Scrittrice, filosofa, poetessa, intellettuale, ma anche agente di se stessa e curatrice della propria immagine. Una donna, penserete, che non ebbe tempo da dedicare alla propria vita familiare, tutta presa com’era dal lavoro. Nient’affatto, perché fu anche moglie e madre. Stiamo parlando di una donna contemporanea? No, oggi la protagonista della mia galleria di grandi donne è

Christine de Pizan


vissuta tra il 1364 e il 1430. Il seguente articolo porta la firma di Antonella Scorta, autrice di un guest post sulla ricerca dei propri antenati che, se volete, potete ritrovare qui. Le ho chiesto infatti di scrivere un pezzo su una delle grandi donne del passato da inserire nella mia galleria, e ho scelto Christine. I motivi sono duplici: l’avevo sempre sentita nominare, ma non si può dire che io la conoscessi a fondo; volevo proporla come un esempio di libertà intellettuale in una società che alle donne concedeva, e concede, assai poco. Oltretutto Christine mi è particolarmente simpatica perché abbiamo lo stesso nome… ! Ma ora ringrazio di cuore l’autrice e le lascio senz’altro la parola.

***

La signora in blu

Alzi la mano chi conosce il nome di Christine de Pizan. Se la signora in questione fosse stata di sesso maschile certamente avrebbe un ruolo fondamentale nella storia della letteratura e sarebbe nota anche ai non addetti ai lavori. Invece, oggi, forse soltanto qualche militante femminista la ricorda. Con questo post vorremmo colmare questa lacuna, raccontando la storia di una donna dal multiforme talento, la cui vita è stata sicuramente eccezionale per l’epoca. E per diversi motivi.

Il primo: pur essendo una femmina, ricevette un’istruzione, per volere del padre, evidentemente uomo lungimirante e all’avanguardia. La figlia lo definisce, infatti, con riconoscenza “uomo pieno di tesori tanto preziosi quanto impossibili da rubare trattandosi di beni immateriali, quali virtù e sapienza”. Tommaso da Pizzano, così chiamato in quanto la famiglia era appunto originaria di questo piccolo borgo nel bolognese, era professore all’università di Bologna e venne poi chiamato dal re Carlo V il Saggio alla corte di Francia come medico e uomo di cultura e soprattutto per le sue conoscenze astrologiche.

Cristina, quindi, a tre anni si trasferì a Parigi con la famiglia e lì rimase per tutta la vita, passando perciò alla storia con il nome francesizzato di Christine de Pizan. La fortuna, che fu molto favorevole negli anni ottanta del Trecento, mutò quando in rapida sequenza morirono il re che li aveva chiamati a Parigi, lo stesso Tommaso e anche il marito di Christine, il notaio Etienne Castel, che la lasciò vedova con tre figli a soli 25 anni.

Quest’avvenimento che normalmente significava la fine della vita di una donna per lei segnò invece un nuovo inizio, perché la nostra eroina invece di chiudersi in convento si inventò una nuova esistenza. Divenne scrittrice. E di successo. Infatti, cominciò a comporre delle ballate che ottennero il favore del pubblico che allora contava davvero, ovvero la corte. Successivamente si dedicò alla stesura di opere pedagogiche, a cominciare dall’Epistre Othea, un manuale di educazione scritto ufficialmente per suo figlio, ma in realtà dedicato a Luigi d’Orleans, fratello minore del nuovo re Carlo VI.

Perché Christine era abilissima nel rivolgersi alle persone “giuste”. Era letterata ma anche agente letterario di se stessa: per questo riuscì a trasformare quella che prometteva di essere soltanto un’occupazione di svago in una professione. Furono proprio i potenti del suo tempo (i sovrani stessi e i cortigiani che intorno a loro ruotavano) che le commissionarono delle opere pagandogliele profumatamente. E quindi, divenne la prima e forse unica donna del Medioevo “intellettuale di professione”, riuscendo così a mantenere se stessa e la sua famiglia, dopo il periodo di difficoltà in cui si era trovata in seguito alla morte del padre e del marito.

Paradossalmente la sua fortuna è dovuta anche al fatto di essere di sesso femminile: le sue opere erano richieste proprio perché scritte da una donna, cosa inaudita. Così Filippo l’Ardito, fratello di Carlo V, commissionò a lei e non ad altri la biografia del defunto re. E quest’opera naturalmente contribuì ad accrescere la sua fama.

Anche se la celebrità di Christine è dovuta soprattutto al ruolo svolto nella disputa sul Roman de la Rose di Jean de Meung. Proprio per controbattere le idee maschiliste di quest’opera decisamente misogina, Christine prese la penna e anche in quest’occasione confermò ancora una volta di essere un’abile donna di marketing, indirizzando le Lettere sul romanzo della rosa alla regina Isabella di Baviera. Inoltre, mostrando il suo coraggio nell’opporsi a un celebrato intellettuale come Jean de Meung e dimostrando che le donne non avevano soltanto corpo ma anche cervello e anima, divenne un personaggio famoso e rispettato nel panorama culturale di inizio Quattrocento.

Oltre a essere molto intelligente la nostra Christine era anche molto efficiente: rapidissima nello scrivere, consegnò la prima parte della biografia di Carlo V quattro mesi dopo averne ricevuta la commissione e in un anno la portò a termine; tra il 1404 e il 1405 scrisse tre libri, ne concluse due che aveva in preparazione e ne iniziò un altro. Non solo: aveva organizzato un suo “scriptorium” in cui lavoravano amanuensi e miniatori e quindi produceva lei stessa i codici delle sue opere, curandone anche l’aspetto iconografico.

Così le immagini di Christine che la storia ci tramanda sono state confezionate proprio da lei: la vediamo, infatti, nelle miniature che arricchiscono i suoi manoscritti vestita di blu, con un abito molto sobrio senza gioielli e orpelli e con un copricapo bianco dalla foggia tipica dell’epoca. La scelta del blu non è casuale: è un colore serio ma non triste e lugubre come il nero ed è comunque una tinta riservata alle persone agiate, mentre i popolani erano vestiti in tutte le possibili sfumature di marrone. Si fa sempre rappresentare circondata da libri, nell’atto di scrivere, oppure di insegnare al figlio.

Oppure, un’altra rappresentazione più volte ripetuta è quella di Christine che scava la terra per porvi le fondamenta della Città delle dame (titolo di una delle sue opere più note, che richiama Sant’Agostino): questa mitica città che la scrittrice costruisce su ispirazione di Ragione, Rettitudine e Giustizia è abitata dalle donne famose della storia lontana o recente, da Zenobia e Semiramide a Isabella di Baviera e Valentina Visconti (sì, proprio la figlia di Gian Galeazzo signore di Milano che aveva sposato Luigi di Valois, diventando duchessa d’Orleans).

Ma la donna che suscitò l’entusiasmo di Christine e la indusse a ricominciare a scrivere dopo che si era ritirata in convento disgustata dalle atrocità che aveva visto a Parigi negli scontri tra una fazione e l’altra (non dimentichiamo che la scrittrice visse ai tempi della Guerra dei Cent’anni che funestò l’Europa per più di un secolo con carneficine d’ambo le parti) fu Giovanna d’Arco, la pulzella d’Orleans che mise fine all’interminabile conflitto e permise al debole Carlo VII di consolidare il potere come re di Francia e sconfiggere gli odiati inglesi. Un’altra donna eccezionale, che faceva “cose da uomini”, in questo caso non un’intellettuale ma una guerriera, una ragazzina semplice che la sorte rivestì di una fulgida armatura, ma la cui storia finì male. La pulzella fu bruciata sul rogo come strega. Ma Christine non lo seppe mai perché morì prima, alla rispettabile età di 65 anni, dopo una vita piena, ricca e fortunata.

***

Siete contenti di aver fatto la conoscenza con questa figura di donna? Io sì, perché rappresenta un esempio straordinario di intraprendenza, lungimiranza e talento, tutti ben combinati in un modello che ha ancora molto da insegnarci.

——-

Fonti articolo:

  • “Un’italiana alla corte di Francia” di Maria Giuseppina Muzzarelli – Il Mulino
  • “Autunno del Medioevo” di Johan Huizinga – BUR

Fonti immagini: Wikipedia

  • Figura 1: Christine de Pizan in una miniatura
  • Figura 2: Christine de Pizan educa suo figlio (1413), Attribuito a Maestro di Bedford
  • Figura 3: Christine de Pizan offre una copia dei suoi lavori alla regina Isabella di Baviera, moglie del re Carlo VI
  • Figura 4: La Città delle Dame