Rieccomi con il seguito del post relativo a
Kafka sulla spiaggia
dello scrittore giapponese Murakami Haruki (qui il link sulla trama, se avete perso la prima parte e volete leggerla). Entriamo nel vivo della questione: perché questo romanzo contravviene a molte regole di scrittura creativa? Provo a elencare alcuni dei motivi che mi sono venuti subito in mente.
La stranezza della trama
Converrete con me che la trama è quantomeno assurda, almeno se ne facciamo una lettura asettica. Eppure proprio con questo prolisso romanzo, all’apparenza senza capo né coda, Murakami Haruki si è fatto conoscere anche al grande pubblico. Come a dire – e mi ripeto – che la questione di come si arrivi alla notorietà è un mistero che solo gli dei conoscono. E meno male che avviene così.
La lunghezza del romanzo
Perché prolisso? Si tratta di un romanzo di 514 pagine fittamente scritte. Se fosse stato scritto da un autore misconosciuto, una casa editrice lo giudicherebbe un romanzo inutilmente lungo e, in alcuni punti, ripetitivo (Tamura va due volte nella casa della foresta, ad esempio, ma non è l’unico caso di ripetizione). Il romanzo è anche molto ricco di digressioni di carattere letterario, pittorico, filosofico e musicale relative alla cultura giapponese e non solo.
Un incontro mancato
I due protagonisti principali, Tamura e Nakata, non si incontrano mai. Tutto nella trama porta a pensare che, prima o poi, ciò avverrà, a partire dagli itinerari che seguono i due personaggi. Essi partono dalla stessa città e si ritrovano alla fine alla medesima biblioteca, la Kōmura; solo che quando uno arriva l’altro è già partito. Non è l’unico motivo, tuttavia, che porta il lettore a credere in un incontro: il ragazzo e il vecchio sembrano essere in qualche modo collegati, tanto è vero che Nakata uccide il padre del ragazzo. A un certo punto mi sono chiesta se, per caso, non fossero uno stesso spirito incarnato in due persone differenti, e proprio il fatto del mancato incontro potrebbe provarlo. In un romanzo d’impostazione classica questo incontro sarebbe senza dubbio avvenuto e, anzi, sarebbe stato un incontro da organizzare con tutti i crismi.
Personaggi stravaganti
Ci sono delle apparizioni di personaggi assurdi. Non solo il padre del ragazzo di chiama Johnnie Walker, ma agli occhi di Nakata appare fisicamente proprio come il personaggio della famosa marca di whisky. Ecco le parole con cui si presenta: “Se fossi uno che ama il whisky, mi avresti riconosciuto al primo sguardo. Ma non importa. Il mio nome è Johnnie Walker. Johnnie Walker. Sono pochissimi a non conoscermi. Non per vantarmi, ma sono famoso in tutto il mondo. Al punto da essere considerato un’icona. Tuttavia, io non sono il vero Johnnie Walker. Non c’entro niente con la casa scozzese che produce il whiskey, Mi limito a prendere in prestito l’immagine e il nome che sono sull’etichetta, senza il permesso di nessuno.” Va bene che Nakata è un po’ strano, ma qui mi sono chiesta chi avesse alzato veramente il gomito…
Se ancora non vi basta, il camionista Hoshino s’imbatte nel colonnello Sanders (“…vide un uomo anziano, basso di statura, occhiali dalla montatura seriosa, e un abito bianco. Bianchi pure i capelli, i baffi e il pizzetto, e la camicia, su cui portava come cravatta un nastro nero annodato. Dal viso sembrava un giapponese, ma era vestito come un gentiluomo di campagna del Sudamerica”), che non è altro che il logo del Kentucky Fried Chicken, e che gli procura delle ragazze sofisticate e disponibili con cui passare il tempo lietamente nella vasca da bagno.
Questioni irrisolte
Ci sono numerose domande che non trovano risposta (perlomeno, io non lo ho trovate), le maggiori delle quali sono: Che cosa aveva originato quella trance nell’evento del 1944 e che cos’erano quel misterioso oggetto dal bagliore metallico? Perché nei ricordi della maestra tutto sembrava avere poi un significato erotico? La signora Saeki è davvero la madre di Tamura e Sakura è la sorella? La radura cui arriva Tamura nella sua esplorazione della foresta è la stessa in cui ebbe luogo l’evento del 1944? Parrebbe di no. Che cos’è quel villaggio dove il tempo sembra essersi fermato e dove la memoria inevitabilmente si perde? Un limbo oppure l’anticamera della morte?
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Arte contemporanea giapponese: “The Contented Skull” di Chiho Aoshima
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DOMANDA: “Sì, ma a te è piaciuto?”
Mi è piaciuto, sì, per ottimi motivi.
1. Sono convinta che con certi autori non bisogna razionalizzare troppo, perché è come trovarsi sopra un’onda sospesa a mezz’aria, che fluttua continuamente. Mi è venuta in mente l’espressione “il mondo fluttuante” (o ukiyoe, una forma d’arte – cito – legata al pensiero buddhista che insegnava il distacco dalle cose terrene in quanto transitorie, illusorie e d’impedimento al raggiungimento dell’illuminazione e che, col tempo, finì per assumere una connotazione erotica).
In Kafka sulla spiaggia si ondeggia continuamente tra sogno e stato di veglia, passato e presente, vita e morte, ricordo e perdita di memoria, porte spazio-temporali che si aprono e si chiudono, eventi ordinari ed eventi del tutto inspiegabili. In fondo, è così anche nella nostra esistenza, e in alcuni casi lo scrittore non è più il demiurgo che ordina l’universo, ma fluttua insieme a questo mondo onirico, e fa fluttuare il lettore insieme con lui.
2. Le digressioni nel romanzo sono per me affascinanti, oserei dire nutrienti. Ad esempio si accenna a Racconti di pioggia e di luna, una raccolta di storie dello scrittore Ueda Akinari, completata nel 1768 e pubblicata nel 1776 durante il periodo Edo. Una di queste storie, L’appuntamento dei crisantemi, racconta l’amicizia tra uno studioso e un samurai gravemente malato di cui lo studioso decide di prendersi cura. Tra loro nasce una profonda amicizia e, una volta ristabilito, il samurai riparte, promettendo di tornare prima della fine dell’autunno, per la festa dei crisantemi. Purtroppo il samurai viene catturato e imprigionato; questo gli rende impossibile mantenere la promessa fatta all’amico. Così decide di uccidersi, per poter raggiungere l’amico sotto forma di spirito e dirgli che niente poteva impedirgli di mantenere la sua promessa. Passa del tempo con lui e svanisce tra il profumo dei crisantemi.
3. Non conta solamente la trama nuda e cruda, come ve l’ho esposta nel post precedente, ma, al solito, il modo con cui si racconta. Lo stile è un ingrediente decisivo della difficile arte del raccontare e Murakami Haruki è un maestro dello straniamento. Sul blog La mia libreria ho lasciato un commento in questo senso, dicendo che le sue pagine sembrano possedere un fascino ipnotico poiché ciò che non tollererei in alcun modo in altri autori, da lui lo accetto con un sorriso ebete stampato sulla faccia. Ha una scrittura molto raffinata, quasi cesellata in alcuni punti, pur filtrata dalle ovvie limitazioni della traduzione.
4. Raccontare storie in questo modo è un insegnamento di libertà rispetto a tante opere costruite freddamente a tavolino solo per raggiungere quote di mercato più ampie, servendosi di gruppi di beta-reader come di una catena di montaggio. Magari sono anche scritte bene e con un bell’intreccio, ma la differenza si nota. Manca qualcosa.
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Chi ha letto il libro è d’accordo con la mia analisi oppure no? E chi ha letto i miei due post fino in fondo, ma non conosce il romanzo, leggerebbe poi Kafka sulla spiaggia?
Di Murakami ho letto solo Tokio blues, e mi è piaciuto. Dopo aver letto i tuoi post penso che potrei leggere anche questo; la pecca più grande è la lunghezza, che fa un po' a pugni con il mio tempo libero.
Da quello che dici, Murakami deve essere uno scrittore-giardiniere. Almeno me lo auguro: se fosse un architetto, sarebbe davvero anni-luce davanti a tutti. E la cosa mi spaventa. 🙂
Ciao, Michele! Che bella la tua espressione scrittore-giardiniere… Non ci ho mai pensato, ma tutti gli scrittori potrebbero far parte di categorie diverse: scrittori-cuochi, scrittori-orafi, scrittori-esploratori e via dicendo. Un po' come i Puffi. Sarebbe un'altra idea per un meme. 😉
Vorrei essere io l'autore di cotanta pensata; ecco la citazione originale:
"Ho detto spesso che gli scrittori sono di due tipi.
C'è l'architetto, che è un tipo.
L'architetto, come se progettasse un edificio, espone l'intero romanzo tutto in una volta. Sa quante stanze ci saranno o con che cosa il tetto sarà costituito o quanto alto sarà, dove l'impianto idraulico verrà eseguito e dove saranno le prese elettriche. Tutto questo lo saprà prima di piantare il primo chiodo. Tutto quello che c'è nel progetto.
E poi c'è il giardiniere che scava il buco nel terreno, mette il seme, lo bagna con il suo sangue e aspetta per vedere che cosa succede.
Il giardiniere sa certe cose. Non è completamente all'oscuro. Lui sa se ha piantato un albero di quercia, del mais, o un cavolfiore.
Ha qualche idea della forma, ma gran parte di essa dipende dal vento,dal tempo, da quanto sangue ha versato e così via.
Nessuno è puramente un architetto o un giardiniere in termini di scrittori, ma molti scrittori tendono da una parte o dall'altra.
Io sono molto, molto più un giardiniere."
-George R.R. Martin-
A ogni modo bella anche l'idea di estendere ad altre categorie e farne un meme: penso che potrebbe uscirne qualcosa di interessante.
Comunque ti ringrazio moltissimo di avermi riportato questa citazione. E' davvero splendida.
Sì, potrebbe appunto venirne fuori un filone accattivante… prendendo ad esempio qualche autore che amiamo e inserendolo in una categoria "professionale".
Di Murakami ho letto "Norwegian wood" ma non mi è piaciuto. Forse gli darò un'altra possibilità, chissà…
Come era già emerso nel post precedente, ha uno stile molto particolare che non a tutti piace. Infatti c'è chi lo detesta cordialmente.
Lo stesso disprezzo di ogni regola narrativa si ritrova in Thomas Pynchon. In "Mason & Dixon", per esempio, romanzo profondissimo e in teoria di genere storico, che narra delle vere vicende di due personaggi del '700, compaiono orologi parlanti, una papera meccanica consapevole e appassionata di opera lirica, un castoro mannaro, Braccio di Ferro, e così via.
Ma che meraviglia. Già da quello che mi racconti sento che questo romanzo potrebbe piacermi. Dovrei annotarmi in un quaderno tutti i libri che mi colpiscono e che vorrei leggere, invece di segnarli su foglietti volanti. O forse tento di smarrirli e il mio atteggiamento è una forma di difesa dettata dall'inconscio per sopravvivere!
E' uno dei dieci libri più belli che ho letto nella mia vita…
Accidenti! Questo moltiplica il mio interesse… e minaccia di assottigliare le mie finanze.
Io adesso voglio leggerlo, nonostante il terrore che ho della letteratura giapponese.
E io sarei curiosa di avere anche le tue impressioni quando ciò avverrà. Magari anche proporlo al tuo gruppo di lettura?
Letto e amato Cristina! Ma questo lo sai! 🙂
Sono d'accordo con te e con quello che hai scritto.
Lo stile di Murakami, l'uso che fa delle parole, delle sue "visioni" è unico e magistrale.
Ho parlato di visioni perchè il suo romanzo a volte mi è parso più una interminabile visione di un mondo diverso dal nostro ma che col nostro si incrocia, lo sfiora, se ne allontana.
Le domande senza risposta…. quante volte nella vita ci poniamo domande che resteranno senza risposta? Tante, almeno per me. Mi darò una risposta così, sempre modificabile, mai certa al 100% e così la storia qui narrata.
Mi piace la tua idea che Tamura e Nakata possano essere la stessa entità che "vive" due vite diverse contemporaneamente. In fondo, cosa sia successo a Nakata quando erabbambino su in montagna non si sa.
Tokio blues… completamente diverso ma…wow!!!!!
Verissimo… alle volte i romanzi non danno risposte precise, esattamente come nella vita. Tra parentesi, a me piacciono moltissimo i finali aperti perché danno l'avvio a dibattiti pressoché infiniti in cui ognuno rimugina su che cosa sia successo e quali siano le possibili ipotesi e continuazioni. Molti lettori li detestano, invece.
Il fatto che Tamura e Nakata siano la stessa persona, solo in percorsi paralleli, mi era balenata proprio per il fatto di questo mancato incontro. Come scriveva qualcuno, lo stesso spirito non può incontrare se stesso a meno di non alterare fortemente il tempo. Per quello rimbalzano via come palline da flipper!
A questo punto inserisco qui il link alla tua recensione, così chi vuole leggerla la trova subito:
https://hermioneat.blogspot.it/search?q=kafka+sulla+spiaggia
A presto!
Grazie Cristina!
I finali aperti mi stanno bene in alcuni libri come questo ma non in altri….
Di questo libro comunque si può dire quello che si vuole ma non che sia stato scritto solo per essere venduto, voglio dire non scritto in base a quello che il mercato chiede.
E' troppo fuori dalle regole, Però questo è la sua peculiarità più importante per me
Ciaoooo
Sono proprio d'accordo, è tutto tranne che un libro commerciale. Mi piace ANCHE per quello, sono stufa di leggere libri costruiti a tavolino. Sono privi di anima, secondo me.
Grazie del nuovo commento e… a prestissimo! Buona serata e buona notte. 😉
Il segreto di Murakami sta proprio in queste domande in cui non c'è risposta. Apparentemente una storia nonsense, in realtà densissima di potenziale suggestivo. Ha il merito di portarci per mano come in un sogno. Romanziere notevolissimo, di talento. Una buona dose di fascino scaturisce anche dall'universo giapponese in sé che come scrivi tu stessa presenta delle suggestioni sempre molto forti.
Io di Murakami ne ho letti tanti, e ne vorrei leggere sempre di più. Dovrei redigere la famosa lista di libri da leggere, dal titolo "Vorrei ma non posso" (v. sopra il commento a Ivano). Anzi, potrei farne l'oggetto di un meme!
Mi sono ritrovata molto nelle impressioni che descrivi. Se hai un approccio cerebrale, probabilmente abbandoni il romanzo dopo dieci pagine, ma se ti lasci trasportare senza pretendere di capire tutto… o almeno un poco… è come una musica. 🙂
Grazie del commento, Grazia. Murakami funziona proprio in questo modo. Per ricollegarmi al commento di Ivano più sopra a proposito di quel romanzo di Pynchon con gli strani protagonisti, io ricordo ad esempio l'indimenticabile uomo-pecora di "Dance dance dance".
Non so se lo leggerò, la lunghezza mi spaventa data la mia mancanza di tempo, potrei cominciare dell'estratto e vedere se mi prende. Ci sono autori di cui mi innamoro e riesco a leggerli sempre con entusiasmo, chissà potrebbe capitare anche con un giapponese…
C'è sempre una prima volta, cara Giulia! Così potremo vedere se farai parte della schiera di adepti o di quella dei detrattori. Alla prossima.
Molte belle le tue impressioni, che secondo me sono validissime in generale per quanto riguarda la produzione che ad ora conosco di Murakami.
Come già sai, non ho ancora letto questo titolo e sospetto che mi piacerà moltissimo 😀 Per alcuni aspetti (il passaggio tra diversi stati, punto 1. del tuo post) mi ha ricordato La fine del mondo e il paese delle meraviglie, che ha una struttura assai particolare – non si può dire altro, pena soliti spoiler!
Mi rendo conto che la caratteristica che davvero mi cattura di un romanzo del nostro è sapere che niente sarà come appare, che la storia sarà un pretesto per scavare in molte altre direzioni, sviluppare congetture e disfarle, tornare a pensare ad un passo in particolare, anche a distanza di tempo.
Ecco, forse la scrittura creativa dovrebbe avere regole meno rigide, o forse chi vuole scrivere dovrebbe sapere adattare tali regole, personalizzandole e stravolgendole, alla propria sensibilità e alle proprie capacità. Altrimenti diventa un esercizio di stile, e basta…
Doppio post davvero molto bello *__* Ne avremo ancora, vero, sul Muracoso??? XD
P.S.: grazie mille per la citazione con link ^^
Grazie mille per il tuo commento così articolato, cara Glò. Pensa che fino all'ultimo sono stata indecisa se pubblicare o meno questi due post, primo perché si trattava di spoiler (sebbene dichiarato a gran voce) e in secondo luogo perché non mi convincevano fino in fondo e pensavo che non interessassero a nessuno. Tu pensa quanto io capisca dei meccanismi della blogosfera! 😉 La stessa cosa vale peraltro per la mia totale incomprensione del mercato editoriale.
Sono d'accordo con te sia per quello che riguarda le caratteristiche dei romanzi di Murakami, e quella sensazione di sogno e indeterminatezza che ne costituisce il reale fascino. Naturalmente sposo in pieno quanto dici sull'esercizio di stile che emerge dall'applicazione troppo rigida delle regole di scrittura. Anzi, dietro tutti questi tecnicismi si vede in filigrana il volto dell'autore assetato di vendite!
Mi piace il termine Muracoso, anche perché mi ricorda il termine "vendicoso"… si capisce che sto leggendo I Beati Paoli, vero? ^_^
Per la citazione: mio dovere.
Intanto W I Beati Paoli, letti quest'estate, una vera goduria!
E veniamo a Murakami. Io credo che uno scrittore del genere o piace oppure si fa odiare; se piace, però, ci si innamora perdutamente di lui. Io sono tra gli innamorati. 🙂
Il suo modo di scrivere crea un senso di assoluta estraniazione che ti sballa come una droga. Lo so che sembro esagerata, ma io che ho letto quasi tutti i suoi libri non trovo una sua produzione che mi abbia deluso. È proprio il suo modo di raccontare anche una stranezza come se fosse la cosa più normale al mondo che incanta. E tu non ti stanchi mai, non dici "ma questo è pazzo", anzi ti perdi nei suoi racconti a volte stralunati come se mettessi piede dentro un sogno, dove tutto è possibile.
Che poi, perché un libro come questo piace a tanti? perché Murakami piace? è una di quelle cose che è nei fatti e indagare sulle ragioni del successo è una perdita di tempo. Murakami è magia letteraria.
E con questo la mia dichiarazione è totale. 🙂
Che bello leggere tanto entusiasmo e tanta passione da parte tua, Marina! Ed è proprio l'effetto che fa anche a me, di totale "sbalestramento". Chissà che tecniche usa per ottenere questa magia, probabilmente è una mescolanza di elementi indefinibili. Un po' come un profumo, che è composto di tante essenze… ne manca una e non è più lo stesso.
Per quanto riguarda la sua pazzia, beh, quanto ho letto della comparsa dell'uomo-pecora, mi sono detta: bene, dopo questo posso aspettarmi di tutto! Ma mi va benissimo così! 🙂
Letto e amato tantissimo, come già sai! Mi sono piaciute molto le tue osservazioni e mi trovo completamente d'accordo, in particolare sono in piena sintonia con l'immagine delle onde. In fondo, anche la vita di ogni singolo individuo può essere paragonata ad un'onda, che cresce, raggiunge il massimo picco per poi fondersi in una vita più grande, collettiva, cosmica e i flussi ricominciano…
Non ho letto molta letteratura giapponese – nulla di quella classica – ma è indubitabile la capacità di questi autori di testimoniare le sfumature dell'esistenza in maniera più profonda e raffinata di quanto non facciano gli scrittori di casa nostra. Anche Mishima in "La voce delle onde", tanto per rimanere in tema, è un ottimo esempio.
Buon Sant'Ambrogio! 🙂
culture diverse, sensibilità diverse e una naturale tendenza ad accentuare gli aspetti spirituali dell'esistenza.
Buon Sant'Ambrogio anche a te! 😉 😀
😉