Eccoci arrivati alla seconda e ultima parte della vita di Emmeline Goulden Pankhurst. Ringrazio di cuore Clementina Daniela Sanguanini per averci raccontato l’esistenza di questa donna eccezionale, che molti di noi non conoscevano nel dettaglio. Qualora aveste perso la prima parte, potete recuperarla qui.

Per mera combinazione l’ultimo articolo sulla vita di Emmeline Pankhurst viene pubblicato a ridosso di due appuntamenti significativi che combinano il voto con la questione dei diritti delle donne: domani siamo chiamati alle urne per esprimere la nostra preferenza nelle elezioni politiche e anche sui candidati alla presidenza di alcune regioni. Pochi giorni dopo, l’8 marzo, si celebrerà la Giornata Internazionale della Donna. Sentitevi liberi di esprimere la vostra opinione sia sull’articolo che su queste due date. Naturalmente i lettori di questo blog sono persone civilissime che non hanno bisogno di richiami; il mio invito a rimanere nell’ambito di una sana discussione è rivolto in generale a eventuali nuovi ospiti.

Ora lascio di nuovo la parola a Clementina!

Una vita per le donne

Come promesso, riprende il racconto della vita di Emmeline Goulden Pankhurst e delle imprese del movimento da lei fondato per il raggiungimento del voto alle donne inglesi, la WSPU. Potete vederla nella foto sulla sinistra, in prigione, dopo uno dei suoi numerosi arresti.

Un altro stralcio dall’autobiografia (Emmeline Pankhurst, la mia storia; p. 36)

“Molte portavano i cartelli ‘Voto alle Donne’; la polizia li strappò dalle loro mani, in alcuni casi colpendole e insultandole. Assistendo alla scena, il capo della delegazione urlò: ‘Andremo avanti. Non avete il diritto di colpire le donne in quel modo’. La replica di un poliziotto vicino a lei fu un pugno in faccia. Lei gridò di dolore e indignazione, al che l’uomo la prese per la gola e la sbatté contro la cancellata del parco finché non diventò paonazza. La giovane donna si dibatté e reagì e per questo fu arrestata con l’accusa di aggressione alla polizia…. Accusate di schiamazzi e molestie, queste donne furono condannate a una detenzione di sei settimane…”

Nel corso dei successivi quattro anni, a seguito della continua assenza di risposte concrete agli instancabili appelli e della crescente violenza insita nelle reazioni della polizia, il movimento inizia ad abbandonare la militanza politica, finora solo reattiva, a favore di una militanza decisamente più bellicosa.

Quello che si viene a generare è una progressiva prova di forze, una vera e propria sfida. La polizia spara getti di acqua gelata alle attiviste femministe e queste rispondono con il lancio di pietre ai treni, o alle auto, dove viaggiano i parlamentari, alle loro case, ai palazzi del potere.

Suffragette arrestate dopo le proteste.

Le suffragette rispondono alle incarcerazioni con lo sciopero della fame e la polizia le sottopone a una tortura inaudita, nota con il nome di Cat and Mouse, diplomaticamente spacciata per “terapia ospedaliera”. In verità, le detenute vengono nutrite a forza, giorno dopo giorno, tramite un tubo di gomma che viene loro forzatamente conficcato in gola e successivamente strappato fuori, con evidenti rischi di soffocamento e dolori acutissimi. La tattica della polizia è quella di rilasciare le detenute denutrite per farle rimettere in forze e arrestarle di nuovo (da qui la definizione di Cat and Mouse). Nell’immagine qui accanto, potete vedere un nutrimento forzato in carcere.

In questa spirale di repressione, Emily Wilding Davison, una militante arrestata e sottoposta per ben 49 volte all’alimentazione forzata, si getta sotto gli zoccoli del cavallo del re, durante il Derby Day.

A iniziare dal 1909, fino al 1912, Emmeline compie ripetuti viaggi negli Stati Uniti per portare la voce delle suffragette inglesi e l’eco delle loro assemblee si riverbera in patria, restituendo autorevolezza e accrescendo i consensi alla causa delle suffragette.

Sebbene sul fronte pubblico la donna stia raccogliendo i frutti di un successo clamoroso, che le permette di stringere alleanze fino ad allora impensabili, sul fronte familiare la situazione si rivela alquanto burrascosa e tragica. Suo figlio, Henry – Frank, si ammala poco prima dell’inizio dei comizi newyorchesi. Lei fa il possibile per raccogliere, attraverso l’incessante attività di propaganda all’estero, il denaro utile a pagare le cure necessarie, ma le condizioni di salute del giovane si aggravano all’improvviso. Il ragazzo muore, nel Gennaio del 1910, a Manchester, mentre la madre sta tornando in patria dal viaggio negli Stati Uniti. Come vedremo in seguito, il 1910 si rivelerà un anno decisamente tragico per quanto riguarda la sfera familiare.

E.
Pankhurst, comizio a Wall Street
, New York, 1911

Ma la vita continua, con le sue contraddizioni e i suoi ritmi incalzanti, incurante dei sentimenti più intimi. In questo frangente, così doloroso sul piano personale, accade infatti qualcosa di inaspettatamente positivo sul fronte sociale. La stampa inglese, che in origine si era mostrata completamente avversa alla WSPU, ora sostiene, senza indugi, quell’organizzazione. I metodi feroci messi in atto dal governo hanno destato un tale scandalo nell’opinione popolare che tutte le testate giornalistiche fanno a gara per esporre i politici di turno al pubblico oltraggio.

Giornali di prestigio come il Saturday Revue, il Daily Mail, l’Evening Standard and Globe, e l’Evening News, si schierano palesemente dalla parte delle suffragette, puntando il dito contro la slealtà del governo, che da anni pronuncia promesse mai mantenute.

Ma, nello stesso tempo, gli avversari politici della WSPU pianificano un’ulteriore umiliante contromossa. Il procedimento parlamentare, riguardante l’accordo sulla conciliazione con i diversi schieramenti del Comitato del Concilio per il Suffragio alle Donne, promesso mesi prima, dopo una lunghissima, delicatissima ed estenuante fase di contrattazione, viene ignobilmente insabbiato dal Ministro Asquith.

Il 18 novembre 1910 Emmeline, allora, guida una delegazione di centinaia e centinaia di donne in una manifestazione davanti al parlamento. I toni esacerbati dei capi politici e le misure repressive della polizia, sempre più impetuose, spingono alcune suffragette a usare pietre e martelli, contro edifici, treni, auto, a incendiare chiese abbandonate e a sabotare linee telefoniche. In buona sostanza, di fronte a quell’ennesimo smacco e ai metodi violenti della polizia, le militanti della WSPU decidono di rispondere con metodi estremi.

La protesta, però, per ordine di Winston Churchill, finisce soffocata nel sangue: due donne muoiono dopo essere state brutalmente picchiate dai poliziotti, una terza donna, Mary Goulden Clarke, sorella di Emmeline e fedele sostenitrice della causa femminista, muore circa un mese più tardi (il 25 Dicembre 1910) a causa dei gravi pestaggi subiti in quella circostanza che le hanno causato un’emorragia celebrale, oltre duecento attiviste vengono arrestate. Quel giorno verrà ricordato come il Black Friday. Nella fotografia sopra, si vede Ernestine Mills brutalmente picchiata nel Black Friday

Ecco il commento di Emmeline su quel Venerdì Nero (Emmeline Pankhurst, la mia storia; p. 142)

“La reazione della WSPU fu energica… le nostre donne si munirono di pietre e martelli e sfasciarono centinaia di finestre nelle sedi dell’Home Office, del War and Foreign Office, del Board of Education, del Privy Council Office,… Furono arrestate 220 donne, circa 150 di loro mandate in carcere con pene variabili da una settimana a due mesi”

Conseguentemente al Black Friday Emmeline viene arrestata (complessivamente verrà incarcerata e scarcerata ben dodici volte); Christabel fugge in Francia per continuare da laggiù la lotta femminista; Sylvia, trovandosi in disaccordo con il metodo perseguito, si allontana dal movimento e fugge in Australia.

Nonostante il passare degli anni, le risposte del governo continuano a non arrivare e la rabbia delle attiviste WSPU cresce in proporzione all’indifferenza governativa, arrivando a trasformare le strade inglesi in veri e propri campi di guerriglia.

In pratica, Emmeline Pankhurst e le sue seguaci sperimentano tutte le soluzioni della protesta radicale di tipo borghese: l’ostruzionismo, lo sciopero della fame, l’attacco alla proprietà, il martirio, la resistenza passiva, con tutte le possibili varianti. Queste donne, provenienti da ambienti e retaggi culturali diversi, concordano tutte su un punto ben preciso e cioè, contro l’ingiustizia reiterata servono le maniere forti: “Deeds Not Words”.

Ha così inizio un periodo di attacchi cruenti, frutto dell’esasperazione, mirati a scuotere la popolazione e indurre i politici a rivedere le proprie posizioni.

Nel 1912, a Dublino, la suffragetta Mary Leigh, lancia una scure contro il primo ministro Asquith che, invece, finisce col colpire di striscio e in modo molto superficiale il leader indipendentista irlandese al suo fianco; non paga di ciò che ha appena combinato dà fuoco alle tende del Royal Theatre e fa esplodere alcune piccole bombe rudimentali. Viene arrestata, imprigionata e condannata a cinque anni di lavori forzati.

Nel 1913 un gruppo di attiviste prende di mira la chiesa Santa Caterina, a Londra e decide di darla alle fiamme in segno di protesta (vedi fotografia sulla sinistra).

All’inizio del 1914 un’altra suffragetta, Mary Richardson, sfregia con un coltello da macellaio la Venere di Velázquez, esposta presso la National Gallery. L’atto vandalico è talmente potente sul piano simbolico che viene raccontato dai giornalisti dell’epoca come un caso di cronaca nera: la suffragetta viene ribattezzata “Mary la squartatrice” e si versano litri di inchiostro per comporre articoli oltremodo accorati in difesa della Venere ritratta nel quadro, come se al suo posto ci fosse stata una persona, in carne ed ossa, vittima innocente di una feroce mutilazione. La Venere del Velasquez è poi stata restaurata con successo.

A ogni modo, questi ultimi avvenimenti, uniti all’imminente scoppio della Prima Guerra Mondiale, con le sue inevitabili ripercussioni in ambito umano, politico e sociale, convincono la WSPU a interrompere la propria attività, ottenendo in cambio dal governo inglese la liberazione di tutte le detenute per reati politici.

Emmeline non si arrende, ma semplicemente cambia strategia.

Dopo aver dichiarato sospesa la lotta, decide di appoggiare lo sforzo bellico del Paese, spronando il governo a impiegare le donne nei posti vacanti degli uomini al fronte.

La Grande Guerra rappresenta per la WSPU una grande opportunità per mostrare al mondo intero che le donne sono in grado di fare le stesse cose degli uomini e per questo motivo meritano gli stessi diritti.

Sono moltissime, infatti, le donne che in quegli anni svolgono lavori in precedenza riservati solo agli uomini: nei campi, nei negozi di città, alla guida di camion e di tram, e in una miriade di altri settori. Il radicale cambiamento sociale contribuisce, così, a ridurre l’opposizione al voto femminile.

Ottenuto il benestare del Primo Ministro, David Lloyd George, Emmeline parte per la Russia allo scopo di convincere il Primo Ministro russo a non accettare le condizioni poste dalla Germania, ma l’incontro fallisce.

Nel 1918, quando ancora si trova in viaggio per il mondo, intenta nel suo impegno negoziatore, il parlamento del Regno Unito approva il diritto di voto limitato alle mogli dei capifamiglia con età superiore ai 30 anni.

A questo punto la leader rientra in patria e trasforma la WSPU nel Women’s Party. Le donne guidate dalla Pankhurst non si limitano più a chiedere unicamente il diritto di voto alle donne: la loro istanza è diventata molto più articolata. Esse chiedono di poter partecipare attivamente alla vita politica del Paese, di avere gli stessi diritti, doveri e trattamenti degli uomini, di poter avere accesso agli impieghi fino al quel momento riservati unicamente agli uomini, di ottenere la parità di trattamento economico degli uomini a parità di incarico, di essere indipendenti a tutti gli effetti. Il partito, però fallisce e si scioglie subito dopo le elezioni.

Nel 1925, in un primo momento, si trasferisce in Canada e poi torna in Inghilterra. Questo è per lei, ancora una volta, un periodo particolarmente difficile, irto di problemi finanziari e di dispiaceri familiari: lei stessa non ha più una dimora stabile, la figlia Christabel aderisce alla fede avventista e da quel momento abbandona la lotta femminile per dedicarsi solo alla religione, l’altra figlia, Sylvia, genera un figlio fuori dal matrimonio, destando forte scandalo.

Le nuove preoccupazioni, unite all’avanzare dell’età e ai tanti rammarichi accumulati in una vita spesa nella lotta senza sosta, si ritorcono sulla salute di questa donna che, nel giro di poco, si ammala. Emmeline Pankhurst muore il 14 giugno 1928, mentre poche settimane più tardi, con la legge del 2 luglio 1928, il suffragio verrà esteso a tutte le donne del Regno Unito che hanno raggiunto il compimento dei 21 anni: la stessa età prevista per gli uomini.

Concludo riportando uno stralcio della prefazione alla sua autobiografia, redatta nell’estate del 1914:

“La militanza degli uomini, nel corso dei secoli, ha inondato il mondo di sangue, e per le loro opere di orrore e distruzione gli uomini sono stati ricompensati con monumenti, grandi canzoni ed epopee. La militanza delle donne non ha danneggiato alcuna vita umana, se non quella di coloro che hanno combattuto la battaglia della virtù. Soltanto il tempo rivelerà quale ricompensa sarà riservata alle donne.”

1911 Emmeline, Christabel e Sylvia Pankhurst

Ancora oggi c’è chi sostiene che la campagna militante guidata dalla Pankhurst abbia aiutato il movimento femminista a ottenere il voto, e, per contro, c’è chi sostiene che la violenza a cui la WSPU è ricorsa abbia attivato una crescente riluttanza nei governi deputati ad accordare il voto.

Di sicuro la convinzione appassionata di questa donna, unita alla sua azione costante, ha acceso i riflettori sulla questione femminile, contribuendo a renderla, non solo di pubblico interesse, ma addirittura oggetto di discussione preminente presso una società che, fino ad allora, sembrava negarne persino l’esistenza.

Al netto delle azioni più brutali, che nella storia della WSPU risultano confinate a episodi isolati, estemporanei, frutto di reazioni individuali non programmate dai vertici del movimento e, pertanto, meno rappresentative del metodo da esso generalmente seguito, mi sento di dire che Emmeline Pankhurst meriti, senza alcun dubbio, di essere ricordata come una donna straordinaria.

Se aveste voglia di approfondire la storia della donne negli anni a cavallo tra 1800 e 1900, le condizioni sociali, culturali, giuridiche nelle quali vivevano, ciò che pensavano e dicevano di loro gli uomini, venite sul mio blog alla pagina “Storia della donna nel XIX e XX secolo”.

Vi aspetto!

E voi, cosa pensate di Emmeline Pankhurst?

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Biografia autrice:


Mi chiamo Clementina Daniela Sanguanini e sono nata a Milano il 23 dicembre del 1963.

Oltre a occuparmi di inchieste sociali e ricerche di mercato, dedico buona parte del mio tempo all’attività teatrale e a quella della lettura scenica, ossia la lettura ad alta voce abbinata all’azione teatrale.

Mi piace scrivere e coltivo diverse passioni tra cui spiccano sicuramente la Storia (e immancabilmente la Storia delle Donne), l’Arte (in tutte le sue forme), la Letteratura, il Teatro, la Filosofia (in particolare quella orientale), i Tarocchi.

Mi potete trovare presso il mio blog, L’angolo di Cle.

Vi aspetto! 🙂

BIBLIOGRAFIA:

Emmeline Pankhurst: Emmeline Pankhurst, la mia Storia – Castelvecchi Editore – 2015


Andrew Rosen: Rise Up, Women! The Militant Campaign of the Women’s Social and Political Union, 1903-1914 – Routledge Library Editions – 2014


Emmeline Pankhurst, su: Wikipedia, Enciclopedia Treccani


Black Friday, su Wikipedia

ICONOGRAFIA:

Tutte le immagini del post sono state tratte da Wikicommons


Figura 10 Emmeline Pankhurst in prigione


Figura 11 Suffragette arrestate dopo le proteste


Figura 12 Nutrimento forzato in carcere (Cat and Mouse)


Figura 13 E. Pankhurst, comizio a Wall Street, New York, 1911


Figura 14 Ernestine Mills brutalmente picchiata durante il Black Friday


Figura 15 Londra Chiesa di Santa Caterina data alle fiamme


Figura 16 1911 Emmeline, Christabel e Sylvia Pankhurst