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Gabbiani in volo. |
Ecco il turno degli uccelli, queste creature alate che solcano i nostri cieli e tracciano le loro traiettorie servendosi delle correnti e rimanendo sospesi con insuperata grazia. Suscitatori di immensa meraviglia nella capacità di organizzare perfette formazioni di volo o stormi che compongono figure fluttuanti, si muovono come una sola intelligenza, prima di migrare seguendo rotte senza mappa e bussola.
Sono creature che fin dall’antichità furono protagoniste di episodi leggendari, compagne e messaggere di dei o interlocutrici privilegiate di santi, come nell’episodio della predica di San Francesco agli uccelli. Con l’avvento del cristianesimo, gli uccelli furono spesso paragonati agli angeli perché dotati di ali e della capacità di sorvolare il mondo con sguardo onnicomprensivo. Molto invidiati dagli esseri umani per questa loro facoltà di staccarsi da suolo e salire a grandi altezze, destarono l’interesse e la meraviglia del genio Leonardo da Vinci, che ne studiò il volo con appunti e disegni, intenzionato a produrre una macchina volante e permettere all’uomo di realizzare il sogno del volo. Il Codice sul volo degli uccelli di Leonardo da Vinci (1505) è conservato nella Biblioteca reale di Torino.
Le specie e famiglie di uccelli sono migliaia e migliaia, dall’umile e domestico passero al possente albatros dominatore dei cieli marini. Per non scrivere un post troppo generico, prenderò quindi in considerazione alcuni esemplari particolarmente significativi che abbiano avuto un ruolo incisivo nei differenti miti, e nella letteratura antica e contemporanea. Ogni genere di uccello è corredato da una piccola nota con una curiosità. Ne mancheranno moltissimi, com’è ovvio, ma possiamo sopperire alle mie mancanze con i vostri interventi e i vostri ricordi personali. Andiamo quindi in ordine cronologico e cominciamo con:
I corvi di Odino
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Odino (anche noto con il nome tedesco
Wotan, Odin, Wodan) con corvi e lupi
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Odino (anche noto con il nome tedesco Wotan, Odin, Wodan) è la divinità principale della mitologia norrena e germanica. Le fonti principali che permettono di delineare la figura di Odino e i miti relativi provengono principalmente dai miti scandinavi, compilati in lingua norrena (l’antenato delle lingue scandinave odierne) nell’Edda, il ramo meglio conservato nonché più recente dei miti germanici.
Nella mitologia eddica Odino è il principale rappresentante della classe di divinità dette Asi. Si tratta di un dio sorprendente e complesso, che di volta in volta si presenta come cercatore di sapienza, come custode di segreti, mago e poeta. E anche un viandante che percorre le strade del mondo, comparendo di volta in volta agli uomini sotto svariate fattezze. Sarà anche il condottiero degli dei e degli uomini contro le forze del caos nell’ultima battaglia: il Ragnarök, la fine del mondo
Nelle raffigurazioni, Odino è spesso presentato in compagnia di due lupi e due corvi. Questi ultimi, Huginn e Muninn, viaggiano per il mondo portando notizie al loro padrone. Odino li fa uscire all’alba per raccogliere informazioni ed essi ritornano alla sera, siedono sulle spalle del dio e gli sussurrano le notizie nelle orecchie. Huginn significa “pensiero” mentre Muninn “memoria”. Nel poema eddico Grímnismál, al XX canto si legge significativamente: « Huginn e Muninn volano ogni giorno alti intorno alla terra. Io ho timore per Huginn che non ritorni; ma ho ancora più timore per Muninn. »
Un QI superiore alla media: questo uccello dalla nera e lucente livrea è considerato il più intelligente della sua specie. Nel corso di numerosi esperimenti ha dimostrato di saper ricavare un metodo per aprire contenitori anche complicati e arrivare al cibo. Pare che il corvo sia eternamente affamato, e per questo motivo sviluppi non solo la sua intelligenza, ma anche un forte opportunismo.
Il pellicano come simbolo cristiano
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L’insolito pellicano nel Bestiario francese (ca.1450)
Museum Meermanno – L’Aia
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Di come l’uomo medievale considerasse gli animali che lo circondavano, e attribuisse loro significati molto diversi dai nostri, ho già parlato nella recensione di
Bestiari del Medioevo, un bel saggio di Michel Pastoureau (qui il
link, se volete leggerlo). Ricordo brevemente che qualsiasi animale veniva osservato come portatore di messaggi da interpretare, e incarnazione simbolica. Questa simbologia è duplice, e molto spesso virata al negativo. La Chiesa prende come esempio l’animale come soggetto da condannare, allo scopo di ammaestrare ed edificare i fedeli affinché seguano la retta via e non divengano preda di vizi, che lastricheranno loro la strada per l’Inferno.
A questa nomea negativa sfugge per il rotto della cuffia il pellicano. Il fatto che i pellicani adulti curvino il becco verso il petto, per dare da mangiare ai loro piccoli i pesci che trasportano nella sacca, ha indotto all’errata credenza che i genitori si lacerino il torace per nutrire i pulcini col proprio sangue, fino a divenire “emblema di carità” (O. Wirth). Anche nel Physiologus, una raccolta di incerta datazione, forse del II-IV sec. si dimostra il profondo amore del pellicano nei confronti dei suoi pulcini: «quando ha generato i piccoli, questi, non appena sono un po’ cresciuti, colpiscono il volto dei genitori; i genitori allora li picchiano e li uccidono. In seguito però ne provano compassione, e per tre giorni piangono i figli che hanno ucciso. Il terzo giorno, la madre si percuote il fianco e il suo sangue, effondendosi sui corpi morti dei piccoli, li risuscita». Il pellicano è divenuto pertanto il simbolo dell’abnegazione con cui si amano i figli, e da qui a farlo diventare un simbolo di Cristo il passo è stato breve. L’iconografia cristiana ne ha fatto l’allegoria del supremo sacrificio di Cristo, salito sulla Croce e trafitto al costato da cui sgorgarono il sangue e l’acqua, fonte di vita per gli uomini.
Il pellicano medievale: le rappresentazioni degli animali nelle pitture e nelle miniature medievali sono molto spesso fantastiche. Gli artisti erano più interessati a veicolare, con forme e colori, il loro messaggio che non a rendere l’animale in senso figurativo; inoltre in molti casi conoscevano il loro soggetto solo per sentito dire. Lo dimostra la raffigurazione del pellicano proposta sopra, molto più simile a un rapace, specialmente nel becco e negli artigli.
Il viaggio degli uccelli di Farid Ad-Din Attar
Dopo il pellicano cristiano medievale, mi sembra giusto introdurre gli uccelli nel loro insieme, protagonisti di un affascinante libro di letteratura sufi. Il sufismo o tasāwwuf è una forma di ricerca mistica tipica della cultura islamica, ha origini molto antiche e ha prodotto altissimi risultati in poesia, pittura, musica e danza. Non c’è modo migliore di presentare l’opera che utilizzando la quarta di copertina del libro:
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La copertina del libro,
di Edizioni Mediterranee. |
L’opera – che è un classico nel suo genere – si configura come una sorta di magistrale «favola esoterica», che ha per oggetto il tema del «viaggio», al tempo metaforico e reale, che l’anima intraprende perché si distacca dal mondo transeunte della materialità per tuffarsi nell’oceano senza rive del mistero divino.
Protagonista un gruppo di volatili (l’upupa, il pappagallo, il falco, il pavone, ecc.) che, riunitisi a convegno, spiccano il volo alla volta del loro bramato sovrano, il Simorgh (o «Fenice») della mitologia iranica, posto agli estremi limiti della terra conosciuta. Per raggiungerlo, dovranno, tra molti pericoli, attraversare «sette valli», che rappresentano altrettante «tappe» o «stazioni» di un vero e proprio itinerario iniziatico, che si ammanta di simboli universali, suscettibili di interpretazioni plurime.
Dei centomila uccelli avventuratisi alla ricerca del loro Signore, a non più di «trenta» (in persiano: si morgh) sarà però dato il privilegio di raggiungere la tanto agognata meta. Questi, difatti, finiranno per specchiarsi nel volto accecante del Re, alla vista del quale, inceneriti, scopriranno – paradossalmente – di essere tornati al punto di partenza.
Il libro è splendido e lo consiglio vivamente a qualsiasi credo apparteniate, se non altro perché compirete davvero un affascinante viaggio attraverso la lettura delle sue pagine insieme con questi uccelli. Ognuno di loro ha un suo carattere, speranze e ambizioni, esattamente come se fossero esseri umani.
Il ricordo di Dio: I sufi attribuiscono molta importanza al dhikr (ricordo di Dio), perché su di esso si radicano la fede, la conoscenza e la fiducia del ricercatore mediante la concentrazione della propria attenzione. Indubbiamente gli uccelli dell’opera compiono il viaggio verso il loro Signore sulla spinta di questo ricordo.
La rondine del Principe Felice
Il Principe Felice è il racconto dal quale prende nome la raccolta di fiabe Il Principe Felice e altri racconti del celebre scrittore irlandese Oscar Wilde.
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Ritratto del Principe di Walter Crane
nella prima edizione del racconto (1888).
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Il
Principe Felice è una statua posta su una colonna, ricoperta di foglie d’oro e pietre preziose, e pertanto ammirata da tutti gli abitanti di un’innominata città. Una notte
una rondine, che si sta recando in Egitto, decide di sostare sulla testa del Principe. Lui le chiede di aiutarlo a cancellare le miserie della città che nella sua vita aveva sempre ignorato ma che adesso, dall’alto della colonna, vede fin troppo bene. Vinta dal suo buon cuore, la rondine decide di aiutarlo e inizia a spogliarlo dei gioielli che lo adornano per donarli ai poveri e ai bisognosi che il Principe le indica.
Il Principe, ormai rimasto senza tutti i suoi ornamenti, consiglia alla rondine di migrare verso l’Egitto prima che sopraggiunga l’inverno, ma lei, affezionata alla statua resta a farle compagnia, fino a lasciarsi morire ai suoi piedi. Il cuore del Principe si spezza allora per il dolore.
« “Portami le due cose più preziose che trovi nella città” disse Dio a uno dei Suoi Angeli; e l’Angelo Gli portò il cuore di piombo e l’uccello morto. “Hai scelto bene” gli disse Dio, “poiché nel mio giardino del Paradiso questo uccellino canterà in eterno, e nella mia città d’oro il Principe Felice mi loderà”. »
In difesa della rondine: Il detto latino “Una hirundo non facit ver” viene tradotto in “Una rondine non fa primavera”. Da decenni le rondini però sono in diminuzione in gran parte d’Europa. Per questo motivo la rondine è stata dichiarata specie protetta, e chi disturba la loro riproduzione è punibile a norma di legge.
Gli uccelli del “maestro del brivido”
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La locandina originale del film (1963) |
Gli uccelli (The Birds) è un film del 1963 diretto da Alfred Hitchcock, ed è uno dei suoi più celebri. In un negozio di animali a San Francisco s’incontrano l’avvocato Mitch Brenner e la ricca e giovane Melania Daniels, figlia dell’editore di uno dei giornali della città. Tra i due nasce una forte attrazione, e per buona parte il film avanza sul modello delle commedie sofisticate del periodo.
Un giorno, però, la donna viene improvvisamente attaccata da
un gabbiano che le ferisce la testa. Fatti inquietanti si susseguono, e tutti in rapporto agli uccelli:
le galline della signora Brenner si rifiutano di mangiare; durante una festicciola di compleanno uno stormo di gabbiani attacca i bambini; la casa dei Brenner viene invasa da centinaia di
passeri che entrano attraverso il camino; un agricoltore viene ritrovato nella propria casa, morto, martoriato dagli uccelli che sono arrivati a strappargli gli occhi; un peschereccio viene assalito dai gabbiani e una trentina di bambini vengono attaccati da una frotta di
corvi mentre escono da scuola.
Si tratta di uno dei film più terrificanti di Alfred Hitchcock. Nello stesso tempo è uno dei più enigmatici, e ha scatenato una ridda di ipotesi tra i registi, i critici e gli addetti ai lavori. Vari temi sono coinvolti, come il contrasto tra un animale ritenuto inoffensivo (“il simbolo della gentilezza”, come spiega un’ornitologa a Melanie). e il suo comportamento aggressivo nel film, il concetto della distruzione e della morte, la responsabilità dell’uomo nei confronti delle specie animali e della natura. Il finale non contribuisce a chiarire il significato profondo dell’opera, ma la lascia aperta a varie interpretazioni.Se volete vedere una scena del film, nello specifico i gabbiani che attaccano i bambini alla festa di compleanno, potete cliccare
qui. La scena dura 2 minuti e 14, e fornisce un buon esempio di quello che accadrà.
La battuta: il film ebbe un grande successo, anche perché non si era mai visto niente del genere prima di allora, ma fu stroncato da parecchi articoli di critica cinematografica sulla stampa americana. Quando gli chiesero come avesse reagito alle critiche negative a dispetto del successo di pubblico, Hitchcock rispose ironicamente: “Ho pianto per tutto il percorso da casa fino alla banca.”
Amici e nemici di penne e di piume
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Woodstock e Snoopy,
amici inseparabili. |
Nel mondo del fumetto e dei cartone animati ci sono numerosissimi esempi di piccoli pennuti. Essi diventano, di volta in volta, compagni affezionati o indispensabili nemici, latori di messaggi oppure attenti osservatori. In questa sede ne citerò due su tutti: Woodstock e Titti.
L’uccellino Woodstock: è un personaggio della striscia a fumetti Peanuts di Charles M. Schulz. La sua nascita avviene nel 1967. È un uccello di specie ignota, che potrebbe essere quindi un degno rappresentante per tutte le specie della sua classe. È di colore giallo ed è il migliore amico di Snoopy il bracchetto, con cui condivide molte mirabolanti avventure e con cui ha lunghi e intensi dialoghi. Questo piccolo uccello dalle piume arruffate parla o pensa servendosi di linee verticali, perfettamente comprese da Snoopy. Spesso vola con la testa all’ingiù e si lava nella ciotola dell’acqua del bracchetto.
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Gatto Silvestro balza sopra Titti…
inutilmente! |
Il canarino Titti: (Tweety Bird, Tweety Pie o, più semplicemente, Tweety) è un personaggio delle serie animate Looney Tunes e Merry Melodies della Warner Bros. È un giovane canarino, di sesso maschio nonostante le lunghe ciglia, che vive in una gabbietta e canta felicemente come tutti i canarini. Il suo avvistamento di Gatto Silvestro viene commentato con la famosa frase «Oh, oh! Mi è semblato di vedele un gatto…», nella versione originale inglese: «I tawt I taw a puddy tat», deformazione di “I thought I saw a pussy-cat“.
Gatto Silvestro ne vorrebbe fare un sol boccone, e per arrivare alla preda s’ingegna come può, adopera sistemi sempre più elaborati, lo insegue per ogni dove, ma non riesce mai nel suo intento. Il canarino viene anche difeso da nonna Granny, una vecchina determinata che prende a ombrellate il gatto, e a volte dal temibile mastino Chopper. In questo brevissimo
cartone di 0.21, potete vedere insieme Silvestro e Titti.
Ho terminato la mia carrellata e mi piacerebbe avere il vostro parere su questo animale così elegante. Che cosa ne pensate degli uccelli in gabbia? Quali altri esempi vi sono cari?
Un articolo ricchissimo, sono ammirata come sempre, Cristina! Leggere questa carrellata è stato doppiamente interessante perché come sai gli uccelli mi suscitano sempre un po' di inquietudine e ansia. Hai messo in luce degli aspetti su cui vale la pena soffermarsi e in particolare mi ha incuriosito il libro Il viaggio degli uccelli, che non conoscevo e che mi ripropongo di cercare.
Il film di Hitchcock non è tra i miei preferiti (pure se adoro tutti gli altri), ma la scena in cui gli uccelli si radunano poco per volta e la protagonista è seduta tranquilla sulla panchina, mi rimase molto impressa quando la vidi per la prima volta… non ti dico che incubi!! Vero che probabilmente non fu mai compreso a pieno il suo significato.
Grazie mille, Maria Teresa. Ce la metto sempre tutta, anche perché devo cercare i testi adatti sui libri o su wikipedia, eliminare le informazioni superflue, trovare i link dei cartoni animati o dei film, scegliere l'iconografia e aggiungere le mie considerazioni. Un po' come le vecchie ricerche di una volta!
In questo caso la selezione degli uccelli è stata particolarmente difficile in quanto gli esempi sono numerosi: non ho menzionato le fiabe di Esopo con le cicogne, l'upupa de "I Sepolcri" di Foscolo, "Il brutto anatroccolo" che in realtà è un cigno oppure il gufo Anacleto nel cartone animato "La spada nella roccia", anche se avrebbero meritato.
Per quanto riguarda il film di Hitchcock, io ricordo con particolare spavento la scena tutto sommato più innocua del film, cioè quando lo stormo di passeri s'infila nel camino e invade la sala = riesce a entrare anche con porte e finestre sbarrate.
Gli amici pennuti mi hanno accompagnato per tutta l'infanzia. Anche se avevamo il giardino in casa mia cani e gatti erano severamente vietati, mentre gli uccelli e altri piccoli animali erano i benvenuti. Capitava che mio padre durante le sue battute di caccia rincasasse con nidiacei vivi, che poi io e lui allevavamo con cura. Una volta cresciuti li lasciavamo liberi, ma poiché nessuno di loro cercava di allontanarsi dal giardino alla fine avevamo una specie di voliera all'aria aperta. Inoltre mantenevano tutti uno stretto rapporto con noi umani e alcuni di questi pennuti sono stati dei veri amici per me.
Che bel ricordo hai dei tuoi amici pennuti. Proprio vero che, se li lasci stare, gli animali si accostano all'uomo senza timore. Ricordo che da bambina rimasi molto stupita quando a Londra, Hyde Park, mio padre diede da mangiare nella sua mano ad alcuni passeri. Amici inglesi di mio padre, che vivevano in un cottage con un giardino attorno, avevano appeso una noce di cocco svuotata in cui gli uccelli avevano fatto il nido. La stessa cosa avevo visto alcuni anni dopo in Germania, in un piccolo albergo nei pressi di Francoforte, circondato dalla campagna: cerbiatti e uccelli si avvicinavano e mangiavano, e noi li osservavamo dalle finestre della sala dove anche noi facevamo colazione.
Articolo meraviglioso. Veramente interessante. Già nella mitologia greca alcuni uccelli venivano indicati nel loro ruolo di psicopompi. In effetti li ritroviamo in tutte le culture ricondotti a simbolismi vari. Personalmente non sono mai riuscito a "legare" con i volatili, li ammiro da lontano. Ho in casa un pappagallino perché è un amichetto di mio figlio piccolo, ma ci guardiamo con sospetto.
Grazie mille, Massimiliano. Non è stato un articolo facile. Gli esempi sono davvero sterminati e, come scriveva Ivano in un suo commento su Fb, solo mantenendo vivo questo filone avrei avuto materiale per tenere aperto il blog per anni! Però si sarebbe trasformato in un blog per ornitologi e il resto dei lettori sarebbe fuggito.
Sì, i Greci legavano alcuni uccelli agli dei, come la dea Atena che viene accompagnata dalla civetta. Solamente i piccioni viaggiatori avrebbero meritato un post tutto dedicato a loro, visto che è un utilizzo ben documentato sin dall'antichità e specialmente nel Medioevo.
Chissà perché, ma l'immagine di te con il pappagallino mentre vi guardate storto (stavo per dire "in cagnesco", ops! questa espressione la tengo di riserva per il post sul cane) mi ha fatto venire in mente due personaggi in una striscia a fumetti. 🙂
Vero, gli uccelli sono animali misteriosi, tra tutti rappresentano molto bene l'ideale di libertà, viaggio, vicinanza alle entità superiori.
Per il resto, in merito al pappagallino, pensa che una volta, cercavo di riposare dopo aver fatto la notte, mi alzo per andare a compiere una strage di pennuti, un casino che non ti dico, cinguettava da far impazzire. Mi avvicino alla gabbia e mi dico:" o lo libero fuori dalla finestra o lo faccio allo spiedo". In quel mentre entra il piccolo Pietro e vedendomi davanti al suo amichetto mi dice:" bravo papà, tu non gli parli mai, io e la mamma lo facciamo sempre, ti chiamava".
Mi sono messo a ridere, ho tirato le cinghie delle borse sotto gli occhi e sono tornato a letto. Non ci crederai ma ha smesso di cinguettare. Mai più avuto sentimenti bellicosi nei confronti di quella creaturina. Ma continuiamo a guardarci con sospetto hahahaha.
Per gli uccelli letterari mi era venuto in mente "Il Gabbiano Jonathan Livingstone", ma poi ho preferito inserire il testo sufi in quanto meno conosciuto.
Come dicono a Milano, il tuo piccolo è "una stellina"! Comunque, fossi nel pappagallo, starei bene all'erta o, come si dice, all'occhio… 😉
Beh, qui ho davvero tutto da apprendere, le simbologie legate agli uccelli le conoscevo ben poco, a parte Woodstock e Titti 😀 ("Gli uccelli" di Hitchcock non l'ha mai visto, uno dei pochissimi film del regista inglese che mi sono sfuggiti). L'iconografia del pellicano l'avevo sentita in parte all'epoca dell'università perché compare anche in un'opera che studiavamo, ma l'avevo rimossa dalla memoria.
… e, parlando di cartoni animati, che mi dici di Road Runner o Beep Beep, quella specie di struzzo velocissimo che il Coyote non riesce mai a prendere? Poi ci sono anche gli avvoltoi nel cartone animato "Il libro della giungla" che si lamentano della loro vita che è un vero "mortorio". 😀
Un post a sé lo meriterebbero gli uccelli delle fiabe di Hans Christian Andersen: il brutto anatroccolo, i cigni selvatici, l'usignolo, la cicogna sono quelli che mi vengono in mente.
Proprio così! Non è che magari ti ho dato un'idea? …
In teoria sì, in pratica ho talmente tanti post a metà lavorazione che per un pezzo mi sarà impossibile aggiungere ancora qualcosa.
Avevo capito che sei un blogger vulcanico. Spero allora di darti un altro spunto "indesiderato" con il post del prossimo sabato… sarà tutta una sorpresa!
Hitchcock è stato un regista fenomenale, anche se credo che quel film non sia stato il suo migliore.
Per quanto riguarda gli uccelli, la scrittrice Flannery O'Connor aveva una grande predilezione per i pavoni, e li allevava pure. Il suo libro "Nel territorio del diavolo", sulla scrittura, inizia con un capitolo intitolato "Il re degli uccelli", dedicato appunto al pavone.
Una volta avevo letto una serie di post di scrittura che menzionava spesso questa scrittrice in rapporto alle galline. Per rinfrescarmi la memoria sono andata a fare una veloce ricerca e ho scoperto che: "Nel 1941 Flannery O'Connor cuce dei vestiti per le sue galline, di una raffinatezza tutta femminile. Per il colonnello Eggbert (un pollo Bantam grigio) cuce un cappotto di piqué bianco, con collo in trine e due bottoni sul dorso (ALÉ!). Sempre a sedici anni, porta a scuola il papero Herman come modello per un disegno nell'ora di educazione artistica, e successivamente anche il gallo Ailé Selassié per lo stesso motivo." Il pavone comunque è un altro animale emblematico e ricco di simbolismi. In India è addirittura l'uccello nazionale.
Nessuno ha ancora citato La ballata del vecchio marinaio, di S.T.Coleridge esponente di spicco tra i romantici inglesi definiti della prima generazione, dove l'uccisione di un albatros porterà disgrazie durante la navigazione (sto riassumendo moltissimo il poema).
Sempre accuratissimi i tuoi post.
Ciao, Sandra, grazie per il commento. "La ballata del vecchio marinaio" di S.T. Coleridge è un bellissimo esempio che fai. Ricordo in particolare quando il marinaio viene costretto ad appendersi al collo l'albatros morto. Infatti non uccidevano mai un albatros in navigazione. Mi viene in mente ora anche la scena di "Master and Commander" dove il comandante dei fanti di marina imbraccia un fucile e spara a un albatros, ferendo accidentalmente il dottor Maturin e gettando nello sgomento l'equipaggio.
Grazie anche per i complimenti e alla prossima!
Anche l'albatros si merita un post tutto per sé! Oltre a Coleridge c'è da considerare la poesia "L'albatros" di Baudelaire e la storia "Paperino e la leggenda dell'albatros" di Carl Barks.
Vero, sull'albatros abbiamo già molto materiale:
– "La ballata del vecchio marinaio" di S.T. Coleridge
– "L'albatros" di Baudelaire, che avevo in mente, ma poi mi è sfuggita nel commento a Sandra
– lo spezzone del film "Master and Commander"
– il fumetto "Paperino e la leggenda dell'albatros" di Carl Barks.
Ciao, approdo qui tramite suggerimento di Ivano Landi.
Come può non piacere un post sugli uccelli a me che ne sono un rappresentante? (E tanto li tratto sul mio blog.) L'ho trovato molto interessante. In tema potrebbe essere il collegamento fra la Civetta e la dea greca Atena.
Per quanto riguarda gli uccelli in gabbia, sinceramente mi mettono parecchia tristezza…
È stato un piacere leggerti. A presto 🙂
Grazie a te e a Ivano Landi che ti ha suggerito questo percorso, e benvenuta nel blog! Andrò a visionare meglio il tuo blog (ho visto che ne hai un paio, tra l'altro), che sicuramente merita tutta l'attenzione necessaria in considerazione del tema trattato e del tuo amore per la natura. Ricordo con tristezza una mia cugina d'infanzia che teneva una coppia di cardellini in gabbia. Adesso per fortuna c'è una maggiore sensibilità, ma c'è ancora molto da fare.
A presto, e buona domenica!
Sarai la benvenuta 🙂
Grazie e buona domenica a te
Ecco, ho appena lasciato un commento sul tuo post "Il volo di poiana" sotto l'etichetta "uccelli". 🙂
Ciao Cristina, vado subito a vedere, grazie 🙂
Questo post mi è piaciuto particolarmente, Cristina, complimenti! I tuoi approfondimenti sono utilissimi: io, per esempio, non conoscevo la simbologia cristiana del pellicano e l'ho trovata straordinaria. E poi il film di Hitchcock è uno dei miei preferiti: all'università prendevo in giro una mia amica che ha il terrore degli uccelli dicendole che le auguravo di trovare lavoro a Venezia, a P.zza S. Marco. Ogni volta che un luogo è gremito di piccioni penso alla famosa scena dell'aggressione del film e alla mia amica in preda al panico! 😀
Titti mi fa una cordiale antipatia. Ho sempre fatto il tifo per Gatto S
Silvestro, mentre Woodstock è adorabile.
(Mi sta venendo in mente adesso che nella simbologia cristiana anche la colomba ha un ruolo fondamentale)
Grazie per il commento, Marina. Come dicevo, ogni tipo di uccello meriterebbe un post a sé, ma l'impresa sarebbe stata davvero titanica! Del resto un animale così bello e che vola con tanta grazia non poteva che essere associato a un messaggero e a qualcosa di elevato e suscitare interrogativi e curiosità.
Hai ragione sulla colomba medievale, infatti il titolo della mia saga crociata non a caso si chiama "La Colomba e i Leoni". La colomba compare nella Bibbia come l'uccello che reca a Noè il ramoscello, di ritorno dalla sua spedizione, come prova che ci sono terre emerse dopo il Diluvio. Naturalmente compare come Spirito durante il Battesimo di Gesù per diventare simbolo della terza persona trinitaria
Alla tua amica consiglierei come terapia d'urto una visita anche a piazza del Duomo a Milano, anche lì i piccioni ti volano raso testa e ti circondano minacciosi! 😀
Caspiterina un post super dettagliato Cristina sei bravissima! Gli uccelli che preferisco sono i gabbiani, secondo me sono bellissimi e poi mi ricordano il mare. Io comunque adoro Woodstock di Snoopy e ammetto che come Marina faccio il tifo per Gatto Silvestro anche se sicuramente Titti non può soccombere, finirebbe tutto il divertimento *-*
Buongiorno, Giulia. Grazie per il tuo contributo. I gabbiani sono bellissimi. Qualche anno fa ho avuto la fortuna di trascorrere qualche estate a Sanremo, avendo una casa di una parente che potevano usare, e mi ricordo che al mattino mi svegliavano le loro strida da predatori. Mi ricordo anche un verso caratteristico che emettevano da fermi, con il becco verso l'alto, e avevo scoperto che era un richiamo d'amore. La sera tardi sorvolavano la casa e tornavano nell'entroterra dove avevano i loro nidi.
Posso solo citare William Blake "Un uccello in gabbia a tutto il cielo mette rabbia". Non credo esista cosa più disdicevole di costringere un uccello, simbolo della libertà senza confini, a passare la sua esistenza in una gabbietta che gli permette a malapena di aprire le ali. Noi uomini siamo brutte persone.
Non conoscevo il detto di William Blake, che comunque era un grande poeta e un grande artista. Una persona davvero ispirata. Anch'io ho visto uccelli costretti in gabbie strettissime, che tristezza. Mi fanno anche pena i pesci che vendono ai mercati, ne mettono molti in poca acqua al punto che mi chiedo come facciano a respirare.
Un post meraviglioso, cara Cristina e quanto hai ragione nel dire che noi umani siamo molto invidiosi della capacità di librarsi in volo che possiedono queste straordinarie creature. Ricordo che da bambina guardavo con invidia i passerotti che spiccavano il volo spostandosi in un batter d'occhio (o d'ali) dal mio terrazzo ai tetti più lontani. Avrei voluto poterlo fare anch'io e, invece, mi ritrovavo ogni giorno a percorrere un bel pezzo di strada con la pesantissima cartella sulle spalle prima di raggiungere la scuola, dove arrivavo spesso in ritardo e piuttosto affannata. Riflettendo, allora, sulla nostra impossibilità a emulare gli uccelli, mi interrogavo sul perché ancora nessuno avesse inventato una sorta di "ascensore" in grado di muoversi sia in verticale, che in orizzontale, e me ne dolevo! Ma, a parte le mie stramberie, temo che l'invidia sia il vero motore che spinge taluni a costringere i volatili in gabbia e non c'è niente di più triste che vedere un animale in gabbia. A proposito di gabbie e/o di uccelli, mi vi vengono anche in mente moltissimi quadri nei quali essi veicolano messaggi diversi, molto spesso mistici. Penso a La chiaroveggenza di Magritte, dove uovo e uccelli sono usati per raffigurare anche il processo spirituale intrinseco all’arte, cioè di trasformazione oltre il vincolante e l’apparente staticità delle cose. E mi viene in mente anche, sempre di Magritte, Il Terapeuta, nel quale l'artista assegna a due colombe, una in gabbia, e l'altra fuori, una comune espressione di tristezza. Ma gli esempi nell'arte sono infiniti e mi fermo qui. Invece, tornando agli esempi da te citati nel tuo articolo, volevo dirti che non conoscevo la favola sufi, e quindi la metto immediatamente nella lista dei libri da leggere.
Insomma, Cri, come sempre, ti confermi come una preziosissima fonte di ispirazione. Grazie!
Ciao Daniela, grazie del tuo commento, che come spesso accade assomiglia a un post per quanto è completo e dettagliato. Per quanto riguarda la capacità di volare di noi esseri umani, in tempi recenti mi sono imbattuta in questo signore inglese che a Londra va a lavorare servendosi di un jetpack agganciato sulla schiena, con cui compie dei veri e propri veri voli sopra il Tamigi. Certo, non è proprio la stessa cosa! Gli uccelli non finiscono la loro spinta propulsiva, a differenza sua.
Il Terapeuta di Magritte non lo conoscevo, quindi sono andata subito a vedere. Davvero molto significativo. Gli uccelli comunque sono un tema prediletto nell'arte, ci sarebbe da scrivere centinaia di post come si diceva più sopra in altri commenti.
Grazie a te di essere passata e, mi raccomando, tieni d'occhio il post di sabato prossimo. Ho il sospetto che ti piacerà molto…
Non mancherò, ci puoi scommettere! Ti abbraccio, buon tutto :))
Stavo per perdermi questo post, e mi sarebbe dispiaciuto, perché amo molto gli uccelli. Mi hai fatto pensare che ne Il Signore degli Anelli Saruman usa stormi di corvi come ricognitori; non mi ero resa conto che l'idea originasse dall'Odino mitologico. Comunque non ce lo vedo il corvo come "simbolo della gentilezza", con buona pace di Hitchcock. Magari un pettirosso? Uno scricciolo? Già su un cuculo avrei qualche perplessità… 😉
Non so se hai visto la serie tv "Il trono di spade": in questa serie c'è un corvo con tre occhi collegato con un bambino che ha particolari doti di veggenza. Penso che dalla notte dei tempi gli uccelli siano speciali in questo senso.
Per quanto riguarda i corvi, da noi in città sono diventati davvero molto invadenti e hanno sempre meno paura degli esseri umani… che incomincino ad assomigliare a quelli di Hitchcock? Il cuculo poi è l'uccello opportunista per eccellenza. 😉
Ah sì, il corvo che è in contatto con Brandon Stark! Ho letto tutti i libri della saga di Martin, a parte l'ultimo. Direi che questo ti dà l'idea di quanto possa essere sfiancante una saga da dieci romanzi e oltre, anche quando è ben scritta. 🙂
Sono ammiratissima della tua tenacia. A me i libri della saga di Martin terrorizzano, ho sentito di una scrittura con cambiamenti continui nel punto di vista che confondono parecchio. Comunque secondo me intende scrivere una centalogia e battere il Guinness dei primati! 😉
Sai com'è, una storia che piace fa nascere la tenacia. Pensa che tutta la saga l'ho letta a Enri la sera. Non ho mai avuto l'impressione che i tanti punti di vista confondessero. Secondo me Martin scrive bene, perciò i personaggi sono abbastanza vivi da restare impressi e rendere scorrevole una storia complessa. A disturbarmi sono invece la lunghezza della saga, che mi sembra una sfida alla vita dell'autore, e il fatto che Martin dipani le varie vicende senza attribuire loro un significato, una logica. Immagino che lui non veda una logica nella vita e scriva di conseguenza. I personaggi principali muoiono come mosche, tanto che dopo un po' ti viene da domandarti: ma chi c'è al centro della storia?
Posso risponderti solamente in base alla serie tv di cui non ho visto l'ultima stagione (ma la vedrò). Ti dirò che il fatto di far fuori i personaggi a quel modo senza una logica apparente a me ha disturbato moltissimo a lungo andare. Non facevi a tempo ad affezionarti a qualcuno che veniva accoppato, e nella maniera più cruenta! L'unico che al momento è immune alla carneficina è il nano Tyrion, il personaggio che mi piace di più in assoluto: parrebbe avere una garanzia sulla vita. Un'altra cosa che mi disturba è l'eccesso dei personaggi cattivi a tutto tondo. E, come hai osservato con la solita acutezza, alla fine ti chiedi qual è il succo di tutto il discorso.