Con molto piacere vi presento sul mio blog un nuovo guest-post, di cui stavolta è autrice Luz, titolare del blog Io, la letteratura e Chaplin. Abbiamo voluto intraprendere un percorso comune all’insegna dell’originalità, proponendovi un “guest post gemellare“. Per scoprire di che cosa si tratta, lascio subito la parola alla mia graditissima ospite.
Buona lettura!
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Inizio con l’esprimere il mio ringraziamento e la mia stima a Cristina, blogger prolifica che ho avuto la fortuna di incontrare virtualmente nella blogosfera pressoché all’inizio della mia esperienza di blogger. Con Cristina nasce spontanea una simpatia, i suoi post sono una lunga serie di micro-studi tutti interessanti e oggi mi trovo a iniziare con lei un piccolo percorso condiviso che spero incontri l’interesse dei nostri comuni lettori o di eventuali nuovi. Io e Cristina abbiamo in comune la passione per la Storia, per i dettagli che spesso vi si nascondono, e amiamo la cultura dei Nativi americani, comunemente e impropriamente chiamati “indiani”.
I nostri rispettivi guest-post appaiono simultaneamente, obbedendo a una specie di rituale che ci siamo inventate, quello di far coincidere perfettamente data e ora. Orbene, oggi è 9 novembre e i nostri post compaiono rigorosamente alle ore 9:00 antimeridiane. Se andate su Io, la letteratura e Chaplin troverete il suo mirabile contributo al progetto.
Veniamo al mio post. Un ventennio fa (incredibile come il tempo passi in fretta) sono stata folgorata da un libro che trovai nella biblioteca del mio paese, si trattava di “Figlie di Pocahontas. Racconti e poesie delle indiane d’America”, una sorta di antologia di autrici americane contemporanee. Scoprii che esisteva negli Stati Uniti una letteratura “sommersa” e che in quegli anni, sull’onda dei molti successi cinematografici, si parlava di Rinascimento Nativo Americano. Donne che raccontavano o mettevano in versi la vita nelle riserve e nelle metropoli, il rimpianto di una cultura morente se si guarda alla crisi della società nativa e alla scomparsa delle numerose lingue native. Questo aspetto meriterà un approfondimento a parte, adesso mi limito a scrivere che ne volli sapere di più e che mancava poco alla scelta dell’argomento della mia tesi di laurea, quindi abbracciai questo tema e mi avventurai in un viaggio che tutt’ora continua, talmente questo universo è ricco di scenari e contenuti.
Il percorso parallelo scelto assieme a Cristina ci porta verso il tema della spiritualità e i rituali, vastissimo e complesso. Semplifichiamo in maniera ragionevole.
La cultura nativa sosteneva la credenza in un’entità che prende vita nelle forze della natura: per fare degli esempi questa si chiamava manitu fra i nativi Algonquian, orenda fra gli Huron, wakan fra i Dakota. Per entrare in contatto con gli esseri umani lo Spirito si serviva dello shaman: molti resoconti di antropologi che entrarono in contatto con queste culture scrissero di donne shaman. In generale, nelle culture native nascere femmina significava appartenere a una precisa categoria all’interno del gruppo, troppo spesso in senso negativo e in modo tragico, ma non si può non menzionare l’eccezione degli Haida. In questo gruppo abitante nella Columbia Britannica, fra Canada e Stati Uniti, le donne anziane della tribù rivestivano un ruolo sacro, venivano interpellate in momenti particolari e facevano da “indovine”, ad esempio per individuare quale antenato si fosse reincarnato in un neonato. In sostanza, presenziavano alla nascita e alla morte degli individui di queste società, officiavano i rituali per i defunti, rappresentavano una guida indispensabile in momenti critici come la guerra, la malattia, la sovrintendenza al cibo.
Fra gli Shasta della California nordoccidentale solo le donne shaman ottenevano le “visioni”, un’esperienza catalettica preannunciata da un sogno profetico. Nei resoconti di Ruth Benedict, raccolti nel mirabile “Modelli di cultura”, la studiosa menziona donne shaman che cadono irrigidite in terra e tornano in sé trasfigurate dall’incontro profetico con lo Spirito. Pratiche sciamaniche, queste degli Shasta, sempre contrassegnate da eccesso, violenza, irruenza.
Una donna cheyenne,
1878 |
Se la donna in diverse culture native occupava un posto privilegiato nella religione, in altre era costantemente oggetto di superstizioni e restrizioni. I periodi critici della loro vita – il menarca, il ciclo mestruale, la menopausa – provocavano nel gruppo timore e apprensione e questo le poneva in una posizione speciale. Ad esempio, in alcuni gruppi durante il menarca, la prima mestruazione, si credeva che esse fossero capaci attuare pratiche magiche negative. I rituali di passaggio legati al menarca erano pertanto a volte “estremi”, con l’obbligo di allontanamento dall’accampamento (si parla essenzialmente di culture nomadi), il digiuno, o addirittura l’obbligo di autoinfliggersi tagli sulla pelle perché lo Spirito si acquietasse.
Fra gli Shoshone del Nevada le donne venivano allontanate dall’area rituale, mentre fra i Paiute venivano escluse dal rito solo le donne mestruate, affinché il loro “potere” non disturbasse il richiamo della selvaggina.
Ritroviamo una posizione privilegiata della donna presso i Pueblo Hopi, che celebravano rituali esclusivamente femminili caratterizzati da un esplicito simbolismo sessuale. Gli Hopi annoveravano all’interno dei loro gruppi alcune società femminili che officiavano cerimonie rituali molto particolari: le ragazze danzavano in circolo tenendo in mano steli di granturco, mentre altre ragazze comparivano in abiti maschili. Attraverso danze esplicite simboleggiavano la fecondità, esattamente come nella corsa rituale degli Zuni, in cui gareggiavano maschi e femmine bardati di simboli sessuali, nella quale le femmine dovevano ultimare il percorso per prime perché fosse di buon auspicio.
Donna Piedi Neri col
suo bambino, 1880 |
Concludo con la Loggia della Medicina, una sorta di luogo rituale di cui parla l’etnologo George Bird Grinnell nel suo “I Piedi Neri. Storia delle tre tribù”. Gli studi parlano di diverse donne shaman preposte ai rituali della Loggia, un complesso numero di riti propiziatori particolarmente affidati alle donne sacre nella storia di questo gruppo, nel momento in cui venivano prescelte per essere lo shaman della Loggia. I rituali erano legati alla costruzione della Loggia e comprendevano i cerimoniali propiziatori di caccia, mediante l’uso di lingue di bisonte essiccate che venivano distribuite poi alla comunità dalla Donna Medicina, in un gesto che ricorda la distribuzione dell’ostia nelle comunità cristiane. La sacra donna della Loggia proteggeva la “società del bisonte”, composta interamente da donne, di grande rilevanza fra i Piedi Neri come piccolo gruppo preposto esclusivamente ai riti propiziatori di caccia, mediante danze e scene che riproducevano l’atto della caccia.
Mi fermo per ragioni di spazio, sperando di aver offerto un assaggio di questo vasto e affascinante mondo. Appuntamento al prossimo post.
Sicuramente un guest-post molto interessante a proposito di una popolazione che dopo essere stata per decenni dipinta da Hollywood come un feroce predone, ha lentamente ottenuto che venisse riconosciuta la violenza storica di cui è stata vittima e che si studiasse in modo autentico la sua cultura.
La posizione femminile nella società indiana è sicuramente un argomento da approfondire, leggerò con interesse anche il prossimo post.
Ciao, Ariano! Bene o male i film di Hollywood sono sempre un po' caricaturali, specialmente per quanto riguarda le donne dei Nativi. Mi è spesso capitato di pensare che le attrici erano tutto tranne che credibili.
I film hanno cominciato davvero a cambiare da "Soldato blu" in avanti.
Grazie per il tuo interesse e alla prossima.
Grazie per aver apprezzato, Ariano.
Riguardo al cinema che racconta l'ovest americano, Cri, potremmo dedicarci un altro dei nostri post-gemellari, quanto avremmo da dire?
Diciamo che l'immagine dei nativi nei film anni Cinquanta e Sessanta era come dice Cristina caricaturale. Si è poi riscoperto e rivalutato quel mondo con il colossal "Balla coi lupi" e da lì è stato un crescendo.
Sì, Luz, l'idea non è certamente da scartare! Penso anche ai molti errori e stereotipi sui Nativi che sono nati proprio con il cinema, che pure si sono impressi profondamente nel nostro immaginario. Lo stereotipo era una delle mie molte paure quando scrivevo il romanzo.
Una cosa di questo genere è avvenuta proprio sul Medioevo, su cui sono stati creati molti falsi miti.
Voglio il prossimo post subito! Questo l'ho adorato.
Grazie del commento, Tenar. Allora passo subito la comunicazione a Luz, così comincia a darsi da fare! 🙂
Grazie, Antonella! Il prossimo sarà ancora più avvincente. 🙂
Due post in contemporanea su un argomento così interessante, è un piatto ghiotto! Bellissime anche le foto. 🙂
L'argomento è senza dubbio affascinante… e vastissimo, oltretutto! Le foto le ha scelte tutte Luz, a parte la prima che ho trovato io.
Sì, questa idea è davvero bella. Sono felice di vederla realizzata.
Ho sempre pensato che lo sciamanesimo fosse deputato ai soli uomini. Interessante scoprire che non era così.
Sì, alcune tribù le avevano, ma in generale non penso fossero moltissime. A questo proposito giro la domanda a Luz, certamente più competente di me a rispondere.
Ho inserito nel post alcuni cenni a nazioni native che annoveravano Donne Medicina. In generale, fu molto difficile reperirne, perché la donna in queste culture occupa una posizione sociale assai svantaggiata. La ragione sta nel tipo di cultura, nomade, bisognosa di caccia e raccolta, e nel fatto che la classe dei guerrieri era molto numerosa e richiedeva abilità tipicamente maschili.
Alle donne quindi erano affidate mansioni "casalinghe" e l'accudimento dei piccoli. Insomma, storie che appartengono alla civiltà umana dalla notte dei tempi.
Intanto, fantastica l'idea della collaborazione (ma avete notato che ne è occorsa una simile anche da me? :O), secondo me il meglio della blogosfera!
Sono affascinata dalla cultura dei nativi, ne so molto poco e quindi capirete l'entusiasmo per questa serie *_*
Il ruolo delle donne, per meglio dire di alcune, in genere andava sempre oltre quello che "sappiamo", ed è perciò necessario fornire nuove prospettive: è vero che tendenzialmente il nostro immaginario pensa allO sciamanO.
A presto, non vedo l'ora!!! *_*
Anch'io sono molto contenta di questa collaborazione con Luz, e ancor di più in quanto si svolge in termini diversi dal solito. 🙂
Condivido il tuo interesse e il tuo entusiasmo per la cultura dei nativi, al punto che mi è venuta voglia di rileggere il libro cui mi sono ispirata per l'articolo sulla Tenda Tremante.
Per quanto riguarda le donne, come al solito sono ingiustamente messe nell'ombra. Nel mio romanzo "Gli Immortali" ho voluto proprio inserire la figura di una donna sciamano, come uno dei personaggi più influenti e rispettati presso la sua la tribù.
Alla prossima! ^_^
Glò, grazie per il tuo entusiasmo. Penso la stessa cosa riguardo a queste collaborazioni.
Cristina, anche nel mio romanzo c'è una sciamana, si chiama Donna Uccello, una figura struggente che ho amato molto "inventare".
Eccovi il piccolo brano che riguarda Motahtosiks, Donna Uccello:
"Si mise dinanzi a me come in attesa e io potei studiarla meglio. Aveva il viso rugoso e bruno, con un grande naso adunco, occhi piccoli e vispi d'un nero cupo, zigomi alti e pronunciati, segno tipico della sua razza. I capelli erano accuratamente pettinati e divisi in due bande ornate di lunghe file di bastoncini allineati e dai colori vivaci. L'abito era lungo e grossolano, ma superbamente dipinto in ogni sua parte, lunghe frange pendevano dalle maniche e da una borsa che portava appesa al collo. Ai piedi mocassini leggeri e dipinti di nero".
Ah, che meraviglia! 🙂 La mia si chiama Donna-Airone, ed ecco la descrizione: "“Anche Donna-Airone capisce e parla la tua lingua,” disse l’uomo. Alle sue spalle, Gabriel scorse una donna anziana che sedeva, immobile nell’ombra; aveva lunghi capelli neri striati di grigio, che gli rammentarono quelli del demone accoccolato di spalle e intravisto nel suo delirio. “Ella è la nostra Mëteexkwe, o donna di medicina, e ti ha guarito dalla febbre maligna,” aggiunse il capo."
Io posso soltanto farvi i miei complimenti, sinceri *_*
Donna Airone – Donna Uccello, anche questi personaggi creati con le nostre fervide menti immaginifiche ci rendono affini, Cristina.
Mi viene una certa esaltazione al pensiero. 🙂
Davvero bello e interessa te ma d'altronde non ci si pote a aspettare altro ��
Grazie del commento, cara Patricia! Alla prossima, allora. 🙂
Grazie, Patricia!
Tutto ciò che è novità per me è fonte di interesse e curiosità, dunque complimenti per questo approfondimento davvero bello. Mi è piaciuto scoprire un rinascimento nativo americano e sono contenta che il viaggio sia solo all'inizio.
Adesso vado a leggere anche il post di Cristina nel tuo blog, Luz.
Grazie del commento e di essere passata, Marina. Anch'io non sapevo esistesse un Rinascimento dei nativi americani, e quindi una meritata riscoperta della loro cultura.
Grazie, Marina, per avere apprezzato.
Quanto suonano bene assieme le parole "Rinascimento" e "nativo". Peccato che queste culture oggi siano vessate dall'amara realtà di non essersi mai integrate all'usurpatore bianco.
Brave, davvero carina l'idea del post gemellare e anche il rituale della data e dell'ora mi piace molto. Originale la scelta del tema: il ruolo della donna nella religione e nella ritualità dei Nativi ci ha catturati tutti, a quanto pare! Il post di Luz è molto affascinante per l'argomento e per le immagini. Ora vado a leggere quello della mia amica Cristina 🙂
Cara Stella, secondo me è palese che Luz sia un'ottima insegnante. In un articolo breve per necessità di spazio è riuscita a dire moltissime cose interessanti. Come al solito la tua amica Cristina è molto più chiacchierona. 😉
Ah ah ah Cristina, tu cogli quindi una mia "deformazione professionale" nel post. Forse sì, è vero, sono abituata a ottimizzare i tempi e essere didascalica il più possibile.
Grazie per averci letto, Stella, e piacere di fare la tua conoscenza.