Di recente mi è capitato di rivedere un ritratto di coppia che mi è sempre piaciuto molto (ne ha parlato Marco Lazzara nell’ambito della sua serie “Viaggio multimodale nelle scienze”, che potete trovare qui per la chimica insieme con il ritratto stesso). Si tratta dei coniugi Antoine Lavoisier et Marie-Anne Lavoisier, dipinto da Jaques Louis David, e attualmente al Metropolitan Museum of Art. Eccolo qui sulla vostra sinistra.
Per chi non lo sapesse, Lavoisier era un chimico, biologo, filosofo ed economista francese ed è universalmente riconosciuto come il “padre della chimica“. Lavoisier, essendo nobile di nascita, fu membro di vari consigli aristocratici. A causa del suo ruolo di funzionario fiscale, venne però considerato coinvolto con la monarchia deposta dalla Rivoluzione Francese, cosa che gli costò la vita: accusato di tradimento, fu condannato a morte e ghigliottinato nel 1794. La sua importanza per la scienza venne espressa dal matematico e astronomo torinese Joseph-Louis Lagrange che si dolse della decapitazione dicendo: “Alla folla è bastato un solo istante per tagliare la sua testa; ma alla Francia potrebbe non bastare un secolo per produrne una simile.” Comunque, se avete delle curiosità sulle sue opere e scoperte, vi consiglio di suonare alla porta di Marco, che è senz’altro persona più qualificata della sottoscritta per soddisfarle. 😉
In quest’ambito, vorrei invece fare alcune considerazioni su questo dipinto a olio dal punto di vista artistico. Come prima cosa, è un ritratto del 1788, quindi è un anno precedente allo scoppio della rivoluzione. Per questo motivo, oltre che per il fatto di essere ambientato in un interno domestico altolocato, vi si respira un’aria serena. La posa in cui è ritratta la coppia mi ha richiamato alla mente il secondo ritratto di cui vi parlerò in questo blog, e mi ha fatto pensare a una sorta di codifica nella ritrattistica di questo genere, un po’ come nelle fotografie di inizio ‘900 in cui le persone si mettevano in posa appoggiate a un mobiletto o a una fioriera.
Lavoisier è seduto a un tavolo coperto da un panno rosso e ingombro di alcuni strumenti per i suoi esperimenti chimici, secondo una tradizione che deriva dal ritratto cinquecentesco in cui l’uomo era attorniato dai simboli della sua professione. Un pallone di vetro è posato ai piedi del tavolo, e viene quasi sfiorato con il piede. Lavoisier ha una penna d’oca in mano e sul tavolo vi sono alcuni fogli su cui era intento a scrivere. È vestito interamente di nero, e per contrasto spiccano i pizzi delle maniche e della camicia, e la parrucca bianca; ha le gambe inguainate da calze presumibilmente di seta e una delle sue gambe, magrissime, scosta il lembo della tovaglia e traccia una curiosa diagonale. Non sta leggendo i suoi fogli, ma sta osservando la giovane donna che gli si è avvicinata. Le rivolge uno sguardo di amore e profonda venerazione: si potrebbe ben dire che ha occhi soltanto per lei!
La moglie Marie-Anne sembra appena entrata nella stanza; gli ha posato una mano sulla spalla, mentre con l’altra si appoggia gentilmente al bordo del tavolo. A differenza del marito, è colta in piedi nella sua interezza, ed è vestita con un luminoso abito bianco da casa, probabilmente di cotone, mussola o altra stoffa leggera, e chiuso alla vita da una cintura azzurra; la scollatura è ornata di bellissimo pizzo. Il suo sguardo sereno rivolto verso lo spettatore esprime grande dolcezza. La luce arriva da sinistra, la coglie e la investe, dando alla sua figura una posizione dominante. Nell’angolo a sinistra, c’è una sedia sopra cui è appoggiato un faldone che potrebbe contenere dei disegni. Lo sfondo grigio non incupisce la composizione, ma la rende ancora più quieta e soave. Com’è ovvio di tratta di un quadro attentamente studiato, eppure i coniugi sembrano colti in un momento spontaneo di intimità domestica. E mi viene da pensare che lui abbia voluto lasciare che, in questo ritratto, fosse la moglie a primeggiare.
La posa dei coniugi Lavoisier mi ha fatto venire in mente un altro bel ritratto dello stesso pittore, ovvero quello dei coniugi Desmoulins del 1792, che potete ammirare sotto. Come avete capito, David era uno dei pittori più in voga del momento, e molte personalità chiedevano i suoi servigi per essere immortalate sulla tela.
La storia dei Desmoulins è una delle più appassionanti e tragiche della Rivoluzione Francese, al punto che sto scrivendo un romanzo incentrato su di loro. Camille Desmoulins era un avvocato, giornalista e uomo politico. Aveva studiato al liceo Louis-le-Grand di Parigi con risultati brillanti. Era compagno di studi di Maximilien de Robespierre. Diventò avvocato nel 1785. Malgrado la balbuzie, sapeva fare presa sulle masse anche quando saliva alla tribuna come oratore. Il suo primo grande discorso ebbe luogo davanti alla folla riunita nei giardini del Palais-Royal, il 12 luglio 1789. Il suo discorso infiammò la folla e la portò alla presa della Bastiglia. Nel 1790 Camille aveva sposato Lucile Duplessis, dopo aver vinto le reticenze del padre della fanciulla. Robespierre fu presente alla celebrazione in qualità di testimone di nozze. Nel 1792 nacque un figlio chiamato Horace, chiamato così in onore degli Orazi della storia romana. Camille fu poi eletto alla Convenzione Nazionale.Venne arrestato insieme a Danton, Fabre, Philippeaux, Lacroix e altri amici all’alba del 31 marzo 1794. Comparve davanti al tribunale per tre giorni consecutivi. Agli imputati fu impedito di avvalersi di testimoni, e il processo si chiuse con la condanna a morte di Desmoulins e di quattordici degli altri quindici imputati. Camille fu ghigliottinato il 5 aprile 1794. Anche la moglie Lucile subì la medesima sorte il giorno 13 aprile. Il bambino, rimasto orfano, fu allevato dai nonni materni. Questa è la stringatissima biografia della coppia, doverosa pur triste che sia.
Ma ora risolleviamo gli animi e occupiamoci del ritratto del 1792, epoca in cui la Rivoluzione stava velocemente correndo verso il suo climax. Come potete vedere, la posa della moglie e del marito è pressoché simile al ritratto dei Lavoisier, con la differenza che è stato aggiunto anche il bambino, in braccio alla madre, e che pone la manina sulla testa del padre. Sembra letteralmente unire i genitori come se fosse un piccolo Cupido nudo. Anche Camille è seduto alla scrivania e tiene la mano sinistra nervosamente appoggiata sui fogli, e il gesto ben rispecchia il suo carattere; come Antoine Lavoisier, il suo sguardo si volge in direzione della moglie e, qui, anche del figlioletto. L’altra mano è appoggiata sul bracciolo di una sedia dallo schienale alto. Anche la moglie Lucile ha un abito da casa simile a quello di Marie-Anne, con la differenza che la cintura è rossa, e i capelli sono cinti da una fascia di uguale colore; e il pizzo della scollatura è meno arricciato. Lo stesso colore rosso spicca anche nei risvolti della giacca di Camille, sotto la camicia a jabot. Lucile posa la mano sinistra sopra quella del marito. Lo sfondo nero sembra inghiottire l’uomo, facendo tutt’uno con la giacca. Dal punto di vista della luce, proveniente da sinistra come nel ritratto precedente, la composizione appare più equilibrata e a ognuno viene dato il giusto rilievo, compreso il bimbo. Le espressioni sono allegre e vivaci, come di un complice terzetto di discoli.
Camille non era una bellezza classica, e la sua fisionomia doveva essere così bizzarra che non c’è un ritratto uguale all’altro. Lucile in realtà non era mora con gli occhi scuri come nel quadro, ma bionda con gli occhi azzurri, non soltanto secondo altri ritratti dell’epoca, ma secondo le testimonianze dei contemporanei. Siccome non era possibile che David fosse daltonico, mi sono a lungo scervellata sul perché vi fosse così poca rispondenza alla realtà. Alla fine mi sono data una risposta, non so quanto attendibile. All’epoca il modello dei rivoluzionari era la Roma repubblicana, complesso di virtù politiche e civiche. Può essere dunque che lei fosse stata dipinta con l’aspetto di una donna romana e con tutta probabilità questo ritratto è servito al regista polacco Wajda per il casting degli attori che impersonano i Desmoulins nel suo magnifico film Danton che ho recensito qui.
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Mi sono fatta prendere la mano, o meglio le dita sulla tastiera, e il post è risultato lungo rispetto agli standard di questa rubrica dedicata alla Rivoluzione, ma penso che ne valesse la pena. Ci sono dei ritratti di famiglia che vi piacciono in modo particolare?
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Fonte immagini: Wikipedia
Bellissima esposizione come sempre, molto attenta ai dettagli storici e culturali dell'epoca.
Per quanto mi riguarda trovo che i ritratti di famiglia siano spesso molto "convenzionali" (nel caso dei due sopra esposti in effetti apprezzo proprio la quasi assenza di formalismi e austerità che li rendono assai meno convenzionali rispetto al tipico ritratto famigliare).
Un ritratto di coppia che mi piace (che però non si può definire "ritratto famigliare" ma semmai una prova di surrealismo o simbolismo) è "Bond of union" di M.C. Escher in cui ritrae se stesso con la moglie. Purtroppo fu il suo disperato tentativo di mostrare un'unione che ormai non c'era più, infatti poi la moglie chiese il divorzio tempo dopo.
Grazie del lungo e articolato commento, Ariano. Hai ragione sulla convenzionalità dei ritratti. Del resto erano commissionati da patrizi o persone quantomeno abbienti, e quindi erano una dimostrazione dello status sociale.
Sono andata a riguardarmi Bond of union di Escher. Avevo visto la mostra a Milano in gennaio, l'avevo molto apprezzata nonostante la calca.
Non posso dire che i ritratti di famiglia siano una delle mie passioni. In effetti se provo a trovo a cercarne qualcuno nella mia memoria incontro il buio totale. Segno che in me proprio non lasciano… il segno.
Mi piacciono sempre molto i tuoi giochi di parole! 🙂
Per quanto riguarda i ritratti, a me viene in mente di primo acchito Il ritratto dei coniugi Arnolfini oppure i ritratti seicenteschi della famiglia reale spagnola.
Il gioco di parole tra provo e trovo è invece del tutto involontario… un errore bello e buono dettato dalla freeetta 😛
Ma no, secondo me hai un talento naturale! Te ne sono venuti due nella stessa frase: uno voluto e l'altro no. ^_^
I ritratti che proponi sono molto belli e trasmettono una sensazione di tranquillità familiare, il primo soprattutto. Ma i soggetti posavano giorni e giorni per questi quadri, oppure il pittore si accontentava di metterli in posa a intermittenza? Perché se è vera la prima, auguri alle schiene e ai colli… 😉
Sui tempi di posa mi cogli impreparata, ma, se tanto mi dà tanto, prima l'artista eseguiva dei veloci studi, e poi procedeva alla vera e propria realizzazione del quadro. In questo caso c'erano i tempi di posa, almeno iniziali. Nelle mostre e nei musei sono conservati molti bozzetti preliminari. Mi auguro che fosse così, perlomeno! 😉
Bel post, Cristina (come sempre)! Senza ombra di dubbio, la protagonista del ritratto è Madame Lavoisier: a figura intera, colpita dalla luce e con lo sguardo rivolto all'osservatore. Per quanto riguarda i tempi di posa (ho letto il commento di Grazia), confermo che fossero alquanto lunghi e penosi. Il caso più eclatante è senz'altro quello legato a Millais e la sua Ofelia. Per dipingere il personaggio, il pittore si rivolse a Lizzie Siddal, donna dal tragico destino, che era una delle modelle preferite dai preraffaelliti e che in seguito sposò Rossetti. La Siddal rimase immobile, immersa per un'intera giornata, con gli abiti e i capelli inzuppati, nella vasca da bagno che avrebbe dovuto essere riscaldata dalle candele. Peccato che Millais, preso dalla foga di dipingere, non si accorse che quelle si spensero quasi subito lasciando la poveretta al gelo. La Siddal, infatti, per non venir meno al suo impegno, non disse nulla e si buscò la broncopolmonite. Non posò mai più per quell'artista.
Ma poverina Lizzie Siddal, è terribile quello che le era capitato! 🙁 A parte che Mr Millais avrebbe dovuto prevedere torce, o una bella stufa rovente nel bagno, altro che candele. Ci credo che non aveva più posato per lui. Grazie del commento, come sempre un piccolo e prezioso post aggiuntivo.
Sempre meravigliosi i tuoi post. E la storia del cambiamento di colore die capelli è davvero particolare, mi ha affascinato molto. Chissà cosa c'è sotto…
Grazie mille, Tenar! Sul colore dei capelli e degli occhi, il modello di riferimento romano è l'unica cosa che mi è venuta in mente; non ho altre spiegazioni sensate e sono sicurissima che fosse bionda e con gli occhi chiari.
Ad esempio Eléonore Duplay, la cosiddetta "fidanzata" di Robespierre e una delle figlie del suo padrone di casa, era soprannominata Cornelia. Peccato che quella comare di Danton vi avesse aggiunto "Truciolo", prendendo spunto dalla professione di Monsieur Duplay che faceva il falegname. 😀
Ciao Cristina,
quella non è una "fiasca panciuta" (!) bensì un pallone! Ahahah!
P.S. = Scusa, ma ho inavvertitamente cancellato il tuo ultimo commento sul mio blog. Che casinaro…
Sul serio è un pallone??? :-0 Ma dai! Sapevo che avrei sbagliato qualcosa nella terminologia, infatti non ho osato definire gli strumenti posti sul tavolo. Da qualche parte ho letto che uno è un gasometro, ma lascio a te la parola.
Ti riferisci all'ultimissimo commento sulla Musica e il Viaggio Multimodale? Ah, ecco, ho letto ora sul tuo blog che l'hai ricopiato. Quindi siamo a posto. 🙂
Sì, penso sia corretto. Quello però è davvero uno strumento antico, oggi non si vedono più…
Però sono affascinanti questi strumenti pionieristici… Dopo provvedo a correggere la "fiasca panciuta".
Con i post di Cristina ci si accomoda e si leggono riga per riga stimoli, osservazioni, spunti. Come sempre, meraviglioso e illuminante.
Mi piace in particolare il ritratto dei Lavoisier, quel panno di velluto che sembra vivo sotto lo sguardo dell'osservatore è già solo quello di mirabile effetto, oltre che l'espressione dei due, tanto bene da te descritta.
A me piacciono molto i ritratti di famiglia della pittura fiamminga.
Carissima Luz, ti ringrazio davvero dell'osservazione. Bisogna prendersi un po' di tempo per leggere i miei post, è vero, come del resto a me per scriverli. Però sono molto fortunata ad avere commentatori come voi, che apprezzano.
Il panno sul tavolo di Lavoisier è l'unica nota di colore squillante nel quadro; tra l'altro la gamba di lui, scostandolo, crea una piega di direzione uguale davvero curiosa. Anche a me piacciono molto i ritratti dei fiamminghi, e anche quelli di Agnolo Bronzino, malgrado siano algidi e abbiano un forte carattere di istituzionalità.