Chi di noi non conosce questo buffo animale che si nutre di foglie secche, radici ed erba, ma anche svariati tipi di vegetali come sedano e cicoria, oppure le classiche carote? Già il suo aspetto ispira tenerezza: rotondo come una palla, con il pelo morbido e gli occhi brillanti. La tenerezza aumenta quando rosicchia velocemente il cibo con il caratteristico movimento del labbro superiore. Come il topo, il coniglio è molto prolifico, infatti si dice: “fanno figli come i conigli” per indicare una coppia dall’attività procreativa particolarmente vivace. Si sa che il coniglio è pauroso per antonomasia, quindi predilige un ambiente protetto e lontano dai pericoli.

I conigli hanno un’indole così pacifica che spesso sono adottati dagli esseri umani come animali da compagnia. Molti li tengono in casa, ma si disperano quando si trova gli stipiti delle porte rosicchiate fino all’altezza cui possono arrivare queste bestiole. Pur essendo un animale all’apparenza insignificante, ho scoperto che ha avuto molta fortuna sia nella tradizione che in letteratura che nel mondo delle arti visive con numerosi esempi e insoliti significati, alcuni dei quali vado ad illustrare.

Il romanzo 1: Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie 
Il coniglio come araldo della regina.
Illustrazione di Tenniel.

Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, spesso contratto in Alice nel Paese delle Meraviglie  (il titolo originale è Alice’s Adventures in Wonderland) è un romanzo fantastico pubblicato per la prima volta nel 1865 dal matematico e scrittore inglese reverendo Charles Lutwidge Dodgson, sotto il ben più noto pseudonimo di Lewis Carroll. Il libro di Carroll è ricco di rimandi, simboli, giochi di parole, allusioni a personaggi, canzoni, poemetti, regole logiche, linguistiche, fisiche e matematiche ed ha avuto una tale fortuna da godere di numerose trasposizioni, sia sotto forma di cartoni animati che di film.

Come molti sanno, questo famosissimo libro inizia con un capitolo dal titolo “Nella tana del coniglio” e con l’apparizione di uno strano personaggio: il Coniglio Bianco o Bianconiglio. La bambina Alice si addormenta in un giardino e sogna di avvistare un coniglio bianco con indosso un panciotto e dotato di un orologio che tiene nella zampa. Il coniglio è in affanno, controlla continuamente l’ora e ripete la frase: «È tardi, è tardi!». Nel tentativo di seguire il coniglio, Alice s’infila nella sua tana e cade in un mondo sotterraneo fatto di paradossi, di assurdità e nonsense. Dopo una serie di avventure con i personaggi più stralunati, tra cui lo Stregatto, il Cappellaio Matto, il Brucaliffo solo per citarne alcuni, Alice ritrova proprio il suo coniglio alla corte della terribile Regina di Cuori. Là l’animale si rivela un araldo della regina e non pare dimostrare molto interesse per le sorti della bambina, sempre minacciata di decapitazione dalla collerica sovrana.

Il coniglio bianco è l’indicatore di un evento inaspettato, che scardina l’ordinarietà e ti conduce alla scoperta di un mondo parallelo e dotato di regole proprie. Si tratta della miccia che, nel mondo di Alice, dà fuoco alle polveri e non è un caso che, alla fine, la bambina lo ritrova come nella chiusura di un cerchio. Può essere, però, anche la rappresentazione dell’uomo contemporaneo, sempre di fretta e sempre a rincorrere il tempo fuggente, ma non si sa a quale scopo. Se, invece dell’orologio, gli mettessimo in mano uno smartphone, ecco che la somiglianza sarebbe perfetta.

Alice:              Per quanto tempo è per sempre?
Bianconiglio:   A volte, solo un secondo.



Il romanzo 2:
La collina dei conigli
di Richard Adams

La collina dei conigli (titolo originale: Watership Down) è un romanzo scritto da Richard Adams nel 1972. Trae origine da una storia inventata per le sue due figlie, in seguito trascritta. Narra di un gruppo di conigli che sfuggono alla distruzione della loro conigliera e vanno in cerca di un posto migliore in cui vivere, incontrando pericoli e tentazioni nel corso del viaggio. I conigli (e gli altri animali) che compaiono nel romanzo sono descritti nel loro ambiente naturale, ma sono antropomorfizzati, e possiedono una cultura, una lingua (il “lapino”), proverbi, poesia e miti, che sono inseriti nel corso del racconto.

Il romanzo inizia con una terribile visione da parte di Quintilio, un coniglio giovane, che preannuncia l’imminente distruzione della loro casa, la conigliera di Stanford. Quintilio e suo fratello maggiore Moscardo non riescono a convincere il coniglio capo che è necessario fuggire; i due, allora, decidono di partire, insieme ad alcuni compagni, tra cui Parruccone e Argento (due robusti ufficiali che hanno lasciato l’Ausla, la casta militare della conigliera), Mirtillo (un coniglio ingegnoso e intelligente) e Dente di Leone (velocissimo nella corsa e abile narratore). Moscardo assume la guida del gruppo e si avvia attraverso un territorio sconosciuto, mostrando coraggio ed equilibrio. …

Ecco l’incipit del romanzo:

Di primule non ce n’erano più. Dalla parte del bosco – dove questo finiva, l’aperta campagna scendeva in pendio fino a un vecchio recinto, oltre il quale c’era un fossato rivestito di rovi – si vedevano ancora rare chiazze di giallo ormai sbiadito, fra l’euforbia e le radici delle querce. Di qua da quel recinto, la parte alta del campo era crivellata di buchi: tane di conigli. In alcuni punti l’erba era del tutto scomparsa e dovunque c’erano mucchietti di escrementi secchi, intorno ai quali non cresceva altro che dell’erba cardellina.

Nonostante i protagonisti siano dei conigli, il romanzo riesce a far immedesimare il lettore nei personaggi, al punto da far dimenticare che si tratta di animali. C’è naturalmente anche il cattivo di turno, cioè il generale Vulneraria, che tiene prigioniere delle femmine nella sua colonia a scopo riproduttivo, proprio come nella più classica tradizione bellica a cominciare dal ratto delle Sabine. Si provano le stesse paure che proverebbe un essere umano che lascia un territorio a lui familiare, minacciato da gravi calamità, alla ricerca di un futuro migliore; ed è molto forte il senso di appartenenza alla propria comunità e la solidarietà tra membri. Purtroppo le grandi migrazioni accomunano uomini e animali in tutti i tempi storici, e sono condotte sulle rotte più pericolose.
“First he ate some lettuces 
and some French beans; 
and then he ate some radishes.”



Le storie per bambini:
Peter Rabbit di Beatrix Potter

Peter Rabbit è un personaggio immaginario comparso nelle storie per bambini illustrate da Beatrix Potter. La sua prima apparizione avviene in The Tale of Peter Rabbit nel 1902 e successivamente in altri cinque libri tra il 1904 e il 1912. Peter era stato chiamato così dal nome di un coniglio domestico che Beatrix Potter aveva da bambina, di nome Peter Piper.

Peter Rabbit è un coniglio che indossa abiti come gli esseri umani, ad esempio una giacca e delle scarpe. Peter, sua madre, Mrs. Josephine Rabbit, e le sue sorelle, Flopsy, Mopsy, and Cotton-tail vivono in una tana di coniglio che però ha una cucina. Possiedono anche un negozio dove Mrs. Rabbit vende vari articoli. Altri parenti di Peter sono il cugino Benjamin Bunny e il padre di Benjamin, Mr. Benjamin Bunny. 
Peter è giovane e discolo esattamente come fosse un bambino piccolo che disubbidisce ai genitori e, in generale, agli adulti. Nel mondo di Peter Rabbit c’è un connubio molto importante tra il testo e l’immagine e le emozioni provate dai personaggi permettono ancora una volta l’identificazione con le loro vicende. Il sito ufficiale è http://www.peterrabbit.com/ dove si può leggere anche una biografia di Beatrix Potter. Nel 2006 fu realizzato il film Miss Potter sulla vita della creatrice di Peter Rabbit, interpretata da Renée Zellweger.




Il cartone
animato
: Bugs Bunny

Bugs Bunny in una scena di
Super Bunny in orbita! (1979)
Dopo le tinte pastello e ricche di sfumature delle storie di Beatrix Potter, ecco invece il coniglio più simpatico e più perfido di tutti, esaltato dalla squillante vibrazione cromatica dei cartoni animati e dal mondo irreale che lo circonda. Bugs Bunny è, difatti, l’antitesi del coniglio così come noi ce lo immaginiamo, sia dal punto di vista fisico che caratteriale. 

Si tratta di un personaggio appartenente ai Looney Tunes ed è nato nel 1938 a Brooklyn. È un coniglio di colore grigio, spilungone, dalle larghe zampe e dalla bianca coda bicolore. Ovviamente, ha denti molto sporgenti con cui rosicchia le sue amate carote. Alterna momenti in cui è ipercinetico e velocissimo nelle reazioni ad altri di stasi quasi completa, specie quando sgranocchia la sua carota e osserva l’avversario con le palpebre socchiuse. Ha le orecchie mobili come antenne, una indipendente dall’altra. È noto per la sua celebre battuta pronunciata con voce nasale: “Che succede, amico?” (“What’s up, doc?” nell’originale), e per le gag con altri personaggi come il pelato omino Taddeo, il pestifero papero Daffy Duck, Yosemite Sam, un pistolero di bassa statura con enormi baffi rossi, irascibile e sempre pronto a estrarre le sue pistole, Marvin il Marziano e altri ancora. Se cliccate su questo link, potete vedere un breve cartone animato dal titolo “Caccia al coniglio” dove sono riuniti Bugs Bunny, Taddeo nella veste di cacciatore e Daffy Duck. Quasi sempre, il coniglio esce vincitore dallo scontro, ma mantiene la sua verve e la sua carica di simpatia innata a causa della sua aria folle e truffaldina. Nella lingua inglese “Bugs” o “Bugsy” è, difatti, un sinonimo di “pazzo”.




Il film: Harvey di Henry Koster (1950)
Una scena del film.

A proposito di svitati, parliamo ora di Harvey, film del 1950 diretto da Henry Koster, e ha come protagonista James Stewart nel ruolo di Elwood P. Dowd, un signore mite che sembra vivere in un mondo tutto suo. Egli crea forte imbarazzo alla sua famiglia affermando di avere per amico un grosso coniglio bianco di nome Harvey, che nessuno vede a parte lui. Il coniglio compare addirittura in un ritratto dove è al fianco di Elwood in atteggiamento protettivo.

James Stewart: « Sento “Buonasera signor Dowd!”, mi giro e vedo un grosso coniglio appoggiato ad un lampione. E io non mi stupisco, perché quando abiti in una città così tanto quanto ci ho abitato io, tutti si conoscono per nome. »

La sorella Veta Louise, sempre più preoccupata per le reazioni che le persone hanno quando Elwood racconta con la massima naturalezza la storia del suo particolarissimo amico e di come l’ha conosciuto, decide di farlo rinchiudere in una clinica psichiatrica, anche per permettere alla figlia di non rimanere zitella a causa dello strampalato, benché innocuo, zio.

Il film è delizioso, come nella migliore tradizione della commedia americana di quegli anni, e prende bonariamente in giro l’intolleranza delle persone “normali” per le quali ciò che conta è l’etichetta e la necessità di non dare adito alle chiacchiere tra i benpensanti. Esattamente come in Alice nel paese delle meraviglie, il coniglio è una presenza inaspettata che regala al protagonista uno sguardo nuovo sul mondo e molte godibili sorprese. In questo caso, inoltre, Elwood e il suo coniglio sono davvero amici molto affezionati, proprio come accade tra due esseri umani che si conoscono intimamente. E chissà che ai puri di cuore gli angeli custodi non possano anche apparire sotto forma di conigli, se occorre!



Il quadro:
La Madonna del coniglio di Tiziano
Vecellio (1530)

Anziché con le citazioni (che a dire il vero non sono molto significative per questo animale, né molto numerose) oppure la storia di come nacque il coniglio pasquale, vorrei chiudere la mia carrellata con un quadro che mi piace molto. Si tratta di un dipinto di piccolo formato, a olio su tela (71×85 cm), databile al 1530 circa e conservato nel Museo del Louvre a Parigi, e fu dipinto da Tiziano Vecellio, protagonista di uno dei miei romanzi. Il formato di ridotte dimensioni indica che venne eseguito per una committenza privata. Deve il nome al coniglietto bianco che Maria accarezza: è simbolo di fecondità, ma anche di purezza, della Vergine.

La Madonna del coniglio di Tiziano Vecellio (1530 ca.)
Sulla sinistra, una donna abbigliata da dama di compagnia, cioè santa Caterina d’Alessandria, sta porgendo il Bambino a Maria seduta su un prato, vicino a un cestino con della frutta. Il bambino ha visto il coniglio e sgambetta felice, tendendo una manina verso l’animale. Sullo sfondo a destra, c’è un pastore con le sue pecore, forse il ritratto di Federico Gonzaga. Egli volge appena lo sguardo verso il gruppo di donne, come se non osasse avvicinarsi e si escludesse volontariamente per non turbare l’armonia del loro incontro.

Tutta la scena è immersa in un paesaggio campestre di grande serenità, con una luce soffusa all’orizzonte, molto probabilmente un tramonto. Il quadro è dominato dai colori freddi, interrotti dal rosso dell’abito della Vergine e da alcuni colori chiari. Spiccano per luminosità il panno in cui è avvolto il bambino, e il coniglio posato sul manto blu, a creare un’ideale corrispondenza tra i due esseri più piccoli e indifesi del quadro: l’infante e l’animale. La donna che porge il bambino, con un gesto di materna delicatezza, potrebbe essere il ritratto di Cecilia, sposa del pittore e madre dei suoi figli, che egli aveva perso da poco.

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Vi è piaciuta la mia carrellata conigliesca? Sicuramente ci sono altri esempi di conigli in letteratura o nei film che potete suggerirmi e che ho dimenticato.