Alcuni di voi sono troppo giovani per ricordarlo, e persino io ero molto piccola all’epoca, ma negli anni ’60 la Rai trasmetteva una seguitissima trasmissione televisiva dal titolo Non è mai troppo tardi. Corso di istruzione popolare per il recupero dell’adulto analfabeta. Il programma era condotto dal maestro e pedagogo Alberto Manzi, che bisognerebbe proporre alla Chiesa per la beatificazione: infatti era un Don Milani laico, e la sua trasmissione aveva il fine di insegnare a leggere e a scrivere agli italiani che non ne erano ancora in grado pur avendo superato l’età scolare. Le classi erano formate da adulti analfabeti, nelle quali venivano utilizzate le tecniche di insegnamento moderne, oggi potremmo dire “multimediali”, giacché si servivano di filmati, supporti audio, dimostrazioni pratiche, nonché della mano del maestro Manzi che, con rapidi tratti di carboncino, disegnava schizzi e bozzetti su una lavagna a grandi fogli.

Beh, vi starete chiedendo, che cosa c’entra la trasmissione dei lontani anni ’60 con il progetto Top Secret? Ebbene, abbiate ancora un attimo di pazienza e vi svelerò l’arcano, anche perché è un progetto cui sono addietro da mesi e che a un certo punto ha assunto le connotazioni di un thriller, con colpi di scena ogni giorno, per cui mi sembrava di essere finita su un ottovolante.

Chi ha letto i miei due post autobiografici (“Confessioni di una scrittrice per hobby” e “I miei anni ’80, ovvero un’anima divisa in due“) sa che dopo il liceo linguistico rinunciai ad andare all’università per rendermi indipendente. Frequentare l’università avrebbe significato senz’altro iscrivermi a una facoltà umanistica, come Lettere o Lingue, con il rischio di andare a insegnare. Parlo di rischio, condiviso con i miei ipotetici futuri allievi, perché affrontare una classe di venti o più soggetti non è nelle mie corde. Non ho la vocazione dell’insegnante: mi ritengo una persona paziente, ma non con i grandi gruppi. Come vi ho spiegato nei due post, per i miei genitori fu una grande delusione, ma non ho mai rimpianto questa scelta.

Però questa voglia di studiare, e di frequentare l’ambiente universitario, mi è sempre rimasta, e lentamente ha cominciato a rigerminare nella mia testa poco tempo fa, anche grazie ai discorsi di mio figlio Stefano, studente universitario. Ho cominciato quindi a cercare, per curiosità e quasi per gioco, quello che faceva per me, navigando sui siti delle università di Milano. All’inizio ero orientata su Psicologia, poi ho avuto una folgorazione: perché non Storia, che mi piace così tanto? Ho puntato la mia attenzione sull’Università Statale di Milano, che ha proprio la specifica Facoltà di Storia, ho visto il programma dei corsi e me ne sono subito innamorata.

Mi sono informata sulle date degli Open Day, pensando di presenziare anche a quelli di altre università, poi ho visto che Storia era solo in Statale; e quindi mi sono detta: “O Storia o niente” prendendo a prestito la frase del Valentino: “Aut Caesar aut nihil!” “O Cesare o niente!

Così, il giorno 20 maggio, piena di curiosità, sono andata all’Open Day con un accompagnatore d’eccezione… proprio mio figlio Stefano. Dovete sapere, infatti, che mio figlio frequenta la facoltà di Economia; ma ha sempre detto che, se proprio avesse voluto iscriversi a una facoltà di suo pieno gradimento, avrebbe scelto la laurea magistrale in Storia contemporanea. Quindi mi ha accompagnato sia a richiedere informazioni ai gazebo, collocati tutt’attorno al grande cortile dell’università sia alla presentazione in sala conferenze, dal titolo I mestieri dello storico: fonti, metodi, linguaggi.

Confesso che ero un po’ imbarazzata vista la mia età vetusta, ma con mia grande sorpresa nel pubblico c’erano altre aspiranti matricole persino più datate della sottoscritta. La presentazione mi ha entusiasmato, e l’ambiente un po’ barricadero della Statale ha risvegliato la rivoluzionaria che sonnecchia in me. Durante la presentazione, tra l’altro, ho appreso che la Biblioteca di Scienze della storia e della documentazione storica ha una documentazione, sia online sia cartacea, a dir poco gigantesca. Al ritorno dalla nostra spedizione, il figlio mi ha persino gratificato con un “Sono stato contento di essere venuto,” al che mi è venuto un leggero senso di vertigine e sono quasi caduta dal marciapiede. Mi sono detta: “Adesso fa piovere,” e in effetti a casa siamo stati accolti con un nuvolone rombante.

Lo scopo della mia immatricolazione alla facoltà naturalmente non deriva dalla necessità di prendere una laurea, ma di approfondire un argomento che mi appassiona e che tra l’altro costituisce la materia di base dei miei romanzi. Tutto questo prima che inizi l’inevitabile fase del rimbambimento senile. Ha uno scopo culturale, in altre parole.

Ma… come spesso accade nelle cose della vita, a un certo punto si è parato davanti un ostacolo.

Già prima dell’Open Day voci di corridoio e di giornale sussurravano che l’università, nella persona del rettore, aveva in mente di mettere il numero chiuso anche alle facoltà umanistiche; ovvero, come già avviene per le discipline tecniche e scientifiche, di obbligare le future matricole a sostenere un test d’ingresso per attuare una selezione. Già prima di questo c’era l’obbligo di sostenere un esame di autovalutazione per coloro che, come me, erano usciti dalla scuola superiore con un voto basso, il cui esito non era vincolante per l’iscrizione ma soltanto indicativo delle eventuali lacune.

Immediatamente gli studenti hanno cominciato a entrare in agitazione (e io con loro, ma in altro senso). Non mi perdevo un telegiornale regionale e nemmeno un articolo sui quotidiani. L’agitazione ha raggiunto i massimi livelli quando il senato accademico, spaccato in due, ha votato l’introduzione ai test. Prima della pausa di agosto, dunque, i test erano stati stabiliti e, anzi, si consigliava l’iscrizione a più d’uno per avere maggiori possibilità d’ingresso.

Non appena si sono aperte le iscrizioni, mi sono iscritta a Scienze dei Beni Culturali e, com’è ovvio, a Storia. Il primo si sarebbe tenuto lunedì 4 settembre e il secondo lunedì l’11 settembre. A questo punto ho cominciato a cercare nel sito se vi fossero delle simulazioni di test… ma, essendo una novità, non c’era nulla a parte un simulazione per l’accesso alla facoltà di Lingue. Ho trovato dunque delle simulazioni per concorsi pubblici che ho cominciato a fare con risultati alterni: o passavo a pieni voti con emoticon solari e il pollice alzato o la catastrofe era assoluta con emoticon disgustati. C’è da dire anche che si trattava di simulazioni con quesiti meramente nozionistici, ad esempio non c’era la comprensione di un testo che è invece parte importante di un test per accesso universitario.

Comunque ho capito che avrei dovuto mettermi a ripassare di gran carriera, dato che quello che avevo appreso risaliva ormai alla cosiddetta notte dei tempi e che sono consapevole della mia fallace memoria sulle date. Ho ordinato un Compendio di Storia dalle Origini all’Età Contemporanea e nel mese di agosto mi sono buttata nel ripasso delle 600 e passa pagine scritte in caratteri minuscoli (che equivale a 1200, in buona sostanza). La cosa curiosa è che riaffioravano i ricordi dalle nebbie, che mi strappavano delle esclamazioni di stupore: oh, sì, certo! L’età del ferro, Silla, Claudio, la caduta dell’Impero, le invasioni dei Visigoti, le guerre gotico-bizantine, i Pipinidi, e poi il Medioevo con i Comuni italiani, la Guerra dei Cent’anni, la Riforma e la Controriforma, la Guerra di Successione… Sospiravo di contentezza, ma anche di preoccupazione.

Nel frattempo mi dicevo di non farmi troppe illusioni perché mai e poi mai sarei riuscita a passare i test (e in quest’ultimo caso mi sarei dovuta sentire pure in colpa perché avrei portato via il posto a un giovane). Congiuravano contro di me alcuni fattori fondamentali: ero uscita alla maturità con un voto molto basso (40/60) che avrebbe fatto media, e avevo l’età dei datteri (nel terzo punto del bando c’era scritto che in graduatoria si sarebbe privilegiata una più giovane età anagrafica).

Gli studenti frattanto avevano deciso di portare il caso davanti al tribunale, nello specifico davanti al Tar del Lazio ed erano decisi ad andare avanti fino a conseguire la vittoria nelle aule giudiziarie. Seguivo la questione pressoché quotidianamente, e venivo ad apprendere tra l’altro che il numero degli iscritti ai test era esorbitante per la facoltà di Lingue, ma persino inferiore ai posti disponibili per Storia. Speravo dunque in un posticino per me, mentre le date dei test campeggiavano a caratteri cubitali sulla mia agenda e sul calendario, finché…

…finché una sera è accaduto il miracolo.

Evidentemente il 2017 è proprio l’anno dello Scorpione, non c’è dubbio alcuno. Ero nel bagno a lavarmi i denti quando mio figlio arriva di gran carriera, gridando: “Vieni subito a vedere!”. Esco correndo, con la bocca piena di schiuma, e mi arresto sbalordita davanti allo schermo del computer con le ultime notizie che riportavano la vittoria degli studenti: il Tar del Lazio dava loro ragione! Non dovevo più fare i test, tutto questo un paio di giorni prima della fatidica data del 4 settembre, quando avevo già studiato il percorso per andare in via Noto, che per me è in capo al mondo. Sul filo del rasoio. Ho fatto un grande sorriso con la bocca piena di dentifricio… Il giorno dopo mi arriva la comunicazione dalla segreteria degli studenti che non dovevo presentarmi né all’uno né all’altro, in quanto erano sospesi. Attenzione, sospesi ma non annullati!

Non era ancora finita, perché nei giorni successivi si aspettava ansiosamente il responso dell’università che aveva annunciato l’intenzione di fare ricorso. Responso che si è fatto attendere, ma che è stato di nuovo favorevole: i test previsti per le facoltà umanistiche erano definitivamente annullati in quanto non si sarebbe riusciti a garantire la regolare apertura dell’anno accademico (la risposta al ricorso sarebbe pervenuta addirittura nel febbraio del prossimo anno). I soldi spesi per iscriversi ai test sarebbero stati rimborsati.


URRAH!!!

Dunque ho fatto le foto tesserami sono iscritta immediatamente prima di altri ripensamenti. Ora ho il mio numero di matricola, e il 22 settembre ho anche partecipato all’incontro di presentazione del corso di Storia. Sono stata di nuovo rassicurata sulla presenza di numerosi, arzilli vecchietti persino oltre la mia età… magari alla seconda laurea o, come me, decisi a sfruttare la loro materia grigia prima dell’inevitabile declino delle funzioni neuronali. Mi sembra di sognare! Ora ho costruito il mio calendario di corsi/esami del primo semestre, e ho ordinato i libri necessari. Sto già studiando e ho presenziato ad alcune lezioni su “Metodologia degli studi storici” e “Geografia urbana”. Farò le cose con calma, e senza stress ulteriori, tanto nessuno mi corre dietro; anche perché sarò una “non frequentante”, e di conseguenza ho un numero di libri aggiuntivi su cui studiare.

In qualunque modo voi la pensiate sulla faccenda dei test d’ingresso, io sono, com’è ovvio, contentissima di come siano andate le cose: ormai ho avuto accesso all’università e non riusciranno a buttarmi fuori tanto facilmente.

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Vi è piaciuta la mia sorpresa sul progetto Top Secret? Lo sapevano in pochissimi. 🙂

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Fonti immagini:
1a immagine: Wikipedia
2a immagine: Wikipedia
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