Eccomi con una nuova puntata dedicata agli oggetti in rapporto alle opere letterarie e a quelle artistiche! La scorsa volta ho dedicato l’articolo a quattro oggetti specifici: lo specchio, il pettine, la bambola e il ritratto, tutti in qualche modo relativi alla figura umana (qui il link all’articolo).

Qui invece mi sbizzarrisco con un altro filo conduttore, ovvero il gioco inteso non soltanto come oggetto ma anche come atto del giocare. Il gioco è sempre stato importantissimo nella storia degli esseri viventi non soltanto come forma di intrattenimento, ma anche come modo per apprendere. Se osserviamo ad esempio i cuccioli nei primi mesi di vita, constatiamo come spesso la madre impartisca loro delle vere e proprie lezioni di caccia per renderli, un domani, del tutto autonomi.

Anche il primo gioco che vi presento è un passatempo antichissimo e nobile, ma è anche la metafora della guerra. Avete già capito che si tratta degli scacchi… e, per scoprire quali sono gli altri, non vi resta che leggere oltre.

Gli scacchi: “La variante di Lüneburg” di Paolo Maurensig

Un grande maestro del gioco, Kasparov, disse una volta: “Gli scacchi sono lo sport più violento che esista”, se non altro perché sulla scacchiera suddivisa in 64 quadrati bianchi e neri, con due eserciti composti da pezzi di colore bianco e nero che si fronteggiano, si muove un microcosmo in guerra. Vi si trovano trentadue pezzi, sedici per ciascun colore: un re, una donna (detta anche ‘regina’), due alfieri, due cavalli, due torri e otto pedoni; l’obiettivo del gioco è dare scacco matto, ovvero attaccare il re avversario senza che esso abbia la possibilità di sfuggire. Il re, infatti, è il pezzo in assoluto più importante della propria compagine, perduto il quale si perde la partita.

Il termine deriva dall’occitano e catalano escac, che deriva a sua volta dal persiano شاه, Shah, “re”. Originatisi in India attorno al VI secolo, gli scacchi sono giunti in Europa attorno all’anno 1000, grazie probabilmente alla mediazione degli Arabi; diffusisi nell’intero continente, hanno raggiunto una forma pressoché moderna nel XV secolo in Italia e in Spagna, mentre il regolamento odierno si è “congelato” nel XIX secolo. Sono uno dei gioco più popolari al mondo, nonostante il regolamento complesso.

Non è tutto, perché gli scacchi, esattamente come i tarocchi, possono diventare delle vere e proprie opere d’arte grazie all’abilità degli intagliatori. Un esempio particolarmente prezioso, e che adoro, è rappresentato dagli scacchi di Lewis. Sono intagliati in avorio di tricheco e osso di balena e si trovano al British Museum. Se volete saperne di più e vedere gli scacchi, cliccate su questo link del blog, dove troverete un mio appassionato articolo corredato dalle effigi di questi straordinari e curiosi reperti dai volti quasi caricaturali.

Il romanzo che vi propongo è La variante di Luneburg di Paolo Maurensig, dove il gioco degli scacchi fa da motivo conduttore e risolutore dell’intera vicenda. Lo stesso incipit del romanzo racconta il modo violento in cui nacquero gli scacchi.

Nella storia, il sessantenne Dieter Frisch, ricco uomo d’affari e grande appassionato di scacchi, viene trovato morto nella sua villa. Un lungo flashback descrive al lettore parte della vita di Frisch e le probabili cause della sua morte. Mentre sta viaggiando in treno, Frisch è impegnato come consuetudine in una partita a scacchi con un proprio collaboratore quando nel loro scompartimento entra un giovane. Frisch rivolgendogli la parola viene allora a sapere che questo giovane, Hans Mayer, è stato per un periodo di tempo un campione di scacchi. Mayer racconta come si è avvicinato al mondo degli scacchi e come un certo Taboriun uomo che ha giocato all’inferno») gli abbia fatto da maestro, portandolo ai massimi livelli per poi scomparire nel nulla. Dopo due anni di totale dedizione agli scacchi il giovane ha una crisi di nervi ogni volta che si confronta con la scacchiera. Finalmente, dopo circa un anno, il maestro si fa nuovamente rivedere. È stato male e probabilmente non gli rimane molto da vivere. Vuole ora “adottare” Hans e confidargli il suo misterioso passato. Un passato che ha a che fare con una famiglia ebrea e con l’orrendo periodo dei campi di concentramento

“Quasi tutti hanno avuto tra le mani in un modo o nell’altro una scacchiera, hanno provato a soppesarne i pezzi spostandoli sulle case chiaro o scure, e si sono lasciati affascinare da queste figure che rappresentano un re o una regina con tutto un esercito in miniatura. Molti hanno forse provato a dare inizio a quella che è la finzione di una guerra, vivendo l’esultanza della vittoria o l’umiliazione della sconfitta. Pochi, eletti o maledetti che siano, hanno riconosciuto in queste sculture totemiche una lontana ascendenza e per il resto della loro vita non se ne sono più distaccati.” 

Per questo gioco così cerebrale ho scelto il dipinto di Robert Macbryde (1913–66), The chess player, c.1947-1950. Nell’opera i volumi nel corpo del giocatore richiamano la tavola del gioco sottostante. La tavola è posta in perpendicolare rispetto allo spettatore, che in questo modo ha una nitida visuale dell’alto .Il giocatore non ha una fisionomia ben definita, come se la sua personalità non fosse importante, anche se parrebbe essere una donna. Non ha un avversario contro cui giocare: sta giocando contro se stesso; a meno che il suo avversario non sia lo spettatore del quadro, ovvero noi. Le tinte gialle e rosse predominano nella composizione, a tratti fluide e a tratti spigolose.

Le carte: “La briscola in cinque” di Marco Malvaldi

Anche le carte da gioco hanno un’origine molto antica, come gli scacchi. Le prime testimonianze del loro uso risalgono alla Cina poco dopo l’invenzione della carta, forse attorno al X secolo. Il tempo ed i modi dell’introduzione delle carte da gioco in Europa è oggetto di discussioni. Il 38º canone del Concilio di Worcester (1240) viene spesso citato come dimostrazione dell’esistenza delle carte in Inghilterra alla metà del XIII secolo, ma i giochi de rege et regina che vi vengono menzionati più probabilmente erano gli scacchi. Alla fine del XIV secolo comunque l’uso delle carte da gioco si diffonde rapidamente in Europa.


Per le carte da gioco mi sono subito venuti in mente i quattro terribili vecchietti del BarLume, che sono diventati delle celebrità grazie ai gialli di Marco Malvaldi – un vero caso editoriale. Leggere un libro di Malvaldi significa far volare le ore in compagnia di storie non banali, raccontate con una prosa gustosa e sagace che alterna abilmente i vari punti di vista dei personaggi. Esilaranti sono i dialoghi tra questi attempati investigatori, poiché sboccati e ricchi di doppi sensi secondo la migliore tradizione toscana. Tutti i romanzi di Malvaldi sono ambientati infatti nell’immaginaria cittadina sul mare di nome Pineta, e hanno come protagonisti il barista Massimo Viviani, la sua procace aiutante Tiziana, e soprattutto gli ottuagenari che hanno colonizzato il suo bar, ovvero il nonno Ampelio, Gino Rimediotti, Pilade del Tacca e Aldo, il “più giovane” della combriccola.

Nel romanzo La briscola in cinque dà l’avvio alla storia la scoperta, in un cassonetto dell’immondizia, del cadavere di una giovanissima ragazza. L’omicidio ha subito l’aspetto di un brutto affare tra droga e sesso, anche a causa della licenziosa vita condotta dalla giovane, una ragazza di buona famiglia. E i sospetti cadono subito sugli amici della ragazza, persi in un vorticoso giro di discoteche e cattive compagnie. Ma il paese è piccolo e la gente mormora, soprattutto Massimo e gli infaticabili vecchietti, che, tra una partita e un battibecco, e provvisti di tanto tempo, sono gli investigatori ideali per far luce su questo caso la cui soluzione, ovviamente, non è quella che è stata ipotizzata dalle forze dell’ordine.

In un passaggio del libro viene richiamato proprio il gioco della briscola in cinque. Massimo non ne può più di stare dietro il banco a far finta di fare il barman, così fa un timido tentativo di “levarsi di torno i vecchi – tanto simpatici, ma dopo un po’ non ne puoi più – per poi chiudere e andare a casa”. I vecchietti invece gli propongono di imparare a giocare alla briscola in cinque. Incuriosito, Massimo accetta.

I quattro presero la loro seggiola e si accomodarono al tavolo senza le solite ghirlande di improperi, anzi, con un atteggiamento decisamente diverso: qualcosa a metà tra il compiaciuto e il concentrato, come se fossero depositari di un grande segreto e fossero contenti di aver trovato qualcuno in grado di apprezzarlo.
I pantaloni venivano sistemati, le maniche tirate su e le sigarette messe con gesto sacrale sul tavolo, come a sottolineare a se stessi che ce ne sarebbe stato un gran bisogno. Il tipico atteggiamento di chi pregusta qualcosa.


L’ambientazione del romanzo è riconoscibile e molto gradevole, in quanto ciascuno di noi avrà frequentato una sonnolenta cittadina di provincia, magari durante le estati dopo l’anno scolastico, e sarà entrato in uno di questi bar apparentemente quieti, dove gli occhi si alzano tutti insieme per scrutare “il forestiero” comparso nel locale. Per questo libro ho scelto I giocatori di carte di Paul Cézanne del 1892, che fa parte di una serie di cinque quadri tutti dedicati a un gruppo di uomini che gioca a carte in una trattoria e che si dirada via via fino ad arrivare a soli due giocatori. Anche le volumetrie cambiano, facendosi più statuarie e geometriche. In questo quadro c’è un impasto di colori caldi e terrosi, rappresentati dalle giacche di alcuni giocatori, dal tendaggio e dalle sedie, in contrapposizione ai colori freddi degli abiti di altri partecipanti. Tutti i vestiti sembrano in qualche modo macchiati dalle pennellate. Il fazzoletto rosso al collo dell’osservatore in piedi è l’unica nota squillante di una composizione dove il tempo sembra sospeso nell’atto del giocare, e dove è tangibile il silenzio che avvolge la scena.

Il gioco da tavolo: “I giocatori di Titano” di Philip K. Dick

Il gioco da tavolo ha avuto la sua origine in epoca più recente. Si avvale di una ben definita superficie di gioco, che viene detta di solito tabellone o plancia dove non esistano termini più specifici legati allo specifico gioco in questione; sulla superficie vengono solitamente piazzati e/o spostati i pezzi che, sempre in assenza di termini più specifici, si diranno segnalini. Si tratta di un tipo di passatempo molto diffuso nella società occidentale e gode di innumerevoli classificazioni. Di solito i giochi da tavolo possono essere fruiti da persone di differenti fasce di età, e dunque costituiscono un momento importante di aggregazione; vengono infatti definiti anche “giochi di società”.

Molti anno or sono avevo fatto delle grandi scorpacciate dei libri di Dick, e quindi, a parte la trilogia di Valis, possono dire di aver letto la stragrande maggioranza delle sue opere. Mi è subito venuto in mente I giocatori di Titano (The Game-Players of Titan), romanzo di fantascienza pubblicato nel 1963, in quanto ruota proprio attorno a un gioco di società. Il gioco si chiama il Bluff, è di origine aliena ed è stato portato sulla Terra dai titaniani, specie di grosse amebe gelatinose. Essi sono giunti sulla Terra dopo una guerra tra Stati Uniti e Cina nella quale è stata impiegata un’arma batteriologica che ha reso sterili molti dei superstiti. Dal momento che le donne fertili sono poche, il gioco del Bluff è stato adottato per consentire agli americani maschi di scambiarsele, vincendole e perdendole insieme a proprietà, terreni, intere città. I titaniani, all’inizio creature apparentemente inoffensive e bislacche, si rivelano man mano essere conquistatori tutt’altro che teneri. Avvengono alcuni delitti e una misteriosa cospirazione s’intreccia al tentativo di rivincita del protagonista, Peter Garden, che ha perso moglie e proprietà al tavolo del Bluff. …

Attorno al gioco si affollano tutta una serie di personaggi strampalati tra cui i cosiddetti precog, ovvero coloro che hanno capacità di preveggenza.La trama è apparentemente demenziale, come del resto è comune a molti romanzi di Dick, e su tutto aleggia quella sorda inquietudine che è la cifra dei romanzi di Dick anche in assenza di avvenimenti cruenti; e vi assicuro che la resa è sorprendente.

Non sarebbero stati in grado di giocare in coppia, lo sapeva. Carol non riuscirà a reggere la malinconia di Pete, la sua ipocondria. Toccava a lei giocare. E lui semplicemente non troverà in lei una donna che lo accetti. Tornerà da me, lo so, avremo una relazione extra-Gioco. Dovrà farlo, o avrà un crollo emotivo.
Toccava a lei giocare. Il giro iniziale fu completato senza l’elemento del Bluff; venne usato il rotatore visibile, non le carte. Freya fece girare e ottenne un quattro. Al diavolo, pensò portando avanti la sua pedina di quattro caselle sul tabellone: era finita su una casella tristemente familiare: Imposta sui consumi. Pagate $500.
Pagò, in silenzio; Janice Remington, che teneva il banco, ritirò le banconote. Quanto sono tesa, pensò Freya. Lo siamo tutti, qui, Luckman compreso.

Per il romanzo mi ispirava questo quadro di Yue Minjun, anche se mancano completamente i riferimenti al gioco. Si tratta di un artista cinese contemporaneo, che è molto conosciuto per i dipinti a olio raffiguranti se stesso sempre congelato o moltiplicato in una risata. Yue è spesso indicato come facente parte del movimento artistico “Cinico realista“, sviluppatosi in Cina dal 1989.

Il quadro s’intitola Sky ed è del 1997, e mostra appunto l’artista moltiplicato sulla groppa di alcuni volatili, mentre sghignazza in varie posizioni, ora chiudendosi gli occhi, ora quasi cadendo di sotto, ora osservando il panorama. Viceversa, gli uccelli – che sembrerebbero cigni selvatici – volano tutti, impassibili, nella stessa direzione. Il cielo azzurro e le nuvole leggere e delicate contrastano con la situazione grottesca e surreale. In particolar modo il corpo dell’uomo è di un rosa che sconfina in un color magenta e che lo fa assomigliare a un pupazzo di plastica.

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Quando pensate al gioco, quali romanzi o racconti vi vengono in mente? E voi avete mai scritto una scena incentrata sul gioco, che sia d’azzardo o meno?
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Fonti:

  • Wikipedia per l’origine dei giochi menzionati
  • “La variante di Lüneburg” di Paolo Maurensig – Adelphi
  • “La briscola in cinque” di Marco Malvaldi – Adelphi
  • “I giocatori di Titano” di Philip K. Dick – Fanucci editore



Immagini:

  • Pixabay per immagine iniziale
  • “The chess player” di di Robert Macbryde, c.1947–1950
  • “I giocatori di carte” di Paul Cézanne del 1892
  • “Sky” di di Yue Minjun del 1997