Non appena ho chiuso il romanzo
dello scrittore giapponese Murakami Haruki, di cui ho recensito alcune opere in questo blog (1Q84, Norwegian Wood e Dance dance dance), mi sono detta che valeva davvero la pena di scriverne. Il motivo principale è che questo romanzo sembra essere una vera e propria sfida a tutte le regole di scrittura creativa oggi tanto di moda. Può darsi che il senso di straniamento lasciatomi dipenda anche dal fatto che l’autore appartenga a una cultura differente dalla mia; ma non ho avvertito poi tutta questa gran distanza con gli altri suoi romanzi, o con altri romanzi dei pochi autori giapponesi che ho letto, come Neve sottile di Jun’ichirō Tanizaki edito nel 1948 o in Confessioni di una maschera di Mishima del 1949.
Ma come analizzare un romanzo, che è tutto il contrario di ciò che si va predicando, senza o quasi parlarne? Impossibile! Quindi ho pensato di avvertire il lettore sin da subito inserendo nel titolo il fatto che si tratta di una recensione-spoiler, almeno sulla trama. Chi vuole se ne può tenere alla larga; chi ha letto il libro potrà contribuire a ragion veduta al dibattito, di cui ringrazio sin d’ora.
Mi metto quindi comoda in questa misura di taglia abbondante e parto. In questo primo post troverete la trama che segue due vicende parallele: quella del quindicenne Tamura Kafka e quella del vecchio Nakata. Chi ha già letto il romanzo può saltare senz’altro la trama, oggetto di questa prima parte, oppure leggerla darsi una rinfrescata alla memoria. Nel post di conclusione che pubblicherò a breve analizzerò i motivi per cui questo romanzo va contro ad alcune regole di scrittura.
LA TRAMA:
Si inizia con una narrazione in prima persona, quella di Tamura Kafka, un quindicenne che decide di scappare di casa il giorno del suo compleanno. Il ragazzo interagisce con un suo alter ego immaginario chiamato Corvo (un altro riferimento a Franz Kafka e al termine “cornacchia”, che in ceco si scrive kavka). Tamura vive con il padre, un artista, ed è stato abbandonato dalla madre all’età di quattro anni. La madre se n’è andata portandosi via la sorella maggiore e di entrambe il ragazzo non possiede che vaghi ricordi.
Dal secondo capitolo in poi alle vicende di Tamura in fuga, si alternano le parti in terza persona. La prima è il rapporto di un’indagine militare di quello che accadde in una misteriosa località del Giappone il 7 novembre del 1944: durante una gita scolastica di montagna nel novembre del 1944, e in seguito alla visione di una misteriosa superficie metallica, tutti i bambini cadono in trance per alcuni minuti, ma si risvegliano senza conseguenze; soltanto un bambino, Nakata, si sveglia due settimane dopo. Questo incidente l’ha svuotato di ogni forma di conoscenza pregressa ed è diventato lento di comprendonio. All’epoca della fuga di Tamura, Nakata è ormai un anziano signore che, dopo aver svolto lavori umili, ora vive con il sussidio statale; guardacaso vive nello stesso quartiere del ragazzo. Nakata ha svariate capacità paranormali, come quella di parlare con i gatti. Infatti per guadagnare qualcosa si offre di recuperare i gatti smarriti alle famiglie.
Nel corso della sua fuga, Tamura si dirige verso lo Shikoku, prende dapprima alloggio in un albergo,
poi viene ospitato da una giovane parrucchiera, Sakura, e infine arriva in una biblioteca privata di Takamatsu, la biblioteca Kōmura, un’oasi di pace e un luogo che sembra fuori dal tempo. Là conosce il bibliotecario factotum Ōshima, un personaggio raffinato e colto che si rivelerà essere una donna. Tra i due nasce un’amicizia disinteressata e Ōshima propone a Tamura di aiutarlo in biblioteca in cambio di ospitalità in una stanzetta nell’edificio stesso e di un piccolo salario. Per sottrarlo alle ricerche della polizia, lo conduce anche in una sua casa isolata in alta montagna per trascorrervi un breve periodo. Tamura esplora le foreste attorno, nonostante il fatto che molte persone vi si siano smarrite, addentrandosi in un sentiero fino ad arrivare a una misteriosa radura.
Nel frattempo a Nakata viene affidato il compito di cercare la gatta Goma, e, nel farlo, si imbatte in uno strano personaggio di nome Johnnie Walker. L’uomo rapisce i gatti per ucciderli e rubare la loro anima e costruire un flauto di lunghezza cosmica: questi chiede a Nakata di ucciderlo, e in cambio lui la smetterà di torturare i gatti. Nakata, straziato alla vista dell’ennesimo gatto torturato, lo uccide. Va a consegnarsi subito alla polizia, ma il giovane poliziotto di turno non gli crede pensando che sia un po’ svitato in considerazione della descrizione dei fatti. Nakata decide così di andare via dal suo luogo natio, Nakano, perché sente di avere un compito da svolgere. Dagli articoli di cronaca sul giornale, si viene a scoprire che Johnnie Walker è proprio il padre di Tamura Kafka, il ragazzo in fuga.
Intanto Tamura approfondisce la sua conoscenza con la coordinatrice della biblioteca, la signora Saeki, una donna non più giovane ma molto attraente, dal passato alquanto misterioso. Da giovanissima era stata una cantautrice famosa grazie a una sola canzone da lei composta, dal titolo “Kafka sulla spiaggia”, ma poi, sconvolta per la morta del proprio fidanzato durante gli scontri studenteschi, era scomparsa dalle scene e si era ritirata a vita privata. Nella camera dove Tamura alloggia c’è un quadro con una marina, dal titolo “Kafka sulla spiaggia” e che mostra il fidanzato di Saeki, all’epoca molto giovane. Tamura si innamora di lei e crede di vedere in lei la propria madre e, nonostante la profezia del padre da cui tenta di fuggire (“ucciderai tuo padre e giacerai con tua madre e tua sorella“), ha con lei un rapporto d’amore. Lo stesso avviene con Sakura, la ragazza che lo aveva aiutato, e che potrebbe essere la sorella, solo a distanza e in sogno. Si domanda se, appunto, Saeki non sia la madre che lo abbandonò all’età di quattro anni, e a più riprese glielo domanda, ma senza ottenere mai una risposta chiara.
Opera dell’artista contemporanea giapponese Chinai Kyosuke |
Nakata durante il suo viaggio incontra un giovane e simpaticissimo camionista, Hoshino. Entrambi si ritrovano a viaggiare verso lo Shikoku, e dopo svariate ricerche, giungono alla biblioteca Kōmura e incontrano la signora Saeki. Tamura però si trova di nuovo nella casa in montagna, e si è addentrato nel profondo della foresta fino a incontrare due soldati della Seconda Guerra Mondiale, che lo conducono a un misterioso villaggio che pare sospeso in un limbo, e dove ogni memoria è perduta. Là il ragazzo incontra la signora Saeki a quindici anni. A stento riesce a uscire dalla foresta e a ritornare sui suoi passi, strappandosi a quel mondo parallelo. Il romanzo si conclude con la morte di Nakata in circostanze misteriose, dopo di che il camionista si ritrova provvisto della stessa facoltà di Nakata di parlare con i gatti e a fronteggiare una pericolosa entità che esce dal corpo stesso del vecchio; e avviene la morte della stessa Saeki, mentre il ragazzo Tamura decide di tornare a casa e riprendere in mano la sua vita.
Seguirà:
Recensione-spoiler di: “Kafka sulla spiaggia” di Murakami Haruki / 2 La rottura delle regole
Ho deciso di saltare la trama perché può darsi che prima o poi mi capiti di leggere il romanzo. Ho detto "capiti" a ragion veduta, perché l'anno scorso mi hanno regalato due libri di Murakami, in una edizione rilegata extraluxe: "Uomini senza donne" e "L'incolore Tazaki Tsukuru". La persona che me li ha regalati, mia parente, li ha scelti a caso tra i libri di Murakami durante una vacanza di alcuni giorni in Germania l'estate scorsa. A caso perché non sa il tedesco… Eh sì, i due libri sono in tedesco e probabilmente avrò il coraggio di affrontarli solo negli anni della pensione. Ma come si dice: "a caval donato non si guarda in bocca" 😉
Oh, Signur! Due libri di Murakami in tedesco sono proprio il top. Probabilmente, visto che sei un poliglotta, avrà pensato che tu sapessi anche il tedesco. Se teneva lo scontrino, magari potevi andare sul posto e cambiarli con un'edizione in svedese. 😉
Segue un po' il mio blog e sapeva di Murakami. In più era a conoscenza dei miei continui tentativi di affrontare seriamente il tedesco… così ne ha tratto le sue conclusioni.
Dopo il francese, il tedesco è la lingua che mi piace di più. Ero andata tre anni e mezzo al Goethe Institut alle serali per impararlo, poi avevo smesso. Ero entrata in crisi causa professoressa inetta e classe di compagni arrivisti e imbecilli. Ora mi ricordo poco o nulla, purtroppo.
Mi intrufolo: secondo me se si deve leggere un solo libro di Murakami (Ivano ha dichiarato più volte di aver ipotecato i prossimi decenni con letture precise), si deve scegliere L'uccello che girava le viti del mondo 😛
Poi un'osservazione anche banale… ma la traduzione tedesca è dall'originale??? Non so, a me non sembra una buona idea leggere Murakami in una lingua che non è propria (o in giapponese, ovviamente). Soprattutto se non si è mai letto nulla di suo.
Torno a farmi gli affaracci miei, sì -_- Scusate! XD
Intrufolati finché vuoi, Glò! 😉 Ecco, a me invece "L'uccello che girava le viti del mondo" non era piaciuto. Per me il massimo è "Dance dance dance" che sarebbe una specie di seguito de "Nel segno della pecora", come ti raccontavo qualche tempo fa sul tuo blog. Però li puoi leggere anche in senso inverso senza perdere niente.
In alcuni passaggi Murakami non è facilissimo da leggere in italiano, figuriamoci in tedesco…
P.S. Tra le mie follie di qualche anno fa, c'è stata quella di studiare l'arabo per conto mio, ma mi sono miseramente arenata dopo aver imparato l'alfabeto e un certo numero di parole. Impossibile impararlo senza un docente.
Sì, Glò, è espressamente scritto che la traduzione tedesca è dall'originale giapponese.
Ed è vero che ho ipotecato i prossimi decenni, e che per questo evito il più possibile di acquistare nuovi libri che poi rischiano di andare solo ad accrescere le pile dei non letti. Però, come è successo in questo caso, i libri mi arrivano anche in modo indipendente dalla mia volontà, quindi non posso escludere in assoluto di trovarmi un giorno davanti un Murakami in italiano da leggere.
Anche a me è stato regalato un libro per il mio compleanno da un'amica. Lei è a conoscenza della situazione drammatica della mia pila di libri, però ha voluto andare sul sicuro comunque; e ha fatto bene. Infatti mi ha regalato "Una poltrona sulla Senna – Quattro secoli di storia di Francia" di Amin Maalouf.
Anche nel mio caso alcuni progetti linguistici si sono arenati nel tempo. Ci tenevo molto a imparare l'ungherese di cui conosco a malapena le basi, ma non riesco a decidermi. Stessa cosa con il tedesco… non mi decido ad andare oltre le basi. Il francese ormai non lo parlo più, anche se riesco ancora a leggerlo agevolmente. Resistono inglese e svedese, anche se stanno facendo la stessa fine del francese, perché non ho più occasione di parlare né l'una né l'altra.
Io ho perso molto sull'inglese orale, non parlandolo più ma solamente praticandolo sulla forma scritta per lavoro. Una volta ero molto più sciolta. Del resto con le lingue è così: si arrugginiscono subito con la non-pratica.
Io ho letto il libro anni fa e ho riletto volentieri la trama per rinfrescarmi le idee. La memoria non è il mio forte, ma la sensazione lasciata dai libri che mi piacciono è sempre la stessa: di questo mi era piaciuto tutto, lo stile di Murakami, che amo, ormai si sa, ma soprattutto la "follia" della storia, già da quello strano incidente in montagna della luce che addormenta.
Quando lo comprai, a parte la garanzia per me rappresentata dal nome dello scrittore, mi aveva incantato il titolo, anche perché Kafka è un altro di quegli autori che io ho amato di più ed ero curiosa di capire cosa c'entrasse con una storia tutta giapponese.
Sono curiosa di conoscere le tue conclusioni.
Anche per me il nome Murakami è una garanzia, infatti ne ho letti altri che però non ho recensito. L'unico che non mi è proprio piaciuto è "L'uccello che girava le viti del mondo". Di recente ho letto una raccolta di racconti "I salici ciechi e la donna addormentata", che ho gradito moltissimo.
Secondo me lui ha una magia particolare nel raccontare. Naturalmente può non piacere a tutti, ma ti lascia comunque un senso di straniamento indefinibile come dici. Al prossimo sabato per le conclusioni!
Salto il post, Marina e Glò mi hanno dato i compiti a casa e devo leggerlo.
Ottimo, Massimiliano. Dopo averlo letto mi dirai se le tue impressioni collimano con le mie.
Assolutamente sì, sarà un evento quando l'avrò letto, tra amici blogger e colleghi di lavoro che mi hanno fatto fatto venire i complessi leggerlo è diventato un imperativo 😀
Ah, anche i colleghi di lavoro dunque ti assillano! In effetti Murakami è molto nominato. Mi ricordo che era avvenuta la stessa cosa anche i tempi di "La lentezza" di Milan Kundera… all'epoca non l'avevo letto per puntiglio perché ce lo avevano tutti in mano, persino sotto l'ombrellone al mare. 😀
Condivido e faccio mio il commento di Marina Guarneri: anch'io innamorata di Kafka, anch'io irretita dalle pagine di Murakami, anch'io smemorata; di tutti i libri che leggo, raramente ricordo la trama se non nelle linee generali ma mi rimangono impresse sensazioni forti. Complimenti Cristina, hai una lucidità invidiabile.
Già sapevo che Murakami ti piace, Nadia, nonostante quello che va blaterando un certo critico letterario di nostra conoscenza! 😉
Per quanto riguarda la trama, avevo scritto subito il post finché ero fresca di lettura e per questo motivo è così minuzioso. Infatti avevo finito da tempo di leggere questo romanzo.
Allora ti aspetto sabato prossimo per quello che io chiamo "la rottura delle regole" di Murakami, così mi dirai se sei d'accordo o meno con me. Grazie di essere passata.
Di Murakami non ho letto nulla, tranne "La strana biblioteca", comprato più per il titolo che per l'autore. Non riesco ad entrare in contatto con lui…difficile da spiegare, per una lettrice compulsiva come me. Tra l'altro, "La strana biblioteca" non mi è piaciuto molto. Però ammetto che la trama svelata di questo "Kafka sulla spiaggia" mi intriga…chissà!
Pare che con Murakami sia proprio una questione di feeling, ancor più che con altri autori. O c'è o non c'è. Una mia amica, lettrice accanita, mi ha detto la stessa cosa tua. A me è piaciuta moltissimo la trilogia "1Q84", mi sono proprio innamorata di Murakami grazie a quei romanzi.
Grazie del tuo commento e alla prossima!
Anch'io me ne sono uscita come stordita.
Esperienza magnifica, infatti quando consiglio di leggere Murakami, mi capita di fare menzione di questo romanzo in particolare.
Ho racchiuso la mia "analisi" in un unico post, e sono curiosa di leggere il tuo seguito. 🙂
Un'altra adepta di Murakami, dunque. 🙂 Grazie del commento, carissima, allora ci si riaggiorna al prossimo sabato con le mie osservazioni e sensazioni. Penso che, almeno in parte, rispecchino le tue… ma non anticipo nulla!
Ho da sempre un sacro terrore della letteratura giapponese, acuita dopo il mio incontro/scontro, questa estate, con "Bellezza e tristezza". Questa trama mi attira un sacco… Però continuo anche ad averne paura…
Ciao, Tenar, grazie di aver avuto il tempo di passare nonostante i tuoi numerosi impegni! Mi ricordo bene della recensione che avevi fatto del libro "Bellezza e tristezza", e delle impressioni che ne avevi ricavato.
Se c'è un libro di cui io ho il sacro terrore è "Ulysses" di Joyce. Continua a ronzarmi intorno in mille maniere, sia per lavoro sulle letterature inglesi sia dalla libreria dove ogni tanto fa capolino. Ma non mi sono ancora decisa a leggerlo.
Non l'ho ancora letto, ma non ho resistito… Dico questo: ritrovo tanti temi presenti in altre opere lette del nostro. Anche il tema dell'alter ego mi è "familiare": personaggi immaginari, negativi anche in senso di opposti al protagonista, sorta di demoni… io spesso credo si tratti di fare i conti col proprio inconscio.
Devo leggere al più presto questo romanzo – avevo già avuto input da altri amici blogger – e seguirò con interesse il tuo approfondimento *__*
Glò, non vorrei averti rovinato il piacere della lettura… Dovresti farti cancellare la memoria su questo pezzettino, come nei migliori film di fantascienza. 😉 Però sono abbastanza fiduciosa di non averlo fatto, in quanto con il prossimo post dimostrerò che Murakami non è soltanto trama, che tra l'altro potrebbe apparire sconclusionata se presa così com'è. Ma c'è molto altro. ^_^
Ho letto tutto il post, anche perchè non ho letto nulla di Murakami e non comincerò da questo romanzo pensavo di cominciare con Norwegian Wood. La trama è strana e, oserei dire, tipicamente giapponese nella sua originalità. Il fatto è che adesso mi è rimasto il dubbio sulle due signore della biblioteca, leggendo il romanzo si scopre se sono la madre e la sorella?
"Norwegian Wood" secondo me è molto bello, e sono convinta che potrebbe piacerti se ho indovinato un po' i tuoi gusti e i tuoi interessi. Però è anomalo rispetto a tutto il resto della sua produzione, viene definito quasi sentimentale. A me aveva commosso.
Per quanto riguarda le due signore del romanzo "Kafka sulla spiaggia", rimando al secondo post che conterrà le mie elucubrazioni sulla questione.
Murakami è un autore che proprio non riesce a piacermi, eppure sono notoriamente appassionato di cultura nipponica. Dopo aver letto "Dance dance dance" e provato a leggere un libro di racconti, poi lasciato a metà, ho provato solo un senso di repulsione. Non so se ormai parto prevenuto, ma già leggendo la trama ho pensato che se provassi a leggere questo libro resisterei al massimo tre capitoli e poi lo abbandonerei.
Del resto nessun scrittore piace a tutti, e questa è la riprova. Ti dirò che, facendo un giro in rete sulle recensioni a "Kafka sulla spiaggia", ho trovato che i lettori sono molto divisi: c'è chi dice "meraviglioso" e chi dice che è un romanzo irrisolto che lascia troppi quesiti in sospeso.
Ho letto che però Murakami è piuttosto "occidentale" e poco rappresentativo della sua cultura, ma non me ne intendo abbastanza per esprimere giudizi.
Secondo me, da quel che posso capire avendo letto alcuni autori giapponesi, il problema non è tanto nostro, quanto dei giapponesi stessi che avvertono Murakami come "occidentale"… e ci sta perfettamente.
Murakami ha una bagaglio formativo che è legato alla letteratura occidentale, è un traduttore. Però quello che avverto da "occidentale", leggendolo, è una distanza culturale che riguarda simboli e tradizioni, che proprio sfuggono se non se ne ha consapevolezza. Niente è "trama" e basta – le storie sono tutte senza senso se lette per quel che sono – c'è bisogno di altro. Questo "altro" può essere anche una partecipazione personale, intensa direi, o una ricerca di significato anche interessandosi alla cultura giapponese.
Forse i suoi libri presuppongono una totale "libertà" di fruizione e perciò stesso probabilmente allontanano una parte di lettori, che non hanno voglia/gusto per certe "menate" XD
Non di rado ho letto commenti negativi, più o meno sono tutti dovuti a una mancanza di empatia e forse a un voler leggere all'occidentale ciò che può apparire tale, ma in verità non è.
Preciso che non è un'osservazione nei confroni di Ariano, che invece credo di capire: Murakami è un autore delle nuove generazioni, come la Yoshimoto per capirci, assai lontani dagli autori ritenuti classici.
Ciao, Glò! Grazie del tuo lungo e accurato commento. Proprio per un motivo preciso ho voluto suddividere l'analisi del romanzo in due post separati, al di là del fatto che sarebbe diventato troppo lungo. Se uno leggesse una trama come questa, e basta, potrebbe pensare che all'autore sia dato di volta in cervello perché non ha nessun senso logico. Ma anche nella nostra esistenza, o tra il confine tra sogno e realtà, per non parlare del sogno, vi sono collegamenti inspiegabili, realtà che si mischiano, casualità apparenti o non apparenti, dettagli forse banali o forse no. In questo Murakami è un maestro, secondo me. Non lo batte nessuno… e per questo continuo a leggerlo!
Mi ha fatto uno strano effetto rileggere la trama del romanzo, un po' perché ho una memoria a brevissimo termine, ma soprattutto perché la stessa trama che sentendola ora trovo complicata e quasi assurda, alla lettura mi era sembrata sì strana, ma sensata. Di un suo senso strano, inafferrabile se pretendi di capire davvero, che ugualmente si percepisce. Ma non vorrei anticipare considerazioni che vanno fatte più avanti. Per la cronaca, il romanzo mi è piaciuto molto. 🙂
Vero che esposta così, nuda e cruda, sembra che la storia non abbia nessun senso? Qui sta la magia nel modo di narrare che trasforma e fa la differenza. Allora ti do appuntamento al post di sabato prossimo per le conclusioni! 🙂
Ho letto Kafka sulla spiaggia diversi anni fa, credo una decina, e ne conservo un ricordo stupendo. Ammetto di essere una fan di Murakami, autore sui generis, un poeta ancor prima che scrittore e lo amo proprio per questo motivo. Trovo che lui scriva rivolgendosi direttamente all'anima del lettore, trascurando – volutamente – qualsivoglia protocollo e mi piace pensare che il suo unico vero scopo sia solo questo. I suoi personaggi, così lunari, hanno ciascuno una precisa funzione nell'attivare emozioni precise, per poi ribaltarle completamente. Devo aggiungere, comunque, che questo approccio alla scrittura, rintracciabile anche in altri autori giapponesi, è senza dubbio segmentante: lo si ama oppure lo si detesta. Adesso che mi hai stuzzicata per bene, aspetto con trepidazione il prossimo post!
Sono completamente d'accordo con quello che dici. Sicuramente Murakami non è un autore d'impostazione ortodossa ed è palese che non gli interessi minimamente seguire certe regole. Ricordo sempre il finale di "Norwegian Wood" e la risposta che diede in un'intervista a chi gliene chiedeva conto: come a dire, "so che ho fatto una cosa che esula dai canoni, ma per me va bene così."
Penso sia anche una forma di libertà mentale preziosa, che bisognerebbe sempre tenere a mente, sia che si arrivi alla notorietà sia che si rimanga in una zona più nascosta. Mi fa piacere che questo post susciti tanto interesse, e anche a te do appuntamento per le conclusioni. Un abbraccio!
Kafka… il primo libro di Murakami che ho letto. Amore a prima lettura.
Strano, forse, per noi occidentali ma stupendo. Ne ho parlato anche sul mio blog come di un lungo viaggio tra realtà fantastica o fantasia reale. Un viaggio che porta in una dimensione dove la lettura annulla i confini.
Ne sono rimasta estasiata.
Poi ho letto norwegian woods che mi ha spiazzato perchè immaginavo ipun altro tipo di libro. l'ho trovato più intimistico e profondo, più coerente alla realtà così come la intendiamo noi. Ma questo non vuol assolutamente dire che non mi sia piaciuto. Tutt'altro! ��
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Mi ricordo di avere letto di recente la tua recensione sul blog, Patricia, anche se non l'avevo commentata. Proprio come dicevano altri lettori, è impossibile razionalizzare troppo con autori come questo. Bisogna lasciarsi trasportare e basta, altrimenti non si apprezza nulla.
Hai ragione anche su "Norwegian Wood", infatti è il romanzo meno "murakaniano" di tutti, in un certo senso, rispetto al resto della sua produzione. A presto!
Ho appena finito di leggere Kafka sulla spiaggia e dopo il finale di Norwegian wood non mi aspettavo un finale con chissà quante risposte. Però mi è sorto un dubbio.. chi sono i 6 bambini interrogati dal sottotenente O'Connell e soprattutto perché solo 6?
Buongiorno e benvenuto nel blog. Per quanto riguarda la sua domanda, mi coglie impreparata perché ho dimenticato il dettaglio dei 6 bambini… Forse nemmeno l'autore saprebbe rispondere. 🙂 Del resto le questioni aperte sono un classico di Murakami.