Ricordate le celebri scene dei film western, quando il protagonista si trova ad affrontare un viaggio nell’arroventato deserto e ode un rumore improvviso, come di nacchere?
Bene, quello è il rumore emesso dal serpente a sonagli che, se volete risentire, potete trovare qui. In caso contrario non importa, perché vi appioppo la consueta foto del serpente, a sonagli appunto. Il suono caratteristico emesso dalla coda è dovuto a diversi anelli che aumentano a ogni muta. La coda viene agitata quando il serpente si sente minacciato e quindi “avvisa” la fonte del pericolo.
La maggior parte delle specie di serpenti a sonagli ha un veleno emotossico, distrugge tessuti, organi e causa coagulopatia (incapacità di coagulazione del sangue). Chi subisce morsi da serpenti a sonagli può avere cicatrici permanenti anche se ha avuto un pronto intervento e la somministrazione dell’antidoto, mentre un ritardo nel trattamento del morso può condurre alla perdita di interi arti per necrosi o la morte.
Del serpente abbiamo già parlato in occasione del precedente post, che potete trovare qui, ma mi sembrava giusto dedicare un’altra puntata a questo rettile che incute una paura atavica nell’essere umano. In ogni cultura prima o poi ci si imbatte, infatti, in un serpente… e allora son dolori. Eccovene qualche esempio, e cominciamo dal primo che ha un nome – per chi non conosce le lingue nordiche – impronunciabile.
Il serpente scioglilingua:
il Miðgarðsormr
Si tratta di un enorme e mostruoso serpente che compare appunto nella mitologia norrena. Miðgarðsormr non è tanto un nome quanto un epiteto, che significa: “Serpe di Miðgarðr“. È altresì chiamato Jǫrmungrandr, “demone cosmicamente potente”. Viene generato dal dio Loki, unitosi alla gigantessa Angrboða, assieme ai suoi due fratelli, il grande lupo Fenrir e la regina dei morti Hel.
Tutti e tre vengono allevati in Jötunheimr, la terra dei giganti, finché gli dei non ne vengono a conoscenza. Le profezie annunciano infatti che da una simile progenie non sarebbero venuti che guai, e Odino ordina che i figli di Loki vengano portati al suo cospetto, perché si possa decidere come neutralizzarli. Stabilisce quindi di scagliare il serpente del mondo nel profondo delle acque.
Nessuno, però, riesce a portare a termine questa impresa, con l’eccezione di Thor, il più forte tra gli dei, che da allora sarà nemico giurato di Jormungand… e viceversa, naturalmente.
Col passare del tempo, il serpente cresce tanto da riuscire a cingere l’intero mondo come un anello. I norreni credevano infatti che le tempeste marine fossero causate dallo scuotimento di questo enorme serpente che cingeva il mondo.
A ogni modo, il Miðgarðsormr sorgerà dalle acque quando giungerà il Ragnarök, la fine del mondo, quando tutti i legami saranno sciolti. Infurierà sull’acqua e sulla terra, soffiando il suo terribile veleno e contaminando così l’intero mondo. Ingaggerà quindi una battaglia mortale con Thor. Questi riuscirà ad abbatterlo, ma non riuscirà a sopravvivere più di nove passi dopo la vittoria, ucciso dal veleno del serpente.
Il serpente piumato o Quetzalcoatl
Siccome non ci sono bastati tutti i nomi difficili che abbiamo letto sopra, passiamo a presentare il Quetzalcoatl, ovvero un essere soprannaturale conosciuto come serpente piumato in molte religioni mesoamericane. Confesso che queste culture non esercitano su di me alcun tipo di fascino, compresa la loro mitologia e la loro organizzazione sociale. Quindi questa scheda sarà doverosa ma breve causa la mia personale antipatia.
Quetzalcóatl, ovvero «serpente piumato», «gemello prezioso» o «serpente divino» in lingua nahuatl) è il nome azteco del dio serpente piumato dell’antica Mesoamerica. Tra gli Aztechi, le cui credenze sono ben documentate, Quetzalcoatl viene venerato come dio del vento, di Venere, dell’alba, dei mercanti e delle arti, dei mestieri e della conoscenza. Quetzalcoatl è uno degli dei più importanti nel pantheon azteco, assieme a Tlaloc, Tezcatlipoca e Huitzilopochtli. Assume frequentemente le sembianze di Ehēcatl, lo “spirito del vento”. Ha numerose manifestazioni, fra cui Tlahuizcampatecuhtli e Xolotl. Nell’immagine sono visibili sculture azteche in pietra raffiguranti serpenti piumati, in mostra presso il Museo nazionale di antropologia di Città del Messico
Bene, il prossimo passo sarà di imparare a memoria tutti i nomi che abbiamo elencato sopra, dopo opportuna cura con il fosforo per rinforzare la memoria. 😉
La Dea dei serpenti, femme fatale di Creta
Assai più gradita, non fosse il fatto che si tratta di una divinità al femminile, è per me la Dea dei serpenti, qui raffigurata a mezzo di una statuetta collocata al Museo archeologico di Candia. Mi ricordo perfettamente che la vidi, la prima volta, nell’ambito di un testo illustrato di storia per ragazzi, e rimasi a bocca aperta. Fui colpita innanzitutto dall’audacia dell’abbigliamento che ne mostrava il seno scoperto e bene in vista – e anche per il coraggio degli illustratori (non dimentichiamoci che parliamo della puritana Italia degli anni ’70)!
La Dea dei serpenti è spesso vista come la Dea Madre cretese, divinità femminile venerata da almeno il 3000 a.C. fino al 1200 a.C. legata alla fertilità e alla vita, ma anche alla morte, ed identificata dagli antichi greci con Potnia theron.
La religione cretese vuole che la Dea Madre abbia guidato il suo popolo lontano dalla loro terra originaria, ma non trovando ospitalità per il suo popolo in nessuna terra. La Dea, allora, creò Creta e vi fece stabilire coloro che la veneravano.
A Creta sono state trovate statue di dee con serpenti in mano, ma anche statue di dee con altri simboli; fra queste ricordiamo la Dea dei Papaveri e la Dea della Morte. Alcuni pensano che siano varie dee, ma prevale l’ipotesi che quelle divinità siano aspetti di un’unica Dea Madre invocata con diversi nomi e attributi a seconda della richiesta.
La statuetta che la raffigura ha il tipico abito a falde ricadenti bloccato sui fianchi da un elemento a selle che sembrerebbe realizzato in stoffa più pesante. Uno stretto corpetto, che comprime e lascia scoperti i seni, cinge anche la parte superiore delle braccia. Le mani della piccola dea stringono e mostrano due serpenti abitanti della terra e portatori, a volte, di morte. Quindi, attenzione!
San Patrizio & San Giulio
In questa galleria sui serpenti non poteva mancare il patrono d’Irlanda, il celeberrimo e venerato San Patrizio. Tra le varie leggende a lui collegate, una narra che San Patrizio scacciò anche i serpenti dall’Irlanda, e che per questo non se ne trovano; anzi, li cacciò direttamente in mare, cosa logica essendo l’Irlanda un’isola
Questa leggenda è connessa a quella della montagna sacra irlandese, Croagh Patrick, sulla quale il santo avrebbe trascorso quaranta giorni, gettando alla fine una campana dalla sommità del monte nell’attuale Baia di Clew per cacciare via i serpenti e le impurità, formando le isole che la contraddistinguono.
Peraltro anche noi abbiamo il nostro San Patrizio locale, ovvero il San Giulio del lago d’Orta. Anche lui era un santo molto energico, e non si scoraggiava per nulla davanti alle difficoltà. Non fu fermato, ad esempio, dalla mancanza di un’imbarcazione per raggiungere l’isola posta in mezzo al lago dove intendeva fondare una chiesa. Giulio avrebbe infatti steso il suo mantello sulle acque navigando placidamente sopra di esso. Sconfisse i draghi e i serpenti che popolavano quel luogo, simbolo evidente della superstizione pagana, confinandoli sul Monte Camosino, e gettando le fondamenta della chiesa nello stesso punto in cui oggi si trova la basilica di San Giulio. Se Patrizio e Giulio si fossero incontrati, avrebbero senza dubbio fraternizzato e, magari, unito le loro forze.
Invece delle solite “immaginette” di San Patrizio, mi piace chiudere questa breve biografia con una vignetta molto popolare nel mondo anglosassone, dato che ne ho trovato diverse versioni, tratta dal sito Cleveland.com. La battuta si gioca sul verbo inglese “to drive out” che significa scacciare, ma anche riferita al verbo “to drive somebody to” vuol dire scarrozzare. Nella vignetta i serpentelli sono come i bambini piccoli quando si trovano in auto, che continuano a far domande e si lamentano di ogni cosa. San Patrizio indossa la tiara vescovile d’ordinanza e ha l’aria piuttosto seccata per l’incombenza toccatagli.
La Madonna dei Palafrenieri di Caravaggio
Torniamo di nuovo seri, anzi serissimi, e parliamo di un pittore straordinario, e di una delle sue opere, forse non altrettanto celebre quanto La Cena in Emmaus o Canestra di frutta, solo per citarne alcune. Come avete letto dal titolo, si tratta della Madonna dei Palafrenieri di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. Viene, anche conosciuta come Madonna della serpe per via del serpente che si contorce sotto il piede della madre e del bambino che lo schiacciano. Nella tela è presente anche Sant’Anna, ovvero la madre di Maria.
L’opera venne commissionata all’artista il 31 ottobre 1605 dall’Arciconfraternita dei Parafrenieri Pontifici del cardinal Colonna (da qui il nome) ed era destinata all’altare della loro cappella nella nuova basilica di San Pietro. Fu però rifiutata dall’arciconfraternita, sia per il bambino eccessivamente nudo sia per Maria che mostra il seno esuberante della modella Lena, che altri non era che una prostituta di cui Caravaggio si serviva, sia per l’atteggiamento dimesso di Sant’Anna patrona dei palafrenieri, e mostrata come una vecchia rugosa e poco partecipe. L’altro punto di contestazione era la posizione dei piedi di madre e figlio nello schiacciare il serpente, che è naturalmente quello del peccato originale. Il guizzo della serpe è di estremo realismo; e di un rosso acceso, che squarcia le tenebre, è l’abito della Madonna che sorregge il figlio poggiando il piede vigoroso sulla serpe in modo che il bambino possa mettervi sopra il suo.
La Vipera convertita di Trilussa
Per chiudere ecco a voi l’impareggiabile poeta satirico romano Trilussa, pseudonimo anagrammatico di Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri, vissuto tra il 1871 e il 1950. Famoso per le sue composizioni in dialetto romanesco, ne dedicò una alla vipera, anzi a una vipera convertita. Riconoscibili nei versi sono coloro che piangono lacrime di coccodrillo o, meglio, di vipera.
Appena che la Vipera s’accorse
d’esser vecchia e sdentata, cambiò vita.S’era pentita? Forse.
Lo disse ar Pipistrello: – Me ritiro
in un orto de monache qui intorno,
e farò penitenza fino ar giorno
che m’esce fori l’ultimo respiro.
Così riparerò, con un bell’atto,
a tanto male inutile ch’ho fatto….
– Capisco: – je rispose er Pipistrello –
la crisi de coscenza è sufficente
per aggiustà li sbaji der cervello:
ma er veleno ch’hai sparso fra la gente,
crisi o nun crisi, resta sempre quello.
***
Bene, questo è tutto! Vi è piaciuta la mia carrellata serpentesca? La prossima volta niente serpenti, lo prometto!
***
Fonti:
- Wikipedia per parte dei testi (fortemente adattati e integrati) e immagini, con l’eccezione della foto d’apertura, Pixabay e della vignetta su San Patrizio, sito Cleveland.com.
Il museo di antropologia di Città del Messico l'ho visitato e devo dire che è stata un'esperienza unica. La forza che emana da alcune delle statue viste dal vivo è qualcosa di inimmaginabile per noi abituati alla scultura rinascimentale o successiva.
Ciao Ivano, interessante quello che dici… così nei tuoi viaggi nel mondo hai visitato anche il museo di Città del Messico. Credo che sia una cultura molto differente da quella europea, io avevo visto alcune mostre sui Maya e sugli Incas a Milano.
Tra san Giulio e la dea madre in questo post mi sono sentita a casa!
Bello!
Infatti ho pensato a te, specialmente quando ho citato san Giulio! Mi fa piacere che tu abbia gradito il post. 🙂
Nonostante non ami i serpenti il tuo post è stato molto piacevole da leggere, molto interessanti le storie ad esse legate. Il serpente credo non sia amato perché è viscido, striscia a terra ed è legato all'idea del peccato originale…certo che se un serpente a sonagli con un morso porta alla necrosi di un arto non c'è da amarli troppo davvero. Fantastica la poesia di Trilussa! Secondo me il poeta romanesco associa la vipera a certi comportamenti umani, ti puoi pentire ma il veleno sparsi nel tempo resta in giro e continua ad avvelenare!
A ben poche persone piacciono i serpenti. A una mia amica avevano messo al collo un serpente, in Marocco, nella famosa piazza di Jemaa-el-Fna, ma non ha fatto una piega perché a lei appunto piacciono un sacco i serpenti. Ho invece una zia trentina che ha un vero e proprio terrore dei serpenti, e non può vederli nemmeno in televisione… si mette a urlare!
Per quanto riguarda la viscidezza, non saprei, non avendone mai toccato uno. Posso dirti però che mio marito ha tenuto in mano un pitone in Africa, e mi ha detto che era molto duro e per niente viscido.
La poesia di Trilussa riproduce proprio il comportamento dell'essere umano, più che della vipera. In fondo la vipera fa solo il suo "lavoro", siamo noi ad essere più "serpentini".
In effetti neanche io ho mai toccato un serpente e leggendo il commento di Grazia non sarebbe affatto viscido…però a vederlo da quella sensazione. Ehm diciamo che faccio a meno di toccarlo se posso.
Per fortuna non capita sovente, almeno non nel lavoro che facciamo! 🙂 Buona domenica, Giulia.
Non ho avversione per i serpenti, e soprattutto non ne ho verso i tuoi post, sempre così ben documentati. Ho tenuto in mano un grosso serpente, una volta, e posso confermare che non è affatto viscido. Sembra solo strano perché è freddo e si muove in un modo così diverso dal nostro.
Ricordo che anche negli altri post avevi manifestato la tua simpatia nei confronti di tutti gli animali, serpenti inclusi. Sei proprio una figlia della natura. 🙂 Anche tu mi confermi che il serpente non è viscido. Il movimento del serpente è particolare, e anche un po' inquietante.
Quetzalcoatl lo conoscevo perché vidi un film a lui ispirato molti anni fa (non un capolavoro, piuttosto un horror da drive-in americano).
Riguardo le tradizioni religiose, se non la conosci già posso suggerirti di informarti sulla processione dei "serpari" a Cocullo, una tradizione dell'Abruzzo dei miei nonni che però è ancora viva. Nella piccola città si svolge una festa patronale in cui viene trasportata la statua di San Domenico con decine di serpenti (vivi beninteso) sopra di essa. Ci sono anche molti fedeli (uomini e donne) che seguono la processione con un serpente in mano o sulle spalle (vivo anche in questo caso).
Gli horror da drive-in americani però alle volte diventi dei propri "cult". 🙂
Non avevo mai sentito parlare dei "serpari" di Cocullo, grazie mille della segnalazione. Copio da wikipedia una prima parte:
"Ogni anno a maggio si celebra a Cocullo un antichissimo rito, trasformatosi oggi in una festa sacra-profana. Tutto ha inizio con i serpari che alla fine di marzo si recano fuori paese in cerca dei serpenti. Una volta catturati, vengono custoditi con attenzione in scatole di legno (in tempi remoti dentro dei contenitori di terracotta) per 15-20 giorni nutrendoli con topi vivi e uova sode. Questa usanza è legata ai riti pagani dei Marsi, antico popolo italico. In epoca contemporanea viene celebrata in onore di San Domenico che è ritenuto protettore dal mal di denti, dai morsi di rettili e dalla rabbia. San Domenico era un monaco benedettino di Foligno che attraversò il Lazio e l'Abruzzo fondando monasteri ed eremitaggi. A Cocullo si fermò per sette anni, lasciando un suo dente e un ferro di cavallo della sua mula, divenute delle reliquie. Per questo la mattina della ricorrenza, nella chiesa a lui dedicata, i fedeli tirano con i denti una catenella per mantenere i denti stessi in buona salute e poi si mettono in fila per raccogliere la terra benedetta che si trova nella grotta dietro la nicchia del santo. La terra sarà poi tenuta in casa come protezione dagli influssi malefici, sparsa nei campi per allontanare gli animali nocivi oppure sciolta nell'acqua e bevuta per combattere la febbre. Tale festa per alcuni studiosi è da correlare ai culti della dea Angizia, venerata presso gli antichi Marsi. Per altri studiosi invece, la si deve attribuire alla mitologia di Eracle. Infatti nella frazione di Casale sono stati rinvenuti bronzetti votivi raffigurante proprio Eracle che, come si sa, strangolò nella culla i due serpenti mandati da Era per ucciderlo."
ti segnalo, se non lo conosci, la festa di san Domenico a Cocullo, in Abruzzo. Avevo uno zio che veniva proprio da quel paese, e mi ha raccontato diverse volte dei "serpari", anche lui da bambino e da ragazzo raccoglieva i serpenti per la festa, che è antichissima e si tiene ancora oggi. Penso che troverai facilmente notizie e filmati in rete.
(io però a Cocullo non ci sono mai stato, e mi spiace)
per il resto, ottimo lavoro
🙂
Grazie anche a te della segnalazione, in effetti Ariano mi aveva già proposto questa festa di san Domenico a Cucullo. Copio dunque a mio beneficio la seconda parte di quello che ho trovato su wikipedia:
"Leggende sulle origini della festa
Secondo la tradizione locale, il santo cavandosi il dente e donandolo alla popolazione di Cocullo, fece scaturire in essa una fede che andò a soppiantare il culto pagano della dea Angizia, protettrice dai veleni, tra cui quello dei serpenti.
Il dente di San Domenico, con probabile allusione al dente avvelenatore del serpente, diede, forse, l'idea che fece nascere la fede che portò alla festa in onore del santo.
La festa ha riconduzioni pagane, probabili residui dell'antico culto della dea Angizia. Nell'Eneide è presente la figura di Umbrone, giovane serparo dei Marsi, l'antica popolazione dell'Abruzzo: alleato di Turno nella guerra contro Enea, sarà ucciso dal capo troiano in persona.
La cattura dei serpenti
La prima fase della festa consiste nella ricerca e nella cattura dei serpenti (tutti rigorosamente non velenosi) che cominciano ad essere raccolti quando inizia a sciogliersi la neve, da persone esperte dette serpari. Queste osservano le stesse tecniche dei serpari antichi anche se allora i rettili venivano posti in recipienti di terracotta, ora in cassette di legno."
Ora vado a vedermi il filmato! 🙂
Beh, se c'è un animale carico di simbolismi sia cristiani che pagani quello è proprio il serpente.
Oh, sì, e anche appartenenti all'ebraismo. Mi viene in mente il serpente di bronzo issato da Mosè nel deserto per guarire il popolo d'Israele al morso dei serpenti velenosi. O, sempre nella storia di Mosè, quando egli butta per terra il bastone di Aronne e questo si trasforma in serpente. Il Faraone convoca i suoi maghi che ripetono l'incantesimo, ma il serpente mangia i serpenti dei maghi.
Io ti condivido questa immagine:
[img]http://www.libreriapeterpan.it/images/L3sAAOSwKytZLt8H_100.JPG[/img]
Il racconto che dà il titolo a questa raccolta di Hitchcock parla della lotta disperata, completamente al buio, di un uomo contro un serpente a sonagli che si è infilato nella sua cantina ed è pronto a colpirlo.
Grazie, Marco! Hai fatto bene a sfruttare l'opportunità di poter postare un'immagine, così è molto più efficace. La sola descrizione della trama mi dà i brividi, e il fatto che il racconto sia stato scritto da Hitch li trasforma in terrore…