Contavo di passare inosservata nella serie di post riguardanti gli anni Ottanta, meme ideato da Miki Moz e ripreso da numerosi blogger tra cui Io, la letteratura e Chaplin nella persona di Luz che mi ha gentilmente nominato per prima e che ringrazio. Poco dopo sono stata impallinata come un tordo da Glò e poi PiGreco de La nostra libreria e quindi non potevo proprio esimermi. Mentre lo stavo preparando, spremendomi le meningi, mi è giunta anche la nomination di Clementina de L’angolo di Clé che ho considerato un segno del destino. Mi sono rimessa all’opera, maledicendo la mia memoria che non è più quella di una volta, tanto è vero che ho sempre avuto problemi con le date. Inoltre quel decennio non è stato particolarmente esaltante, per cui la mia testimonianza sarà un po’ fuori dal coro. Spero che vogliate perdonarmi per questo.

Sono nata nel 1963 e all’inizio degli anni ’80 avevo diciassette anni. In questa decade di mia assoluta stagnazione esistenziale sono avvenuti pochi eventi degni di nota. Ma andrò con ordine e riserverò questo aspetto nell’apposita sezione “Life”. Alcune categorie come il cibo non le affronterò in quanto le marche che ricordo con affetto appartengono più alla mia infanzia e quindi agli anni Settanta. Musica e cinema invece furono straordinari, e con questi due argomenti incomincio volentieri.

Musica

Premesso che non mi sono mai piaciuti i cantanti troppo sdolcinati, il 1980 conserva qualcosa della melodica degli anni Settanta, e negli abiti e pettinature dei cantanti, e tra le mie favorite ci sono le canzoni Video Killed the Radio Star di The Buggles, My Sharona di The Knack, probabilmente gli unici singoli per cui questi gruppi passeranno alla storia; e Luna del pierrot Gianni Togni.

Ho sempre amato la musica di Franco Battiato che secondo me è un mix inarrivabile di suoni, testo e riferimenti alla cultura anche orientale. La voce del padrone è giustappunto del 1981 e acquistai il 33 giri che consumai a furia di sentirlo e risentirlo, al punto che la puntina cominciò a “saltare” sul vinile. Seguirono L’arca di Noè nel 1982 – in questa Voglio vederti danzare è di una sensualità inarrivabile – e Orizzonti perduti del 1983. E poi, naturalmente, i Matia Bazar che hanno cominciato nel 1980 con Il tempo del sole e hanno pubblicato album indimenticabili, almeno per me, durante tutto il decennio. Riccardo Cocciante lo amavo in toto! Tra gli stranieri, ascoltavo tutta la produzione dei Police e tutta quanta quella degli U2, e molto spesso Bryan Ferry; poi mi sono innamorata degli album Eye in the Sky e The Turn of a Friendly Card degli Alan Parsons Project.

La canzone di Battiato citata mi fa venire in mente Let’s dance di David Bowie per cui ebbi una folgorazione della tarda adolescenza al punto da appendere un poster nella mia stanza. Non mi piaceva soltanto la musica, ma il suo personaggio carismatico e bisessuale e di un’eleganza innata, al punto da leggere avidamente notizie della sua vita privata e da imbastire una sorta di racconto che sicuramente ho buttato via. Tra le canzoni singole rammento In the air tonight di Phil Collins e la stupenda The power of love dei Frankie goes to Hollywood. Indimenticabile la voce roca di Kim Carnes in Bette Davis Eyes e nel duetto con Barbra Streisand Make no mistake, he’s mine, dove due donne si contendono ferocemente uno stesso uomo. E Juliet di Robin Gibb ovvero uno dei fratelli Bee Gees. Non posso dimenticare la struggente The Captain of her heart dei Double, no davvero, in quanto all’epoca ero pure in crisi per la mancanza di un fidanzato stabile!

Mi torna alla memoria anche l’esplosiva The Final Countdown degli Europe con i biondoni dalle lunghe chiome inanellate che balzavano qua e là sul palco, e si capiva lontano un miglio che erano i discendenti degli antichi vichinghi. Der Kommissar del compianto Falco non può mancare nell’elenco, come la misteriosa 5 o’clock in the morning con il videoclip dove si addensava la nebbia (finta). Bella e martellante era la canzone di The Eye of the Tiger che era anche la colonna sonora di uno dei film Rocky, mi pare il secondo. Ce ne sarebbero tante altre, ma mi fermo qui.

Aggiungo una menzione ad honorem per la musica classica: tutta, tanta e sempre.

Cinema e TV

All’epoca andare al cinema costava poco e quindi vi andavo molto spesso con le mie amiche; potrei quindi scrivere post sull’argomento fino alla nausea. Mi limito a citare una decina di film per problemi di spazio e di pazienza dei lettori, citando anche la scena che è rimasta scolpita nella mia memoria. Anche in questo campo, non mi sono mai piaciuti molto i film romantici, con un’unica eccezione. Comincio con un film che è rimasto stabilmente in vetta alla classifica dei miei preferiti, e di cui potrei nutrirmi anche ora se tutti gli altri scomparissero in virtù di qualche magia, ovvero:

1. Blade runner (1982) di Ridley Scott. Come scena memorabile d’istinto avrei detto la classica scena finale con la morte di Roy Batty dopo lo scontro con Rick Deckard (“Ho visto cose che voi umani…”), ma preferisco citare l’incontro della “creatura” con il “creatore”, ovvero lo stesso Roy Batty che esige dal suo fattore “più vita!” in un grido disperato che, forse, è lo stesso di ciascuno di noi di fronte a quel fenomeno incomprensibile che è la velocità con cui passa l’esistenza.

2. Ran (1985) di Akira Kurosawa, basato sulla tragedia shakespeariana Re Lear. Il vecchio signore feudale Hidetora Ichimonji ha deciso di dividere il suo feudo tra i tre figli Taro, Jiro e Saburo, e da questa decisione si innesca una storia sanguinosa per la conquista del “trono di spade” tra vendette, assassinii e tradimenti. Di questa ricordo con particolare vividezza la grandiosa scena della battaglia, con gli eserciti contraddistinti da bandierine di colori differenti infilate nell’armatura.

3. Fanny e Alexander (1982) di Ingmar Bergman, che è anche un film tv. Nel 1907, si narrano le vicende delll’agiata famiglia borghese degli Ekdahl. La realtà è osservata con gli occhi innocenti dei due bambini Fanny e Alexander, figli del direttore del teatro locale Oscar. La loro vita cambia bruscamente quando la madre diventa vedova e finirà per sposare il rigidissimo e austero pastore protestante Vergérus. Si tratta della classica storia familiare tra educazione repressiva e momenti in cui il meraviglioso e il magico dell’infanzia hanno il sopravvento. Anche qui, la fine, con il fantasma del defunto Vergérus che dirà al figliastro Alexander: “Non ti libererai di me.”

4. Gli intoccabili (1987) di Brian De Palma, ovvero la storia della lotta senza quartiere dell’integerrimo Eliot Ness contro Al Capone. Citerei la scena alla stazione ferroviaria, la carrozzina sobbalzante che scende le scale con neonato a bordo, il volto pulito, quasi angelico di Kevin Costner che si volta da una parte all’altra, sgomento, per capire dove accorrere, il contabile di Capone che si allontana, e tutto è preciso come una bomba a orologeria che sta per esplodere. Anche la scena, però, del confronto tra Al Capone-De Niro ed Eliot Ness-Kevin Costner, e il primo che urla: “Sei un buffone! Non sei niente! Sei solo chiacchiere e distintivo! Chiacchiere e distintivo!” che avviene sulle scale dell’albergo e anche nella scena del processo.

5. Amadeus (1984) Tutto il film è un capolavoro, a cominciare naturalmente dalla musica, ma la scena di Mozart che detta a Salieri la Messa da Requiem sul suo letto di morte è immensa: è il travaglio creativo del gigante davanti al pigmeo, che assiste al miracolo e, a tratti, non capisce nemmeno che cosa stia succedendo. La cosa curiosa è che Salieri non era per niente un compositore di secondo livello, e all’epoca aveva lo stesso successo di Mozart. La risatina isterica dell’attore che interpreta Mozart e il colore verdastro-invidia nella carnagione di Salieri passeranno alla storia.

6. L’impero colpisce ancora (1980) e Il ritorno dello jedi (1983) della saga galattica Star Wars. Nel primo, la frase pronunciata da Darth Vader a Luke “Io sono tuo padre” è la quadratura del cerchio nella teoria di Freud sul complesso edipico, e la scoperta traumatica di ogni adolescente che il padre tanto mitizzato non solo non è un eroe, ma in questo caso è pure cattivello. Nel secondo, il duello tra padre e figlio con le spade laser e la meravigliosa musica che accompagna drammaticamente lo scontro. Questi li conterei come uno, tanto per me sono indissolubilmente legati.

7. Rain Man (1988) di Barry Levinson con i due splendidi protagonisti perfettamente calati nei ruoli: Tom Cruise spavaldo, egoista e avido di soldi, e l’autistico Dustin Hoffman chiuso nel suo mondo d’incomunicabilità e regole ossessive. Menzionerei la scena dove Tom Cruise fa scendere l’acqua bollente nel bagno e Dustin Hoffman dà fuori di matto e urla: “Brucia, brucia! Acqua brucia bambino!” e poi, calmatosi, mormora: “Mai fatto male a Charlie baby” e Tom Cruise capisce che hanno allontanato e rinchiuso il fratello maggiore in un istituto per paura che gli facesse del male. La fotografia di loro due bambini che stavano osservando è ormai finita sommersa nell’acqua del bagno, ovvero l’acqua della memoria.

8. Excalibur (1981) di John Boorman, una magistrale, fatata e sontuosa interpretazione delle storie di re Artù, della regina Ginevra, di Morgana e dei cavalieri. Non posso che menzionare la scena con il cavaliere di nome Parsifal che riesce a rispondere alle domande sul Santo Graal, e a ottenere la coppa, grazie alla quale quale ridona energia e vita al morente Artù, e quindi alla sua terra, che con lui è un tutt’uno. Ma anche quella dove la dama del lago ridà la spada ad Artù, che si è appena comportato in modo assai poco regale nel suo primo scontro con Lancillotto.

9. La storia infinita (1984) di Wolfgang Petersen. Con questo film e il Nulla che inghiotte il mondo di Fantàsia, e le sue creature fantastiche, ritornai ragazzina e volli leggere anche il libro, che mi piacque immensamente. Più che una scena, mi piaceva molto un personaggio ovvero Atreju, il contraltare di Bastian, il bambino vessato dai compagni che vive nel mondo “reale”, e tutte le scene che lo riguardavano come l’incontro con la vecchissima Morla, la testuggine gigante che sbuca dalla sua caverna per rispondere, starnutendo, ai quesiti di Atreju.

10. Lady Hawke (1985) di Richard Donner. Non poteva mancare un altro film sul Medioevo, ed è questa la storia d’amore cui faccio riferimento. Ambientata nel XIII secolo, ha come protagonista il ladruncolo Philippe Gaston (detto le Rat) che riesce a fuggire dalle prigioni della fortezza di Aguillon poco prima della sua esecuzione; durante la fuga dalla città rischia di venire nuovamente catturato dalle guardie dello spietato vescovo ma in suo aiuto accorre l’ex capitano delle guardie Etienne Navarre (Rutger Hauer). Navarre è sempre accompagnato da un bellissimo falco, che è in realtà la donna che ama perdutamente, Isabeau (Michelle Pfeiffer). Entrambi sono soggetti alla maledizione del vescovo, un mago volto al nero: i due amanti non potranno mai incontrarsi e amarsi perché Isabeau è condannata a essere un falco di giorno e Navarre un lupo di notte. Entrambi i protagonisti sono un sogno di bellezza. La scena assolutamente indimenticabile è l’ingresso di Navarre nella cattedrale, tenendo il cavallo al passo, per combattere il vescovo. Se volete vedere l’effige di un indomito e sfolgorante cavaliere medievale in tutta la sua imponenza, osservate questa scena.

Questo per il cinema, per la tv e in cartoni animati non posso omettere la mia amata Lady Oscar e il fascinosissimo Capitan Harlock; e gli sceneggiati Rai che, all’epoca, erano ancora belli.


Letture e passatempi

Anche qui, ho letto talmente tanto nella mia vita che la memoria mi fa difetto, e non posso nemmeno aiutarmi con gli anni di pubblicazione.Quello di cui sono certa è che facevo scorpacciate di classici, e quindi leggevo (e rileggevo) Jane Eyre e Cime Tempestose, tutto Charles Dickens e il grande Stevenson; Il rosso e il nero di Stendhal; poi Arthur SchnitzlerFëdor Dostoevskij. E moltissimi francesi dell’Ottocento che adoravo: Flaubert, Maupassant, Hugo, Balzac

Per quanto riguarda i fumetti, nei primi tempi leggevo ancora Lanciostory dove mi appassionavo alle storie de L’Eternauta e poi Skorpio. Ma questi sarebbero più pertinenti agli anni Settanta, a dire il vero.

Andavo molto a teatro, particolare che mi ha fatto ricordare l’articolo di Clementina, tanto è vero che avevo l’abbonamento al Teatro Nazionale dove potevo andare anche la domenica pomeriggio.

Life e ricordi dell’epoca


Sono nata e vissuta in città, e la parte migliore del mio anno (“un’anima divisa in due”) erano le vacanze estive in montagna. Questa che vedete è la fotografia di me a diciassette anni proprio a Tesero, paese dov’è nata mia madre: capelli lunghi, aria fintamente innocente e uno gnomo gigante alle mie spalle. Una grande innovazione per il mio aspetto fisico sono state le lenti a contatto, per cui potevo lasciare a casa gli occhiali e dimenticare la mia sindrome da brutto anatroccolo.

All’inizio degli anni Ottanta presi il diploma di traduttrice interprete, e l’anno successivo il diploma di operatrice turistica. Nell’anno della mia maturità calò un’estate infuocata. Ripassavo nel bagno per trovare un po’ di refrigerio; e in particolare non mi entravano in testa i Cubisti (forse per questo motivo odio tanto Picasso!). La commissione d’esame era prevenuta nei nostri riguardi – ho fatto il quinto anno da privatista – convinta com’era che eravamo tutti “figli di papà” che andavano avanti solo grazie ai soldi dei genitori. Di conseguenza la maturità fu un bagno di sangue. Io avevo preparato una tesina del Decadentismo francese con i miei amati Baudelaire-Rimbaud-Verlaine, ma non capivo nemmeno che cosa mi stava chiedendo il professore causa improponibile accento dialettale. Contestai un paio di volte – perché quando mi ci metto sono una vera rompiscatole, a costo di rimetterci – e fui promossa per il rotto della cuffia; ero talmente disgustata che non volevo nemmeno andare a ritirare il diploma. 

Dopo tre mesi di meditazione, rinunciai ad andare all’università per lavorare ed essere indipendente dai miei genitori che mi tenevano sotto una campana di vetro, e poter viaggiare. La parola indipendenza ha sempre guidato le mie scelte, giuste o sbagliate che fossero. Fu una grande delusione specie per mio padre, che mi sognava dottoressa… sarei stata una dottoressa davvero scarsa, emotiva come sono.

A diciannove anni dunque già lavoravo come segretaria, e ho assistito a tutte le evoluzioni tecnologiche negli uffici: dall’enorme macchina per scrivere manuale dai tasti duri come sassi su cui pigiare forsennatamente a quella con la pallina con le lettere in rilievo, che muovendosi faceva un fracasso infernale, e che potevi cambiare se volevi un font diverso. Ero poi passata all’elegante “margherita” che potevi sempre sostituire, in una macchina per scrivere con display. Allora di lavoro ce n’era in abbondanza, e quindi si poteva scegliere, e la soddisfazione di ricevere la prima busta paga era stata incommensurabile. Sempre nei miei “fantastici” anni Ottanta, però, mi presi due gravissimi esaurimenti nervosi causa ambienti schiavizzanti.

Siccome mi dispiaceva lasciar perdere lo studio in toto, in questi anni frequentai le serali e ottenni due certificati di English Proficiency, ovvero lingua inglese a livello universitario. Frequentai anche un corso di tedesco di base al Goethe Institut per altri tre anni e mezzo. Che altro? Sì, l’altra nota positiva, anzi altamente positiva, fu che vinsi un concorso letterario con il mio primo romanzo, Una Storia Fiorentina, che venne pubblicato da Firenze Libri.

Insomma, come avete ormai capito non ricordo gradevolmente gli anni Ottanta. Ero a disagio nell’ambito delle grosse e rumorose compagnie e preferivo coltivare rapporti di amicizia a tu per tu; e mi stavo preparando a rimanere single a vita, quand’ecco che, finalmente direi! il decennio finì e si aprirono i tumultuosi anni Novanta dove spuntò all’orizzonte il vascello del Captain of my Heart ovvero mio marito Ruggero. Tutto è bene quel che finisce bene!

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Per quanto riguarda la nomina di cinque blogger, mi fermerei qui perché ho visto che all’incirca sono state tutte nominate le stesse persone che conosco anch’io. Quindi lascio campo libero a chi vuole può cimentarsi!