Con molto piacere aderisco anch’io per la prima volta all’iniziativa del blog Myrtilla’s House di Patricia Moll

Insieme Raccontiamo 

ormai giunta alla tredicesima edizione e con numerosissimi partecipanti!

Le regole di Insieme Raccontiamo sono le seguenti:

– Patricia scrive l’incipit sul suo blog

– si può scrivere il seguito direttamente nei commenti o se si preferisce nel proprio blog, indicando comunque nei commenti il link al post. Il finale deve essere di 200/300 battute oppure di 200/300 parole. O anche entrambi.

– si ha anche la possibilità postare foto, video, musiche.

– il termine di scadenza per questo specifico tour è il 30 settembre.

Siccome sono una chiacchierona nella scrittura, ho scelto le 200/300 parole di completamento, arrivando in zona Cesarini a 299 e quindi facendo l’en plein con un’altra. 
Ecco dunque:
L’incipit

Seduta sulla poltrona, alzò gli occhi dal giornale. L’articolo le aveva fatto capire cosa doveva cercare per ottenere quello che voleva.

Lo posò, si alzò e così come era in casa uscì dirigendosi verso….


https://pixabay.com/en/street-road-straight-horizon-381227/

Ed ecco il racconto completo con il mio finale. La musica di accompagnamento è La Campanella di Paganini che potete ascoltare questo link.

Seduta sulla poltrona, alzò gli occhi dal giornale. L’articolo le aveva fatto capire cosa doveva cercare per ottenere quello che voleva. Lo posò, si alzò e così come era in casa uscì dirigendosi verso la chiesa della Santissima Trinità nella piazza principale. Da lì sarebbe partito il funerale di colui che, da giovane, le aveva rovinato la vita. Era stata la storia banale del padrone che seduce l’operaia. Che, cacciata di casa senza un soldo e con un figlio in grembo, aveva fatto vita grama, sgobbando come una mula per mantenere entrambi. “Marito modello, padre premuroso, lavoratore indefesso,” recitava il necrologio sul giornale. Altro che marito modello: metteva le corna alla moglie sin dal primo anno di matrimonio. Il padre premuroso era tutto da dimostrare. E a fare turni massacranti erano gli operai della sua azienda. Ma, ora, si sarebbe vendicata alla grande. S’era procurata la prova indubbia della sua paternità. E avrebbe fatto una chiassata davanti a tutta quella gente ipocrita, documento in pugno. Suo figlio avrebbe ricevuto parte dell’eredità. Benedetta sia la scienza e anche la legge.

In ciabatte e vestaglia, la vecchia Beatrice si affannava verso la piazza della chiesa. A un certo punto dovette fermarsi per riprender fiato accanto al muro del cimitero. Scorse il carro funebre parcheggiato, le corone cariche di fiori, i paramenti a lutto. Una fitta le attraversava il braccio sinistro. Sentì una voce: “Signora Beatrice, ma che cosa fa qui?” Girò la testa di sotto in su e scorse la faccia del custode. Inveì e gli sventolò sotto il naso il foglio. “Il documento! Il documento di paternità!” “Ma di quale documento parla, signora Beatrice?” Aggiunse: “Questa è una carta da salumiere.” Beatrice stritolava la velina oleosa in cui era avvolto l’etto di prosciutto che comprava giornalmente. La sua mente aveva fatto cilecca… di nuovo.

Così, l’ultima cosa che vide, prima di cadere per terra agonizzante, fu la bara che usciva trionfalmente dalla chiesa, seguita dalla folla compunta in gramaglie.

Persino da morto aveva vinto lui.

Sera sul viale Karl Johan di Edvard Munch (1892)