Durante la presentazione di questa mia serie del mercoledì incentrata su curiosità, eventi, personaggi della Rivoluzione Francese, avevo detto che nella scrittura del mio romanzo ero felice in quanto non ero più costretta alle limitazioni narrative dovute ai molti oggetti, cibi, macchinari che nel Medioevo non esistevano. Si parla di 1789 e di età moderna a pieno titolo. E quindi razzolo, gioiosa come una gallina ovaiola che si trova finalmente all’aria aperta, dopo essere stata ingabbiata in una stretta stia da pollo di allevamento.

Posso concedermi veramente di tutto… 
o quasi.

Infatti, un solo dubbio mi ha attraversato strada facendo, almeno fino a questo momento: esistevano le sigarette durante la Rivoluzione? Posso scrivere la classica scena in cui Danton si accende la sigaretta avvicinando uno stecchino di legno acceso, o accendendola al lume della candela o del candelabro? Naturalmente non intendo la produzione di sigarette a livello industriale, ma quelle che, nelle nostre campagne, si confezionavano gli uomini con le cartine arrotolate e il tabacco.
Gironzolando per la rete, tanto tempo fa mi ero imbattuta in un sito dedicato alla vita del giornalista e libellista Camille Desmoulins. Tra le fotografie vi sono cimeli collezionati dallo storico Jules Claretie (1840-1913) che, se da una parte mi commuovono, dall’altra mi hanno inspessito i dubbi. Infatti, sono tornata sul sito e ho rivisto la foto di un portacenere, appartenuto appunto a Camille (c’è anche una tabacchiera). Ora, se c’è un portacenere, ci deve essere anche la cenere di un sigaro o di una sigaretta che viene raccolta nel suddetto contenitore.
Ogni volta che dubbi di questo tipo mi assalgono, mi trasformo nel classico “spettro che gira per l’Europa“, e comincio a scrivere mail per ogni dove, alle associazioni culturali e persino alle ambasciate, ponendo domande nello stile del bambino petulante, quelle cui nessuno sa rispondere.
Ho cominciato quindi la mia investigazione partendo dal presupposto che il tabacco esisteva senz’altro, quindi c’era almeno una delle materie prime per il confezionamento dell’eventuale sigaretta. Potete vedere all’inizio dell’articolo, ad esempio, una splendida tabacchiera con il ritratto di Luigi XVI re di Francia. Tutti sniffavano tabacco, ponendolo sul dorso della mano e aspirando avidamente. Le tabacchiere erano appunto oggetti preziosi, vere e proprie opere d’arte. Però vuoi mettere avere il personaggio che fuma una sigaretta stretta tra le dita sottili, languidamente seduto su una poltrona, rispetto a uno che aspira tabacco attraverso le narici, magari starnutendo e macchiando la stoffa del bracciolo?
Anche sull’esistenza della pipa, oggetto antichissimo, ero tranquilla, tanto più che al Musée Carnavalet di Parigi, dove c’è un intero, godurioso piano dedicato alla Rivoluzione Francese, ci sono esemplari sia di pipe che di portatabacco da pipa come quella che vi presento subito sotto. Essa è anche uno straordinario oggetto di propaganda dato che riporta la scritta Vive la nation et le bon tabac (Pot à tabac au fumeur de pipe. Faïence. 1791-1792. Musée Carnavalet.© Carole Rabourdin / Musée Carnavalet / Roger-Viollet).

Ho scritto persino al Musée du Fumeur, mandando completamente in crisi il personale. Mi hanno risposto con cortesia, dicendo che forse la sigaretta fu inventata dai soldati musulmani che, durante l’assedio di San Giovanni d’Acri (nell’odierno Israele) del 1831-2, pare sostituissero al narghilè i tubetti di carta svuotati della polvere da sparo con del tabacco sminuzzato manualmente. Cosa che conferma Wikipedia, la quale aggiunge però che la nascita della sigaretta è controversa. Altri ne attribuiscono l’invenzione ad alcuni soldati inglesi, sbarcati sempre a San Giovanni d’Acri nel 1840 in seguito all’azione militare contro l’Egitto. 

Sembrava che la nascita della sigaretta fosse avvenuta in epoca più tarda. Tuttavia continuavo a non essere convinta della non-esistenza della sigaretta per via delle colonie francesi. Dopo aver scatenato alcune amiche curiosissime come me nella ricerca, ecco che una delle mie inviate ritorna vittoriosa dalla sua missione. Infatti aveva scoperto il seguente paragrafo in rete:

L’uso di papelitos, piccoli sigari con tabacco avvolto su pezzetti di carta, da  parte di spagnoli e Creoli, era segnalato da missionari spagnoli nel 1635 nelle colonie del Centro e Sud America. Un rapporto del 1756 descriveva la produzione
  di queste sigarette fatte a mano in Messico. Nelle “Memorie” del 1767 Casanova
affermava di avere incontrato in Spagna un fumatore di sigaritos, fatto con tabacco del Brasile avvolto in un foglietto di carta. Le vere “sigarette” apparvero
in Spagna intorno agli anni 1825-1830: chiamate cigarrito, erano costituite da un sottile foglietto di carta quadrato nel quale era fatto entrare il tabacco. Nelle librerie si vendevano “libretti di carta per sigarette”, fabbricati a Valencia, ma i ceti più poveri usavano tranquillamente normale carta da lettere tagliata a pezzetti. 


E quindi ho ringraziato l’amica, insignendola dell’Ordine del Gran Sigarito da me creato appositamente, per aver risolto il dilemma; e honni soit qui mal y pense, come diceva quel tale! Anche il Musée du Fumeur ha dunque tirato un sospiro di sollievo.
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Vi siete mai trovati come autori ad affrontare un dubbio assillante e come l’avete risolto? E, domanda personale… com’è il vostro rapporto con il fumo? 🙂