Esiste un’opera straordinaria sulla Parigi degli anni appena precedenti alla Rivoluzione, ovvero  tra il 1781 e il 1788, che costituisce uno dei primi esempi del giornalismo d’inchiesta e che per gli appassionati del periodo è una vera miniera di informazioni. Si tratta di Le tableau de Paris (Ritratto di Parigi) di Louis-Sébastien Mercier, ovvero il signore dagli occhietti vispi che potete vedere qui effigiato in un’incisione dell’epoca.

Mercier può essere considerato una sorta di Michele Santoro del periodo, pur se il paragone può essere sgradito se non si è sinistrorsi. Il fatto è che Mercier fu il primo ad aggirarsi in quelle zone della città che non soltanto erano miserabili e sporche, ma anche pericolose, dove il borghese e tantomeno il nobile mai mettevano piede. Il suo obiettivo era scrivere una sorta di resoconto – e una denuncia sociale e politica – sulle condizioni disumane in cui i suoi concittadini si trovavano a vivere. Questo giornalismo militante ante litteram sfociò appunto nella monumentale opera Le tableau de Paris, che per ricchezza, prolissità e anche per mancanza di sistematicità fu paragonata a “un cassetto rovesciato”. La pubblicazione di quest’opera non fu determinante per lo scoppio della rivoluzione, ma senz’altro contribuì a far deflagrare la polveriera.

Ma andiamo con ordine e diamo alcune notizie biografiche su Mercier, prima di presentarvi un primo tableau di Parigi. Mi servirò infatti molto spesso di questo libro per cogliere alcuni vividi aspetti della Parigi di quell’epoca. Vedrete che ne varrà la pena!

Louis-Sébastien Mercier (nato a Parigi nel 1740) era figlio di un mercante di spade e apparteneva a una famiglia agiata. Fece studi regolari presso il collège des Quatre-Nations, dandosi poi per breve tempo all’insegnamento della retorica a Bordeaux. Tornato a Parigi si dedicò ben presto al teatro. Fu grande ammiratore di Shakespeare, a cui si ispirò nel saggio Du théâtre, ou Nouvel essai sur l’art dramatique, che scrisse nel 1773 con l’intento di liberare il teatro dalle regole della drammaturgia classica tradizionale. Ha lasciato un numero impressionante di drammi, molto in voga alla fine del XVIII secolo, ma ora quasi completamente dimenticati. Tra di essi La brouette du vinaigrier del 1775 (La carriola del commerciante d’aceto), dramma tra i primi in Francia di argomento borghese.

L’opera principale per la quale Mercier è ricordato è appunto Le tableau de Paris. Divisa in 12 volumi, l’opera è stata pubblicata tra il 1781 e il 1788. Proprio lo scalpore suscitato dalla pubblicazione anonima dei primi due volumi, fortemente animati da spirito critico nei confronti delle classi dominanti della Francia prerivoluzionaria, indusse Mercier a fuggire in Svizzera, dove, a Neuchâtel, si sentì al sicuro per portare a termine la pubblicazione dei restanti volumi.

Rientrato a Parigi allo scoppio della rivoluzione, aderì ad essa militando dapprima nelle file dei giacobini, per poi passare in seguito all’ala più moderata, quella dei girondini. Fece anche parte della Convenzione nazionale e nel periodo del Terrore di Robespierre fu imprigionato per le sue idee moderate e per aver votato contro l’esecuzione del re. Vale infine la pena di ricordare la pubblicazione nel 1770 da parte di Mercier di un romanzo fantastico intitolato L’An 2440, rêve s’il en fut jamais, antesignano della moderna letteratura fantascientifica, nel quale in forma di sogno viene descritta una Francia del futuro, ispirata agli ideali di libertà e di progresso umano e sociale dell’Illuminismo. Mercier morì a Parigi il 25 aprile 1814.

Parliamo ora dell’opera Le tableau de Paris, di cui ho potuto leggere solo un compendio, che significativamente si apre con un incipit dove l’autore, rifugiatosi sulle Alpi svizzere, paragona la bellezza delle montagne, la salubrità dell’aria e la tranquillità dell’esistenza sulle alte vette al crogiolo mefitico della città. Mercier non è tenero con le metropoli, e in modo particolare non lo è con Parigi. Il ritratto che ce ne dà è realistico, polemico e feroce, specie a paragone di altri luoghi come Londra. Per Mercier il massimo grado di civiltà viene raggiunto dalla vicina Inghilterra cui la Francia, secondo lui, dovrebbe ispirarsi in molti campi. Davvero curioso è stato leggere queste righe, specialmente scritte da un francese!

Nell’estratto che ho tradotto per voi, dal titolo Babele, l’autore ci parla con vivacità del modo di parlare dei parigini e non può mancare un’occhiata all’interno di un caffè, circostanza tanto più gradita visto il titolo di questa rubrica:

“Il Parigino si distingue per la sua pronuncia rapida. In generale parla molto a lungo senza dire nulla, o piuttosto dicendo delle sciocchezze. Ascoltate una conversazione di due persone che si conoscono appena; è un affollarsi di complimenti, poi di domande una dopo l’altra; tutti e due parlano insieme, e nessuno si preoccupa di rispondere. (…) Si discorre molto all’interno di una stanza; ma non è ancora abbastanza: si usa ricominciare la conversazione alla porta, sul pianerottolo e lungo tutta la scala. Ci si rivolge ancora qualche parola mentre ci si allontana, e tutta questa abbondanza di parole si riduce a delle ripetizioni. Nei caffè, prestate orecchio alle dispute stridule e sciocche. Qui ci sono dei rimatori surriscaldati, che disquisiscono pro o contro la metrica; più lontano, dei grossi borghesi che commentano a lungo un’inutile gazzetta. Questa petulanza nel linguaggio è così familiare ai Parigini che ogni tavolo di caffè ha il suo oratore. Se è solo, intrattiene il garzone affaccendato, la cameriera intenta a dare il resto; e, in mancanza di meglio, cerca con gli occhi un ascoltatore.

I vetturini e i carrettieri, dopo le imprecazioni in uso, cominciano tra loro una rissa fatta di parole grossolane; i cazzotti arrivano in seguito alle parole, e le parole riprendono dopo i pugni.


Sui grandi battelli fluviali non ci si ascolta; c’è un rumore confuso, perpetuo. I marinai fanno fatica a comunicarsi gli ordini di manovra. Quando due battelli si incontrano, ci si rivolge dai ponti di coperta delle frasi con voce stentorea, che eccitano tutti i passeggeri. Allora comincia una serie di ingiurie a cascata; si fa a gara a ridurre il vicino al silenzio. (..) 


È impossibile al governo legare la lingua ai Parigini. Affilata, arrotata, ciarliera, petulante, si esercita sopra ogni cosa e dappertutto. Si ciancia nel salone dorato come nella tabaccheria affumicata; ci si ferma per la strada per chiacchierare. Le vetture separano i dialoganti che, malgrado il pericolo e le rimostranze del cocchiere, si riavvicinano al più presto per completare le loro futili frasi. (…)  


E i giornalisti non sono delle specie di chiacchieroni, che ammucchiano ogni giorno, ogni mese, ogni settimana, delle parole vuote di senso?”

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Chissà che cosa direbbe Mercier oggi su queste categorie oggetto della sua penna al vetriolo? O, viceversa, come rimarrebbe stupito nel vedere le persone completamente mute che camminano per le strade con l’occhio vitreo fisso sul cellulare!

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Fonti:

  • Le tableau de Paris par Louis-Sébastien Mercier – La Découverte / Poche
  • Wikipedia per la biografia



Immagini:

  • Devéria, Couché & Géraut – Louis-Sébastien Mercier, Oeuvres choisies de Mercier, avec des Remarques, des Notices, et L’examen de Chaque Pièce, par MM. Ch. Nodier et P. Lepeintre, Paris, Madame Dabo-Butschert, Libraire-Éditeur. M. DCCC. XXIV.
  • Copertina del libro Le tableau de Paris par Louis-Sébastien Mercier – La Découverte / Poche
  • Le seguenti immagini sono tratte da The Project Gutenberg EBook of All About Coffee, by William H. Ukers: 

        – A Corner of the Historic Café de Procope Showing Voltaire and Diderot in Debate – From a rare water color
       – THE CAFÉ DE PROCOPE IN 1743 – From an engraving by Bosredon
       – THE CAFÉ FOY IN THE PALAIS ROYAL, 1789 – From an engraving by Bosredon