Monumento funebre di Bernabò Visconti di Bonino da Campione, Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco di Milano |
Eccoci arrivati al secondo appuntamento con quella bella sagoma di
di cui vi ho parlato nel post precedente in rapporto alla sua vita davvero movimentata e anche al suo monumento funerario che oggi si trova al Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco di Milano (qui il link per chi lo avesse perso e volesse leggerlo).
Come anticipato, in questo post vi parlerò di alcuni luoghi rappresentativi che lo videro protagonista come dominus di Milano dal 1349 fino al 1385, delle sue scorribande venatorie, e anche delle sue battute di caccia in qualità di donnaiolo impenitente. Luoghi dove la realtà storica, quella proveniente da fonti scritte e testimonianze di contemporanei – per quanto alterata ad arte – molto spesso si mischia con la leggenda, la sua nomea da satanasso ed episodi uno più stravagante del precedente. Il tutto naturalmente ha contribuito a connotare questo personaggio di un’aura crudele e fascinosa a un tempo.
A. Il palazzo e la cappella gentilizia: la Ca’ di Can e San Giovanni in Conca
B. La residenza di caccia: Il castello di Melegnano
C. Il castello-fortezza di Trezzo sull’Adda
A. Il palazzo e la cappella gentilizia
Se vi capita di passare in piazza Missori a Milano, vedrete delle rovine ergersi al centro di una piazzetta con alcune aiuole e, come ho fatto io in tutti questi anni, probabilmente vi passerete accanto senza degnarle di uno sguardo. Quelle rovine, soprannominate dai milanesi “il dente rotto”, in realtà appartengono alla chiesa palatina attigua a quello che fu il palazzo di Bernabò.
E, sotto quei muri sbrecciati, c’è la cripta di San Giovanni in Conca, visitabile per merito dei volontari del Touring Club, e che riserva innumerevoli sorprese (qui il link della pagina con le informazioni sulle visite). Là dove oggi si erge l’Hotel dei Cavalieri, invece, era l’abitazione di Bernabò Visconti: la famosa Ca’ di Can.
Cerchiamo di ricostruire, con l’aiuto delle fotografie, di alcune stampe e della nostra fervida immaginazione, una zona spazio-temporale che era molto diversa all’epoca. Oggi questa zona è fortemente alterata da eventi storici che si tradussero in saccheggi e furti, e in demolizioni in nome della viabilità urbana, nella nostra ottica totalmente incomprensibili.
La Ca’ di Can
Cominciamo da quello che doveva essere la casa di messere e della sua famiglia, abitata sia bipedi che da quadrupedi. Si tratta di una casa fortificata da cui parte un camminamento rialzato che portava fino all’attuale Palazzo Reale. Tramite vari altri camminamenti la Ca’ di Can è collegata alla porta romana (quella comunale, dedicata a S. Protaso) trasformata in fortezza, a sua volta collegata ad un’altra rocca vicino alla porta di S. Barnaba e alla pusterla del Bottonuto.
Tavola 31 – La chiesa di S. Giovanni in Conca, e l’attigua Ca’ di Can,
in un’incisione di M.A. Dal Re.
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San Giovanni in Conca
In questa fase la basilica, affiancata da un campanile di 24 metri e internamente divisa in tre navate, viene ampliata con un transetto e un tiburio centrale. Sulla facciata, una nicchia ospita il busto di San Giovanni Evangelista, rappresentato nel calderone di olio in cui, secondo la tradizione, lo avrebbe fatto immergere l’imperatore Domiziano, senza che il santo ne soffrisse. Una provvidenziale pioggia spense poi fuoco e calderone in cui era immerso il santo, che trovò il martirio in altro modo.
Nel XIV secolo i Visconti la inglobano nel recinto della loro signorile dimora, facendone la propria cappella gentilizia. Le pareti sono sontuosamente affrescate, ed ecco qui sulla sinistra una porzione degli affreschi che oggi vengono conservati nel Museo di Arte Antica al Castello Sforzesco: si tratta di un Angelo dell’Annunciazione, di fine XII – inizi del XIV secolo. Pregevole testimonianza di pittura lombarda, era collocato sull’arco trionfale della chiesa, le cui navate furono in seguito ornate con affreschi raffiguranti le storie di San Giovanni Evangelista.
Ed ecco una stampa che ricostruisce quello che era San Giovanni in Conca in tutto il suo sviluppo. Provate a immaginare che cosa doveva essere questa chiesa splendidamente affrescata e alla faccia che fece l’arcivescovo San Carlo Borromeo nel vedere il monumento equestre funebre di messere sobriamente ricoperto da preziosa foglia d’oro, e collocato in prossimità dell’altar maggiore.
Il Castello Mediceo di Melegnano |
La copertina del saggio di Daniela Pizzagalli |
Mi piace però ricordare che nei dintorni di questo castello avviene uno dei numerosi aneddoti che vedono protagonista Bernabò. Questi parte per la caccia con la sua solita energia, seminando la scorta di armigeri e cacciatori che non riescono a stargli dietro. Si smarrisce così nelle foreste della zona, e all’imbrunire incontra un contadino che è lì a far legna. Bernabò chiede all’uomo, che non lo ha riconosciuto, di accompagnarlo fuori dal bosco promettendogli una moneta d’oro come compenso, e mentre si avviano comincia a sondare l’uomo per scoprire che cosa si pensa del signore di Milano. Il contadino ne dice peste e corna, asserendo che è crudele oltre ogni immaginazione: un autentico diavolo.
Arrivati nei pressi di Melegnano, scorgono un gruppo di persone con delle fiaccole, e il contadino spiega che ogni tanto il signor Bernabò Visconti si perde e che quindi con tutta probabilità sono i servi che lo stanno cercando. Dagli atteggiamenti di reverenza, il contadino capisce però con chi ha parlato, e desidera essere già morto per paura delle torture che lo aspettano. Invece Bernabò lo fa entrare al castello di Melegnano, gli fa servire una lauta cena e lo fa dormire in un morbido letto di piume. Il giorno dopo gli chiede come ha passato la notte, l’uomo gli risponde “splendidamente come fossi stato in paradiso”, e il signore, dandogli la moneta d’oro promessa, lo manda libero con una battuta scherzosa sul fatto che presso il Diavolo si è assai ben trattati.
Nei pressi di Melegnano, e sul ponte levatoio accanto al fiume Lambro, ricordo che nel 1373 avviene anche l’incontro con i legati papali che recano l’ennesima bolla di scomunica o, secondo altri, giungono a notificargli le volontà del Papa in merito ad una controversia sul possesso di Bologna. Alla lettura del plico papale, Bernabò dice “Scegliete pur voi, o mangiare o bere“: i due capiscono che il “bere” significa essere buttati nel fiume, magari con il rischio di annegare, e preferiscono ingoiare la pesante pergamena con tanto di cordone di seta. Da qui deriva il modo di dire “mangiare la foglia” (“manger la feuille”: “mangiare il foglio” in francese). Bernabò ha dato quindi il suo contributo alla creazione di nuove, vivaci espressioni della nostra bella lingua italiana. Ironia della sorte, uno dei due legati, Guillaume de Grimoard, alcuni anni dopo diventa Papa prendendo il nome di Urbano V con grande costernazione del nostro linguista.
C. Il castello-fortezza di Trezzo sull’Adda
I castelli di epoca viscontea nel milanese formano una sorta di cintura difensiva. All’epoca di Bernabò, vengono eretti sia da lui sia dal fratello Galeazzo con cui spartisce per lungo tempo il dominio sui territori milanesi. Il castello di Trezzo sull’Adda, già esistente all’epoca di Bernabò, nasce a difesa di un ponte sul fiume e per la sua posizione strategica viene dapprima conteso fra Federico Barbarossa e la città di Milano e in seguito fra i Visconti e i Torriani. Più volte distrutto o incendiato, viene sempre ricostruito.
Il castello fortezza di Trezzo sull’Adda dal sito http://www.addainsieme.it/trezzo-sull-adda/ |
I resti attuali sono proprio quelli della costruzione del 1370 di Bernabò Visconti del quale è residenza e poi prigione fino alla sua morte (1385) ad opera del nipote Gian Galeazzo Visconti, figlio di Galeazzo da cui aveva ereditato i territori alla morte del padre.
Inseriti in un parco molto ben tenuto, i ruderi del castello di Trezzo ricordano delle rovine gotiche di epoca Romantica e sono assai scenografici; il castello fu demolito pietra su pietra, che fu rivenduta per costruire l’Arena Civica di Milano. Si può facilmente immaginare come doveva essere questo luogo quando il castello si ergeva in tutta la sua imponenza. Nel museo del castello, c’è un modellino che lo mostra come doveva essere un tempo. Eccolo:
Vi si nota il ponte, un prodigio ingegneristico, che collega le due sponde e da cui transitavano
mercanti, carri e carretti, viandanti di ogni specie e che devono pagare il dazio. Nel ponte c’è un livello inferiore coperto, che serviva a Bernabò per spostarsi da un capo all’altro senza essere visto, magari per andare a caccia. Oltre il fiume, infatti, si stendevano i territori della Repubblica Veneta, pericolosa nemica dei Visconti.
L’unico edificio ancora integro è la torre di 42 metri di altezza, che si erge accanto al fiume. Provarono a smontare pure questa, ma i costi della demolizione erano superiori ai guadagni ricavati dalla vendita delle pietre, e perciò si rinunciò all’operazione. Dalla sommità si gode la magnifica vista dell’Adda che si snoda come un grande serpente – o come una biscia viscontea se preferite – formando una potente S e cingendo due lati del castello, o quello che ne resta. Dalla torre si vedono bene anche le Alpi Orobiche.
All’interno della torre, ci sono almeno un paio di poesie dedicate a colui che qui trascorreva la sua villeggiatura in ameni svaghi. Ve le propongo qui sotto: Bernabò a Trezzo e L’ora di Bernabò.
Altro luogo di grande suggestione sono i cosiddetti sotterranei: enormi ambienti dagli alti soffitti e dagli ampi finestroni a graticci, che probabilmente erano depositi di viveri. In uno di questi ambienti c’è la stanza della tortura della goccia, dove i prigionieri venivano legati e sottoposti alla tortura della goccia che, lentamente, scavava il cranio e li faceva impazzire. Nell’ultima stanza c’è un grande pozzo dall’aria sinistra, collegato con un altro pozzo soprastante nel cortile, e quindi en plein air. In fondo a questo pozzo ci sono delle lame, che dovevano servire come modo per impedire l’accesso ad eventuali assalitori dalla parte del fiume.
Proprio questo castello è sia fortezza sia luogo dei suoi piaceri, in quanto molto spesso Bernabò vi giunge senza la moglie Regina della Scala. Per distrarsi organizza banchetti e feste, e invita le più belle fanciulle trezzesi. Nel castello viene imprigionato con la sua favorita Donnina de’ Porri e muore, pare avvelenato da un piatto di fagioli su mandato del nipote Gian Galeazzo.
E qui viene avvistato a più riprese il fantasma di un uomo in armatura, che sembra quello del monumento di Bonino da Campione presentato all’inizio di questo post, e in quello precedente. Il castello è infestato anche da apparizioni di ragazze, si odono rumori sinistri come l’abbaiare di moltissimi cani ed è meta privilegiata di associazioni di cacciatori del paranormale. Che ci crediate o no, è davvero un luogo molto particolare!
A parte le suggestive rovine del castello e i suoi fantasmi, Trezzo sull’Adda è un luogo bellissimo, immerso nella natura e con piste ciclabili che corrono lungo il fiume.Se desiderate organizzare una gita, tutte le informazioni sono sul sito della Pro Loco Trezzo. Bernabò Visconti vi aspetta con impazienza. Mi raccomando, non deludetelo…
Alla prossima per il grande finale!
Fonti:
- Bernabò Visconti di Daniela Pizzagalli – Rusconi
- Sito Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco di Milano
- Wikipedia per le informazioni sui luoghi
Un post superbo! Bravissima.
Grazie del commento, Marco. Non so se si nota, ma sono particolarmente appassionata del personaggio…
Nooo, non si nota! 😉
😉 😉 😉
Bellissima visita virtuale e ottimo spunto per visite reali. Il castello di Trezzo sull'Adda mi ispira proprio, assomiglia al nostro castello di Buccione, che però dovrebbe avere quasi due secoli di più.
Ciao, Tenar, anche secondo me il castello di Trezzo sull'Adda ti piacerebbe moltissimo. Io ormai lo conosco come le mie tasche, potrei girare i sotterranei con gli occhi bendati!
Ho fatto la simpatica scoperta del modo di dire "mangiare la foglia".
Bello anche questo approfondimento, complimenti. Mi piacerebbe molto visitare questi luoghi e poi la suggestione dei fantasmi presenti nel castello mi attira moltissimo.
Nemmeno io conoscevo l'origine del detto. In effetti uno pensa alla foglia dell'albero e non capisce che cosa c'entri.
Per quanto riguarda il castello, proprio nel mese di maggio c'è stata una nottata con un'associazione di ricercatori del paranormale, e se non mi sbaglio ce ne sarà un'altra a luglio. Io morirei dalla paura!
E anch'io! Ma il bello, allora, quale sarebbe!
(No, no, faccio la spiritosa, ma non ci andrei manco morta! :))
Qualche anno fa ci avevano girato la trasmissione "Misteri" e su Youtube ci sono alcuni video di associazioni. Come accade in questi casi, sono molto sensazionalistici. Questo però sui "risultati" dell'indagine di un gruppo è abbastanza significativo, se non altro per il fatto che sono tutti spaventati a morte, e non mi sembra che fingano! https://www.youtube.com/watch?v=D4w9MqaACfY
Mamma, ma che m'e venuto in mente di vedere questo video adesso, a quest'ora!
Pensa se avessimo partecipato! 😉 Sei riuscita a dormire stanotte?
Buongiorno! 🙂
Il video del castello è terrorizzante, ma ho un passato di fan dell'horror, dunque il sonno non ne ha risentito. Per fortuna!
(Quella ragazza sembrava davvero provata dall'esperienza!)
Ah, beh, allora… Io invece credo di avere visto massimo 3 film dell'orrore in tutta la mia vita, sono una fifona di prima categoria!
Nel video ho trovato inquietante anche la sequenza della sala Bernabò dove le luci si accendevano da sole e si sentivano strani rumori.
Vero, inquietantissimo e per questo molto affascinante. Saranno veri tutti questi esperimenti?
Eh, sì, c'è sempre il dubbio in effetti.
Il turismo, anche culturale, rientra in quel 99% di cose della mia vita che ho abolito e non vedrò i luoghi che descrivi, ma il fascino per certi personaggi e la loro storia ancora resiste e mi documento con piacere.
Ma il piatto di fagioli? Si sa come era stato preparato? Son dettagli che a me interessano ^_^
No, non si sa come fu preparato esattamente. Tra l'altro dubitavo dell'esistenza dei fagioli in quell'epoca. Invece poi ho scoperto che nel Medioevo esistevano, ma non erano i "borlotti" per intenderci, ma un tipo di fagioli molto piccoli, quasi lenticchie.
Una curiosità sulla stanza in cui era morto. Bernabò vi aveva lasciato questo monito: "tal a mi qual a ti" (un’altra fonte cita invece "mi a ti, ti a mi") il cui significato era: “Oggi tocca a me, domani a te”. Secondo alcune dicerie e leggende, l’anno successivo, nel 1386, al nipote Gian Galeazzo Visconti era apparso il diavolo. Chissà che non avesse i lineamenti dello zio…
Terribile, l'ha buttata a tutti! 😀
I fagioli li ho incontrati anch'io di recente, in una storia ambientata nell'Inghilterra del XII secolo.
@Marina: terribile il personaggio, eh?
Sempre secondo la leggenda, pare che nella sua apparizione il diavolo abbia intimato a Gian Galeazzo la costruzione di una grande chiesa con moltissime immagini demoniache, altrimenti l'avrebbe trascinato all'inferno. Il giorno successivo il Visconti si mise subito all'opera convocando gli architetti per la progettazione di una grande Cattedrale. Per accontentare il diavolo, novantasei doccioni hanno fattezze sataniche che ancora oggi ornano il nostro Duomo di Milano.
@Ivano. Ah, ecco, vedi? Sono i dubbi dei romanzieri storici. Peraltro ho scoperto da poco che i maiali medievali non sono quelli tondi e rosei che siamo abituati a vedere oggi, ma erano piccolini e scuri, con il muso appuntito. Una specie di cinghialetti.
Ma perché non scrivi testi per la scuola? Eh? Eh?
Mi piacerebbe molto. Un giorno la mia casa editrice aveva ventilato l'idea che io scrivessi alcuni "ritratti" di tipologie medievali (ad esempio il mercenario, l'artigiano ecc.) su un libro di Storia, ma poi non si è dato corso. Chissà che un domani non si possa riconsiderare la cosa.
Nei testi di storia che mi ritrovo per il lavoro manca tanto approfondimento, tanta creatività nell'invogliare alla curiosità. Saresti la persona ideale a scrivere per il triennio.
Grazie mille, Luz! 🙂 Avevi letto la mia serie di post sulla punteggiatura? Ti indico qui il primo sul punto fermo (che paragono a Enrico VIII) e sul punto e virgola (che paragono allo Chevalier d’Eon):
http://ilmanoscrittodelcavaliere.blogspot.it/2014/06/conversazione-xx-la-nobile-arte-della.html
Un'insegnante che conosco li usa per le lezioni di grammatica italiana a scuola.
Dimenticavo: nel post di questo sabato pubblico qualcosa sui nativi americani nell'ambito di un post sugli animali. 😉
"Mi sarebbe piaciuto assistere alla reazione di messere nel vedere cotanto scempio della sua bella chiesa in nome della viabilità pubblica milanese."
Probabilmente li avrebbe presi a sciabolate. 🙂
Comunque ho sempre creduto che il detto "mangiare la foglia" derivasse dalla foglia di fico di Adamo ed Eva.
Oppure li avrebbe sottoposti a propagginazione, una simpatica usanza tutta medievale! Peraltro avrei voluto vedere la reazione di messere anche all'installazione di quegli orrendi Expogate, detti stendibiancheria, che ancora deturpano la prospettiva del Castello Sforzesco. Dovrebbero toglierli entro l'anno… se così non fosse quasi quasi evoco messere e lo faccio venire a Milano a far giustizia.
La tua alternativa sul detto "mangiare la foglia" è alquanto interessante!
Certe scelte… illuminate, fatte in nome dell'urbanistica, si preferirebbe non venirle a sapere. Poveri noi… e poveri gli allevatori forzati dei cani di Bernabò! Non avrei mai detto che anche alla cinofilia servisse un limite di buonsenso. 🙂
Ciao, Grazia! E' vero che la sensibilità cambia molto a seconda del periodo storico e anche del popolo, però abbattere una chiesa antica pur sapendo che è preziosa, insomma… Ad esempio gli americani fino a poco tempo da buttavano giù che era un piacere, poi si sono resi conto che forse conveniva cercare di salvare qualche testimonianza della (poca) Storia che hanno.
Per quanto riguarda i cani, stavo parlando con una signora giapponese appassionata del nostro Medioevo, e mi ha detto che anche in Giappone c'era stato un feudatario simile a Bernabò, che teneva moltissimi cani e che li amava più degli esseri umani. Era attorno al 1700 e in tempo di pace, quindi evidentemente si annoiava e gli servivano come svago!
Bellissima anche questa seconda parte! Divertente l'aneddoto relativo al contadino che ha soccorso Bernabò/Diavolo, ma magnifiche le parole del congedo XD
Le questioni relative ai rimaneggiamenti urbanistici ci fanno sempre "impressione", però bisogna ricordare che era considerato normale il reimpiego di materiali e manufatti architettonici 😛
Alla prossima, eccome *__*
Di aneddoti sul nostro messere ce n'è una quantità spropositata. Questo è uno dei più famosi. Ce n'è un altro molto divertente a proposito di tre indovinelli che egli fece a un malcapitato sottoposto a giudizio. Se li risolveva bene, altrimenti… 😉 Se ti interessa, posso recuperarlo e inserirtelo qua nei commenti! Il punto è che Bernabò era di umore capriccioso e sadico, ma se c'era qualcuno che sapeva argomentare la propria difesa e lo faceva divertire con arguzia, molto spesso era graziato. Come a un esame a scuola, davanti a lui non potevi fare scena muta… 😛
Hai ragione sul reimpiego di materiali architettonici. Molte chiese cristiane sono state edificate utilizzando parti di templi pagani, ad esempio a Milano ce n'è un buon numero. Ed è anche vero che Milano è stata pesantemente bombardata durante la Seconda Guerra Mondiale. Però qui l'intenzione era di demolire completamente senza salvare niente, nemmeno la cripta.
Alla prossima, e buona giornata! 🙂
Oh sì che mi interessa *__* Bernabò era un bel tipo davvero XD
Ecco, il passaggio è tratto da "Bernabò Visconti nella novellistica toscana" di Luigi Barnaba Frigoli presso l'Archivio Storico Lombardo. L'Archivio me lo ha fatto avere dietro mia richiesta con la massima rapidità ed efficienza.
"Basti pensare alla novella IV della raccolta di Franco Sacchetti, nella quale il Visconti sembra addirittura esser tenuto in maggior considerazione del papa. In essa Bernabò premia la saggezza di un povero mugnaio con la nomina ad abate, dopo che egli è riuscito sagacemente a risolvere quattro quesiti dalla soluzione apparentemente impossibile. E' l'ultimo quesito, in particolare, a dare la misura della posizione di preminenza in cui non raramente il Visconti viene collocato dai contemporanei. Il quesito è il seguente: "Quello che la mia persona vale." La risposta del mugnaio è lusinghiera: "Ventinove denari" perché "nostro Signore Gesù Cristo fu venduto trenta denari; fo ragione che valete un danaro meno di lui."
Intanto grazie mille per aver recuperato via A.S. il passaggio :O
E comunque è fantastico XD
Grazie! ^__^
Prego! Allora non possiamo che concludere con una "standing ovation" per il nostro Bernabò. 😀
Pezzo straordinario, interessantissimo e affascinante… d'altra parte proprio come messere! 😀
Il video, invece, mi lascia tiepida
Grazie del commento, Daniela! Anch'io ho scoperto tante cose su Milano proprio grazie a messere come animatore d'eccezione! 😀
Per quanto riguarda il video, stai allora all'occhio sulla prossima e ultima puntata che ho intenzione di pubblicare il 9 luglio. Ci sarà qualcosa di visivo che dovrebbe piacerti assai di più. 🙂
Attendo fiduciosa :)))
Sì, ho fatto un'altra delle mie sudate da autodidatta. :-)))
Mi hanno appena regalato un libro con una lista di 100 luoghi da scoprire a Milano, ora tu aggiungi anche questi… dovrò investire parecchi weekend per fare la turista! Però adoro i castelli, quindi non sarà un sacrificio.
P.S. Pensa che io avevo letto invece che "mangiare la foglia" deriva dall'Odissea (Ulisse mangia una foglia che lo rende immune alla magia di Circe)!
Quando vieni a Milano, fammelo sapere così ci incontriamo per berci un caffè, magari proprio dalle parti di San Giovanni in Conca. 🙂
Accidenti, abbiamo una terza versione dell'origine del detto "mangiare la foglia". Dove sei, Accademia della Crusca?
Certo, volentieri! La prossima volta che verrò a Milano te lo farò sapere 🙂
Perfetto, inviterò anche messere per l'occasione. 😉
Siccome oggi questo post ha raggiunto l'esorbitante cifra di 43 commenti (compresi i miei, naturalmente), vorrei ringraziare tutto quelli che hanno lasciato una traccia del loro passaggio. Oltre ai commenti, questo post ha avuto un numero di visualizzazioni esorbitante. Trattandosi di un post di Storia pubblicato in un periodo estivo, è stata una vera e graditissima sorpresa che mi ha confermato che… con la blogosfera non si può mai dire.
Naturalmente anche messer Bernabò Visconti è molto compiaciuto della cosa, e mi ha dato l'incarico di inoltrare formali inviti per il gran finale che si terrà su questi schermi il giorno 9 luglio. In quell'occasione messere comparirà ai vostri occhi in tutto il suo splendore. Potreste sentire un po' di puzza di zolfo, ma che cosa volete che sia rispetto al privilegio di partecipare all'evento? Vi attendiamo quindi numerosi! 🙂
Io ci sarò sicuramente, abito formale e tanto profumo! ^_^
Bene! Fatevi belle, ragazze! 😉
Riparto da qui con la lettura dei post dedicati a Barnabò Visconti. Da qualche giorno son rientrato nella blogosfera e sono contento di ritrovare la tua verve nel raccontare i fatti storici. Devo dire che mi hai messo la voglia di visitare Milano, città che non amo molto, questa volta potrei tornarci proprio per gustarmi alcuni dei luoghi che hai descritto. L'articolo l'ho trovato molto bello, ben scritto, accattivante e mai noioso. Complimenti. Ho notato che hai anche citato il "Medeghino" su cui, come ti avevo accennato tempo fa, avevo l'intenzione di scrivere qualcosa. Brava Cristina.
Ciao, Massimiliano, bentornato sul blog e sulla blogosfera in generale! 🙂 Spero che il post-nozze sia andato bene, almeno così mi è sembrato da un commento che hai lasciato sul blog di Marina. Comunque anche messer Bernabò sentiva la tua mancanza e mi chiedeva con impazienza dove fossi. Se ti capita di passare a Milano, non mancare di avvertirmi! Sì, il Medeghino l'ho scoperto proprio visitando il castello Mediceo di Melegnano. Una vita da romanzo pure la sua. (Con i nostri due commenti arriviamo a quota 50, un vero botto per un post di Storia!)
Sono contento per le visite, meritatissime, forse il problema è come si parla di Storia, direi che tu sei riuscita a farlo in modo assolutamente fantastico, da vera divulgatrice.
Ti ringrazio tanto! Essendo Storia materia scolastica, può suscitare un senso istintivo di repulsione… specie perché la si associa a insegnanti non proprio brillanti nell'insegnare e a ore noiosissime.