Oggi vi presento un guest post scritto da un’ospite che è anche un’amica di vecchia data, Antonella Scorta. L’argomento del post è molto appassionante per ciascuno di noi, visto che riguarda la ricerca dei propri antenati e quindi la costruzione di un albero genealogico; e io stessa, grazie a documenti trovati nella casa di una zia paterna, a vecchie fotografie, a lettere risalenti ai tempi dell’ultima guerra, ho potuto ricostruire proprio di recente un emozionante pezzo di storia familiare. A chi non interesserebbe, infatti, scoprire qualche informazione in più o qualche inaspettato retroscena dei propri avi, sapere da dove venivano e che genere di vita hanno fatto?
“La Storia siamo noi”. Il sottotitolo di questo blog, il testo di una canzone, una nota trasmissione televisiva, ma anche un’innegabile verità. Ci si rende conto della realtà e della profondità di quest’affermazione quando si intraprende una ricerca genealogica, come sto facendo in questo periodo, e si capisce che la storia è fatta di carne e sangue. La nostra carne e il nostro sangue. In realtà, non è la prima volta che svolgo ricerche storiche e frequento archivi antichi, ma finora mi era capitato soltanto per motivi di studio. E ho scoperto che è ben diverso consultare documenti originali per trovare notizie su personaggi storici o invece per reperire notizie sui propri antenati.
Ma andiamo con ordine. Qualche mese fa ho scoperto con sommo rammarico che i miei bisnonni, ovvero i genitori della mia nonna paterna, erano stati traslati dalle loro cellette ossario in una fossa comune, senza che nessuno mi avvertisse: purtroppo questa è la procedura. Questo sgradevole episodio mi ha fatto pensare che dovevo immediatamente annotarmi nomi e date di tutti i miei bisnonni prima di dimenticarmeli (l’età avanza e può fare brutti scherzi!).
Più recentemente una mia carissima amica – ovvero la titolare di questo blog! – mi ha gentilmente coinvolto in una intrigante vicenda famigliare, nel corso della quale, leggendo vecchie lettere ingiallite dal tempo, si scopriva un piccolo segreto tenuto nascosto per decenni. Questo è stato l’ulteriore segnale che mi ha fatto capire che era giunto il momento di indagare sulle origini della mia famiglia. Ed è così iniziata una piacevolissima avventura. Se la prima fase di una ricerca genealogica è poco affascinante perché si concretizza in lunghe attese negli uffici dell’anagrafe, i passi successivi non deludono le aspettative perché portano a compulsare i registri di nascite-matrimoni-morte delle parrocchie, oppure i ruoli cittadini, praticamente gli elenchi dei residenti (nel mio caso in Milano) in un determinato periodo. In quest’indagine ci sono momenti di euforia e momenti di stanchezza, momenti di stallo in cui sembra di non poter andare oltre una certa data e momenti in cui le scoperte si accavallano. Ma alla fine i risultati ci sono, visto che in poco tempo sono arrivata, per un paio di rami della famiglia, a risalire ai quinquisavoli o pentavoli, quindi a persone nate nel Settecento.
Un effetto collaterale di quest’attività è lo studio non soltanto dei morti, ma anche dei vivi: è inevitabile, infatti, incontrarsi (e scontrarsi) con persone che volenti (o nolenti) si trovano a collaborare con noi. Facciamo una breve carrellata di casi umani.
Le impiegate dell’anagrafe: quando ti presenti allo sportello e fai la tua richiesta ti guardano come se fossi un marziano catapultato sulla Terra e si capisce benissimo che pensano “ma guarda questa che non c’ha niente di meglio da fare nella vita”, ma poi inaspettatamente si appassionano e se non trovano il tuo bisnonno al primo colpo di tastiera insistono finché trionfalmente ti stampano un bel certificato completo con nomi, indirizzi, date e (è capitato anche questo!) persino la firma della levatrice.
I responsabili dell’Archivio Diocesano: quando calpesti per la prima volta il loro sacro suolo e
tocchi le loro preziose scrivanie ti guardano con il disprezzo riservato a un volgare plebeo che si voglia introdurre in un’aulica conversazione, ma poi anche loro si appassionano al caso, cominciano a far affiorare dai sotterranei i venerandi volumi e quando te ne vai ti chiedono: “tornerà a trovarci?”.
Infine, parroci e perpetue: queste ultime sono gentili, ma molto gelose dei documenti conservati in sacrestia e quindi non te li fanno toccare, ottenendo il pessimo risultato di non farti trovare nulla. (Esempio pratico: nella sacrestia di una parrocchia di Paderno Dugnano non sono riuscita a recuperare alcun dato riguardante i miei avi e pensavo di aver cercato nel luogo sbagliato, invece consultando personalmente le registrazioni di quegli stessi anni per quella stessa parrocchia nell’Archivio Diocesano ho scoperto che ben tre delle famiglie mie antenate risiedevano in quei luoghi).
Il capitolo parroci è il più delicato: mi sono imbattuta in un anziano responsabile di una parrocchia del profondo Veneto, che non nominerò, il quale, dopo avermi severamente rimproverata per averlo disturbato mentre stava mangiando (ma del resto non ho la sfera di cristallo ed evidentemente da quelle parti vanno a pranzo prima che a Milano), mi ha buttato giù il telefono!
Ma tornando allo scopo della ricerca, credevo che avrei semplicemente riempito di nomi e date un arido schema ad albero, invece ho provato emozioni incredibili. Quando, dopo aver vanamente sfogliato diversi registri, ho trovato il nome di una mia trisavola scritto da mano ottocentesca e ho capito che era proprio lei, che quel nome che fino al giorno prima non conoscevo corrispondeva a una persona che è nata, vissuta, ha riso, ha pianto, ha gioito, ha sofferto e mi ha trasmesso qualcosa di lei perché il suo sangue scorre nelle mie vene, sono corsa a nascondermi in bagno per non mettermi a piangere in pubblico.
Rientrata nel pieno possesso delle mie facoltà e ritornata alla preziosa scrivania del Diocesano di cui sopra, ho fatto un’altra scoperta commovente: di una delle mie antenate si scriveva chiaramente che, “poiché era illetterata”, aveva firmato il suo certificato di nozze con una croce. E mi sono immaginata questa contadina, che non sapeva leggere e scrivere, che lavorava duramente dall’alba al tramonto, che avrebbe fatto sei o sette figli (li ho ritrovati questi miei pro-pro-prozii nel registri), che avrebbe visto nella sua vita soltanto il suo paese muovendosi sempre a piedi o con un mulo o un carretto se andava bene. E poi mi sono vista io in una bella casa cittadina riscaldata, seduta comoda a una scrivania, circondata da una biblioteca di un migliaio di volumi, mentre viaggio in aereo in tutto il mondo e per i piccoli spostamenti uso l’automobile o la metropolitana quando va male. E su questo non voglio fare alcun commento, ma lascio ai lettori trarre le loro conclusioni.
Chiusa la parentesi emozionale, è necessario spendere due parole per chiarire le differenze tra ricerca genealogica e araldica, che spesso vengono confuse: come si è visto, l’indagine “seria e documentata” sui propri antenati porta a trovare persone umili, spesso contadini, perché la maggior parte di noi ha queste origini. I nobili sono una piccolissima minoranza di una nazione e la loro genealogia la conoscono bene, perché hanno sempre registrato nascite e morti con attenzione nel corso dei secoli, per motivi dinastici e finanziari. Le ricerche araldiche, invece, promettono proprio questo: trovare origini aristocratiche in ogni richiedente e proporre improbabili stemmi. Con questo non intendo escludere a priori la possibilità di scoprirsi nelle vene “sangue blu” e non voglio affermare che quanto proposto dai ricercatori araldici sia tutto completamente inventato, ma trovo decisamente più entusiasmante trovare le tracce documentate della mia ava illetterata in una parrocchia di campagna piuttosto che impegnarmi in un’interminabile causa, che dimostri il mio diritto all’eredità di Francesco Sforza!
Se questo post è finito, la mia avventura non lo è e non soltanto perché devo riempire ancora diversi rami dell’albero (ricordate il parroco veneto? Quello sarà lo scoglio principale da superare), ma perché ho deciso che vorrei fare della ricerca genealogica il mio lavoro, o quanto meno il mio hobby. Fattami le ossa con la genealogia della mia famiglia, mi piacerebbe ricostruire gli alberi genealogici anche di sconosciuti. Penso che sarebbe altrettanto interessante: forse meno emozionante (ma questo è meglio, perché così rimango nel pieno delle mie facoltà), ma potrebbe riservare tante altre piacevoli sorprese. Intanto, ho incominciato a farmi passare le notizie sulla sua famiglia da un amico e incomincerò a sperimentare con lui e poi chissà.. mai mettere limiti alla Provvidenza.
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Biografia dell’autrice
Antonella Scorta è nata a Milano il 13 maggio 1963. Laureata a Milano in Lettere Moderne con una tesi su Francesco Sforza e a Pisa in Conservazione dei Beni Culturali con indirizzo archivistico-librario. Il suo sogno era diventare archeologa medievista, ma zappare la terra sotto il sole cocente (perché in questo consiste nella dura realtà dei fatti il lavoro degli Indiana Jones) non faceva per il suo esiguo fisico e quindi ha ripiegato sull’altra sua grande passione: la scrittura, nella fattispecie sotto forma di giornalismo. E poiché chi vive a Milano è condannata a fare la giornalista di moda, la sua carriera inizia a “Vogue” per poi attraversare diverse redazioni specializzate in abbigliamento sposa e bimbo e portarla ad accasarsi definitivamente con “Book Moda”. Recentissimo è il suo ritorno di fiamma per l’archivistica e il desiderio di dedicarsi alla ricerca genealogica.
Fonti immagini:
- Foto apertura tratta dal sito Museo della Civiltà Contadina “Dino Gregorio” di Mairano (BS): la famiglia Cornoletti
- Registro parroccchiale norvegese da Wikipedia
- Registrazione della nascita di Georg Friedrich Händel da Wikipedia
- “Donna contadina che si riposa” di Léon Lhermitte (1903), Cincinnati Art Museum
- Albero genealogico dei marchesi di Monferrato da Wikipedia
Scoprire il proprio passato anche a livello famigliare è qualcosa di speciale. Io, per mia fortuna, ho uno zio appassionato che ha scritto addirittura un libro sul alcune famiglie della mia città (compresa la nostra ovviamente) con tanti di alberi genealogici che la raccontano, dal punto di vista paterno. Mi piacerebbe approfondire anche il lato di mia madre, che però è originaria di un'altra regione e quindi è un po' più complicato per me…
Io avevo preparato qualche anno fa un albero genealogico su carta, che poi ho rifatto su myheritage.com, ma la mia ricerca si è fermata ai nonni, come penso succede a molti di noi.
Ma alle lacune si può porre rimedio. Il mio vero dispiacere è quello di non aver prestato maggiore attenzione ai racconti di guerra di mio padre, che era carrista in Africa durante la Seconda Guerra Mondiale. Ora, come raccontava Antonella, ho trovato nella casa di una parente moltissima documentazione famigliare, comprese lettere di mio padre alle sorelle. Un patrimonio prezioso.
Non devi farti spaventare dalle distanze. Ho scoperto, infatti, che a volte si riescono a fare ricerche storiche rimanendo stando seduti alla scrivania di casa (anche se ovviamente è molto meno divertente). Per esempio, per il ramo materno della mia famiglia pensavo di dovermi recare personalmente a Cremona: invece, i gentilissimi addetti dell’archivio hanno svolto la ricerca per me e mi hanno spedito via e-mail i documenti senza nemmeno farsi pagare nulla. Quindi, non scoraggiarti e, se l'argomento ti appassiona, continua le ricerche sui tuoi antenati.
Un caro saluto ad Antonella e mille complimenti per questo post e per la ricerca (precisione, metodo, costanza, determinazione,…).
Sono molto colpita in quanto proprio di recente stavo valutando l'ipotesi di effettuare una ricerca sul ramo materno. La ricostruzione del cognome, invece, era già stata portata a termine da mio padre. Per questa ragione so quanto un simile lavoro porti a galla emozioni molto intense, oserei dire, talvolta anche controverse: andare alla ricerca delle proprie radici smuove profondamente l'animo e, forse, non c'è niente di più spiazzante e, al contempo, di più affascinante.
Vorrei conoscere i tempi dell'indagine: mesi o anni?
Ti confermo che leggere archivi e vecchi incartamenti è molto emozionante, perché ti raccontano qualcosa delle tue origini se non di te stessa. Pensa che emozione quando ho trovato una lettera di mio padre ventenne scritta a matita, e tutta tremolante perché era sul treno che lo portava in sud Italia da dove si sarebbe imbarcato per la Libia. Mi sembrava di averlo ancora lì vicino a me.
Antonella ricambia il saluto! Approfitto per dire che proprio in questi giorni è via per lavoro e ha qualche difficoltà a rispondere a domande specifiche (come la tua sui tempi della ricerca) e a commentare, ma lo farà quanto prima.
Grazie Clementina per i complimenti e un grande abbraccio. Per quanto riguarda la tua domanda sulle tempistiche della ricerca, in realtà una risposta univoca non esiste. Come dicevo, in poco tempo sono arrivata ai “quinquisavoli”, però soltanto di un ramo della famiglia, altri invece sono fermi e di uno so già che non si sbloccherà mai perché i documenti sono stati distrutti dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Inoltre, dipende dal tempo che vuoi dedicare a quest'attività: se decidi per una settimana di fare soltanto ricerca in archivio puoi terminare in pochi giorni. Se invece ci dedichi soltanto i ritagli di tempo puoi andare avanti per mesi.
Grazie della risposta, Antonella! Dovrò organizzare dei sopralluoghi tra Mantova e dintorni, che richiederanno qualche giorno, ma la tua esperienza è veramente molto, molto stimolante. Un giga abbraccio! 🙂
… E io non vedo l'ora di leggere i documenti su quel tuo antenato di cui mi parlavi! Sono ancora sbalordita, sembra una trama nello stile Il nome della rosa. :-0
Ma potrebbe uscirne un bel libro anzichè solo un post!
Come ricostruire le proprie origini, potrebbe essere il titolo.
Interessante! E notevole sia dal punto di vista del lavoro che della passione che del risultato.
Io non ci ho mai provato. Nemmeno pensato a dire la verità.
In più non saprei nemmeno a chi chiedere perchè ormai i"vecchi" sono tutti trapassati.
Complimenti a te ma soprattutto alla tua amica!
Grazie per il commento, Pat. Penso che per fare queste indagini bisogna avere l'animo da detective, oltre che da ricercatore. Accennavo a quei miei documenti famigliari da cui ho dedotto l'esistenza di un segreto, e l'ho trovato riordinando cronologicamente lettere, telegrammi, cartoline per un totale di tre raccoglitori. Usavo anche la lente d'ingrandimento per decifrare le scritture e le date dell'epoca Fascista. Comunque proprio con questo sistema ho visto che c'erano delle date di matrimonio che non mi tornavano e che mi hanno messo la pulce nell'orecchio! Così… 😉
Il suggerimento di scrivere un libro sull’argomento è molto allettante. Grazie Patricia, vuol dire che hai apprezzato il post. Non devi comunque scoraggiarti se non hai nessun parente a cui chiedere, anzi a volte le informazioni che danno le persone sono più fuorvianti che utili. Meglio affidarsi ai documenti (“verba volant, scripta manent”), anche partendo semplicemente dall’anagrafe del proprio Comune.
Ciao Cristina e ciao Antonella. Non a caso Daniela mi ha taggata in questo post. Dall'inizio dell'anno sto seguendo un corso-percorso che si sviluppa proprio sull'albero genealogico. Esiste una disciplina ancora poco conosciuta in Italia che si chiama psico genealogia e mostra come i vissuti dei nostri antenati hanno delle ricadute pratiche sulle nostre vite. La cosa bella è che più veniamo a scoprire di loro, specialmente dei loro segreti, più ci liberiamo da questi irretimenti. Per chi volesse saperne di più si può cominciare da un paio di video caricati su YouTube "La sindrome degli antenati" dove la dott.sa Schuzemberger (spero sia scritto giusto), che è la maggiore autorità a livello mondiale su questo argomento, da alcune informazioni a riguardo.
Un grande abbraccio a tutte e tre e buona continuazione nelle vostre ricerche
Ciao Elisabetta, grazie mille per il tuo commento lungo e articolato. Ho appena visto i due video su Youtube che hai menzionato, e che ho trovato molto interessanti. Al di là delle proprie convinzioni personali, e dello scetticismo che potrebbe generare questa nuova disciplina – cosa che capita con tutte le nuove discipline, basti pensare alla psicanalisi! – mi ha molto colpito il rimando al culto degli avi che una volta le antiche culture praticavano, e la loro convinzione delle permanente interazione tra morti e vivi. Mi è piaciuta anche l'onestà della dottoressa che ammette di non sapere con precisione scientifica il perché accadano queste coincidenze nelle linee familiari.
Proprio di recente mi è capitato di leggere lo speciale di aprile del blog The Obsidian Mirror (v. sotto il link per approfondimenti) sulle leggende e la cinematografia della Thailandia. Nella loro cultura è ancora fortissimo il legame tra il mondo dell'invisibile e quello del visibile, ovvero tra i vivi e i morti.
Un'altra grande verità è che il "non detto" in una famiglia, il nascondere determinati eventi, il vergognarsi di certi fatti fanno sì che le problematiche si trascinino generazione dopo generazione. La famiglia di mio padre appartiene esattamente a questa tipologia, perché secondo l'educazione di un tempo era consuetudine celare anziché rivelare, o semplicemente parlare di determinati eventi.
Grazie ancora di essere passata e un abbraccio anche a te!
Interessantissima questa segnalazione: non avevo mai sentito parlare della psico genealogia. Però, evidentemente, l’ho sperimentata senza saperlo. Infatti, come scrivevo nel post, non avrei mai immaginato che una ricerca che sembra arida e un po’ meccanica mi avrebbe fatto vivere delle emozioni così forti. Che mi porto dentro e che ormai continueranno ad accompagnarmi per sempre. Senz’altro approfondirò questo lato della ricerca genealogica: grazie, Elisabetta. E buon lavoro anche a te.
Un viaggio davvero emozionante andare alla ricerca della proprie origini, il racconto mi ha fatto anche sorridere (l'impiegata comunale che si appassiona alla ricerca è davvero simpatica). Post bello e interessante.
Ciao, Giulia! In effetti è qualcosa di diverso dal solito tran-tran, per cui ci mettono più impegno. A me è capitato di ricevere un certificato del matrimonio dei miei nonni paterni dall'Archivio Storico di Torino cui l'avevo chiesto via mail. Oltretutto sono stati gentili e rapidissimi!
Grazie Giulia per le tue parole di apprezzamento. Mi fa molto piacere che tu abbia notato anche il lato ironico del mio racconto: non volevo scrivere un post noioso (e polveroso!) e vedo che quindi il mio scopo è stato raggiunto. Penso che continuando con le mie ricerche mi imbatterò in tanti altri personaggi e potrò descrivere altri aneddoti divertenti: anzi, invece che un saggio sulla genealogia, potrei scrivere un libro sul genere “Io speriamo che me la cavo”.
Argomento davvero affascinante. Come tanto anch'io tempo fa ho cercato di spremere la memoria di mia madre per ottenere una sorta di albero genealogico. Non sono ovviamente arrivato molto lontano.. giusto al nome dei suoi nonni. Ho però riempito pagine di nomi per via delle numerose ramificazioni dovute all'abbondanza di fratelli e sorelle da parte di entrambi i miei genitori. Un lavoro del genere mi è parso già sovrumano e davvero non riesco a immagina cosa voglia dire fare qualcosa di più articolato. Mi piacerebbe fare come Antonella e frugare nelle anagrafi, ma mi trattiene appunto il terrore di essere preso per un folle.
Ciao TOM, grazie del commento. Una volta le famiglie numerose erano la norma, per cui il lavoro d'indagine si fa tanto più esteso quanto si va indietro nel tempo. Certamente i ricercatori devono armarsi di tanta pazienza, ma con l'esperienza sanno dove devono cercare e gli uffici cui devono rivolgersi. Un po' come la nuova professione dei "codisti" che fanno la coda per te! 😉
Io ho sempre ammirato Erasmo da Rotterdam e condiviso il suo “elogio della follia”! Quindi, non preoccuparti per questo: è un onore essere preso per folle. E comunque è una follia condivisa da molti, perché quando parlo di questa mia nuova passione tutti si dimostrano entusiasti. Per quanto riguarda le ricerche, come ho già risposto a Patricia, è meglio non affidarsi alle parole dei parenti, ma ai documenti: vedrai che se troverai il coraggio di entrare in un archivio poi non potrai più staccartene. Inoltre, ti consiglio di focalizzarti sugli ascendenti diretti (almeno all'inizio) e non sui rami collaterali: io ho preso nota dei nomi di alcuni pro-prozii, ma per il momento ho deciso di non continuare la ricostruzione delle loro famiglie.
Molto interessante! C'è stato un momento in cui desideravo fare questo genere di ricerca, paradossalmente quando non attribuivo reale importanza al mio passato. Era giusto una curiosità. Ora sto iniziando a capire che il passato conta, e chissà… so che i Gironella sono della zona di Gerona, in Catalogna, ma niente altro. Se decidessi di seguire le tracce dei miei avi, utilizzerei volentieri le competenze di Antonella, con cui devo avere qualcosa in comune, essendo nata il 9 maggio 1963. Non sono una patita dell'astrologia, ma con i Tori mi sono sempre trovata molto bene. Grazie a entrambe! 🙂
Grazie a te di essere passata. Ricordo che mi dicevi di questa provenienza dei Gironella nella zona di Gerona. Chissà, magari potrebbe esserci qualche allaccio con la vicina Francia… mai porre limiti al destino! 😉
Una quasi gemella! Vedi che le ricerche genealogiche percorrono le strade più diverse e portano a scoprire parenti inaspettati. A parte gli scherzi, ti ringrazio per l’attenzione che hai rivolto al mio post e sono sempre a disposizione, non soltanto per ricostruire il tuo albero genealogico, ma anche per approfondire la nostra conoscenza.
Ringrazio coloro che hanno letto e commentato, e anche naturalmente Antonella per l'articolo e le sue risposte. Buon 2 giugno a tutti!