In questo periodo è tempo di meme tra i blogger che seguo maggiormente, perché ne fioriscono di veramente interessanti. Sarà la primavera in arrivo? Primavera che, per la verità, quest’anno si è fatta parecchio desiderare. L’origine del meme che vi propongo oggi è da rintracciarsi presso il blog di Maria Teresa Steri, Anima di carta, che ha scritto un post sui cinque romanzi che hanno maggiormente influenzato la scrittura. Attenzione, non romanzi che ci sono piaciuti, ma che hanno avuto un impatto durevole sul nostro modo di scrivere o a cui ci siamo volutamente ispirati. Anche in questo caso, altri blogger hanno già pubblicato i loro elaborati, come Tenar del blog Inchiostro, fusa e draghi e Giulia di Liberamente Giulia.

Per quanto mi riguarda, posso ricercare senz’altro l’origine delle maggiori influenze nel periodo della mia adolescenza o prima giovinezza. Leggevo soprattutto per sfuggire a una realtà che non mi piaceva, come fanno molti giovani del resto, e in un periodo in cui le impressioni sono davvero fortissime echi di determinate letture sono rintracciabili nella mia scrittura, perlomeno nei primi tentativi. Che poi questo si sia tradotto in risultati apprezzabili nel tempo non sta a me dirlo. Quello che è certo è che, dopo quel periodo di magiche letture, di rado mi sono imbattuta in testi che abbiano avuto un impatto altrettanto forte in ambito italiano o straniero, tranne forse nel caso di Murakami Haruki.

Ma veniamo al sodo ed ecco quindi che vado a presentare i miei magnifici cinque, servendomi di qualche aiuto dal web per quanto riguarda la trama.

Le onde di Virginia Woolf

Non è tra i più famosi romanzi della scrittrice inglese, ma per me si era trattato all’epoca di un’autentica rivelazione proprio per quanto riguarda lo stile. È il romanzo più sperimentale di Virginia Woolf, essendo strutturato sotto forma di soliloqui dei sei protagonisti della storia: Bernard, Susan, Rhoda, Neville, Jinny e Louis. Altrettanto importante è il settimo personaggio del libro, Percival, che però non sentiremo mai parlare con la propria voce. Lo sguardo dell’autrice li segue dall’infanzia fino all’età adulta.

Non ci sono dunque descrizioni tradizionali dei personaggi, ma li si conosce entrando nell’intimo e nella mente. Si tratta di una discesa equivalente a una vera e propria immersione psicoanalitica, con un’abilità narrativa a dir poco prodigiosa. Per uno scrittore questa tecnica è faticosissima e in questo caso i personaggi sono ben sei, di sessi differenti, ognuno con un’individualità perfettamente distinguibile. anche l’utilizzo del tempo presente li fa sorgere sulla pagina, come se nascessero con “il verbo” dell’autrice. In questo caso la scrittura è davvero creatrice.

L’altra caratteristica stilistica de Le onde è l’intensa musicalità della prosa. So che bisognerebbe leggere la versione originale e non la sua traduzione, ma all’epoca la cosa sarebbe stata superiore alle mie forze; quindi avevo letto la traduzione di Giulio De Angelis, che è anche il traduttore di Joyce, e scusate se è poco. Sono dunque convinta che se un autore riesce a coniugare contenuto e bellezza, si può parlare di capolavoro. Mi piace copiare qui di seguito un brevissimo estratto: “Tutti avevano il loro rapimento; il loro senso di comunità con la morte; qualcosa che riusciva loro utile. Cosí visitai ciascuno dei miei amici a turno, cercando con dita brancolanti di forzare i loro scrigni chiusi. Andai dall’uno all’altro porgendo il mio dolore – no, non il mio dolore, ma la natura incomprensibile di questa nostra vita – alla loro attenzione. C’è chi si rivolge ai preti, chi alla poesia; io ai miei amici, al mio cuore, a cercare tra le frasi e i frammenti qualcosa di intatto – io per cui non c’è bellezza sufficiente nella luna o in un albero; io per cui il contatto di una persona con l’altra è tutto, eppure non posso afferrare neppur questo, io che sono cosí imperfetto, debole, indicibilmente solo. Sedevo là.” (Bernard: IX)

Le influenze: Di sicuro l’uso della prima persona mi ha influenzato, specialmente per quanto riguarda i passaggi dove il personaggio di Francesco ne La terra del tramonto parla di sé al tempo presente e in prima persona.


Il rosso e il nero di Stendhal

Galeotto fu lo sceneggiato trasmesso in televisione e, per combinazione, anche gli accenni fatti dalla mia professoressa di letteratura francese; anche se ho avuto il piacere di scoprire da sola l’intera trama di questa storia appassionante sia dal punto di vista visivo che letterario senza alcuno spoiler. Il rosso e il nero narra le vicende di Julien Sorel, un giovane ambizioso ma di umile classe sociale. Siamo infatti nell’epoca postnapoleonica, per la precisione durante la Restaurazione. Dotato per le lettere latine e la teologia, studia sotto la tutela del curato della parrocchia di Verrières, piccola cittadina della Franca Contea. È un fervente, ma nascosto ammiratore di Napoleone Bonaparte. Julien diventa precettore in casa di Monsieur Rênal, sindaco conservatore della cittadina. La sua ambizione lo spinge a conquistare la moglie di questo, Madame de Rênal… e qui m’interrompo perché, se non lo avete letto, magari sono riuscita a incuriosirvi.

 Da molti critici i protagonisti de Il rosso e il nero sono stati definiti come i primi eroi moderni. L’autore entra nella loro mente, seguendone i pensieri e il rovello interiore, l’ambizione, l’amore e il disprezzo, e soprattutto ponendo in risalto in modo magistrale, con i loro comportamenti, i rapporti che intercorrono tra di loro. Così facendo, egli traccia un ritratto formidabile della società della Restaurazione, e soprattutto – e qui sta la modernità – tramite il contrasto tra la loro vera natura e la faccia che mostrano al mondo. Julien è definito varie volte come un ipocrita. Mathilde è una donna cerebrale, tutto il contrario della semplice e timida Madame de Rênal. Sembra di sentire l’eco, in questa tensione tra l’essere e l’apparire, di un certo scrittore siciliano che comparirà almeno un secolo dopo. Ecco un passaggio tratto dal romanzo: “L’aria malinconica non è di buon gusto; ci vuole l’aria annoiata. Se siete malinconico, è segno che qualcosa vi manca, che non siete riuscito in qualche cosa. È un segno manifesto d’inferiorità. Invece se siete annoiato, è inferiore ciò che ha cercato vanamente di piacervi.”

Le influenze: Questo romanzo mi ha influenzato profondamente per via della psicologia dei personaggi, e anche per il quadro sociale e politico che viene tratteggiato proprio attraverso dialoghi e comportamenti. Sto cercando di metterlo in atto ora con il mio nuovo romanzo sulla Rivoluzione Francese.

Il mirto e la rosa di Annie Messina (Gamîla Ghâli)

Mentre i due romanzi precedenti sono di autori ben noti, scommetto che questo romanzo non lo conosce nessuno! Eppure di questo piccolo libro dell’edizione Sellerio mi ero innamorata all’epoca, al punto da leggerlo e da rileggerlo senza posa. Dalla copertina avrete già capito che si parla di Oriente e, nello specifico, si un racconto immerso in un’atmosfera fiabesca. Il principe Hâmid el-Ghâzî libera un bellissimo, misterioso giovane dalle mani di un mercante di schiavi, se ne innamora e lo tiene con sé alla sua corte, chiamandolo Falco in ricordo di un falco che possedeva in gioventù, che gli era stato rubato ed era stato torturato. Siamo all’inizio di una storia d’amore assoluta, pura e totalizzante. Questa viene bene esemplificata dalla scelta dell’immagine per la copertina che mostra un allievo e il suo maestro, ovvero la fanciullezza e la maturità, la fiducia e la supremazia. Lo stile del libro ha moltissimo in comune con le storie de Le Mille e una Notte, soprattutto nella descrizione di una storia atemporale e immersa nella leggenda.

Purtroppo non riesco più a rintracciare questo libro nella mia biblioteca: ogni tanto i libri si divertono a giocare a nascondino! Quindi non posso riportarvi alcun passaggio, certa che, non appena avrò pubblicato il post, il volumetto spunterà su qualche scaffale.


Le influenze:  In che cosa mi ha influenzato stilisticamente? Beh, proprio in certe scene cristallizzate che sembrano racchiuse in un cristallo di rocca o in una preziosa gemma. Nel mio secondo romanzo del ciclo crociato, Le strade dei pellegrini, ci sono delle scene che ho cercato di rendere tali.

Le due città di Charles Dickens

Ritorniamo ai grandi classici con un romanzo storico di Charles Dickens del 1859. Per fortuna qui ho trovato il mio libro, una vecchia edizione cartonata delle Paoline, con la custodia in cartone e alcune splendide illustrazioni, come si usava una volta. Insieme a Barnaby Rudge è l’unico romanzo storico scritto dall’autore inglese. Venne pubblicato sulla rivista All the Year Round in 31 puntate settimanali, la prima apparsa il 30 aprile 1859 e l’ultima il 26 novembre del medesimo anno.

Il romanzo è ambientato a Parigi e Londra durante la Rivoluzione francese e negli anni del Regime del Terrore. In esso vengono rappresentati la sottomissione del proletariato francese all’oppressione dell’aristocrazia negli anni precedenti la rivoluzione, e la successiva brutalità dei rivoluzionari nei primi anni della rivoluzione. “La Rivoluzione francese ha trovato in Dickens un mirabile interprete che ne fa rivivere la sconcertante genesi e l’ancor più sconcertante sviluppo, quasi lasciandola presentire come una minaccia perenne che può scaturire dal cuore indurito degli uomini. Anche quelli di oggi e domani.” recita un passaggio dal risvolto di copertina.

Charles Dickens segue le vite di diversi protagonisti attraverso questi eventi, in particolare Charles Darnay, un ex-aristocratico francese che diviene vittima di accuse indiscriminate durante la rivoluzione, e Sydney Carton, un avvocato inglese che cerca di redimere la propria vita per amore della moglie di Darnay, Lucie Manette, il cui padre venne ingiustamente imprigionato nella Bastiglia. Il romanzo possiede uno tra gli incipit più famosi di tutta la letteratura, che vado a riportare: “Era il tempo migliore e il tempo peggiore, la stagione della saggezza e la stagione della follia, l’epoca della fede e l’epoca dell’incredulità, il periodo della luce e il periodo delle tenebre, la primavera della speranza e l’inverno della disperazione. Avevamo tutto dinanzi a noi, non avevamo nulla dinanzi a noi; eravamo tutti diretti al cielo, eravamo tutti diretti a quell’altra parte — a farla breve, gli anni erano così simili ai nostri, che alcuni i quali li conoscevano profondamente sostenevano che, in bene o in male, se ne potesse parlare soltanto al superlativo.”

Le influenze: Com’è ovvio il romanzo mi ha influenzato stilisticamente per la descrizione delle ambientazioni a Londra e, soprattutto, a Parigi. Se c’è la nebbia, Dickens vi fa attraversare la nebbia; se c’è un vicolo fetido, Dickens vi ci fa sguazzare in mezzo; e se c’è il sangue che cola dalle tavole di legno dove si erge la ghigliottina, Dickens ve lo fa aspirare a piene narici. A proposito di diligenza, vi propongo qui accanto una delle illustrazioni di cui parlavo all’inizio. Ho preso in prestito la descrizione di un viaggio in diligenza nel mio post sui mezzi di trasporto (qui il link) dal primo capitolo de Le due città.

Per un autore di romanzi storici, la precisione nei dettagli ne Le due città lo rende un vero modello di riferimento. Spero che qualcosa di questa attenzione sia rintracciabile ne Il Pittore degli Angeli e negli altri miei romanzi storici.

Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar


Vi prego di non farvi una grassa risata, ma questo libro mi ha davvero influenzato in maniera duratura. Memorie di Adriano è un romanzo francese della scrittrice Marguerite Yourcenar pubblicato per la prima volta nel 1951, premiato con il Prix des Critiques. Il libro è organizzato in sei parti, tra cui un prologo e un epilogo: prende la forma di una lunga epistola indirizzata dall’anziano e malato imperatore Adriano al giovane amico Marco Aurelio, allora diciassettenne, che poco dopo diverrà suo nipote adottivo. Il libro descrive la storia di Publio Elio Traiano Adriano, l’imperatore romano del II secolo, immedesimandosi nella figura di questo in un modo del tutto nuovo e originale: infatti immagina che Adriano scriva una lunga lettera nella quale parla della sua vita pubblica e privata. L’imperatore si trova così a riflettere sui trionfi militari conseguiti, sul proprio amore nei confronti della poesia, della musica e della filosofia, sulla sua passione verso il giovanissimo amante Antinoo.

Marguerite Yourcenar è di una bravura disumana, perciò Memorie di Adriano è un romanzo cui accostarsi con un senso di timore reverenziale, e senz’altro da leggere e rileggere per ricavarne nuovi significati. Si tratta di un romanzo che si ama o si odia senza vie di mezzo: io appartengo senz’altro al gruppo degli amanti o, meglio, dei veneratori.

Le influenze: Da questo romanzo, come da Le onde, ho ricavato senz’altro l’uso della prima persona come particolarmente efficace per rendere più immediata e coinvolgente la voce narrante, e del tempo storico al presente per conferire maggiore intensità alla vicenda e renderla atemporale. L’explicit dell’opera, che mi colpisce, ora più di allora, per il lutto recente che mi ha colpito, è: “Piccola anima smarrita e soave, compagna e ospite del corpo, ora t’appresti a scendere in luoghi incolori, ardui e spogli, ove non avrai più gli svaghi consueti. Un istante ancora, guardiamo insieme le rive familiari, le cose che certamente non vedremo mai più… Cerchiamo d’entrare nella morte a occhi aperti...”

***

E voi, che cosa pensate dei libri che vi ho proposto? Secondo voi sono troppo “datati”?

***

  • Foto iniziale: Pixabay
  • Trame dei romanzi: Wikipedia
  • Citazioni: Wikiquote