trovato un’interessante e completa intervista in italiano che potete leggere qui  a cura di Fabio Polo sul sito Metalitalia.com in occasione dell’uscita dell’album The Last Stand, dove vi sono due delle tre canzoni che presenterò. Questa band è stata accusata di insistere troppo sul tema della guerra, come a dire di farle pubblicità; al contrario il loro scopo, specialmente in The Last Stand, è presentare episodi anche poco noti dove una delle due parti si è trovata in uno stato di enorme inferiorità numerica e ha compiuto atti di estremo coraggio con sacrificio della vita.

La Storia è la protagonista indiscussa dei loro lavori, e ben venga quello che toglie la patina della polvere da questa materia che molti hanno odiato con tutte le loro forze durante lunghe e noiose ore di lezione a scuola… perché, come recita lo slogan di questo blog, “la Storia siamo noi” e le sue vicende sono spesso più intense e drammatiche delle pagine dei romanzi.

Ecco dunque le tre canzoni, che vi propongo in ordine cronologico in relazione al fatto storico:

The Last Stand

Il sacco di Roma del 1527 di Francisco Javier Amérigo (1887),
Museo delle Belle Arti di Valencia.

Questa canzone dà il titolo all’album omonimo, e narra il sacrificio della guardia papale, ovvero 189 mercenari svizzeri, che durante il sacco di Roma del 6 maggio 1527 sacrificò la sua vita nella difesa di papa Clemente VII e della Basilica di San Pietro. Altri 42 soldati scortarono il papa, permettendogli di fuggire a Castel Sant’Angelo attraverso il Passetto di Borgo. Da qui dovette arrendersi dopo un mese di assedio, ma, nel frattempo, nessuna delle altre guardie svizzere era sopravvissuta.

L’orrendo scempio di Roma e della sua popolazione fu perpetrato dalle truppe dei lanzichenecchi, i soldati mercenari arruolati nell’esercito dell’imperatore Carlo V d’Asburgo. Pur non essendo il primo sacco subito da Roma – ricordo quello dei Visigoti di Alarico del 410 – questo destò un’enorme impressione in tutto il mondo per la ferocia della soldataglia, che si accanì su persone e luoghi per oltre un anno. Probabilmente uno dei motivi del loro accanimento fu il fatto che i lanzi erano di fede protestante. Vi furono danni incalcolabili anche al patrimonio artistico, come testimonia Francesco Guicciardini nella sua Storia d’Italia:

« Tutte le cose sacre, i sacramenti e le reliquie de’ santi, delle quali erano piene tutte le chiese, spogliate de’ loro ornamenti, erano gittate per terra; aggiugnendovi la barbarie tedesca infiniti vilipendi. E quello che avanzò alla preda de’ soldati (che furno le cose più vili) tolseno poi i villani de’ Colonnesi, che venneno dentro. Pure il cardinale Colonna, che arrivò (credo) il dí seguente, salvò molte donne fuggite in casa sua. Ed era fama che, tra denari, oro, argento e gioie, fusse asceso il sacco a più di uno milione di ducati, ma che di taglie avessino cavata ancora quantità molto maggiore. »

La canzone inizia con un suono di campane per introdurre l’atmosfera, seguita dalla musica di tastiere e chitarre. Se volete potete ascoltarla qui seguendo anche il testo in inglese.

Winged Hussars

Questa canzone mi ha svelato l’esistenza di un corpo di ussari molto particolare, detti gli “ussari alati”, che non conoscevo. Essi furono il corpo militare che costituì il nerbo delle forze di cavalleria dell’esercito del Regno di Polonia prima e della Confederazione Polacco-Lituana.

Reclutati tra i ranghi della nobiltà polacco-lituana (la szlachta), i Towarzysz Husarski (“Compagni Ussari”) mantenevano alle loro dipendenze piccole squadre di cavalieri (secondo il modello medievale della lancia), da loro armati e stipendiati, e rispondevano direttamente al rotmistrz, comandante supremo dello squadrone (chorągiew) di cavalleria.

Caratteristica distintiva degli Husaria erano le “ali”, supporti di legno ornati di penne, assicurate alle loro selle o alle lamine posteriori della loro corazza. Il loro aspetto doveva essere incredibile a dir poco, come potete vedere dall’immagine qui accanto che ne mostra uno di profilo, in un dipinto intitolato  “La guardia del Hetman” di Wacław Pawliszak.

Nello specifico la canzone narra della loro impresa durante la battaglia di Vienna del 1683, che pose fine a due mesi di assedio da parte dell’esercito turco. L’assedio alla città fu posto a partire dal 14 luglio 1683 dall’esercito dell’Impero Ottomano. In tutto le forze europee contavano su 75/80 000 uomini, contro 140.000 ottomani che avevano invaso l’Austria. Durante l’assedio, inoltre gli ottomani avevano iniziato a minare le mura della città per poi prenderla. Solamente l’arrivo delle forze cristiane della Lega Santa (alleanza di Confederazione Polacco-Lituana, Sacro Romano Impero, ducato di Mantova, Granducato di Toscana, Repubblica di Venezia, Etmanato cosacco di Ucraina) permise di sferrare una vigorosa controffensiva.

La battaglia cominciò l’11 settembre, e si concluse il raggruppamento dei rinforzi dalla Polonia, comandati dallo stesso re polacco Giovanni III Sobieski, dalla Germania e dal resto dell’Austria, oltre alle forze presenti nella città. La canzone narra del momento decisivo della battaglia, dove l’attacco viene condotto da Sobieski in persona e dai suoi 3000 Ussari. La carica sbaragliò definitivamente l’esercito turco, mentre gli assediati uscirono dalle mura per raggiungere i rinforzi che già inseguivano gli ottomani in rotta. Il cronista turco Mehmed, der Silihdar così commentò l’arrivo dell’armata del Sobieski:

« Gli infedeli spuntarono sui pendii con le loro divisioni come nuvole di un temporale, ricoperti di un metallo blu. Arrivavano con un’ala di fronte ai valacchi e moldavi addossati ad una riva del Danubio e con l’altra ala fino all’estremità delle divisioni tartare, coprivano il monte ed il piano formando un fronte di combattimento simile ad una falce. Era come se si riversasse un torrente di nera pece che soffoca e brucia tutto ciò che gli si para innanzi. »

Se desiderate ascoltare la canzone, non avete che da cliccare sul seguente link!

40:1

La battaglia di Wizna, protagonista della terza canzone tratta dall’album The Art of War del 2008, fu combattuta tra il 7 e il 10 settembre del 1939, tra le forze contrapposte del Terzo Reich e della Polonia, durante le fasi iniziali della seconda guerra mondiale.

Secondo lo storico polacco Leszek Moczulski, tra i 350 e i 720 soldati polacchi mantennero le loro posizioni fortificate contro oltre 40.000 tedeschi. Benché la sconfitta fosse inevitabile, i polacchi bloccarono l’avanzata della Wehrmacht per tre giorni, posponendo l’accerchiamento del Gruppo operativo indipendente “Narew”, impegnato in combattimento nei dintorni. Il terzo giorno i carri armati tedeschi sfondarono la linea polacca e eliminarono i bunker uno per uno. L’ultimo bunker si arrese intorno a mezzogiorno del 10 settembre. Nell’immagine sopra, potete vedere uno dei bunker polacchi distrutti, oggi conservato come memoriale.

Soldati tedeschi abbattono la sbarra di confine
alla frontiera con la Polonia

Dal momento che questa battaglia avvenne in circostanze simili (un numero esiguo di soldati che si contrappone ad un soverchiante numero di nemici, difendendo posizioni fortificate con grande spirito di sacrificio e protraendo lo scontro fino al proprio annientamento), Wizna viene sovente paragonata alla battaglia delle Termopili. Uno dei simboli della battaglia fu il capitano Władysław Raginis, ufficiale in comando delle forze polacche, il quale giurò di mantenere la sua posizione fino a che avrebbe avuto fiato in corpo. Quando gli ultimi due bunker sotto il suo comando terminarono tutte le munizioni, egli ordinò ai suoi uomini di arrendersi e si suicidò.

Da ultimo ecco dunque il link per ascoltare la canzone, che commemora questo evento tanto drammatico, quanto poco conosciuto, dell’ultimo conflitto mondiale.

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Mi auguro che abbiate gradito la mia innovativa carrellata, e vi do appuntamento al prossimo sabato, giorno in cui pubblicherò l’ultimo post prima della chiusura estiva!

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Fonti testi: 

  • Sito ufficiale dei Sabaton per la copertina dell’album
  • Wikipedia per le altre foto

Fonte testo per le notizie sul gruppo e i fatti storici: 

  • Wikipedia